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IRAQ: RISCHIO BIOLOGICO, IN AZIONE GLI SPECIALISTI N.B.C.
- Subject: IRAQ: RISCHIO BIOLOGICO, IN AZIONE GLI SPECIALISTI N.B.C.
- From: rossana <rossana at comodinoposta.org>
- Date: Fri, 04 Feb 2005 08:41:32 +0100
un vecchio articolo di Maria Lina Veca IRAQ: RISCHIO BIOLOGICO, IN AZIONE GLI SPECIALISTI N.B.C. …PER LA SERIE “RICERCARE PER NON TROVARE”Entrano in azione, in Iraq, gli specialisti della VII compagnia del reggimento N.B.C. di Cremona, comandati dal Capitano Paolo Stella, per “effettuare rilevamenti contro il rischio biologico o chimico per la sicurezza del contingente italiano e della cittadinanza. A questo fine saranno effettuati campionamenti di acqua e terreno e saranno sottoposti ad accertamento gli scarichi industriali”.
“Fino a questo momento – si legge in una nota di ADNKronos – non è stata trovata traccia di uranio impoverito, e, del resto, fonti USA ne hanno negato l’impiego nel corso della guerra, in favore di nuovo proiettile al tungsteno che ha lo stesso effetto ma non è radioattivo. Continueremo comunque – ha detto il Capitano Stella – i controlli di sicurezza attraverso un monitoraggio a centri concentrici a beneficio di tutti, nostro e della cittadinanza.”
Una parola di commento si impone: intanto, è abbastanza comico, anche se molto macabro e di cattivo gusto, parlare di “sicurezza della cittadinanza” a fronte dello scempio indiscriminato di civili iraqeni operato dalle truppe anglo-americane, dei bombardamenti più o meno “umanitari”, della distruzione irreversibile di siti artistici e culturali, nel corso di una guerra di aggressione selvaggia e immotivata.
Inoltre, se i “campionamenti” verranno fatti, come di consueto, con tre secchielli - vedi il Poligono di Salto di Quirra, in Sardegna, con il “circo mediatico” messo in atto dal Sottosegretario Cicu, quando con giornalisti e portaborse al seguito si recò a raccogliere tre secchielli di terriccio - o come in Bosnia - dove sono dovuti arrivare, dopo otto anni dalla fine della guerra, gli esperti dell’ONU per individuare sette siti ad alto pericolo radioattivo, di cui i nostri reparti N.B.C. non avevano trovato traccia – o come in Kosovo - dove da anni il Prof. Riccobono, esperto incaricato dalla Difesa, si aggira esaminando un capello e una foglia di felce - allora abbiamo poche speranze di salvaguardare la salute di qualcuno.
E poi, come dice Falco Accame, “se l’uranio fa bene alla salute, come dice la Commissione Mandelli, perché si è ritornati al tungsteno? Se lo sarà chiesto il capitano Stella?”
L’Associazione a difesa delle vittime delle Forze Armate, che Accame presiede, si trova continuamente di fronte a problematiche che interessano il personale militare e, continuamente, di fronte all’atteggiamento della Difesa, che si connota, piuttosto, come ‘Autodifesa’.
Sulle morti di nostri militari, possibilmente legate alla contaminazione da uranio impoverito, si continua a non avere alcuna risposta certa.
Pertanto, continuiamo a domandarci se i nostri reparti in Somalia e in Bosnia abbiano adottato le misure di protezione previste, che invece erano adottate dai reparti USA operanti fianco a fianco dei nostri.
Perchè si è negato, almeno per un anno, che in Bosnia l’uranio fosse stato usato quando, invece, ne era noto l’uso fin dal 1995. D’altronde, è risaputo che gli aerei che hanno effettuato i bombardamenti con armi all’uranio sono partiti proprio dalla base di Aviano. Una base che è al comando di un colonnello italiano e che quindi aveva ricevuto tutti i rapporti di volo, nei quali l’aereo deve dichiarare i bersagli colpiti e le posizioni geografiche, come pure il numero di proiettili impiegato.
E ancora, perchè nelle relazioni del Prof. Mandelli compare una presenza nei Balcani di circa 40 mila militari, mentre nel Libro Bianco 2002 la presenza dei militari italiani è quantificata in circa 27 mila uomini?
E’ chiaro – in questa macabra aritmetica - che un morto su 40.000 non ha lo stesso peso che un morto su 27.000.
E perchè sono stati presi in considerazione tutti coloro che si sono recati nei Balcani, quando a rischio era solo il personale in Bosnia che ha operato in zone colpite, ma senza misure di protezione, mentre il personale in Kosovo non andava considerato perché aveva adottato le misure?
“Qui ci sono famiglie di militari – dice ancora Falco Accame - che dal 1969 attendono di ricevere una lira. Anche su questo tema, tante domande senza risposta.”
Già, perché è difficile, se non impossibile, anche conoscere dati esatti sui militari morti in tempo di pace.
La Camera chiese questi dati alla Difesa fino dal 1979. Nel 1991 venne fissato un numero di 3.000 aventi diritto alla “elargizione speciale di 50 milioni” destinati “alle famiglie dei giovani di leva morti in servizio”, ma , a tutt’oggi, scrive Accame in una lettera al Presidente della Commissione Difesa, Generale Ramponi , non si conosce “l’elenco degli aventi diritto onde individuare le somme da stanziare in bilancio… più volte questa Associazione (A.N.A.V.A.F.A.F.) ha sollecitato la definizione di una “pratica” irrisolta ormai da decenni, che non fa certo onore al Ministero della Difesa e al modo in cui si dovrebbe trattare il personale e le famiglie di chi nel servizio militare perde la vita”.
Chi sa se qualcuno ha raccontato queste cose agli specialisti N.B.C. e al Capitano Stella che si accinge al nobile compito di tutelare “la sicurezza del contingente italiano e della cittadinanza.”
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