Un paio di articoli da Altreconomia
- Subject: Un paio di articoli da Altreconomia
- From: Francesco Vignarca <francesco at vignarca.net>
- Date: Fri, 31 Dec 2010 10:39:06 +0100
il mercato (di armi) conta più dei diritti umani http://www.altreconomia.it/site/fr_contenuto_detail.php?intId=2605 Forse tolto ad inizio del 2011 l'embargo UE sugli armamenti verso la Cina Le notizie rimbalzano in questi ultimi giorni, ed è il quotidiano francese Le Figaro a rendere pubbliche le indiscrezioni: a Bruxelles si starebbe lavorando per eliminare l'embargo verso la Cina sulla vendita di armi. Una decisione drastica e forte (anche se non sempre rispettata al meglio, in primis dall'Italia - della questione abbiamo già parlato qui) presa all'epoca dei fatti di piazza Tienanmen del 1989 e da allora ancora in vigore. Riportiamo di seguito il lancio ANSA su queste nuove notizie, che dimostrano ancora una volta come il "pragmatismo degli affari" (in tempi di vacche magre anche per le spese militari) supera sempre qualsiasi considerazione relativa ai diritti umani ed alla loro violazione. L’embargo sulle armi imposto dall’Unione Europea alla Cina all’indomani del massacro di piazza Tiananmen «potrebbe essere revocato all’inizio del 2011». Lo rivela il quotidiano francese Le Figaro, spiegando che «sarebbe una delle prime svolte di politica estera da parte di Catherine Ashton, l’alta rappresentante della diplomazia comune». La proposta, spiega il giornale, sarebbe stata considerata nel corso dell’ultimo vertice europeo, in un rapporto confidenziale presentato ai ventisette Paesi membri. A motivarla sarebbe una «perdita di giustificazione pratica», legata al fatto che la Cina è ormai in grado di realizzare autonomamente «mezzi di difesa di prim’ordine», tanto da rappresentare ormai un concorrente dei Paesi occidentali nei settore. Nonostante questo scarso impatto concreto, l’embargo resta però «uno schiaffo in faccia» a Pechino, costantemente ricordato dai dirigenti cinesi nei colloqui ufficiali. Si tratterebbe quindi, spiega Le Figaro, di un «ritorno di pragmatismo», a cui i 27 opporrebbero sempre meno resistenza. ******* I fondi europei per la ricerca... alle armi http://www.altreconomia.it/site/fr_contenuto_detail.php?intId=2602 La lobby dell'industria militare al lavoro a Bruxelles
Nemmeno
in periodo natalizio la lobby del complesso militare-industriale
abbassa la guardia: i previsti tagli anche alle spese militari (che
molti stati hanno annunciato in seguito alla crisi di questo periodo)
mettono infatto in allarme le maggiori aziende del settore, abituate a
fondare i propri utili su comode commesse pubbliche. Indiscrezioni
rimbalzate nei giorni scorsi da Bruxelles riportano di alcune
discussioni riservate tra funzionari della Comunità europea e
rappresentanti dell'industria bellica. Il motivo? Convincere
l'UE che la ricerca scientifica sostenuta con fondi pubblici possa
essere utilizzata anche per lo sviluppo di armi per le guerre del
futuro. Ovviamente la lobby armiera vorrebbe
superare questo stato di cose, sia per l'attuale programma che per il
prossimo periodo 2014-2020, riuscendo a farsi finanziare progetti più
strettamente ed esplicitamente militari. Una possibile nuova cascata di
denaro, in tempi di vacche un po' più magre, per alimentare introiti ed
utili
fuori da qualsiasi logica di mercato e basati solamente su connivenze
politiche e logiche di potere. La pressione è esercitata
all'interno della rete di progetto UE chiamata SANDERA
(Security and Defence policies in the European Research Area, per
l'Italia partner è lo IAI - Istituto Affari Internazionali) composta da
organismi di ricerca ma in cui trovano spazio anche lobbisti delle
principali industrie continentali di armamenti. Un ulteriore paradosso
riguarda anche il sostegno pubblico di questa stessa rete: non potendo
essere supportato da capitoli di spesa sulla sicurezza - come
sottolineato in precedenza - il lavoro di questo organismo è finanziato
dal programma di ricerca UE dedicato alle scienze umane e sociali.
Sottraendo così i fondi ai progetti di ambito universitario e
risultando di fatto dominato dagli interessi delle compagnie private. Tra i progetti di ricerca che la lobby
delle armi vorrebbe vedersi pagata dai soldi pubblici dei cittadini
europei spicca quello dei "droni" senza pilota: aerei
di riconoscimento e attacco utilizzati nei luoghi più problematici
(l'aviazione di Israele ne ha fatto largo uso a Gaza tra il 2008 e
2009) e che anche recentemente sono assurti agli onori della cronaca
per attacchi ed uccisioni in Pakistan.
Un
possibile uso di soldi pubblici (per la ricerca!) attualmente
controverso e perpetuerebbe il circolo vizioso (o virtuoso, per chi ne
trae forte guadagno) di denaro dei contribuenti utilizzato per sviluppi
industriali di aziende che poi rivendono i loro prodotti militari agli
stessi Stati, che ovviamente li acquistano con altro denaro proveniente
dalle tasse di tutti noi. In un momento in cui, oltretutto, pare non si
trovino neanche centesimi per uno stimolo serio ed efficace alla
ripresa industriale e produttiva e in cui si uilia la ricerca
universitaria. Le aziende delle armi si sono poi anche
mosse al di là dell'Atlantico, forse ottentendo qualcosa. Il
sottosegretario alla Difesa USA William Lynn ha infatti recentemente
dichiarato che i tagli di spesa ipotizzati per il Pentagono lo scorso Agosto direttamente dal Ministro Gates
potrebbero essere meno "pesanti" di quanto stimato inizialmente. Il 10%
di riduzione nei contratti di supporto annunciato (e che aveva creato
grande allarme presso l'industria bellica, che temeva riduzioni per
oltre 14 miliardi di dollari) si applicherà infatti a un pacchetto di
servizi di circa 4,3 miliardi di dollari. I tagli quindi dovrebbero
superare di poco i 400 milioni: ancora una volta le pressioni delle
aziende della difesa hanno saputo contenere riduzioni di budget che
altri settori produttivi si vedono piovere addosso senza alcuna
possibilità di scansarli. |
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