Iraq. Rapita Giuliana Sgrena, inviata del 'Manifesto'



Baghdad, 4 febbraio 2005

Giuliana Sgrena, inviata del Manifesto, era diretta con il suo interprete nella moschea sunnita di al Kastl, nella zona dell' università di Baghdad quando, secondo quanto ha riferito ai giornalisti italiani lo stesso interprete, un gruppo di uomini armati ha fermato l'auto su cui viaggiavano. Sotto la minaccia delle armi, Giuliana Sgrena è stata costretta a uscire dalla vettura e a seguire gli uomini armati. La Farnesina ha confermato il rapimento.

Secondo la polizia irachena si trattava di quattro uomini armati a bordo di una macchina vicino al ponte di Jadriyah, nella zona centrale di Baghdad. Gli agenti hanno fornito la ricostruzione sul sequestro della giornalista del Manifesto sotto condizione di anonimato.

Nel corso del rapimento Giuliana Sgrena è riuscita a fare una telefonata a una collega che ha potuto così dare velocemente l'allarme. La giornalista che ha ricevuto la telefonata di Giuliana Sgrena mentre era in corso il rapimento è Barbara Schiavulli, a Baghdad per conto dell'agenzia radiofonica Grt. Ecco la testimonianza che Schiavulli ha fornito a Radio Vaticana: "Questa mattina, saremmo dovute andare a fare un servizio con i profughi di Fallujah" ha raccontato Schiavulli, "lei ed io dividiamo la stanza in una moschea vicino all'università di Baghdad, poi, però, all'ultimo momento io mi sono tirata indietro perché oggi è venerdì, il giorno di preghiera, e lei è andata lo stesso".

"Ad un certo punto, circa un'oretta fa, mi arriva una telefonata, però non sento lei parlare, ovviamente, sento solo dei colpi di pistola, il traffico, sento correre nell'acqua - ha proseguito Schiavulli - A quel punto mi allarmo, anche se avrebbe potuto essere una telefonata partita per caso. Sono scesa da un collega, abbiamo cominciato a tentare di chiamarla, chiamarla, chiamarla; ad un certo punto ci ha risposto qualcuno ma poi i telefoni non hanno più funzionato".

Schiavulli ha spiegato di essersi messa in contatto con il traduttore che accompagnava Sgrena, quando è stata rapita da un gruppo di uomini armati. "Lui adesso è con gli americani che lo stanno interrogando e ha detto che mentre loro tornavano ci sono stati degli spari, l'hanno trascinata fuori dalla macchina, l'hanno portata via" ha detto la cronista.

Pisanu : rapita da una banda sunnita
La giornalista italiana a Baghdad è "stata sequestrata probabilmente da una banda sunnita". E' quanto afferma il ministro dell'Interno Giuseppe Pisanu, che ha aggiunto "Anche a nome del presidente Berlusconi assicuro la nostra incondizionata solidarietà e l'impegno a fare il possibile per giungere alla sua liberazione".

Chi è Giuliana Sgrena

Giuliana Sgrena da anni studia le vicende del fondamentalismo islamico, ha seguito sul campo la guerra in Afghanistan, è stata la prima inviata italiana a Kabul, ha da sempre un occhio particolarmente attento alla condizione femminile nel mondo dell’islam. Inviata di punta del Manifesto da anni, firma molto nota nel panorama della stampa di sinistra in Italia, ha scritto più reportage sull’Algeria e sul mondo islamico. Esperienze dalle quali ha tratto anche libri (ad esempio "La schiavitù del velo- voci di donne contro l’integralismo islamico"). Un’esperienza sul campo forte di anni vissuti a cercare di raccontare guerre ma anche quotidianità, storie di persone, soprattutto donne, costrette a vivere sotto regimi totalitari o integralisti.

Una giornalista, insomma, non certo alle prime armi, ma piuttosto un’inviata abituata a muoversi in scenari rischiosi con consapevolezza. In un suo articolo pubblicato dal Manifesto neppure un mese fa, dopo l’invito del presidente francese Chirac ai giornalisti a non andare in Iraq (era stata appena rapita, lo ricordiamo, una collega di <http://www.liberation.fr>Liberation , Florence Aubenas) la Sgrena, radicalmente contraria alla guerra in Iraq e anche alla missione di pace italiana a Nassirya, il 14 gennaio scriveva:

"L’informazione si è dunque militarizzata: a volte, come è successo a Falluja, è impossibile seguire quel che accade senza essere al seguito di un esercito. Ma la prospettiva resta esclusivamente militare, anche se qualche volta sfuggono immagini scioccanti come quella del marine che spara sul ferito disarmato dentro la moschea di Falluja.Ribellarsi a questi schemi è rischioso, ma è un rischio che bisogna correre per fare informazione, per fare conoscere una realtà che altrimenti finirebbe solo nei bollettini di guerra o nei pamphlet di propaganda. Sempre di guerra.Florance Aubenas ha sempre corso il rischio di informare: in Ruanda, Kosovo, Algeria, Afghanistan e Iraq. Anche per questo ci sentiamo al suo fianco".
http://www.rainews24.rai.it/Notizia.asp?NewsID=52084


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