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(Fwd) [CacaoElefante] Il quotidiano delle buone notizie Edizione del Sabato
- Subject: (Fwd) [CacaoElefante] Il quotidiano delle buone notizie Edizione del Sabato
- From: "Davide Bertok" <davide at bertok.it>
- Date: Sun, 24 Oct 2004 03:14:04 +0200
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------- Forwarded message follows ------- Date sent: 23 Oct 2004 00:30:01 -0000 To: cacaoelefante at alcatraz.it Subject: [CacaoElefante] Il quotidiano delle buone notizie Edizione del sabato From: "C@C@O quotidiano" <quotidiano at alcatraz.it> oooOOO C A C A O ELEFANTE OOOooo Il quotidiano delle buone notizie comiche L'essenziale delle notizie e' sempre vero --- SPOT (libri) NOVITA'--- Con "SENZA PACE" il giornalista inglese David Hirst infrange tutti i miti sul conflitto israelo-palestinese. IN VENDITA SU HTTP://WWW.COMMERCIOETICO.IT Acquista il libro direttamente online, paghi con carta di credito o bonifico o in contrassegno al ricevimento della merce. --------------- ~-~-~ 23 ottobre 2004 ~-~-~ Edizione del sabato E' in vendita su commercioetico.it SENZA PACE Un secolo di conflitti in Medio Oriente, di David Hirst, in Italia grazie alla Nuovi Mondi Media. Ne pubblichiamo un estratto. Buona lettura. L'ASSE DEL MALE: L'AMERICA ADOTTA COME PROPRI I NEMICI D'ISRAELE Lungi dal preoccuparsi per la dubbia compagnia che seguita a frequentare, l'America di George Bush figlio e dei suoi tirapiedi neoconservatori intrattiene con essa rapporti più stretti che mai. Dopo l'11 settembre si è quasi schierata con Sharon, "l'uomo di pace di Bush", ha quasi assimilato la sua guerra con Arafat e i palestinesi alla propria contro "l'asse del male", al-Qaeda e il terrorismo internazionale. C'è stato, è vero, un periodo di incertezza e tentennamento, in cui sembrava che Bush avesse intuito che le politiche mediorientali dell'America, e non solo i suoi valori, avevano qualcosa a che fare con le avversità che l'avevano colpita. Fu, probabilmente, una genuflessione davanti a Colin Powell e a quella parte più equilibrata e ragionevole, ma più debole, della sua Amministrazione, che il suo segretario di stato sembrava rappresentare. Iniziò con una dichiarazione del presidente circa la necessità di uno stato palestinese, una dichiarazione a lungo attesa e tutt'altro che rivoluzionaria, ma sufficiente perché la Lobby e la sua claque al Congresso la denunciassero come un segno di "arrendevolezza". "Significa", ha detto Mortimer Zuckerman, a capo della Conferenza dei Presidenti delle Principali Organizzazioni Ebree Americane, "che se attacchi l'America ottieni qualche cosa". Sharon stesso si spinse oltre: per lui quella posizione sapeva di Cecoslovacchia, di Monaco nel 1938. Ma il tentennamento non durò a lungo. Nell'estate del 2002 Bush aveva già fissato la sua nuova linea di condotta: "cambio di regime" e riforma dei mondi arabo e musulmano e, laddove necessario, l'intervento militare americano per conseguire tali scopi. Fu così che l'America che all'inizio del XX secolo aveva insistito, provocando la costernazione delle potenze coloniali europee, sulla necessità di tener conto dei desideri liberamente e democraticamente espressi dai popoli arabi, ora intendeva imporre ad essi la "democrazia" con le armi. Era il nuovo imperialismo "transatlantico" del XXI secolo sotto un altro nome. Si cominciò con l'Iraq: dopo l'Afghanistan, fu lì che ebbe luogo la promessa "fase due" della "guerra al terrorismo", fu lì che s'ingaggiò la battaglia decisiva tra il bene e il male. Fino a quel momento, si era pensato che la "connessione" tra le due problematiche rendesse molto difficile, se non impossibile, che gli Stati Uniti potessero muovere guerra in una delle due grandi zone interessate dalla crisi mediorientale, l'Iraq e il Golfo, prima di aver almeno in parte risolto i problemi più annosi ed esplosivi nell'altra area, la Palestina. Conquistare e occupare l'Iraq, permettendo al contempo a Israele di continuare a depredare la Palestina, equivaleva a una nuova, terribile, espansione della politica dei due pesi e delle due misure; fu vista come un'aggressione contro l'intero mondo arabo. Ma la risposta dei neoconservatori era quanto mai semplice; si limitarono a capovolgere la questione. La strada per muovere guerra all'Iraq non passava più per la pace in Palestina; era piuttosto la pace in Palestina o, per essere più precisi, la totale sottomissione dei palestinesi, che passava per la guerra a Baghdad. La nuova teoria fu esposta esaurientemente, in tutta la sua megalomania, da Norman Podhoretz, il veterano dei luminari intellettuali neoconservatori, nel numero di settembre 2002 della sua rivista Commentary. I cambi di regime, proclamava, erano "la conditio sine qua non in tutta la regione". E quelli che "meritano ampiamente di essere rovesciati e sostituiti non si limitavano" ai due membri mediorientali ufficialmente designati dell'asse del male di Bush. "Quanto meno, l'asse va allargato alla Siria, al Libano e alla Libia, nonché ad 'amici' dell'America come la famiglia reale saudita e Husni Mubarak d'Egitto, oltre all'Autorità Palestinese, sia essa guidata da Arafat o da uno dei suoi scagnozzi". Un'epurazione così estesa, diceva, avrebbe potuto "spianare la strada a quella riforma internazionale e modernizzazione dell'Islam attese da tempo". D'altro canto, poteva anche non riuscirci. "È innegabile che l'alternativa a questi regimi potrebbe facilmente dimostrarsi peggiore, anche (o specialmente) se assume il potere in seguito a elezioni democratiche" perché "un gran numero di persone nel mondo musulmano simpatizza con Osama bin Laden e voterebbe per candidati islamici radicali della sua specie se gliene venisse data la possibilità". "Ciò nonostante", proseguiva impavido, "c'è una politica che può scongiurare questa evenienza, purché gli Stati Uniti siano disposti a combattere la Quarta Guerra Mondiale - la guerra contro l'Islam militante - per vincerla e purché poi abbiamo il fegato di imporre agli sconfitti una nuova cultura politica". Questa, ovviamente, era un'elaborazione compiuta e definitiva di quel progetto, A Clean Break (Un taglio netto), che alcuni spiriti affini a Podhoretz, avevano presentato al premier israeliano Binyamin Netanyahu già nel 1996. Era l'apoteosi della "alleanza strategica", un grandioso disegno americano almeno quanto israeliano, e forse ancora di più. Con il pretesto di privare l'Iraq delle sue armi di distruzione di massa, gli Stati Uniti cercano di "ridisegnare" l'intero Medio Oriente, facendo di questo paese fondamentale e riccamente dotato il fulcro di un nuovo ordine geopolitico filo-americano. Assistendo a una manifestazione così schiacciante della volontà e potenza americane, altri regimi, e in particolare la Siria che sostiene gli hezbollah, dovranno o piegarsi ai fini americani o subire una sorte analoga. Con l'aggressione dell'Iraq, gli Stati Uniti non adottavano semplicemente i metodi consolidati di Israele - dell'iniziativa, dell'offesa e della prevenzione - ma ne adottavano anche gli avversari come propri. L'Iraq era sempre stato tra i primi della lista; insieme all'Iran era uno dei cosiddetti nemici "lontani", che ormai apparivano più minacciosi di quelli "vicini", i palestinesi e gli stati arabi confinanti, soprattutto da quando avevano iniziato a sviluppare armi di distruzione di massa. Israele aveva sempre propagandato l'implacabile determinazione a preservare il proprio monopolio in quel campo. Aveva nutrito grandi speranze che George Bush padre distruggesse Saddam Hussein e il suo regime con la Tempesta nel Deserto. Quelle speranze si erano infrante, ma la prospettiva che George Bush figlio completasse il lavoro che il padre aveva lasciato incompiuto produsse in Israele un consenso raro. Non fu solo Sharon, il superfalco del Likud, a incitarlo a procedere senza indugi, ma anche Shimon Peres, il suo ministro degli esteri laburista, ritenuto un moderato. Autore di tanti inganni e stratagemmi spudorati a spese degli Usa nei primi anni della nuclearizzazione israeliana, questi ora ammoniva solennemente una platea di Washington che posporre un attacco all'Iraq avrebbe significato "assumersi forse lo stesso rischio che l'Europa si assunse nel 1939 di fronte all'emergenza rappresentata da Hitler". Sharon era così eccitato per questo nuovo assetto mediorientale in formazione, che disse al Times di Londra che "il giorno dopo" l'Iraq, Stati Uniti e Gran Bretagna si sarebbero dovuti occupare dell'altro nemico "lontano". Israele, infatti, aveva sempre considerato l'Iran degli ayatollah come la minaccia maggiore tra le due, a causa del suo peso intrinseco, della sua leadership fondamentalista, teologicamente anti- sionista, del suo programma di armamenti nucleari più serio, diversificato e, si supponeva, assistito dalla Russia, e della sua affinità ideologica con organizzazioni islamiche come Hamas o gli hezbollah, che forse sosteneva direttamente. Nulla, in effetti, illustrava meglio dell'Iran l'ascendente che Israele e gli "amici d'Israele" in America avevano sulle decisioni politiche americane. Molto semplicemente, diceva l'esperto di questioni iraniane James Bill, gli "Stati Uniti osservano l'Iran attraverso occhiali fabbricati in Israele". A ben guardare, Israele non era soltanto l'unico beneficiario, bensì il sostenitore di quelle sanzioni commerciali, molto dannose per gli interessi economici americani, che il Presidente Clinton aveva imposto all'Iran nel 1995 e che Bush, superato in astuzia dalla Lobby, aveva rinnovato nel 2001, sia pure con riluttanza. L'effetto deformante di quell'influenza è tale che, secondo il Washington Post, Israele, con l'aiuto del Congresso, fu determinante a far sì che la CIA, a spese della propria obiettività professionale, adottasse una valutazione allarmistica della minaccia missilistica rappresentata per gli Stati Uniti da paesi "canaglia" come l'Iran, una valutazione che contraddiceva totalmente la sua precedente ortodossia. Convincere gli Stati Uniti della gravità della minaccia iraniana era da tempo una delle prime preoccupazioni israeliane. All'inizio degli anni Novanta, il deputato laburista ed ex ministro Moshe Sneh dichiarò a un convegno presso lo Yaffe Center for Stategic Studies che Israele "non poteva assolutamente accettare l'idea di una bomba atomica in mano agli iraniani". Un simile evento poteva e doveva essere evitato collettivamente, disse, "perché l'Iran minaccia gli interessi di tutti gli stati ragionevoli in Medio Oriente". Tuttavia, "se gli stati occidentali non fanno il loro dovere, Israele si vedrà costretto ad agire da solo e assolverà al suo compito con ogni mezzo [vale a dire, anche nucleare]". L'accenno di ricatto anti-americano contenuto in quell'osservazione non era niente di eccezionale; era sempre stato un motivo conduttore dei discorsi israeliani sull'argomento. Un altro esperto, Daniel Lesham, incitava Israele a enfatizzare il terrorismo iraniano e a "spiegare al mondo" l'urgente necessità di provocare alla guerra quel paese. Altri ancora sostenevano che gli Stati Uniti avrebbero dovuto demonizzare e isolare l'Iran assediandone le coste e "stazionando navi da guerra, soprattutto sottomarini nucleari, minacciosamente vicini" . La resa dei conti con l'Iraq non ha fatto altro che incoraggiare questo modo di pensare, tanto più visto che, a quanto riferiscono alcuni, l'impianto nucleare costruito dai russi a Bushire, che iraniani e russi sostengono abbia scopi pacifici, mentre israeliani e americani ritengono sia per scopi militari, entrerà in funzione a breve. "Nel giro di due anni", ha detto John Pike, direttore di Globalsecurity.org, "o gli Usa o Israele attaccheranno [i siti nucleari] dell'Iran o accetteranno il fatto che l'Iran sia uno stato nuclearizzato". SENZA PACE ed. Nuovi Mondi Media. Traduzione di Giuliana Lupi. La Redazione: Simone Canova, Jacopo Fo, Gabriella Canova, Maria Cristina Dalbosco Per commentare questa news: http://www.alcatraz.it/redazione/news/show_news_p.php3?NewsID=2219 Per cancellarti da questa newsletter vai alla pagina http://www.alcatraz.it/mailinglist.html Associati a Cacao - Libera Universita' di Alcatraz e sostieni il Quotidiano delle buone notizie e tutto il circuito di siti internet di Alcatraz. 27 euro per andare avanti. http://www.alcatraz.it/soci.html Iscrivi un amico o una amica! http://www.alcatraz.it/mailinglist.html Il tuo amico poi potrà confermare l'iscrizione oppure lasciarla decadere automaticamente. Per l'archivio di tutte le news clicca qui www.alcatraz.it/redazione/news/public_news.php3 Per la homepage di Alcatraz.it clicca qui www.alcatraz.it Powered by www.wonder.it ------- End of forwarded message -------
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