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bimbi deformi ad escalasplano vicino al poligono di perdasdefogu unione sarda del 14\3\2004 edizione nazionale
- Subject: bimbi deformi ad escalasplano vicino al poligono di perdasdefogu unione sarda del 14\3\2004 edizione nazionale
- From: "giuseppe scano" <useppescano at virgilio.it>
- Date: Sun, 14 Mar 2004 13:16:38 +0100
casi finora ufficialmente accertati sono quattordici: moltissime le ipotesi ma niente certezze Nessuna indagine sulla nascita di bimbi deformi a Escalaplano Si parla di contaminazione a distanza dal Poligono di Perdasdefogu Dal nostro inviato Giorgio Pisano Escalaplano Maria Grazia sorride: ed è quasi tutto quello che riesce a fare. Fa parte della leva dell'88, anno crudele, di polveroni e nubi grigie che arrivavano dal poligono di Perdasdefogu e si posavano come neve leggera sulle case, sulla gente, sulla pelle, sui vestiti. «Avevo un presentimento, una specie di sensazione brutta». Sposa a sedici anni, undici figli (sette emigrati, uno addirittura in Islanda), Maria Teresa è stata una straordinaria catena di montaggio: tutti sani, tutti forti, tutti vicinissimi alla famiglia, suoi figli. Soltanto Maria Grazia, l'ultima («e manco l'avevamo prevista»), l'ha colpita al cuore cambiandole la vita. La protegge, la vizia, ci discute: e pensare che Maria Grazia, non vede a dispetto di occhi lucenti e mobilissimi. Non può parlare, non può camminare, soffre di crisi convulsive che la mamma annota su un diario con la biro nera. Domenica: è agitata; giovedì: la piaga è ancora aperta; venerdì: non ha dormito. A fine mese, il bilancio di quattro settimane. Febbraio: nove crisi. Dei cinque bambini malformati venuti al mondo quell'anno, Maria Grazia è sicuramente la più sfortunata. Deve stare inchiodata a letto, in un limbo buio. E se capita come ieri un lampo di sole, la sistemano vicino alla finestra «perché il caldo asciuga le ferite». È figlia dei fumi della guerra simulata o di qualche altra maledizione che incombe su Escalaplano? Nessuno sa rispondere. I sospetti sono molti. Di sicuro c'è stato anche un altro anno disgraziato, il '93. «E anche quella volta, cadeva polvere come pioggia». A portarla era il vento, giudice implacabile che ha condannato alcune comunità e ignorato altre. Ad Armungia, centro vicinissimo al poligono, non ci sono state nascite di bimbi deformi (o almeno non in misura allarmante). Così a San Vito, a Perdas, a Ballao e in tutto quell'arcipelago umano che ruota intorno alla Base. L'unico legame (ma che legame è?) riguarda Quirra: centocinquanta residenti, una ventina di tumori del sistema emolinfatico. Puntuali e incalzanti, gli antimilitaristi di Gettiamo le basi hanno scritto al presidente Ciampi, che ha garantito attenzione al problema, interesse, indagini. Mariella Cao, portavoce del movimento: «Nell'attesa, qualunque attività all'interno del poligono dovrebbe essere sospesa. Bisogna avere il coraggio di aprire un'inchiesta vera: il diritto di sapere non è eversivo». L'altro fronte, che teme un danno d'immagine ai prodotti della terra e a un possibile turismo di domani, ammette che le malformazioni (almeno quattordici) ci sono, riconosce che qualcosa del genere accade anche tra le greggi (pecore con due teste, con gli occhi al posto delle orecchie, con sei zampe). Luigi Agus, vicesindaco-bidello, padre di due ragazzi: «E credete che se avessimo certezze, staremmo qui? Fatta salva la buona fede, noi ci siamo mossi con prudenza e cautela perché non si sa mai, perché la verità non la conosce nessuno». Luigino Dessì, 84 compiuti, si leva il berretto per pensare in grande, all'aria aperta «ma non mi ricordo di casi del genere nel passato. Quand'ero giovane c'era uno che aveva, mischino, le gambe corte e braccia non proprio precise. Poi basta. È da una decina d'anni che si sentono cose da non credere». Molte le ipotesi: scorie dei proiettili a uranio impoverito, onde elettromagnetiche dei radar, stoccaggio segreto di armi chimiche e biologiche (fuorilegge dal 1972). Antonio Pili, ex sindaco di Villaputzu, ex primario all'ospedale cagliaritano Binaghi, si dichiara stupito: «Non vedo un nesso tra i casi di Quirra e quelli di Escalaplano. A Quirra c'è di sicuro un agente patogeno che provoca leucemie: da dove arrivi possiamo immaginarlo ma non abbiamo alcuna prova». E i casi di Escalaplano? Qualcuno sussurra che ci «sono stati e ci sono troppi matrimoni tra consanguinei» e aggiunge anche un'altra singolare caratteristica: il numero impressionante di pazienti in cura al Centro di salute mentale a Isili. Insomma, anomalie fatte in casa. Priamo Farci, geologo, consigliere comunale di Rifondazione, sceglie la linea morbida che tuttavia non coincide affatto con quella della resa: «Io chiedo semplicemente di sapere: come cittadino, come padre, come pubblico amministratore. I Comuni che confinano col Poligono potrebbero consorziarsi e finanziare un'indagine seria ma di più e di meglio potrebbe fare una commissione parlamentare». Proposta sensata, l'approvano in molti a patto che resti una chiacchiera di strada. Se per esempio si trasforma in una mozione d'aula, finisce male: quattro favorevoli, nove contrari (sindaco in testa). In Municipio hanno talmente voglia di parlare di questa storia che si sono dimenticati di aver annunciato due anni fa uno screening gestito dall'Università di Sassari. «Di dove, di Sassari? Non me lo ricordo. So che di quest'affare si stanno occupando i tecnici del ministero della Difesa». Che sarebbe come affidare a Forza Italia un sondaggio su Berlusconi. Nell'ambulatorio vicino alle scuole, il medico di base descrive Escalaplano come un paese assolutamente qualunque «sotto il profilo della salute». Non ha rilevato nulla di sospetto e non s'è fatto nemmeno un'opinione superficiale su una circostanza che nessuno può smentire: quattordici casi di malformazioni con incidenza particolare nell'88 e nel '93. Maria Teresa se ne infischia di queste cose: deve seguire giorno e notte una figlia «che anche se non ci vede, mi parla con gli occhi». A tratti, mentre racconta la sua storia di donna e di madre si fa prendere dall'emozione e piange. Subito dopo tenta di ridere e chiede scusa «per queste lacrime che mi fa venire la rabbia». Rabbia? «Sì, rabbia perché sono impotente, non posso guarirla. Perché Maria Grazia non esiste per il Comune, perché per troppa gente non è neppure un essere umano. Non l'ho più portata in ospedale da quando ci hanno costretto a scappare. È successo a Cagliari, stavo aiutando l'infermiera a sistemare Maria Grazia per un elettroencefalogramma e quella mi fa: signora, io un mostro così non l'ho mai visto. Cosa dovevo fare, cosa dovevo dire? Ce ne siamo andate». Adesso è ormai da tanto che Maria Grazia ha una sola fisioterapista: la mamma, una sola assistente sociale, una sola consolazione. «Noi non vogliamo pietà, ma non posso tollerare che per i potenti di questo paese una creatura come lei non esista, non abbia diritto neanche a un briciolo di solidarietà». Non è questione di denaro. Tant'è che se dovesse esprimere un desiderio, Maria Teresa si rivolge dritta ai piani alti del cielo: «Vorrei che Nostro Signore mi aiutasse a far capire che mia figlia non è una bestia. Ogni tanto ci litigo con Dio: non potrebbe darle appena appena di luce negli occhi, il tanto che basta per farle vedere almeno una volta la faccia della madre? Perché gli occhi di Maria Grazia, smentitemi se sbaglio, sono belli e vivi e brillanti, non lo diresti mai che è cieca». Ride Maria Teresa, ride con uno sguardo amarissimo e giura che lei e sua figlia la fanno comunque «in barba a tutti». Si leva, altissimo, l'orgoglio: «Non la vogliono vedere? E io la porto fuori. Quando fa bel tempo, viene in chiesa con me, sul carrozzino. Spesso no, non la faccio uscire perché ho paura delle broncopolmoniti. È fragile, la bambina». Scosta una tendina e scopre una montagna di medicinali allineata accanto a Madonnine varie, la foto-ricordo di una visita al santuario di San Giovanni Rotondo, gigantografie a colori di lei e suo marito, insomma i capitoli d'una vita vissuta che ora, a cinquantun anni, sembra improvvisamente qualcosa di troppo grande, impossibile da reggere a lungo. «Ma non pensate che sia disperata. Sì, lo sono; anzi no, non lo sono. Ho figli adorabili. I tre che abitano con me hanno un rapporto bellissimo con Maria Grazia e così gli altri. Quando telefonano, mica chiedono come sto io. Nossignore: mamma, e la bambina?». La bambina, quando sente pronunciare il suo nome, propone un sorriso che si fa lungo lungo soltanto se si aggiunge una carezza: «Passerebbe ore con la mia mano sulla guancia. Vuole essere coccolata, e quando la coccolo sposta gli occhietti seguendo la mia voce. Qualche volta le dico: Mariagra' basta, mi sono stufata di te, non ce la faccio più. Lei mi risponde con un suono di gola che conosco bene. Allora le rido in faccia e anche lei ride: Mariagra', mamma stava scherzando. E quando mai ti lascerebbe sola?».
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