Perche' gli U.S.A. non firmano il trattato sulle armi batteriologiche



Nel 1972 fu firmato e poi ratificato da 141 paesi il trattato contro le 
armi batteriologiche; si trattava di un accordo comunque 
incompleto, perche' non prevedeva meccanismi di applicazione e di 
controllo, e nel corso di tutti questi anni si e' cercato piu' volte di 
proporre dei protocolli di attuazione che lo rendessero operativo.
Proprio durante le recenti trattative a Ginevra per la raggiunta di un 
accordo sul protocollo di attuazione, gli Stati Uniti si sono rifiutati 
di firmarlo e sono di fatto usciti dalla trattativa.

Per capire le ragioni di questo rifiuto occorre andare indietro al 
1972, quando questo trattato fu accettato, senza particolari 
obiezioni, da U.S.A., Russia e altri stati che in quel periodo 
stavano lavorando a progetti di armi batteriologiche.
Il motivo per cui questo trattato fu firmato non era certo la tutela 
della popolazione mondiale; in realta' le armi batteriologiche erano 
considerate troppo pericolose per essere utilizzate in un conflitto 
armato, perche' praticamente incontrollabili, al punto da poter 
essere controproducenti. 
Se pensiamo al tipico mezzo di diffusione di queste armi, l'aria o i 
vettori biologici (mosche, zanzare, ecc), e' chiaro che non solo e' 
facile che non colpiscano il "bersaglio" (che sarebbero i militari 
dell'esercito nemico) ma e' altamente probabile che abbiano effetti 
collaterali.
Alcuni di questi effetti sono, nella dottrina militare, irrilevanti o 
addirittura voluti (come colpire anche la popolazione civile o 
l'ambiente del paese nemico, vedasi Iraq e Jugoslavia), ma altri 
sono inaccettabili, come danneggiare le proprie truppe. 

Piu' in dettaglio, analizzando l'evoluzione della strategia militare di 
questi ultimi anni, notiamo due aspetti.

Il primo riguarda il considerare l'ambiente e la popolazione civile 
come obiettivi strategici da colpire. Distruggere le risorse 
ambientali ed energetiche del paese nemico, contaminare 
l'ambiente con radionuclidi o inquinanti chimici, introdurre patologie 
cancerogene nella popolazione civile, non sono uno "spiacevole 
effetto collaterale", ma sono un obiettivo voluto e ricercato dai 
militari (e dai loro mandanti). In questo modo si mette in ginocchio 
il paese nemico a partire dalle sue stesse fondamenta e si avviano 
i presupposti per un controllo radicale. In pratica prima l'intervento 
"umanitario", e poi l'aiuto "umanitario" (con l'arrivo delle 
multinazionali farmaceutiche, degli aiuti economici, delle opere di 
ricostruzione) per completare l'opera di conquista del paese 
nemico.
Cio' e' apparso con drammatica evidenza nelle ultime guerre che 
hanno visto impegnata la Nato (Iraq e Jugoslavia), con l'uso esteso 
di uranio impoverito e il bombardamento intenzionale di industrie 
chimiche prima, e nel caso jugoslavo con la penetrazione 
economica del paese da parte delle multinazionali statunitensi, 
mentre in quello irakeno, non essendo possibile, si e' avviato un 
feroce embargo economico, sempre con l'intenzione di colpire 
l'economia e la popolazione civile.

Il secondo aspetto riguarda pero' la massima attenzione al non 
dover perdere neanche uno dei propri soldati durante questi 
interventi "umanitari". Avendo la guerra assunto una valenza 
mediatica enorme, e' inconcepibile che questa struttura militare 
dall'immagine cosi' pulita, precisa e benevola, possa portare alla 
tragica morte anche di uno solo dei suoi attori.
Spesso si usa il termine "chirurgico", parafrasando ancora 
l'intervento "umanitario" (in fondo il chirurgo interviene per il bene 
del paziente) e naturalmente non deve assolutamente succedere 
che il chirurgo si faccia male durante l'operazione, sarebbe una 
grave contraddizione.
In questo caso vi sono stati alcuni errori di valutazione nell'uso 
dell'uranio impoverito e altre armi e ora si cerca di rimediare 
insabbiando la varie sindromi da esso derivate (quella del Golfo e 
quella dei Balcani),  negando anche l'evidenza. Il fatto pero' che le 
truppe della KFOR statunitensi vengano schierate nella zona meno 
contaminata e' comunque indicativo.

In questo contesto le armi batteriologiche hanno evidentemente dal 
punto di vista dei militari grandi potenzialita' per quanto riguarda il 
primo aspetto, perche' sono in grado di colpire in maniera micidiale 
l'ambiente e la popolazione civile. D'altra parte sono (anzi, erano) 
troppo rischiose per il secondo aspetto, perche' la contaminazione 
potrebbe divenire incontrollabile e ripercuotersi contro gli stessi 
mandanti dell'attacco militare.

In questo scenario il trattato firmato nel 1972 aveva un senso 
perche' limitava un tipo di armi verso le quali l'interesse dei militari 
statunitensi e russi andava scemando. Al tempo stesso grazie a 
questo trattato si poteva giustificare un meccanismo di controllo 
(fatto anche con i bombardamenti) verso i cosiddetti "rogue states", 
gli stati "canaglia", che non potendosi permettere armi nucleari 
avrebbero potuto minacciare la sicurezza degli U.S.A. e degli altri 
stati con armi batteriologiche alla loro portata. Queste armi hanno 
infatti un costo di produzione e mantenimento decisamente 
inferiore rispetto a quelle nucleari, inoltre non e' necessario avere 
missili balistici per poterle lanciare, cio' puo' essere fatto anche 
con un'operazione terroristica difficile da intercettare.

Ora pero' la situazione e' cambiata dal 1972 e di parecchio.

C'e' infatti l'ingegneria genetica che permette di manipolare i virus 
delle armi batteriologiche e quindi direzionarle e controllarle in 
maniera molto precisa. 
E' possibile creare virus nuovi, sconosciuti al nemico che quindi 
non sa come difendersi.
E' possibile fare in modo che le armi colpiscano solo determinate 
etnie.
E' possibile inserire all'interno dei virus dei marcatori genetici che li 
fanno attivare solo in particolari condizioni (armi batteriologiche a 
tempo).
E' possibile creare dei vaccini in grado di inibirle quasi 
completamente, che permettono di proteggere le proprie truppe e 
ricattare quelle nemiche.
E' possibile direzionarle non solo contro la popolazione, ma anche 
contro l'ambiente e le risorse alimentari, attuando una specie di 
embargo biologico impossibile da superare.

Non e' fantascienza, purtroppo. Nonostante l'accordo del 1972 le 
ricerche sono andate avanti in tutti questi anni: lo ha ammesso lo 
stesso Eltsin, mentre da parte U.S.A. ci sono miliardi di dollari 
stanziati dal Pentagono in questo campo (giustificati come 
prevenzione al possibile utilizzo da parte di terroristi). C'e' un 
rapporto della BMA (British Medical Association) di piu' di un anno 
fa, molti segnali inquietanti che giungono non solo dagli Stati Uniti.
Infine c'e' un rapporto del Pentagono, del 1986 che dice 
espressamente: "Il DNA ricombinante e le altre tecniche di 
ingegneria genetica stanno definitivamente rendendo la guerra 
biologica una reale alternativa militare".
Forse non ha neanche piu' senso continuare a chiamarle armi 
batteriologiche, oggi dovrebbero essere ridefinite come genetiche o 
biotecnologiche.

Ci sono poi altri aspetti da considerare, come il vantaggio 
tecnologico accumulato nel settore biotech da parte degli Stati 
Uniti e come il vantaggio economico di queste armi. Da un lato 
hanno costi minori di produzione, mantenimento e utilizzo rispetto 
all'arsenale nucleare (in piena crisi energetica, queste armi 
potrebbero quindi essere determinanti); dall'altro gettano le basi per 
quel controllo economico sul paese nemico che abbiamo descritto 
in precedenza.

E' in questo contesto che gli Stati Uniti stracciano l'accordo sulle 
armi batteriologiche, perche' finalmente si sentono in grado di 
poterle utilizzare.

ciao
francesco


Per approfondimenti segnalo:

Dossier sulle armi batteriologiche, a cura di Martin Fleischfresser
http://www.peacelink.it/tematiche/disarmo/documenti/batteriologiche

University of Bradford, Department of Peace Studies
Preventing Biological Warfare
http://www.brad.ac.uk/acad/sbtwc/

Joint SIPRI-Bradford Chemical and Biological Warfare Project
http://projects.sipri.se/cbw/cbw-sipri-bradford.html

Jeremy Rifkin, "Le armi genetiche", dal libro "Il secolo biotech"




francesco iannuzzelli   francesco at href.org
associazione peacelink - sez. disarmo
http://www.peacelink.it/tematiche/disarmo
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(detto Maori)