NATO: il nuovo "Concetto Strategico"



Aggiornamenti sociali  7.8.1999			81. NATO 



I CINQUANT'ANNI DELLA NATO
E IL NUOVO "CONCETTO STRATEGICO"

				ROSARIO SAPIENZA
Professore associato di Diritto internazionale e di Diritto delle Comunità
Europee nell'Università di Catania



	Il 24 e il 25 aprile 1999 i Capi di Stato e di Governo dei Paesi mem-bri
della NATO (Organizzazione del Trattato dell'Atlantico del Nord) hanno
celebrato a Washington il cinquantesimo anniversario dell'Alleanza.
Nell'occasione essi hanno adottato un documento denominato "Concetto
Strategico" dell'Alleanza (1), o meglio nuovo "Concetto Strategico", poiché
esso sostituisce e aggiorna quello approvato nel 1991.

1. Il nuovo "Concetto Strategico" elaborato al vertice di Washington.

Si tratta di un documento assai articolato (consta di ben 65 articoli
divisi in cinque parti) dal quale si evince chiara la volontà dell'Alleanza
di candidarsi per il futuro a un ruolo di diretto protagonismo nelle
rela-zioni internazionali.

1.	Nella prima parte del documento, dedicata agli "Scopi e compiti
dell'Alleanza", viene ricordato come essa si basi sull'impegno comune degli
Stati membri a operare per la sicurezza internazionale, ritenuta un bene
indivisibile. Il paragrafo 9 sottolinea, a tal proposito, che i membri
dell'Alleanza operano per la sicurezza nell'area euro-atlantica, ma che non
cercano sicurezza e stabilità soltanto per loro, mirando invece a
co-struire queste condizioni a beneficio di tutti gli Stati (2). I
paragrafi suc-cessivi sottolineano che l'Alleanza baserà la sua azione
futura sul meto-do della consultazione e sul partenariato, ossia sul
dialogo con gli Stati dell'area euro-atlantica non membri dell'Alleanza. Si
precisa inoltre che la NATO contribuirà attivamente alla gestione delle
crisi internazionali, in applicazione dell'articolo 7 del Trattato
istitutivo, secondo il quale es-so "non pregiudica e non dovrà essere
interpretato come pregiudicantein alcun modo i diritti e gli obblighi
derivanti dallo Statuto alle parti che sono membri dell'oNU, o la
responsabilità primaria del Consiglio di Si-curezza per il mantenimento
della pace e della sicurezza internazionali".

2. La seconda parte del documento, dedicata al contesto strategico
in-ternazionale, passa dapprima in rassegna le varie organizzazioni che
con-tribuiscono al mantenimento della sicurezza internazionale nell'area
eu-ro-atlantica (paragrafi 12-19), non senza ricordare che primario e
cen-trale rimane il ruolo del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite
(pa-ragrafo 15). Successivamente (paragrafi 20-24) vengono esaminati i
nuo-vi rischi per la sicurezza e la stabilità dei Paesi membri
dell'Àlleanza ravvisati piuttosto che in un attacco diretto contro il loro
territorio, in azioni terroristiche, nella diffusione incontrollata di armi
- anche nu-cleari o chimiche -, nei grandi spostamenti di persone.

3. La parte centrale del documento è la terza (paragrafi 25-40), dedi-cata
al nuovo approccio alla sicurezza nel XXI secolo. In essa l'organizza-zione
rivendica un ruolo ben più attivo di quello avuto sinora, ruolo de-lineato
in particolare dall'art. 5 del Trattato istitutivo, che prevede
l'at-tivarsi della solidarietà atlantica tra i Paesi membri nel caso in cui
uno di essi venga attaccato.
L'art. 5 del Trattato istitutivo recita: "Le parti convengono che un
attacco armato contro una o più di esse in Europa o nell'America del Nord
sarà consi-derato un attacco diretto contro tutte le parti, e di
conseguenza convengono che, se tale attacco dovesse verificarsi, ognuna di
esse, nell'esercizio del diritto di le-gittima difesa individuale o
collettiva, riconosciuto dall'articolo 51 dello Statuto dell'ONU, assisterà
la parte o le parti così attaccate, intraprendendo immediata-mente,
individualmente e di concerto con le altre parti, l'azione che giudicherà
necessaria, ivi compreso l'impiego della forza armata, per ristabilire e
mantene-re la sicurezza nella zona dell'Atlantico del Nord.

"Ogni attacco armato di questo genere e tutte le misure prese in
conseguen-za di esso saranno immediatamente segnalati al Consiglio di
Sicurezza. Tali mi-sure verranno sospese quando il Consiglio di Sicurezza
avrà adottato le misure necessarie per ristabilire e mantenere la pace e la
sicurezza internazionali".

Il nuovo "Concetto Strategico" dell'Alleanza fa invece chiaramente
riferimento alla possibilità che l'Alleanza si impegni in operazioni non
ri-conducibili all'articolo 5, in particolare al paragrafo 31, ove si
afferma chiaramente che la NATO potrà condurre "non-Article 5 operations"
tut-te le volte in cui si creeranno situazioni di crisi internazionale.

Nell'opinione degli alleati queste nuove sfide possono essere fron-teggiate
dall'Alleanza senza modifiche del Trattato istitutivo. E ciò per-ché, pur
essendo la NATO una Alleanza difensiva che si attiva nel caso di un attacco
armato portato dall'esterno verso uno Stato membro, senza dubbio il fine
ultimo dell'Alleanza è il mantenimento della pace nella zo-na
dell'Atlantico del Nord e dell'Europa e dunque ciò implica una sua azione
anche in assenza di un attacco sferrato contro uno Stato membro.

Non è questa la sede per addentrarci in dispute giuridiche, che certo non
sarebbero prive di fondamento. Atteniamoci ai fatti. E i fatti sono che
l'Alleanza Atlantica, per volontà dei suoi Stati membri, si prepara a
diventare qualcosa di diverso da ciò che fino a questo momento è stata. Si
prepara cioè a diventare una organizzazione di mantenimento della pa-ce a
livello regionale. Nel difficile teatro rappresentato dall'Europa e dal
Mediterraneo, insomma, l'Alleanza assume sempre più compiti di
man-tenimento della pace, anche prescindendo da un attacco armato portato
ai danni di un suo membro. Tende, cioè, ad agire tutte le volte in cui si
manifesta un pericolo per la pace e la sicurezza internazionale.

Il Vertice di Washington ha tuttavia evidenziato divergenze di opinio-ni
tra gli Alleati: gli Stati Uniti ritengono che la NATO possa agire
libera-mente per il mantenimento della pace, una volta che il Consiglio di
Sicu-rezza abbia rilevato l'esistenza di una situazione che ai sensi
dell'articolo 39 dello Statuto dell'ONU giustifica un intervento armato. La
Francia, dan-do voce a preoccupazioni largamente condivise, ha sostenuto
per bocca del presidente Chirac che occorre una esplicita autorizzazione
dell'ONU alla NATO prima che questa possa far ricorso all'uso della forza
armata.

Ma, al di là di queste pur importanti differenze, va sottolineato co-me
tutti gli alleati concordino sul fatto che la NATO possa fare ricorso
all'uso della forza armata anche se nessuno dei suoi Stati membri sia stato
attaccato. Una pur veloce ricostruzione della storia dei cinquant'anni
della NATO permetterà di comprendere che in realtà questi recenti svi-luppi
non sono frutto di una improvvisazione, ma piuttosto di una evo-luzione che
data ormai almeno dalla caduta del muro di Berlino e che ha determinato un
modificarsi delle prospettive stesse dell'Alleanza.

2. L'evoluzione dell'Alleanza nei suoi cinquant'anni di vita.

La NATO venne costituita come un'alleanza difensiva con il Trattato
dell'Atlantico del Nord, comunemente detto Patto Atlantico, stipulato il 4
aprile del 1949 a Washington (3) tra Belgio, Canada, Danimarca, Fran-cia,
Gran Bretagna, Islanda, Italia, Lussemburgo, Norvegia, Paesi Bassi,
Portogallo e Stati Uniti, cui successivamente aderirono Grecia e
Turchia(1952), Germania Federale (1955), Spagna (1982), Polonia, Repubblica
Ceca e Ungheria (1999). La minaccia da cui difendersi era evidentemente
quella costituita dal possibile espansionismo sovietico. Infatti, al
termine della seconda guerra mondiale, l'ascesa al potere di Governi
comunisti nei Paesi dell'Europa centro-orientale, unita all'atteggiamento
aggressi-vo dell'URSS, fece temere un attacco all'Occidente da parte delle
forze sovietiche e dei Paesi satelliti. Erano gli anni in cui nasceva il
COMIN-FORM, o Ufficio d'informazione dei partiti comunisti europei (1947),
e si aggravava la questione di Berlino (1948-49). Ce n'era abbastanza per
in-durre gli Stati occidentali a correre ai ripari. Venne dunque stipulato
il Trattato dell'Atlantico del Nord, al fine di costituire una struttura
per-manente di difesa collettiva per fronteggiare l'eventualità che uno
degli Stati membri venisse attaccato da forze del blocco contrapposto.

Ma proprio perché la NATO nasce per arginare il pericolo
dell'e-spansionismo sovietico, essa ha dovuto cominciare a cercare un nuovo
ruolo nel momento in cui questo espansionismo ha smesso di rappresen-tare
una seria minaccia. Quando, nel 1990, venne stipulato un Patto di non
aggressione tra la NATO e il Patto di Varsavia - il quale ultimo pe-raltro
si scioglierà presto, il 10 luglio del 1991 - si apri una stagione di
profonda incertezza. Una volta vinta la "guerra fredda" a cosa poteva
servire ancora la NATO?

Il dibattito si fece subito acceso. Nel novembre del 1990 si tenne a Roma
un importante vertice nel corso del quale si discusse dell'urgenza di
immaginare un nuovo ruolo per la NATO. Venne poi creato il Consiglio di
cooperazione nordatlantico (COCONA), una struttura che permettesse
l'incontro e il confronto tra la NATO, i Paesi dell'Europa centro-orientale
e le Repubbliche dell'ex Unione Sovietica. Seguì nel 1994 l'avvio di una
"politica della mano tesa" verso i Paesi ex nemici, nella forma del
Parte-nariato per la Pace (4), nell'ambito della quale l'li novembre 1994
venne avviata l'operazione Bridge 1994 (le prime esercitazioni congiunte).

I passi successivi ci portano all'attualità. Nel 1995 la NATO si è
impe-gnata, con l'avallo del Consiglio di Sicurezza dell'ONU, nel conflitto
in Bosnia ed Erzegovina, sia con raid aerei (operazione Deliberate Force)
sia via terra (IFOR). Il 27 maggio 1997 è stato stipulato l'Atto di
Fonda-zione delle Relazioni reciproche, cooperazione e sicurezza tra la
NATO e la Federazione Russa. Nel luglio dello stesso anno il Vertice di
Madrid ha invitato la Repubblica Ceca, l'Ungheria e la Polonia ad avviare i
ne-goziati per l'adesione alla NATO (5), adesione che si è perfezionata nel
1999, poco prima della celebrazione del cinquantesimo anniversario del-la
fondazione dell'organizzazione. Nel frattempo, però, la NATO è di-ventata
qualcosa di diverso e l'approvazione del nuovo "Concetto Stra-tegico" ne
rappresenta la consacrazione. Ma risulta a tutti evidente che questa
"mutazione" non potrà non intercettare i compiti che in tema di
mantenimento della pace spettano all'ONU.

3. Il nuovo assetto organizzativo della NATO.

A questi compiti la NATO si sta preparando anche attraverso una
ri-strutturazione della sua organizzazione, per renderla più efficiente,
specie a livello operativo. Le strutture di vertice rimangono immutate.
Organo po-litico supremo della NATO rimane il Consiglio Atlantico, con sede
a Bruxel-les, nel quale siedono i rappresentanti permanenti di tutti gli
Stati membri e alla cui testa sta il Segretario Generale. Al Consiglio
Atlantico spetta de-lineare le grandi scelte politiche dell'Alleanza. Esso
è coadiuvato da un Segretariato internazionale, anch'esso guidato dal
Segretario Generale.

La politica militare dell'Alleanza è invece decisa e gestita dal Comi-tato
Militare, composto dai Capi di Stato Maggiore degli eserciti dei Paesi
membri, con un Presidente eletto dal Comitato Militare stesso al livello
dei capi di Stato Maggiore. Al di sotto del Comitato Militare stanno i
comandi regionali: quello per l'Europa, quello per l'Atlantico, quello per
la Manica, nonché un Gruppo di pianificazione regionale per il Nord
America. A questi comandi regionali spetta materialmente il co-mando
operativo delle forze militari (6).

Dopo il vertice di Washington, al di sotto del Comitato militare do-vrebbe
collocarsi un livello rappresentato da due Comandi strategici, uno per il
teatro atlantico e uno per il teatro europeo. Al di sotto dei Comandi
strategici staranno i comandi regionali e al di sotto di questi i comandi
subregionali.

4. La crisi del Kosovo: una prova generale?

Il modo in cui si è arrivati all'intervento armato della NATO nella
Federazione iugoslava risulta particolarmente illuminante della nuova
concezione strategica della NATO e segnala una conseguente difficile
dia-lettica tra il Consiglio di Sicurezza dell'oNu e la NATO stessa (7).
Nel marzo 1998 il Consiglio di Sicurezza adottava la Risoluzione n. 1160 in
cui si chiedeva alla Repubblica Federale di Iugoslavia e ai kosova-ri (8)
di collaborare nella ricerca di una soluzione politica, imponendo inoltre
un embargo alla fornitura di armi a entrambe le parti. Di fronte al rapido
deteriorarsi della situazione, mentre l'esercito iugoslavo avviava in
Kosovo una massiccia e sanguinosa repressione, il Gruppo di Contatto per
l'ex Iugoslavia (9) adottava in aprile, con l'opposizione della Russia,
nuo-ve sanzioni nei confronti della Federazione iugoslava. Nel mese di
giugno il Consiglio di Sicurezza dell'ONU adottava la Risoluzione n. 1199
nella quale veniva affermato per la prima volta che la situazione in Kosovo
co-stituiva una "minaccia alla pace e alla sicurezza". Si chiedeva la
cessazione delle ostilità, l'immediato avvio di negoziati e la
collaborazione delle parti per la soluzione dei numerosi problemi umanitari
venutisi a creare.

Dunque c'era stato un pronunciamento del Consiglio di Sicurezza che
affermava l'esistenza di una minaccia alla pace e alla sicurezza. Cosa che
avrebbe comportato un attivarsi dell'ONU, attraverso i suoi poteri di
mantenimento della pace, basati sul capitolo VII dello Statuto delle
Na-zioni Unite. Ma fu subito chiaro che la Russia avrebbe opposto il
pro-prio veto a una risoluzione del Consiglio di Sicurezza che prevedesse
un intervento armato nella Federazione iugoslava.

A questo punto si profilava la possibilità di un ruolo per la NATO. Il 9
ottobre 1998 il Segretario Generale dell'organizzazione, Javier Solana,
dichiarava che la NATO era pronta a un intervento armato al fine di
assi-curare il rispetto delle risoluzioni del Consiglio di Sicurezza delle
Nazio-ni Unite e per far cessare i massacri in Kosovo. Di fronte a questa
mi-naccia, nello stesso mese, la Repubblica Federale di Iugoslavia
stipulava un accordo con l'OSCE, impegnandosi a rispettare le Risoluzioni
n. 1160 e n. 1199 del Consiglio di Sicurezza e ad accettare una missione di
verifi-catori dell'OSCE in Kosovo, e raggiungeva inoltre un accordo con la
NA-TO che concedeva a questa un monitoraggio aereo ditale missione.

Il 24 ottobre il Consiglio di Sicurezza poteva quindi adottare la
Ri-soluzione n. 1203 con l'obiettivo di dare "copertura politica" ai due
ac-cordi. Tuttavia nel mese di gennaio 1999 in Kosovo riprendevano gli
scontri e la NATO riproponeva la sua volontà di fare ricorso, se
necessa-rio, all'uso della forza armata. Da allora, era tutto un tragico
precipitare di eventi: i negoziati al castello di Rambouillet (Francia) tra
il Gruppo di contatto, le autorità iugoslave e i rappresentanti kosovari
fallivano e ciò determinava l'intervento armato, giustificato dalla NATO
ora come in-gerenza umanitaria, ora come attuazione delle Risoluzioni del
Consiglio di Sicurezza, introducendo così ulteriori margini di incertezza
quanto alla qualificazione dell'intervento stesso (10).

Ma in verità, come abbiamo visto, il Consiglio di Sicurezza non aveva
autorizzato l'uso della forza armata. E dunque, nonostante la NATO abbia
sempre affermato di aver agito in stretta cooperazione con l'ONU, quel che
sembra profilarsi è in realtà un nuovo assetto nel quale, nell'area sempre
più "calda" rappresentata dall'intersezione mediterranea tra Asia, Europa e
Africa, il mantenimento della pace diverrebbe compito specifico della NATO,
che finirebbe così per sostituirsi all'ONU o quanto-meno per diventarne il
braccio armato.

5.	Nuovo ruolo della NATO e competenze dell'ONU nel mantenimento della pace.

Non sono mancati commenti preoccupati in relazione alla compati-bilità di
questo nuovo assetto con lo Statuto delle Nazioni Unite. Effet-tivamente
risulta assai difficile conciliare quanto accaduto in Kosovo con quanto
dispone lo Statuto dell'ONU in materia di mantenimento della pa-ce (11). Il
capitolo VI reca disposizioni in materia di soluzione pacifica delle
controversie (artt. 33-38), mentre il capitolo VII reca disposizioni
relative all'azione rispetto alle minacce alla pace, alle violazioni della
pace e agli atti di aggressione (artt. 39-51).
Accertata l'esistenza di una situazione qualificabile come minaccia alla
pace, violazione della pace o atto di aggressione ai sensi dell'art. 39,il
Consiglio di Sicurezza può, ai sensi dell'art. 41, decidere l'impiego di
misure non implicanti l'impiego di forze armate, Come ad esempio "un
interruzione totale o parziale delle relazioni economiche e delle
co-municazioni ferroviarie, marittime, aeree, postali, telegrafiche, radio
o di altro tipo, e la rottura delle relazioni diplomatiche".

L'art. 42 prevede invece quanto segue: "Qualora il Consiglio di Si-curezza
ritenga che le misure previste dall'articolo 41 siano inadeguate o si siano
dimostrate inadeguate, esso potrà intraprendere, con forze ae-ree, navali o
terrestri, quelle azioni che siano necessarie per mantenere o ristabilire
la pace e la sicurezza internazionali. Tali azioni possono comprendere
dimostrazioni, blocchi e altre operazioni mediante forze aeree, navali o
terrestri di Membri delle Nazioni Unite". Gli artt. 43-48 prevedevano poi
la costituzione di contingenti militari che gli Stati membri avrebbero
messo a disposizione delle Nazioni Unite e regolava-no la costituzione
della struttura di comando relativa.

Tuttavia, proprio a motivo della contrapposizione fra Stati Uniti e URSS,
il sistema ONU di mantenimento della pace non ha mai fùflzionato in modo
efficace. Non solo infatti non si riuscirono a costituire le forze arma-te
delle Nazioni Unite, ma la stessa individuazione delle situazioni di cui
all'art. 39 riusciva estremamente difficile, poiché ognuno dei membri
per-manenti del Consiglio di Sicurezza (Stati Uniti, Francia, Gran
Bretagna, Cina, Unione Sovietica, oggi Russia) disponeva (e dispone
tuttora) del di-ritto di veto, con il quale poteva (e può tuttora) bloccare
l'adozione delle delibere del Consiglio di Sicurezza. Fu così che nel tempo
vennero avviate Sempre più spesso operazioni di mantenimento della pace.
Non si trattava di un vero e proprio intervento armato dell'oNu, ma
dell'invio di forze di interposizione (i famosi "caschi blu") che avevano
vari compiti, tutti fina-lizzati comunque a impedire che il conflitto tra i
contendenti si aggravasse.

Negli ultimi tempi, specie in occasione della guerra del Golfo, il
Consiglio di Sicurezza, dopo aver accertato l'esistenza di una minaccia
al-la pace e alla Sicurezza internazionali, ha di fatto delegato agli Stati
mem-bri la gestione dell'intervento per ripristinare la pace. Ma c'è pur
sempre stato un atto con il quale l'ONU ha rivolto un formale invito agli
Stati membri perché si attivassero (12).

Solo i prossimi sviluppi, in particolare l'eventuale e auspicata riforma
dello Statuto dell'ONU, potranno però dire se Siamo di fronte a una
radica-le modifica del sistema internazionale di mantenimento della Sicurezza.



(1)11 testo del documento può essere reperito sul sito Internet della NATO
(www. nato.int).
(2)	Sulla evoluzione della dottrina "atlantica" in materia di sicurezza si
vedano C. JEAN, Studi strategici, Angeli, Milano 1990, pp. 97 55., nonché
AA. vv., La sicurezza dell'Europa Occidentale, Editrice Europea, Roma 1980.
(3) Sugli esordi dell'Alleanza si vedano i saggi contenuti nel volume a
cura di O. BA-RIÉ, L'alleanza occidentale. Nascita e sviluppi di un sistema
di sicurezza collettivo, Il Muli-no, Bologna 1988. Un quadro più generale
delle vicende si trova in E. Di NOLFO, Storia delle relazioni
internazionali 1918-1992, Laterza, Roma-Bari 1994.
(4)11 Partenariato per la Pace prevede manovre congiunte e scambio di
informazio-ni militari, ma senza impegni per la sicurezza e la difesa
reciproche. A esso hanno aderito tutti i Paesi dell'Europa centro-orientale
e molte Repubbliche nate dalla dissoluzione dell'URSS, tra cui la Russia.
(5)	Possibilità questa già prevista dall'articolo 10 del Trattato
istitutivo, il quale reci-ta: "Le parti potranno, con accordo unanime,
invitare ad aderire al presente Trattato qual-siasi altro Stato europeo
capace di favorire lo sviluppo dei principi del presente Trattato e di
contribuire alla sicurezza della zona dell'Atlantico del Nord. Ogni Stato
così invitato po-trà divenire parte del Trattato depositando il proprio
strumento di adesione presso il Go-verno degli Stati Uniti d'America. Il
Governo degli Stati Uniti d'America informerà ognu-na delle parti
dell'avvenuto deposito di ciascuno strumento di adesione".
(6)	Cfr. M. COSENTINO, NATO: cinquant'anni ma non li dimostra, in "Panorama
Di-fesa", aprile 1999, pp. 61 55.
(7)	Si vedano i saggi raccolti nel numero monografico della rivista
"Limes", Kosovo, l'Italia in guerra, suppl. a. 1, 1999.
(8)	Si intendono con questa denominazione gli abitanti di etnia albanese
(circa il 90% della popolazione) del Kosovo, regione della Serbia (che con
il Montenegro costitui-sce la Federazione iugoslava), i quali sono in
conflitto con Belgrado da quando il presiden-te serbo Milosevic, nel 1989,
abolì lo statuto di autonomia del Kosovo fin allora ricono-sciuto dalla
Costituzione.
(9)1 Paesi membri del Gruppo di contatto sono: USA, Gran Bretagna, Francia,
Ger-mania, Russia e Italia.
(10)	Sulla controversa tematica dell'ingerenza umanitaria, cfr. R.
SAPIENZA, L'inter-vento umanitario nel diritto internazionale
contemporaneo, in "Aggiornamenti Sociali", n. 12 (dicembre) 1995, pp.
805-818, rubr. 131.
(11)	Cfr. B. SIMMA, NATO, the UN and the Use ofForce: Legal Aspects, in
"The Euro-pean Journal of International Law", 1999, pp. 345 SS.
(12)	Cfr. R. SAPIENZA, Un mondo da governare, SEI, Torino 1995.




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Alessandro Marescotti
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