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NELLA BASE DOVE SARANNO ASSEMBLATI I CACCIA F-35 UN AFFARE DI GUERRA
- Subject: NELLA BASE DOVE SARANNO ASSEMBLATI I CACCIA F-35 UN AFFARE DI GUERRA
- From: rossana <rossana at comodinoposta.org>
- Date: Fri, 24 Apr 2009 17:49:33 +0200
dal Manifesto del 22 aprile 2009 di Giorgio Salvetti - INVIATO A CAMERI (NOVARA)reportage - NELLA BASE DOVE SARANNO ASSEMBLATI I CACCIA F-35 UN AFFARE DI GUERRA
Novara non è in Abruzzo. Ecco dove lo Stato preferisce spendere 15 miliardi di euro per finanziare le industrie belliche e per infilarsi in un affare tutto americano. Alla faccia della crisi e della ricostruzione delle zone terremotate. L'opposizione, sull'attenti, risponde «Signorsì» È la risposta definitiva? Sì. Le commissioni di camera e senato l'8 aprile scorso hanno dato parere favorevole al progetto Jsf. 15 miliardi di euro per assemblare e acquistare caccia bombardieri americani. Altro che terremotati e fondi per uscire dalla crisi. L'Italia preferisce finanziare l'industria bellica e prepararsi a bombardare paesi stranieri alla faccia dell'articolo 11 della Costituzione. L'opposizione? Non esiste. Il Pd in commissione si è limitato a non partecipare al voto e solo la senatrice Negri (Pd) ha optato per l'astensione. Contrari? Nessuno. Il Pd si agita per risparmiare qualche milione di euro e far votare il referendum lo stesso giorno delle europee, ma non dice una parola contro l'acquisto miliardario di aerei da guerra. Non c'è da stupirsi: furono propri i governi del centrosinistra a infilare l'Italia nell'affare militare più grande del secolo, e ora, cornuti e mazziati, è il centrodestra a concludere con successo la partita.
Per un pugno di dollari
Il progetto Jsf (Joint Strike Fighter) ha preso il volo nel 1996.
Il costo iniziale previsto solo per sviluppare il programma era di 25
miliardi di dollari. In 12 anni la cifra è raddoppiata. Si tratta della
realizzazione di circa 6000 caccia bombardieri F-35 Lightning II,
velivoli supersonici, in grado di eludere l'intercettazione radar, in
grado di levarsi in volo da portaerei e concepiti per bombardamenti
terra-aria. Insomma perfetti per andare a bombardare paesi lontani. Gli
Usa ne acquisteranno circa 2.500 entro il 2034. Gli altri saranno
venduti all'estero. Solo nell'ultimo anno la spesa per i nuovi caccia è
aumentata di 23 miliardi, troppi in tempo di crisi globale, tanto che la
corte dei conti americana ha avanzato riserve sul progetto. Tutti questi
soldi vanno dalle casse dello Stato alla Lockheed Martin di Fort Woth in
Texas. Il primo F-35 è uscito dalla fabbrica nel 2006. I partner
stranieri del progetto contribuiscono per 4,8 miliardi di dollari. Con
percentuali diverse. L'unico partner di primo livello è la Gran Bretagna
che finanzia l'operazione per il 10%. Italia e Olanda con il 5% sono
partner di secondo livello. Seguono con l'1% Canada, Turchia, Australia,
Norvegia e Danimarca, per pochi milioni partecipano anche Israele e
Singapore che saranno acquirenti privilegiati dei nuovi caccia.
Non siamo mica gli americani
Nel 1996 fu il ministro della difesa del Governo Prodi, l'ex
democristiano Andreatta, a far valere i propri contatti oltreoceano per
inserire l'Italia nel progetto Jsf. L'Italia in cambio del proprio
appoggio politico e economico avrebbe avuto commesse sostanziose per le
proprie industrie militari, Alenia-Finmeccanica su tutte. E si sarebbe
presa l'onere e l'onore di ospitare nell'aeroporto militare di Cameri
(Novara), la linea di montaggio finale (Faco) più grande al di fuori
degli Usa, in pratica uno stabilimento per l'assemblaggio delle parti
del F-35. Con un indotto che coinvolge 40 siti industriali in tutto lo
stivale. Solo per entrare nell'affare, l'Italia ha sborsato un miliardo
di euro, 600 milioni servono per costruire il Faco a Cameri e 12,8
miliardi saranno spesi in rate da un miliardo all'anno fino al 2026 per
acquistare 131 F-35 che dovrebbero sostituire i «vecchi» Tornado. I
lavori a Cameri inizieranno entro la fine del 2009, lo stabilimento
entrerà in funzione nel 2012, e i primi aerei dovrebbero essere pronti a
decollare nel 2013. All'inizio un singolo F-35 costava 45 milioni di
euro, già oggi il costo è di 91 milioni (+45%) e nei prossimi anni è
destinato a decollare. La scelta italiana è stata ratificata dal
parlamento nel 1998 sotto il governo D'Alema e nel 2002 con Berlusconi,
si è conclusa con la firma a Washington del sottosegretario alla difesa
Forcieri (Ds). Dopo il parere favorevole della commissione difesa dell'8
aprile scorso non ci sono più ostacoli.
Cameri oscura
Un vecchio aereo come monumento, un piazzale vuoto, un cancello e
chilometri di filo spinato che squarciano il parco del Ticino.
L'aeroporto di Cameri ha un profilo basso, nulla di appariscente, eppure
occupa un'area molto vasta. A pochi chilometri c'è la caserma Babini, la
seconda più grande base per superficie dell'esercito italiano, che
fornisce uomini e mezzi alla vicina base Nato di Solbiate Olona
sull'altra sponda del Ticino, a due passi dall'aeroporto della Malpensa.
Dovrebbe essere un parco e invece è una grande zona militare. Nei boschi
si possono vedere le tracce dei cingolati dei carrarmati attraversate
dalle lepri. Al di là del muro dell'aeroporto si intravedono i capannoni
delle industrie aeronautiche e uno stabilimento nuovo quasi terminato.
Si tratta dell'edificio per la manutenzione degli Eurofighters, un altro
aereo da guerra, un intercettore di progettazione europea. Quando un
anno fa il primo Eurofighters è atterrato a Cameri, si è fatta festa con
gli alti gradi dell'esercito. L'aeroporto ha quasi cento anni. Passò
dalla cavalleria all'aeronautica ai tempi della prima guerra mondiale.
Fino a 15 anni fa serviva alla manutenzione dei Tornado, poi è entrato
in letargo. Ora sta per rinascere. Anche se è molto comodo darlo per
morto. La popolazione locale lo va a visitare come fosse un parco per
famiglie, ci vanno le scuole in gita, si fanno feste di primavera per
vedere i jet, in questi giorni sono attesi i soci Coop che per 13 euro
vanno a farsi un giretto nella base in tempo di pace. Eppure da Cameri
sono partiti i soldati per la prima guerra del Golfo e la Taurinense
diretta in Afghanistan. Nessuno sa, o vuole dire, quale sia precisamente
lo stato giuridico dell'aeroporto, quanto appartenga all'Italia, quanto
alla Nato, quanto ai privati. Non è chiaro neppure quante persone ci
lavorano, si dice circa 2000. Con il progetto Jsf, Cameri in pochi anni
compie un vero e proprio giro della morte, dallo stato di quiescenza a
stazione di manutenzione degli Eurofighters, fino a base di assemblaggio
degli F-35. Che ci guadagnano i cittadini di Novara e dintorni? Si è
straparlato di 10 mila nuovi posti di lavoro. Ma non è così, persino
l'esercito ammette che a Cameri, nel momento di massimo sviluppo, si
raggiungeranno forse 600 posti di lavoro, in arrivo da fuori Novara
(dall'Alenia di Napoli e Torino).
Affari di guerra
Alenia Aeronautica (Finmeccanica) incasserà dallo Stato per gli
F-35 722 milioni di euro, Piaggio 88 milioni, l'Oto Melara 141 milioni,
la Aermacchi 11 milioni e mezzo. In tutto le ditte italiane che
parteciperanno al banchetto sono 29. Un settore, quello bellico, non
certo in crisi che non richiede di ulteriori aiutini miliardari dello
Stato. Se nel 1995 le armi non tiravano, ora è un vero boom, la
riconversione è al contrario. Le industrie belliche italiane nel 2008
hanno guadagnano 4,3 miliardi di euro (+222%) e lo stato italiano è
l'ottavo al mondo per spesa in armamenti. Dunque, scarsa ricaduta
occupazionale, altissime spese pubbliche e enormi incassi per i privati,
per dotarsi di caccia d'attacco americani. L'Italia, in quanto partner
di secondo livello, non avrà neppure accesso ai segreti tecnologici
delle armi che assembla. Sarà suddita una volta di più degli Stati
Uniti, tanto che francesi e tedeschi non hanno nessuna intenzione di far
parte dell'operazione che scontenta anche la lobby degli intercettori
Eurofigthers di costruzione europea. L'Italia ha già speso 7 miliardi di
euro per questi caccia e ora già vuole gli F-35 americani. Un'operazione
che lascia molti dubbi anche a militaristi nazionalisti e europei.
Meglio la paniscia?
«Nouvelle cousine? No, meglio la paniscia!». Novara è tappezzata
da manifesti enormi. Accanto alla scritta leghistoide (la paniscia è un
minestrone tipico di Novara) c'è il faccione del presidente uscente
della provincia di Novara, Sergio Vedovato (Pd). Un signore che si
ricandida alla Provincia dopo aver revocato la delega alla pace
all'assessore Marina Fiore (Pdci), colpevole di essersi pronunciata
contro gli F-35. I vendoliani del Prc appoggiano il presidente, i
ferreriani li seguono. La Cgil traccheggia, qualche singolo dice no ma
le segreterie non si pronunciano: il lavoro prima di tutto, anche se è
una promessa che non verrà mantenuta e anche se si producono armi
micidiali. La regione della presidente Bresso (Pd) tace e acconsente, il
comune di Novara a guida Lega-Pdl è entusiasta.
In questo quadro resistono due gruppi di cittadini volenterosi:
l'Assemblea No-F35 e la Tavola per la pace che ha incassato l'appoggio
del mondo cattolico illuminato, ma ha man mano perso gli interlocutori
politici. Nella precedente legislatura aveva raccolto cento firme di
parlamentari contrari, ora non ha ricevuto alcuna risposta: non c'è più
nessuno disposto a guidare una delegazione che ispezioni l'aeroporto. E
i novaresi? Non siamo a Vicenza, l'aeroporto di Cameri non sconvolge il
panorama ed è ben integrato, non siamo di fronte a un protesta locale a
difesa del proprio territorio (nimbi), è una protesta sanamente
antimilitarista. E forse per questo non è ancora decollata. Il 30 maggio
a Novara si terrà una manifestazione nazionale, le adesioni sono già
numerose. Speriamo che il no agli F-35 prenda il volo.
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