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L'uranio arricchito arricchisce chi lo smercia
- Subject: L'uranio arricchito arricchisce chi lo smercia
- From: rossana <rossana at comodinoposta.org>
- Date: Sat, 14 Feb 2004 22:54:37
SPIONI. CHI È IL FIGLIOL PRODIGO DELL’ATOMICA PAKISTANA CHE TRAMAVA COI SAUDITI
L'uranio arricchito arricchisce chi lo smercia
Storia di Khan, che trasformò una banca in un servizio segreto, regalò un jet a Carter e fu indagato da Kerry
L'uranio arricchito gode della proprietà transitiva di arricchire chi lo diffonde. Il traffico internazionale di tecnologia nucleare ha assunto dimensioni tali da far dire allo stesso direttore dell'Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica, Mohammed El Baradei, che «la possibilità di una guerra nucleare non è mai stata così imminente». Lo conferma l'episodio emerso in quel di Islamabad, dove Abdul Kadeer Khan, «padre della bomba atomica pakistana», ha confessato di aver fornito per vie traverse materiali, metodi e tecnologie all'Iran, alla Libia e alla Corea del Nord. La rivelazione, però, ha sorpreso fino a un certo punto: il fatto che il Pakistan esporti «nucleare a basso prezzo» è, da diversi anni, un segreto di pulcinella.
A seguito del clamore suscitato dalla notizia, il presidente Musharraf non ha potuto fare a meno di avviare una indagine, presto conclusa: il responsabile del programma nucleare pakistano è risultato essere il solitario artefice di una liaison dangereuse protrattasi nel tempo. Apprendiamo così che la fuga di informazioni è andata avanti dal 1986 al 1993: in un rapporto di undici pagine ricco di confessioni, ci informano che «il dottor A. Q. Khan ha comunicato al presidente Musharraf che si assume ogni responsabilità per tutte le attività di proliferazione che ha condotto durante il periodo in cui era responsabile dei Laboratori di ricerche Khan». Reo confesso, lo scienziato avrebbe «sottoposto la sua domanda di grazia al presidente» e chiesto clemenza, davanti alle telecamere della televisione di stato ed in udienza privata. Al termine del faccia a faccia tra i due, il clima era quello dell'ora del thé. Khan dice di Musharraf: «E' stato estremamente gentile e comprensivo, gl i ho spiegato tutto» e «ha apprezzato la franchezza con cui gli ho dato i dettagli». Non passano che due giorni, ed il presidente Musharraf convoca i giornalisti per comunicare che il delatore nucleare è stato perdonato. Si è comportato scorrettamente, va bene, ma è pur sempre l'uomo cui il Pakistan deve la bomba atomica.
Non sono pochi a ritenere che Khan sia stato usato dal governo come capro espiatorio, una volta emerso lo scandalo dell'attività di proliferazione nucleare. Gli innocentisti hanno dalla loro due valide ragioni: difficilmente un uomo solo avrebbe potuto trasferire informazioni e materiali tanto delicati senza che nessuno, inclusi i vertici militari e l'intelligence, ne fossero a conoscenza; Khan inoltre gode di notevole fama e di un cospicuo patrimonio, perché avrebbe dovuto esporsi e rischiare fino a questo punto? Il potere tuttavia non lascia spazio alla discussione. Un alto ufficiale delle forze armate si è premurato di smentire seccamente l'indiscrezione secondo cui lo stesso Musharraf sarebbe stato al corrente dei contatti intercorsi con la Corea del Nord sin dagli anni Novanta. Per quale motivo Kahn sembra aver accettato di recitare in quella che appare come una improbabile commedia delle parti?
Abdul Kadeer Khan non è del tutto nuovo alle cronache giudiziarie. Nel lontano 1983 un tribunale olandese lo rinviò a giudizio per spionaggio industriale e furto. Ignoto quarantacinquenne dai tratti orientali, si era fatto arrestare dopo un inseguimento notturno: aveva tentato di rubare il progetto per la costruzione di una centrale di arricchimento dell'uranio nei Paesi Bassi. Il maldestro scienziato rimase in custodia solo pochi giorni. A sostenere le spese legali e provvedere all'assistenza del connazionale nei guai, fu la Bank of Credit and Commerce International. Non si trattava di una banca qualunque. La Bcci era il colosso della finanza pakistana quando, nel 1972, l'allora presidente Bhutto iniziò a nazionalizzare gli istituti di credito. Il titolare dell'istituto pachistano, Agha Hasan Abedi, corse ai ripari. Stabilì in Lussemburgo la sede legale della banca e versò nelle isole Cayman una buona parte della liquidità, iniziando a ricevere ingenti quantità di denaro da parte delle banche pakistane minori, che vennero una ad una incorporate in un gigantesco scrigno del tesoro, rigorosamente outdoor.
Abedi, dopo aver aperto la direzione internazionale della Bcci a Londra, dedicò grande attenzione alla cura della rete dei suoi rapporti. La generosa disponibilità di cassa ha giocato, a questo proposito, un ruolo chiave. Un ingente ammanco della First National Bank of Chicago, pari a 3,4 milioni di dollari, venne coperto nel gennaio 1978 dalla Bcci di Londra. Lo stesso presidente Carter volle conoscere il magnate pachistano, e si sorprese nel vederlo arrivare a Washington con due jet privati: uno per sé, l'altro come omaggio per la Casa Bianca.
Abedi divenne uno dei finanzieri più in vista del momento: tra il 1978 e il 1980 venne ricevuto da Dengt Xiaoping in Cina, dal premier britannico James Callaghan e da Re Faisal in Arabia Saudita. Fervente musulmano, non nascose il desiderio di veder rifiorire l'osservanza religiosa nel proprio paese e lo sottolineò con una donazione che finì nelle mani di Kamal Adham, allora capo dei servizi segreti sauditi. Tra i due si stabilì un rapporto di collaborazione e di amicizia: insieme, diedero vita ad una società edilizia che può vantare al suo attivo, tra l'altro, la costruzione dello sfarzoso hotel Hyatt di Riyad. La vera opera di ingegneria di questa società rimane tuttavia di altra natura: il network delle intelligence islamiche cui Abedi è stato introdotto, da Tripoli a Teheran, e che ha segnato il «salto di qualità» della banca pakistana.
A quella stessa epoca risalirebbe infatti la sovrapposizione tra la rete degli agenti della Bcci e quella degli uomini dell'Isi, l'allora costituendo servizio segreto pachistano. Nel 1982 Abedi lancia la sua sfida: fare del Pakistan il primo paese islamico dotato di una bomba nucleare. Cinquecento milioni di rupie vengono devolute dalla Bcci a quello che, ad Islamabad, si chiamava Gulam Ishaq Research Institute per lo sviluppo del nucleare pakistano. Quando, dieci anni dopo, in seguito a spregiudicate operazioni finanziarie, la Bcci viene messa sotto inchiesta negli Stati Uniti, sarà John Kerry, oggi in corsa per le primarie dei democratici, a condurre la commissione di inchiesta del Senato. A dirigere dal 1982 il nascente istituto di ricerca sul nucleare, Abdul Kadeer Khan, lo scienziato di fiducia dello stato e dei servizi segreti pakistani.
http://www.ilriformista.it/documenti/articolo.asp?id_doc=18192
- References:
- Taranto - La nuova base Nato
- From: Carlo Gubitosa <c.gubitosa at peacelink.it>
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