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La crisi americana e i costi della guerra
- Subject: La crisi americana e i costi della guerra
- From: rossana at comodinoposta.org
- Date: Fri, 11 Apr 2008 12:17:08 +0200
11 - 04 - 2008 La crisi americana e i costi della guerra la Repubblica, VENERDÌ, 11 APRILE 2008 JOSEPH STIGLITZC’è chi dice che siano due le questioni attorno alle quali ruotano le prossime elezioni presidenziali negli Stati Uniti: la guerra in Iraq e l´economia. Nei giorni in cui la guerra sembra procedere meglio del previsto e l´economia peggio, l´economia eclissa la guerra, benché nessuna vada bene. In un certo senso, la questione è solo una: la guerra, che ha esacerbato i problemi economici degli Stati Uniti. E quando l´economia più grande del mondo è malata – e ora è molto malata – ne patisce l´intero mondo.
Tradizionalmente si è ritenuto che le guerre potessero costituire uno stimolo positivo per l´economia. Dopotutto, si è sempre pensato che la Seconda guerra mondiale abbia contribuito a tirare fuori l´economia mondiale dalla Grande depressione. Ma, almeno da Keynes in poi, conosciamo modi per stimolare l´economia, più efficaci e in grado, inoltre, di aumentare la produttività nel lungo periodo e di migliorare gli standard di vita.
Questa guerra in particolare non è stata un bene per l´economia e ciò per tre ragioni. Innanzitutto, ha contribuito al rialzo dei prezzi del petrolio. Quando gli Stati Uniti hanno mosso guerra, il prezzo del petrolio non superava i 25 dollari al barile e nei mercati dei futures questo era il prezzo a cui si prevedeva che il petrolio si sarebbe attestato per un decennio. I trader di futures erano ben al corrente della crescita della Cina e degli altri mercati emergenti, ma prevedevano che l´approvvigionamento – in prevalenza da fonti a basso costo del medio oriente – sarebbe cresciuto di pari passo con la domanda.
La guerra ha cambiato questa equazione. Sostenere prezzi del petrolio più alti vuol dire per gli americani (così come per gli europei e per i giapponesi) trasferire a dittatori ed esportatori di petrolio del Medio Oriente e di altre parti del mondo centinaia di milioni di dollari, che non saranno spesi nel proprio paese.
Inoltre, il denaro speso in Iraq non stimola oggi l´economia come lo farebbe se fosse speso nel Paese per strade, ospedali o scuole e non contribuisce neppure nella stessa misura alla crescita a lungo termine. Gli economisti sintetizzano ciò nella vecchia espressione bang for the buck, vale a dire, lo stimolo economico derivante da ogni dollaro di spesa [pubblica]. È difficile immaginare un impatto minore di quello che si ricava, per esempio, dal denaro speso per un civile nepalese contrattato da una società di sicurezza privata operante in Iraq.
Considerando le enormi somme di denaro spese fuori dal Paese, l´economia degli Stati Uniti avrebbe dovuto mostrarsi molto più debole di quanto non sia apparso. Ciò si spiega col fatto che mentre, da una parte, l´amministrazione Bush tentava di tenere nascosti i veri costi della guerra con una rendicontazione della stessa incompleta e fuorviante, dall´altra, i problemi dell´economia erano mascherati da una marea di liquidità immessa nel sistema dalla Federal Reserve e da una normativa in materia finanziaria lassista.
Tale è stata la quantità di denaro pompata nell´economia e talmente lassiste le autorità, che una banca statunitense è arrivata a fare pubblicità ai propri prestiti con lo slogan «ne avete diritto per nascita»: una chiara indicazione di quanto, in effetti, il credito sia stato accessibile a chiunque fosse al di sopra del livello di sussistenza. In un certo senso, questa strategia ha funzionato: la bolla del mercato immobiliare residenziale ha alimentato una rapida espansione del consumo, mentre crollava a zero il tasso di risparmio. Il governo Bush stava semplicemente rimandando le debolezze economiche a data futura, nella speranza che la resa dei conti arrivasse dopo il novembre 2008. La situazione, invece, è precipitata lo scorso agosto.
Recentemente la risposta è stata un pacchetto di incentivi che è troppo limitato, arriva troppo tardi ed è male strutturato. Per capire l´inadeguatezza di questo pacchetto, basta confrontarlo con gli oltre 1.500 miliardi di dollari del volume dei prestiti garantiti dalle case concessi negli ultimi anni, la maggior parte dei quali sono stati spesi per consumi. Questo gioco, basato sulla convinzione che la spirale ascendente dei prezzi degli immobili residenziali non si sarebbe fermata, è finito.
Con la caduta dei prezzi delle case (una caduta destinata a protrarsi) e la situazione finanziaria incerta delle banche, gli istituti di credito non concederanno prestiti e le famiglie non li chiederanno. Quindi, mentre da una parte la liquidità addizionale iniettata nel sistema finanziario dalla Fed può aver sì prevenuto un crollo, dall´altra, essa non stimolerà molto il consumo o gli investimenti. Invece, una parte considerevole di questo denaro prenderà la strada dell´estero. In Cina, per esempio, ora sussiste la preoccupazione che gli stimoli della Fed possano aumentare la inflazione interna.
Vi è un terzo motivo per il quale questa guerra è negativa per l´economia statunitense. Oltre all´enorme quantità di denaro spesa dal Paese per la guerra – oltre 12 miliardi di dollari al mese, c´è ancora il resto del conto da pagare: le pensioni di disabilità e l´assistenza sanitaria per quel 40% di veterani tornati con disabilità anche molto gravi in numerosi casi.
Inoltre, questa guerra è stata finanziata diversamente da tutte le altre guerre della storia degli Stati Uniti, se non addirittura di tutte le guerre della storia recente di qualsiasi altro paese. Di regola, quando si chiede ai giovani uomini e donne di rischiare la propria vita, ci si appella a un sacrificio condiviso: si aumentano le tasse e si avvia un dibattito sulla misura del peso economico da passare alle future generazioni. In questa guerra, questo dibattito non si è avuto. Quando hanno mosso guerra, gli Stati Uniti erano già in deficit, ma ciò nonostante, Bush ha chiesto, e ottenuto, un´avventata riduzione del carico fiscale a favore dei ricchi. Questo significa che ogni singolo dollaro della spesa militare è stato, difatti, preso in prestito.
Per la prima volta dalla Guerra di indipendenza americana di due secoli fa, dato che le famiglie americane non stavano risparmiando niente, gli Stati Uniti si sono rivolti all´estero per finanziarsi. Le cifre sono incredibili. Il debito pubblico è aumentato, in otto anni, del 50 per cento, un incremento del quale quasi mille miliardi sono da imputarsi alla guerra. E si tratta di una cifra destinata probabilmente a più che raddoppiare nei prossimi 10 anni.
Chi avrebbe mai creduto che una amministrazione potesse fare un tale danno tanto rapidamente? Gli Stati Uniti, e il mondo, pagheranno per rimediare a questi danni per i prossimi decenni.
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