sempre sul piano d'evacuazione della maddalena il giornale di sardegna del 22\5\2005






Santo Stefano. Consegnato al sindaco Comiti dal prefetto di Sassari
Dopo trent'anni La Maddalena
ha un piano d'evacuazione
Contenuti top secret
ma il piano dovrebbe
ricalcare le procedure
di Gaeta e La Spezia
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Una nave americana a Santo Stefano
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Alessandra Deleuchi
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? A trentatrè anni dalla
nascita della base americana,
c'è un piano di emergenza definitivo
in caso di incidente
nucleare a La Maddalena. Lo
ha tra le mani, da qualche
giorno, il neo sindaco Angelo
Comiti. Glielo ha consegnato il
prefetto di Sassari, durante un
incontro in cui Comiti era l'unico
ad essere presente, tra i
sindaci della costa nord orientale
interessati dalla vicinanza
della base di Santo Stefano e
dalle conseguenze di un possibile
inquinamento da radiazioni.
Quale sia il contenuto di
questo piano (al momento è
nota solo la bozza del 2003) lo
si può soltanto supporre, visto
che, sino a questo momento, la
versione definitiva è rimasta
segreta e non è mai stata disponibile
per la popolazione
maddalenina. Ma ci sono dei
buoni motivi per credere che il
piano della Maddalena sia simile
a quello degli altri undici
porti in cui transitano o sostano
sommergibili a propulsione
nucleare, nonostante
Santo Stefano sia l'unico ad
avere una base stabile dal '72.
Ad ogni buon conto, Comiti ha
affidato ad un radiochimico
maddalenino una consulenza
tecnica per comprendere tutti
gli aspetti del piano.
I piani di emergenza esterni, i
cosiddetti Pee, sono stati infatti
redatti tutti nel 1975 e, fino ad
oggi, sono stati resi pubblici
solo quelli di Gaeta, Taranto e
La Spezia. Di "calcolo delle dosi
da irraggiamento esterno e
inalazione da nube per tre classi
di età degli individui della
popolazione, lattanti, bambini,
adulti" si parla per Gaeta; mentre
nel piano militare di La
Spezia, pubblicato sul quotidiano
il Manifesto nel febbraio
del 2000 si fa riferimento al
livello A: prevede che in caso di
incidente vengano istituiti i divieti
di traffico marittimo, pesca
e balneazione, con posti di
blocco per impedire l'accesso
alla zona interessata e controllo
della radioattività. In caso
di rilevamento di radioattività
al di fuori dell'area navale,
sarà ordinato alla popolazione
di rimanere al chiuso;
interdette le attività lavorative,
con posti di controllo e possibile
blocco degli alimenti. Nel
caso più grave è previsto l'allontanamento
della popolazione
e la relativa sistemazione in
alloggi a chilometri di distanza,
con la raccolta di materiali
contaminati e la distribuzione
di vestiario. Ora, al di là del
contenuto che il piano per La
Maddalena possa avere, resta
irrisolto l'aspetto della informazione
alla popolazione. Un
diritto sempre ignorato, nonostante
sia previsto dal decreto
legislativo 230 del 1995, nel
quale si parla, tra l'altro, di
precise modalità d'informazione
alle popolazioni interessate,
circa misure di prevenzione e
di emergenza da adottare contro
il rischio nucleare. A questo
decreto si è appellato Il Coordinamento
Regionale per la
Smilitarizzazione del Territorio,
per avere risposte relativamente
al piano di emergenza
di Napoli. La segretezza continua,
infatti, a coprire i piani
di altri nove porti italiani e non
si comprende il perché visto
che "L'Emergency Plan San
Diego County", base americana
in California, è reperibile navigando
su Internet. Ma non
solo. Anche gli accordi stipulati
tra Italia ed Usa nel 1954 e i
trattati che disciplinano l'uso
delle basi militari americane/
Nato in Italia, tra cui quelli del
1972, per la cessione della base
dei sommergibili nucleari della
Maddalena, sono off limits.

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