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vittime di mine
- Subject: vittime di mine
- From: "norma" <norma.b at libero.it>
- Date: Sun, 5 Jan 2003 14:05:44 +0100
Rete controg8 per la globalizzazione dei diritti Tre italiani hanno trovato un'orribile morte su una mina anticarro in Niger. Per la prima volta, per quanto è possibile ricordare, a morire su una mina, o a rimanere mutilati, non sono stati oscuri abitanti delle zone infestate da questi ordigni, ma turisti italiani, la cui morte "fa notizia". Non fa notizia invece il dato fornito da Emergency e da Intersos secondo cui nel mondo ogni anno 26 000 persone sono ferite o uccise da una mina, una persona ogni ventidue minuti; che oltre un milione di persone sono state uccise o seriamente mutilate dalle mine negli ultimi 25 anni; che per la maggior parte siano bambini; che le "azioni militari" risultano solo all'undicesimo posto tra le attività che provocano vittime di mine, le precedenti dieci essendo invece azioni civili (pascolare il bestiame, coltivare la terra, prendere la legna o l'acqua, giocare, andare a scuola, etc ). Non fa notizia che gli Stati Uniti siano i maggiori produttori di queste armi, nè il fatto che, insieme a Russia e Cina siano tra i pochi a non aver ratificato il trattato di Ottawa del 1997 per la messa al bando delle mine antiuomo (sono indispensabili, secondo Rumsfeld, a tenere sotto controllo la Corea del Nord). E alle perdite di vite umane vanno sommati i danni economici: aree vastissime dei paesi poveri sono sottratte all'agricoltura perché infestate, o potenzilmente infestate da mine; fonti d'acqua e pascoli sono inutilizzabili; profughi non possono far ritorno alle zone di residenza. Pare che la mina che ha ucciso i nostri connazionali fosse anticarro; ma esistono e mietono vittime anche le antiuomo,disseminate ai quattro angoli del pianeta. Costano pochissimo (da 3 a 13 euro l'una); spesso sono di plastica, per sfuggire ai metal detector; addirittura sono progettate non per uccidere, ma per ferire e mutilare , per creare problemi economici al nemico anche dopo la fine delle ostilità. L'Italia ha sottoscritto il già citato trattato di Ottawa. L'embargo quindi dovrebbe essere totale. Ma sul sito delle Nazioni Unite (www.un.org) viene riferito quanto osservato da Human Rights Watch sulla Valsella Meccanotecnica (ex Fiat-Borletti), che produceva mine antiuomo fino a pochi anni fa. "La Valsella, riferisce Hrw, sta spostando la produzione off-shore a Singapore", riporta il sito. E continua: "Hrw riferisce anche che mine italiane sono state prodotte dietro licenza o accordi di coproduzione con Egitto, Grecia, Portogallo, Singapore e Spagna, mentre nel passato ci sono state notizie di vendite attraverso compagnie di comodo in Nigeria e Spagna, produzione di mine di disegno italiano in Irak, Cipro e Sud Africa". Per il passato, dati ufficiali in nostro possesso risalgono agli anni 80/85: la Valsella ha esportato per 47 miliardi di lire (in Africa al Gabon e alla Nigeria; in Asia all'Iraq); la Misar per 55; la Tecnovar per 385 milioni (fonte:dossier sulla produzione, il commercio e l'uso di mine terrestri, comune di Firenze, a cura di Giulia Innocenti Bruni). La morte atroce di tre persone ci addolora, come addolora chiunque; non sarà stata inutile se contribuirà ad allargare il dibattito già in corso sulla liceità della produzione e del commercio di armi, o almeno sulla possibilità di una regolamentazione internazionale meno cinica Per la RETE CONTRO G8 PER LA GLOBALIZZAZIONE DEI DIRITTI Norma Bertullacelli
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