Re: Missionari Comb. BARI - Un SUD alla deriva




La Sesta Flotta lascia Gaeta ma non va a Taranto

Nelle scorse settimane gli ambienti pacifisti italiani hanno innescato una polemica sulla eventualità che la base navale di Taranto sia chiamata dal 2005 ad ospitare la Sesta Flotta americana, di cui sarebbe già stato deciso il trasferimento da Gaeta. Il dibattito, approdato dapprima sulla carta stampata e quindi in Parlamento, si è tuttavia alimentato di deduzioni che appaiono perlomeno arbitrarie.

Tutto nasce da un articolo apparso il 7 febbraio sul quotidiano inglese The Guardian che riprende a sua volta un intervento dello spagnolo El Mundo. Entrambi riportano la notizia secondo cui anche la Sesta Flotta dovrebbe essere interessata dal progetto dell'amministrazione Bush di rivedere la presenza militare nel mondo. A determinare la decisione di Washington sarebbero stati a quanto pare i prezzi troppo alti che si incontrano in una località turistica come Gaeta.

La cosa strana, però, è che la US Navy non approfitterebbe di questo trasferimento per avvicinarsi maggiormente alle aeree di crisi mediorientali, ma al contrario potrebbe puntare su una base fuori dal Mediterraneo come quella di Rota, in Spagna. In proposito gli Stati Uniti hanno già concordato con il governo di Madrid interventi di potenziamento della base, con un investimento di 450 milioni di dollari. Nonostante sia clamorosamente decentrata, Rota ha il vantaggio di poter ospitare e supportare sia la componente navale che quella aerea.

L'11 febbraio tocca al quotidiano italiano Liberazione riprendere gli articoli di El Mundo e del Guardian, commentando la cosa secondo il suo stile ma attenendosi comunque con scrupolo alle notizie. L'8 febbraio, invece, è intervenuta sull'argomento l'associazione pacifista Peacelink, che si è lanciata in interpretazioni tutte sue concludendo con un allarme: Taranto è l'unica base candidata ad ospitare la Sesta Flotta americana dopo il 2005.

Già, Taranto. Da qualche anno le Forze armate italiane hanno avviato un potenziamento delle proprie capacità di intervento creando, tra le altre cose, strutture di comando complesse con cui candidarsi alla guida di forze NATO a elevata prontezza operativa. L'Esercito ha messo a punto un comando per le forze di terra nei pressi di Milano (a Solbiate Olona), e la Marina ha fatto altrettanto per le forze navali potenziando la base di Taranto. Secondo Peacelink tanto basta per concludere che la Sesta Flotta si trasferirà nella base pugliese.

Poco importa, allora, che El Mundo, The Guardian e un portavoce della Sesta Flotta abbiano parlato finora solo di possibili trasferimenti in Spagna. Meno ancora, evidentemente, conta il fatto che la costituzione di comandi NATO e la ridislocazione di forze USA siano due processi in tutto e per tutto separati, con obiettivi e promotori diversi. Questi comandi NATO sono talmente asserviti agli interessi statunitensi che nello stemma di quello di Solbiate la rosa dei venti dell'Alleanza Atlantica si divide fraternamente il campo con la corona stellata dell'Unione Europea. Gioverebbe saperlo, prima di mettersi gridare alla sovversione.

Restano comunque tutte da analizzare le conseguenze di un trasferimento della Sesta Flotta. Gli USA sembrano voler minimizzare l'evento ricordando che, dopo tutto, il comando di Gaeta non è altro che uno staff operativo di 250 persone. Se così fosse, l'incidenza dei prezzi della città laziale sui bilanci della US Navy sarebbe davvero così pesante? Resta da chiarire allora se il trasferimento riguarderà in concreto poche centinaia di uomini o decine di migliaia di militari e civili. In termini di conseguenze economiche e politiche, la differenza è tanta.