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La pace è fatica
- Subject: La pace è fatica
- From: "Doriana Goracci" <doriana at inventati.org>
- Date: Sun, 04 Feb 2007 00:23:02 +0000
- Bounce-to: "Doriana Goracci" <doriana at inventati.org>
La pace è fatica e lavorare per la pace non stanca Prodi e tutti quelli che siedono accanto a codesto padre della patria. Emergono dalla lettera di questo rappresentante del popolo italiano, tutte le fatiche intraprese "da tempo" per non incrinare minimamente il regolare corso degli eventi della grande famiglia italiana, maestra a quanto pare nel riconoscersi i meriti. Negli ultimi due anni c'è stato un grande incremento nelle Poste italiane. Abbiamo mandato migliaia di lettere a destra e sinistra, per dire tutto il nostro scontento e scongiurare il male peggiore. La posta prioritaria è diventata ordinaria, siamo passati alle mail, siamo tornati alla lettera tradizionale. Una gran donna, indignata e principesca, avvia la stagione della "lettera" con un altolà al coniuge. Movimenti e singole anime del movimento, si cimentano in denunce ed appelli, sulle pagine dei giornali, ora di sinistra ora di destra. A volte non basta una firma, a volte bisogna pagare: la pagina. A volte non serve neanche quello, la lettera gira come una trottola su sè stessa e ritorna al mittente. La casella è piena. Io francamente non so quando questa farsa è iniziata e quando avrà fine. Ognuno di fatto può decretare di uscire da questo ignobile gioco dell'oca della pace quando vuole. Peccato che la vita nel quotidiano ci ripiglia interi e ci inzuppa in questo fango. Oggi un'amica che non conosco mi chiedeva perchè non mi aprivo un blog, lei sente di avere in comune con me delle cose. Anche un amico mi invitava a fare lo stesso e si diceva pronto a darmi una mano. Non ci penso a farlo per niente, non so cosa significa parlare scrivere ed aspettare in un bell'angolino le risposte. Per me scrivere è dialogare con chi legge, anche se so perfettamente che pochi se la sentono di esporsi, per vari motivi... Forse il mio modo di scrivere e pensare non è dei più tradizionalmente politici e trend, ma io non riesco a cambiare, non sono più una ragazza da tanti anni e voglio rimanere all'aperto, esporre ed espormi, essere provocata e provocare. Giorni fa ho posto a questa rete delle domande in merito a Vicenza, le risposte sono state poche e precise, venute dai soliti "noti". Mi è arrivata però anche una stringata mail da una sconosciuta nuova amica con un grande carico di allegati. Ha lavorato per anni al nord sulle "servitù militari" dalla parte dei cittadini. Mi ci è voluta una notte per leggere tutto, riflettere e ulteriori notizie delle ultime ore mi stanno facendo comporre un'inquietante puzzle dove il lavoro coraggioso onesto dimesso e costante è stato *sommerso* da questi infaticabili costruttori di pace nazionale ed internazionale, coadiuvati da quei ministri birichini che creano un po' di suspence, al punto da temere che chi sa in quali mani torniamo e quali eserciti ci invaderanno, altro che Vicenza! Apprendo che Stefano Chiarini è morto, non si sa come, improvvisamente. E' un amico in meno, uno che ha continuato a scrivere, a stare da una parte senza tante mediazioni, uno che ci andava nei posti, non solo con la penna e il blocchetto ma col cuore e col cervello. Penso che questi signori tutti al governo ci vogliano far smarrire entrambi: ragione e sentimento. Un domani , molto vicino, potranno studiare in laboratorio la nostra capacità di resistenza a tanta bieca oppressione. Scusatemi se ho invaso anche il 4 febbraio. Domenica è sempre domenica. Doriana Goracci ********************************************************* LA LETTERA. Il presidente del Consiglio risponde al mondo pacifista sconcertato dal "sì" alla base di Vicenza "La pace è fatica ecco i miei risultati" di ROMANO PRODI Il presidente del Consiglio Romano Prodi CARO Direttore, nel programma dell'Unione è scritto a chiare lettere che avremmo scelto di "mettere la vocazione di pace del popolo italiano (e l'art. 11 della Costituzione) al centro delle nostre scelte di politica estera e di sicurezza". Gli avvenimenti di questi giorni mi hanno spinto ad un esame delle azioni e delle decisioni prese dal governo in questa materia, proprio alla luce di questi obiettivi così chiari, semplici e condivisi. Credo che questo esame possa anche interessare ai Suoi lettori, soprattutto a coloro che hanno più sensibilità per i valori della pace e della solidarietà internazionale. Per questo voglio attenermi strettamente ai fatti compiuti in otto mesi di governo, con una azione intensa, una attività (non un attivismo!) internazionale che ha visto il ministro degli Esteri D'Alema e il sottoscritto impegnati in un lavoro di tessitura e, spesso, di ricucitura di tutte le relazioni con i nostri partner. In primo luogo, come ci eravamo impegnati nel programma, sono rientrate le nostre truppe dall'Iraq. Perché - come avevamo sempre sostenuto - ritenevamo l'intervento in questo Paese frutto di una scelta politica unilaterale, in netta contraddizione con quello spirito di multilateralità e di ampia condivisione che ispira la nostra politica. Le nostre truppe, ci tengo a sottolinearlo, sono rientrate senza tensioni, avendo anche lasciato un contributo concreto agli sforzi di ricostruzione della società civile irachena. Nello stesso tempo abbiamo attivamente contribuito a porre termine all'"Enduring freedom" in Afghanistan, rimanendo in quel paese solo nei limiti e con le regole poste dalle Nazioni Unite. E possiamo affermare che oggi non siamo in nessuna azione militare all'estero che non sia appoggiata dalle Nazioni Unite. Una scelta "multilaterale" intesa (per ripetere le parole del programma) come "condivisione di decisioni e costruzione di regole comuni". E credo che tutti ricordino che, nel corso della scorsa estate, è stata proprio l'Italia a prendere coraggiosamente l'iniziativa raggruppando prima i paesi dell'Unione Europea e poi una più ampia coalizione internazionale (che oggi può contare sulla presenza politicamente molto significativa di truppe cinesi, indiane, turche, ghanesi o anche di paesi come l'Indonesia, il Qatar e la Malesia,) per porre fine alla guerra fra Israele e il Libano. E vorrei ricordare che, mentre nelle settimane precedenti l'intervento vi erano stati in Libano quasi 1500 morti, nessun incidente si è più verificato nell'area di conflitto da quando sono sbarcate le nostre truppe. Non è forse questa un'azione di costruzione attiva della pace? Nello stesso tempo, abbiamo concordato con gli Stati Uniti, la chiusura della base militare della Maddalena che, con i suoi sottomarini nucleari, aveva causato non poche tensioni e molte paure alla popolazione circostante. E per il successo di queste iniziative dobbiamo rendere atto all'operato del Ministro della Difesa, Arturo Parisi. La pace, tuttavia, non si difende solo agendo nel campo militare, ma anche con una politica di solidarietà verso i paesi più poveri. E, pur con i problemi di bilancio di una Finanziaria che doveva aggiustare il dissestato bilancio dello Stato, abbiamo voluto dedicare oltre 600 milioni di euro alla cooperazione allo sviluppo e fare fronte agli impegni internazionali assunti, ma non assolti dal passato Governo, riguardo al fondo globale per la lotta all'Aids, tubercolosi e malaria (global health fund) per altri 260 milioni di euro. E la mia partecipazione, unico primo ministro dell'Unione Europea, al recente vertice dei Paesi dell'Unione Africana di Adis Abeba, sta a testimoniare la nuova e forte spinta che il nostro governo vuole dare nel senso di una politica di rinnovata attenzione alle drammatiche tematiche che questo continente propone al contesto internazionale, chiedendo interventi decisi e soluzioni forti. Così, ad esempio, abbiamo già preso assieme ad altri paesi, una nuova iniziativa sulla fornitura di vaccini alle popolazioni più povere, soprattutto dell'Africa. Questo continente è per noi il senso della pace. La pace è tuttavia anche affermazione di diritti: ed è l'Italia che di nuovo ha preso l'iniziativa per la moratoria della pena di morte, un'iniziativa che trova adesioni sempre più numerose anche presso Paesi che erano in precedenza recalcitranti ad appoggiare questo ulteriore progresso di umanità e di civiltà. E la difesa dei diritti costituirà anche l'obiettivo di una legge sul diritto d'asilo e sull'immigrazione, che sarà presto varata dal governo. Ed è sempre la costruzione della pace che ha spinto ad un intenso lavoro diplomatico per preparare la conferenza dedicata a chiudere i conflitti in Afghanistan e in Somalia. Non si tratta di azioni tra di loro isolate ma, finalmente, di un disegno forte ed organico, che ha molto contribuito ad un riorientamento di tutta la politica europea. Lo abbiamo fatto sempre in un quadro multilaterale nel rispetto dei valori condivisi sui quali si fonda la nuova politica italiana. Voglio ribadire ancora una volta che questi valori condivisi non si possono difendere da soli, ma in cooperazione con le organizzazioni internazionali sulle quali è basata la nostra politica estera: le Nazioni Unite, l'Unione Europea e l'Alleanza Atlantica. In otto mesi di governo abbiamo quindi dato un contributo nuovo e organico alla costruzione della pace. Giorno dopo giorno. Lo abbiamo fatto in tutte le direzioni in cui questo compito si articola, lo abbiamo portato avanti con intelligenza e con generosità e siamo stati accompagnati dall'appoggio e dalla stima di tutti i nostri alleati. Ai quali abbiamo risposto e risponderemo anche in futuro con lealtà e con spirito di cooperazione. Dicendo i nostri sì e i nostri no, non in ragione di scelte affrettate o dettate da pur legittimi problemi locali o momentanei, ma solo ed esclusivamente in coerenza con una linea politica precisa e ben definita. La linea che descrive un percorso verso la pace, un percorso per spegnere, uno ad uno, i troppi focolai di guerra che negli ultimi anni sono andati moltiplicandosi. Ed è in questo contesto di dialogo con gli alleati che si deve inquadrare, leggere e interpretare il tema delle basi militari. Questa è la via della pace, questa è la fatica della pace: azioni concrete e non declamazioni retoriche.
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