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armare la popolazione ?
- Subject: armare la popolazione ?
- From: Comitato Paul Rougeau - RM <prougeau at tiscali.it>
- Date: Fri, 23 Apr 2004 12:17:26 +0200
Cari amici, in questo momento oscuro mi pare urgente riproporvi il seguente articolo comparso esattamente due anni fa sul nostro bollettino (in occasione di una scellarata proposta di liberalizzare l'uso delle armi da fuoco, allora rientrata). Magarti fatelo girare un po'. Cordiali saluti Giuseppe Lodoli UNA SOLUZIONE ALL'AMERICANA: ARMATE LA POPOLAZIONE! Assai pericolosa in Italia si potrebbe rivelare l'idea avanzata a fine aprile di scoraggiare i crimini violenti dotando un gran numero di cittadini di armi di difesa personale. Purtroppo non ci troviamo di fronte alla richiesta estemporanea di una persona qualunque esasperata da una disavventura personale, ma ad una proposta avanzata da uomini di governo! Può sembrare una mossa lapalissiana per diminuire il senso di insicurezza della popolazione spaventata dai crimini, consentire a tutti di armarsi. Tuttavia occorre osservare in primo luogo che il senso di insicurezza dipende da molti fattori e non soltanto del tasso di criminalità. Più dei dati oggettivi sulla criminalità, può generare forti emozioni nel pubblico il modo in cui i crimini vengono riportati dai media. Le stesse promesse fatte dei politici (da Rutelli a Berlusconi) di garantire "città più sicure", suonando come una conferma dell'esistenza di un elevato pericolo criminale, aumentano il senso di insicurezza. Anche il maggior grado di benessere della classe media produce ansia per la possibile perdita dei beni posseduti. Se agire sul sistema sociale con azioni che tendano a diminuire per quanto possibile la probabilità dei reati è un dovere dei governanti, perniciosa si può rivelare la doppia strategia che da una parte rafforza il senso di insicurezza e dall'altra conquista il favore del pubblico con l'emanazione di norme repressive e violente nei riguardi della criminalità. Ci inorridisce che uomini di governo si rapportino ai problemi di pubblica sicurezza in termini sempre più emotivi anziché razionali, per esempio con l'imbarbarimento del codice penale minorile, con l'occhio ai sondaggi di opinione più che ai dati relativi alla criminalità. Dobbiamo opporci finché siamo in tempo allo scivolamento verso una risposta sempre più ottusa e violenta della società italiana nei riguardi del crimine, una società peraltro sempre meno disposta ad approfondire e contrastare le cause reali della devianza. Già da una prima riflessione emergono con evidenza le cause sociali che influiscono sul tasso reale di criminalità: i delinquenti appartengono in gran parte alle fasce di popolazione emarginata in una società sempre più competitiva e orientata al "successo". Una condizione effettiva di emarginazione - ma anche la percezione soggettiva di una sconfitta nella corsa al successo - è la molla principale che spinge settori delle giovani generazioni dei paesi ad economia liberista verso la delinquenza. Senza allargare troppo il discorso, per valutare l'impatto che può avere una risposta emotiva e demagogica alla delinquenza e la larga diffusione delle piccole armi da fuoco, possiamo riflettere su alcuni dati che riguardano gli Stati Uniti d'America. Non tutti sanno che gli Stati Uniti avevano in pratica abolito la pena di morte tra gli anni sessanta e settanta e che nei decenni successivi la ripresa esponenziale delle esecuzioni capitali è avvenuta di pari passo con l'elezione alle cariche politiche, amministrative e giudiziarie di personaggi che in campagna elettorale fomentavano il senso di insicurezza della gente promettendo risposte sempre più dure al crimine, a cominciare dalle esecuzioni capitali. L'elevato "rendimento elettorale" della pena di morte indusse anche i democratici, dopo la sconfitta dell'abolizionista Dukakis, a cominciare da Clinton, a imitare i repubblicani rinunciando alla loro consolidata opposizione al patibolo. E' nota la grande diffusione delle armi personali negli Stati Uniti, dalle pistole ai fucili mitragliatori da guerra: vi è quasi un'arma personale per ogni cittadino, uomo o donna, lattanti compresi. Si tratta di armi cariche che finiscono con lo sparare, ferire od uccidere. In confronto con le centinaia di omicidi che avvengono annualmente in Italia, vi sono quindicimila omicidi l'anno negli USA (e negli anni scorsi si è arrivati ad oltre ventiduemila). Si uccide con grande leggerezza: giovanissimi sparano a sangue freddo per impossessarsi di un'automobile, di un portafogli o di un po' di droga. Coloro che entrano negli appartamenti per rubare sono armati e non esitano a far fuoco non solo ad un minimo cenno di resistenza degli occupanti ma anche in modo preventivo. Come non vedere nel disprezzo per la vita umana mostrato dai piccoli delinquenti il riflesso dei sentimenti di una popolazione violenta e armata? Il ricco che spara e uccide "per legittima difesa" se la passa senza nessuna conseguenza, ma molto spesso spara per primo il poveraccio, il piccolo delinquente che sa di rischiare comunque la vita. Pur essendoci negli Stati Uniti un numero di reati contro la proprietà non superiore al dato europeo, lì sono molto più frequenti le rapine. Il tasso di omicidi è addirittura dieci volte maggiore. Rispetto agli altri paesi occidentali, negli USA le armi da fuoco sono molto più usate dai criminali. Ad esempio negli Stati Uniti queste ultime vengono impiegate nel 41% delle rapine e nel 68% degli omicidi, in Inghilterra le corrispondenti percentuali sono del 5% e del 7%. E' evidente che in Italia una maggiore diffusione delle armi da fuoco farebbe fare un "salto di qualità" ai criminali comuni, quelli che attualmente attentano soltanto ai beni del prossimo e che non si sognerebbero di uccidere. Non ne guadagnerebbe la nostra sicurezza e la nostra civiltà ma soltanto i fabbricanti e i mercanti di armi. Quale sarebbe il passo successivo? Forse adottare la pena di morte per adulti e minorenni come avviene negli USA? Forse costruire nuove prigioni per tenere 'dentro' un numero sempre più alto di detenuti? Negli Stati Uniti una diminuzione del (sempre elevatissimo) tasso di criminalità si è potuto ottenere negli ultimi anni costruendo velocemente enormi prigioni e incarcerando un'elevata percentuale della popolazione (costituita soprattutto da neri ed ispanici). A partire dai 380 mila detenuti degli anni settanta si è superata nel 2000 la soglia dei due milioni di detenuti (senza contare i minorenni imprigionati) che possiamo confrontare con i 56 mila detenuti italiani. Se si aggiungono coloro che sono fuori sulla parola o sotto sorveglianza arriviamo a quasi sei milioni di cittadini in regime penale su 275 milioni di persone. Il problema delle carceri americane è arrivato ad un punto critico. Ogni detenuto costa in media 20 mila dollari l'anno. Le prigioni costano troppo (molto più di quanto sarebbero costati interventi nel sociale diretti alla prevenzione del crimine). Alcuni stati spendono di più per incarcerare i giovani che per la loro istruzione nei college. Il Washington Post si domanda con grande preoccupazione che cosa succederà quando verranno liberati gli attuali detenuti, esacerbati da condizioni di detenzione durissime e formati alla scuola del crimine dai peggiori compagni di prigionia. Si sarebbe in tempo per prevenire una nuova crescita degli omicidi con una limitazione del possesso delle armi da fuoco? Alcuni saggi ma timidi tentativi di ridurre la circolazione delle armi personali sono stati fatti recentemente specie sotto l'amministrazione Clinton, tutti stroncati sul nascere dalla lobby delle aziende armiere che non hanno avuto pudore nel tratteggiare positivamente lo stereotipo storico del cittadino americano armato. Simili iniziative non verranno ripetute dall'amministrazione Bush. Anche se qualcuno ci provasse si troverebbe davanti ad enormi difficoltà: tanto è facile armare così è difficile disarmare.
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