G8: fallimento nel controllo del commercio delle armi



G8: fallimento nel controllo del commercio delle armi

di Redazione (redazione at vita.it)

28/06/2002




Gli Usa aumentano gli aiuti militari a paesi come Israele (2 miliardi di dollari), Egitto (1,3 miliardi), Giordania, Tunisia, Colombia. La preoccupazione di Amnesty




A conclusione del vertice del G8, tenutosi a Kananaskis in Canada, Amnesty International esprime la propria preoccupazione per il varo del piano d'azione per l'Africa ritenuto “una nuova partenza” per il continente africano, secondo il premier canadese Jean Chretien.

“I discorsi dei capi di stato non possono nascondere che il taglio del debito estero di un miliardo di dollari annunciato in apertura del vertice potrà a malapena coprire le perdite registrate dai paesi più poveri nell'esportazione di beni di prima necessità” ha dichiarato Umberto Musumeci, coordinatore per i diritti economici e sociali della Sezione Italiana di Amnesty International.

Il progetto Nepad (Nuovo Partenariato per lo Sviluppo dell'Africa) ha l'obiettivo di raggiungere uno sviluppo pari al 7% per i prossimi 15 anni nei paesi africani aderenti all'accordo attraverso lo stanziamento per i paesi africani di almeno la metà delle somme decise a Monterrey (circa 6 miliardi di dollari all'anno), un impegno generico per facilitare l'ingresso senza dazi o quote di importazione dei prodotti africani nel Nord del Mondo e lo studio di migliori condizioni per un rapporto con le zone africane di libero scambio sul piano commerciale nell'ambito del WTO. La condizione a cui sono subordinati gli aiuti da parte dei paesi ricchi del mondo è l'impegno dei paesi africani al buongoverno e al rispetto delle leggi.

“E' evidente la sensazione di ambiguità che caratterizza le solite rituali promesse” ha aggiunto Musumeci “unite all'incapacità di decidere una volta per tutte che a niente serviranno gli aiuti economici, ammesso che verranno - e nella misura prevista - se non si porrà un freno alla vendita di armi da parte degli stessi paesi a governi che le utilizzano per compiere le peggiori violazioni dei diritti umani”.

Gli Stati Uniti hanno aumentato gli aiuti militari a paesi come Israele (2 miliardi di dollari), Egitto (1,3 miliardi di dollari), Giordania, Tunisia, Colombia e continuano a vendere ad Arabia Saudita e Turchia mentre stanno progettando una spesa aggiuntiva di 1,3 miliardi di dollari in armi che andranno a paesi come Afghanistan, Pakistan, India, Tajikistan, Uzbekistan, Kyrgzikistan, Azerbajan, Armenia, Georgia, Somalia, Yemen, Kenya. Recenti trasferimenti di armi dalla Federazione Russa sono andati verso zone di conflitto nel Corno d'Africa e in Africa Centrale e meridionale, Zimbabwe incluso. Piloti e aerei da trasporto privati sono stati autorizzati dal governo britannico a consegnare armi alle forze in conflitto nella Repubblica Democratica del Congo (dove due milioni e mezzo di vittime hanno pagato con la vita e indicibili sofferenze l'indegno traffico). La Repubblica Federale Tedesca nel 1999 e nel 2000 ha autorizzato l'esportazione di revolver, pistole, fucili da caccia, munizioni a paesi africani come Egitto, Kenya, Namibia, Nigeria, Senegal, Sud Africa, Tanzania, Zambia e Zimbabwe, senza tuttavia darne conto nei suoi rapporti. Il governo francese ha fornito apparecchiature e addestramento militare alla maggior parte dei paesi africani francofoni, senza farsi scrupolo di valutare il livello di rispetto dei diritti umani da parte di queste nazioni. Sono stati segnalati fra gli altri, arrivi di mitragliette, fucili automatici, bazooka, in Burkina Faso, probabilmente per indirizzare queste armi verso la Sierra Leone (dove lo spaventoso conflitto per il possesso delle miniere di diamanti continua a provocare sofferenze e lutti) e il Cameroun (dove le forze di sicurezza sono accusate di aver eliminato con esecuzioni extragiudiziali centinaia di persone nel 2000). Anche l'Italia ha fatto la sua parte consegnando nei soli primi 10 mesi del 2001 oltre 16 milioni di Euro in armi leggere a paesi africani, fra i quali Nigeria e Kenya.

“Ancora una volta occorre richiamare all'ordine i paesi del G8” sostiene Amnesty International. “Mentre con una mano elargiscono somme rilevanti - ma chiedono che vengano fornite solo a paesi con regimi democratici e non corrotti - con l'altra si fanno scrupolo di vendere agli stessi stati (e talvolta direttamente o indirettamente anche ai loro nemici interni ed esterni) quanto basta per far continuare una storia di conflitti e di povertà che non ha fine”.

In un contesto così instabile, molte aziende trasnazionali continuano a sviluppare affari e contratti con paesi il cui comportamento sul piano dei diritti umani è fortemente criticabile. Aziende come la canadese Talisman, che da una parte ha annunciato al mondo di aver contribuito ad investimenti per lo sviluppo sociale in Sudan e dall'altra ha aiutato la costruzione di una pista per gli aerei militari che, con il pretesto di stroncare reparti di forze ribelli, hanno bombardato le popolazioni civili e distrutto insediamenti della comunità locale.

La Sezione Italiana di Amnesty International ha chiesto alle aziende italiane che hanno aderito al Global Compact promosso da Kofi Annan - il patto globale per l'impegno a mantenere comportamenti di responsabilità sociale - di associarsi alla campagna dell'organizzazione intesa a chiedere al G8 comportamenti responsabili. “Le grandi aziende possono giocare un ruolo molto importante giovandosi della propria posizione di forza contrattuale nei confronti di governi e paesi violatori” ha sottolineato Musumeci. “La globalizzazione degli investimenti richiede la globalizzazione delle responsabilità. Il silenzio di coloro che detengono il potere economico di fronte alle gravi violazioni dei diritti umani che avvengono sotto i loro occhi non può essere considerato neutrale”.