Bilancio di guerra record per le
forze armate USA
di Antonio
Mazzeo
Lacrime e sangue per tutti, tranne che per i
signori delle armi e delle guerre. Il Congresso degli Stati Uniti
d’America ha approvato il budget 2011 del Dipartimento della Difesa.
Saranno 725 i miliardi di dollari destinati alle missioni di guerra e ai
nuovi programmi militari. Buona parte del bilancio, 158,7 miliardi di
dollari, sarà speso dal Pentagono per prolungare le operazioni in Iraq e
Afghanistan, a cui si aggiungeranno 13,1 miliardi per lo “sviluppo delle
forze di sicurezza afgane e irachene”. Sempre nell’ambito della “guerra
permanente” al terrorismo internazionale, il Congresso ha destinato 75
milioni di dollari per l’addestramento e l’equipaggiamento delle “forze di
controterrorismo” dello Yemen, paese mediorientale sempre più attenzionato
e corteggiato dal Pentagono.
Negli ultimi quattro anni
l’aiuto militare USA allo Yemen è cresciuto di 31 volte (da 5 milioni di
dollari nel 2006 ai 155 milioni del bilancio 2010). Il Comando
Centrale delle forze armate statunitensi ha però chiesto alla Casa Bianca
l’approvazione di un programma per 1,2 miliardi di dollari in sei anni che
dovrebbe includere la fornitura di armi automatiche, imbarcazioni
per il pattugliamento delle coste, aerei da trasporto, elicotteri e
munizioni. Il piano prevede pure un forte aumento della presenza di
“consiglieri militari” statunitensi per “accompagnare le truppe dello
Yemen in interventi e operazioni non belliche”. Attualmente sarebbero 75
gli addestratori delle forze speciali USA, impegnati principalmente in
attività di sostegno logistico e in missioni di supporto aereo. Un
articolo pubblicato recentemente da The Wall Street Journal ha inoltre
documentato il “crescente sostegno” a favore di militari e civili
yemeniti da parte dei “Special Operations teams” che “lavorano
segretamente in Yemen sotto il comando della CIA”. Da circa un mese il
Pentagono ha pure autorizzato l’utilizzo massiccio dei velivoli senza
pilota “Predator” per dare la caccia ai presunti militanti di al-Qaeda che
opererebbero nel paese. Secondo fonti ufficiali di Washington, i
“Predator” operano sotto il controllo dell’U.S. Joint Special Operations
Command (JSOC), la struttura a cui è stata delegata la lotta in tutto il
mondo al terrorismo. I velivoli senza pilota destinati a missioni
d’intelligence e di attacco in Yemen partirebbero dalle basi militari USA
presenti a Gibuti e in Qatar.
Il bilancio 2011 delle forze armate USA prevede poi
lo stanziamento di 205 milioni di dollari a favore di Israele per lo
sviluppo del nuovo sistema antimissile “Iron Dome”. Duramente
osteggiato da alcune forze politiche di Tel Aviv per i suoi costi
proibitivi, l’“Iron Dome” è stato sviluppato dall’industria israeliana Rafel per la “difesa di piccole
città dal lancio di razzi a media velocità e proiettili di artiglieria del
calibro da 155 e 180 mm con traiettoria balistica”. Sempre secondo la Rafel, il sistema antimissile “può
operare di giorno e di notte, sotto condizioni meteo avverse, ed è in
grado di rispondere a molteplici minacce simultaneamente”. Dopo essere
stato testato nel luglio 2009, l’“Iron Dome” è operativo da circa un mese
da una base militare israeliana nei pressi di Sderot, vicino alla Striscia
di Gaza.
Assai articolato il piano di
potenziamento delle infrastrutture militari USA all’estero, con un
particolare occhio di riguardo per il continente africano e il Medio
oriente. Le vecchie e nuove priorità strategiche sono delineate dal report
sui “Piani di lavoro del Naval Facilities Engineering Command”, pubblicato
nel giugno 2010 da Jeff Borowey, responsabile del Comando d’ingegneria
dell’US Navy per l’Europa, l’Africa e l’Asia sud occidentale. Tra i
programmi più ambiziosi, il “completamento del Master Plan di Camp
Lemonnier, Gibuti, a supporto delle operazioni di Africom”, il nuovo
Comando USA per il continente africano, per cui vengono stanziati 110,8
milioni di dollari; “l’installazione di un crescente numero
d’infrastrutture in Africa per sostenere le richieste dei partner
africani, di AFRICOM, CENTCOM e delle forze statunitensi della JTF-HOA di
Gibuti”; “l’espansione delle basi in Bahrain e negli Emirati Arabi Uniti”,
con progetti per 213,2 milioni di dollari. Altrettanto imponente la spesa
per alcune delle maggiori installazioni USA in Europa: nelle voci di
bilancio sono stati inseriti 28,5 milioni di dollari per la base aerea di
Aviano (Pordenone) per realizzare “dormitori” e un “centro per il supporto
delle operazioni aeree”; 23,2 milioni per la base aeronavale di Rota in
Spagna (una “torre per il controllo del traffico aereo”); 33 milioni di
dollari per la costruenda base dell’US Army al “Dal Molin” di Vicenza.
Oltre 300 milioni di dollari andranno invece al
programma di trasformazione dell’isola di Guam, nell’oceano Pacifico, nel
principale centro strategico-operativo d’oltremare delle forze armate USA.
A Guam, dove da ottobre operano i velivoli-spia “Global Hawk” dell’US Air
Force, verranno realizzate piste e aree di parcheggio nella base aerea di
Andersen, infrastrutture portuali ad Apra Harbor per l’approdo delle
portaerei e probabilmente pure un centro operativo per la “difesa
missilistica”. A medio termine è previsto il trasferimento nell’isola
degli 8.600 Marines oggi ospitati nella base di Okinawa; il governo
giapponese contribuirà con 498 milioni di dollari che saranno utilizzati
dal Pentagono per realizzare alcune facilities nell’area di Finegayan
(caserme, edifici amministrativi e logistici, un poligono di tiro, una
stazione anti-incendio, un ospedale). Neppure un dollaro invece per i
sopravvissuti dell’occupazione giapponese di Guam durante la Seconda
guerra mondiale; originariamente il “National Defense Authorization Act of
2011” destinava 100 milioni di dollari come risarcimento per gli eccidi
subiti dalla popolazione locale, ma i legislatori USA hanno preferito alla
fine cancellare il fondo per “esigenze di risparmio nazionale”. Un
ulteriore taglio ai finanziamenti pro diritti umani è giunto con la
decisione di non sostenere le richieste del Dipartimento della Difesa per
la chiusura del lager di Guantanamo. Il Congresso ha formalmente proibito
il possibile trasferimento negli States dei detenuti ospitati nella base
navale illegalmente realizzata nell’isola di Cuba.
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