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NATO: il nuovo "Concetto Strategico"
- Subject: NATO: il nuovo "Concetto Strategico"
- From: Alessandro Marescotti <kfqma at tin.it>
- Date: Wed, 16 Feb 2000 22:40:15 +0100
Aggiornamenti sociali 7.8.1999 81. NATO I CINQUANT'ANNI DELLA NATO E IL NUOVO "CONCETTO STRATEGICO" ROSARIO SAPIENZA Professore associato di Diritto internazionale e di Diritto delle Comunità Europee nell'Università di Catania Il 24 e il 25 aprile 1999 i Capi di Stato e di Governo dei Paesi mem-bri della NATO (Organizzazione del Trattato dell'Atlantico del Nord) hanno celebrato a Washington il cinquantesimo anniversario dell'Alleanza. Nell'occasione essi hanno adottato un documento denominato "Concetto Strategico" dell'Alleanza (1), o meglio nuovo "Concetto Strategico", poiché esso sostituisce e aggiorna quello approvato nel 1991. 1. Il nuovo "Concetto Strategico" elaborato al vertice di Washington. Si tratta di un documento assai articolato (consta di ben 65 articoli divisi in cinque parti) dal quale si evince chiara la volontà dell'Alleanza di candidarsi per il futuro a un ruolo di diretto protagonismo nelle rela-zioni internazionali. 1. Nella prima parte del documento, dedicata agli "Scopi e compiti dell'Alleanza", viene ricordato come essa si basi sull'impegno comune degli Stati membri a operare per la sicurezza internazionale, ritenuta un bene indivisibile. Il paragrafo 9 sottolinea, a tal proposito, che i membri dell'Alleanza operano per la sicurezza nell'area euro-atlantica, ma che non cercano sicurezza e stabilità soltanto per loro, mirando invece a co-struire queste condizioni a beneficio di tutti gli Stati (2). I paragrafi suc-cessivi sottolineano che l'Alleanza baserà la sua azione futura sul meto-do della consultazione e sul partenariato, ossia sul dialogo con gli Stati dell'area euro-atlantica non membri dell'Alleanza. Si precisa inoltre che la NATO contribuirà attivamente alla gestione delle crisi internazionali, in applicazione dell'articolo 7 del Trattato istitutivo, secondo il quale es-so "non pregiudica e non dovrà essere interpretato come pregiudicantein alcun modo i diritti e gli obblighi derivanti dallo Statuto alle parti che sono membri dell'oNU, o la responsabilità primaria del Consiglio di Si-curezza per il mantenimento della pace e della sicurezza internazionali". 2. La seconda parte del documento, dedicata al contesto strategico in-ternazionale, passa dapprima in rassegna le varie organizzazioni che con-tribuiscono al mantenimento della sicurezza internazionale nell'area eu-ro-atlantica (paragrafi 12-19), non senza ricordare che primario e cen-trale rimane il ruolo del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite (pa-ragrafo 15). Successivamente (paragrafi 20-24) vengono esaminati i nuo-vi rischi per la sicurezza e la stabilità dei Paesi membri dell'Àlleanza ravvisati piuttosto che in un attacco diretto contro il loro territorio, in azioni terroristiche, nella diffusione incontrollata di armi - anche nu-cleari o chimiche -, nei grandi spostamenti di persone. 3. La parte centrale del documento è la terza (paragrafi 25-40), dedi-cata al nuovo approccio alla sicurezza nel XXI secolo. In essa l'organizza-zione rivendica un ruolo ben più attivo di quello avuto sinora, ruolo de-lineato in particolare dall'art. 5 del Trattato istitutivo, che prevede l'at-tivarsi della solidarietà atlantica tra i Paesi membri nel caso in cui uno di essi venga attaccato. L'art. 5 del Trattato istitutivo recita: "Le parti convengono che un attacco armato contro una o più di esse in Europa o nell'America del Nord sarà consi-derato un attacco diretto contro tutte le parti, e di conseguenza convengono che, se tale attacco dovesse verificarsi, ognuna di esse, nell'esercizio del diritto di le-gittima difesa individuale o collettiva, riconosciuto dall'articolo 51 dello Statuto dell'ONU, assisterà la parte o le parti così attaccate, intraprendendo immediata-mente, individualmente e di concerto con le altre parti, l'azione che giudicherà necessaria, ivi compreso l'impiego della forza armata, per ristabilire e mantene-re la sicurezza nella zona dell'Atlantico del Nord. "Ogni attacco armato di questo genere e tutte le misure prese in conseguen-za di esso saranno immediatamente segnalati al Consiglio di Sicurezza. Tali mi-sure verranno sospese quando il Consiglio di Sicurezza avrà adottato le misure necessarie per ristabilire e mantenere la pace e la sicurezza internazionali". Il nuovo "Concetto Strategico" dell'Alleanza fa invece chiaramente riferimento alla possibilità che l'Alleanza si impegni in operazioni non ri-conducibili all'articolo 5, in particolare al paragrafo 31, ove si afferma chiaramente che la NATO potrà condurre "non-Article 5 operations" tut-te le volte in cui si creeranno situazioni di crisi internazionale. Nell'opinione degli alleati queste nuove sfide possono essere fron-teggiate dall'Alleanza senza modifiche del Trattato istitutivo. E ciò per-ché, pur essendo la NATO una Alleanza difensiva che si attiva nel caso di un attacco armato portato dall'esterno verso uno Stato membro, senza dubbio il fine ultimo dell'Alleanza è il mantenimento della pace nella zo-na dell'Atlantico del Nord e dell'Europa e dunque ciò implica una sua azione anche in assenza di un attacco sferrato contro uno Stato membro. Non è questa la sede per addentrarci in dispute giuridiche, che certo non sarebbero prive di fondamento. Atteniamoci ai fatti. E i fatti sono che l'Alleanza Atlantica, per volontà dei suoi Stati membri, si prepara a diventare qualcosa di diverso da ciò che fino a questo momento è stata. Si prepara cioè a diventare una organizzazione di mantenimento della pa-ce a livello regionale. Nel difficile teatro rappresentato dall'Europa e dal Mediterraneo, insomma, l'Alleanza assume sempre più compiti di man-tenimento della pace, anche prescindendo da un attacco armato portato ai danni di un suo membro. Tende, cioè, ad agire tutte le volte in cui si manifesta un pericolo per la pace e la sicurezza internazionale. Il Vertice di Washington ha tuttavia evidenziato divergenze di opinio-ni tra gli Alleati: gli Stati Uniti ritengono che la NATO possa agire libera-mente per il mantenimento della pace, una volta che il Consiglio di Sicu-rezza abbia rilevato l'esistenza di una situazione che ai sensi dell'articolo 39 dello Statuto dell'ONU giustifica un intervento armato. La Francia, dan-do voce a preoccupazioni largamente condivise, ha sostenuto per bocca del presidente Chirac che occorre una esplicita autorizzazione dell'ONU alla NATO prima che questa possa far ricorso all'uso della forza armata. Ma, al di là di queste pur importanti differenze, va sottolineato co-me tutti gli alleati concordino sul fatto che la NATO possa fare ricorso all'uso della forza armata anche se nessuno dei suoi Stati membri sia stato attaccato. Una pur veloce ricostruzione della storia dei cinquant'anni della NATO permetterà di comprendere che in realtà questi recenti svi-luppi non sono frutto di una improvvisazione, ma piuttosto di una evo-luzione che data ormai almeno dalla caduta del muro di Berlino e che ha determinato un modificarsi delle prospettive stesse dell'Alleanza. 2. L'evoluzione dell'Alleanza nei suoi cinquant'anni di vita. La NATO venne costituita come un'alleanza difensiva con il Trattato dell'Atlantico del Nord, comunemente detto Patto Atlantico, stipulato il 4 aprile del 1949 a Washington (3) tra Belgio, Canada, Danimarca, Fran-cia, Gran Bretagna, Islanda, Italia, Lussemburgo, Norvegia, Paesi Bassi, Portogallo e Stati Uniti, cui successivamente aderirono Grecia e Turchia(1952), Germania Federale (1955), Spagna (1982), Polonia, Repubblica Ceca e Ungheria (1999). La minaccia da cui difendersi era evidentemente quella costituita dal possibile espansionismo sovietico. Infatti, al termine della seconda guerra mondiale, l'ascesa al potere di Governi comunisti nei Paesi dell'Europa centro-orientale, unita all'atteggiamento aggressi-vo dell'URSS, fece temere un attacco all'Occidente da parte delle forze sovietiche e dei Paesi satelliti. Erano gli anni in cui nasceva il COMIN-FORM, o Ufficio d'informazione dei partiti comunisti europei (1947), e si aggravava la questione di Berlino (1948-49). Ce n'era abbastanza per in-durre gli Stati occidentali a correre ai ripari. Venne dunque stipulato il Trattato dell'Atlantico del Nord, al fine di costituire una struttura per-manente di difesa collettiva per fronteggiare l'eventualità che uno degli Stati membri venisse attaccato da forze del blocco contrapposto. Ma proprio perché la NATO nasce per arginare il pericolo dell'e-spansionismo sovietico, essa ha dovuto cominciare a cercare un nuovo ruolo nel momento in cui questo espansionismo ha smesso di rappresen-tare una seria minaccia. Quando, nel 1990, venne stipulato un Patto di non aggressione tra la NATO e il Patto di Varsavia - il quale ultimo pe-raltro si scioglierà presto, il 10 luglio del 1991 - si apri una stagione di profonda incertezza. Una volta vinta la "guerra fredda" a cosa poteva servire ancora la NATO? Il dibattito si fece subito acceso. Nel novembre del 1990 si tenne a Roma un importante vertice nel corso del quale si discusse dell'urgenza di immaginare un nuovo ruolo per la NATO. Venne poi creato il Consiglio di cooperazione nordatlantico (COCONA), una struttura che permettesse l'incontro e il confronto tra la NATO, i Paesi dell'Europa centro-orientale e le Repubbliche dell'ex Unione Sovietica. Seguì nel 1994 l'avvio di una "politica della mano tesa" verso i Paesi ex nemici, nella forma del Parte-nariato per la Pace (4), nell'ambito della quale l'li novembre 1994 venne avviata l'operazione Bridge 1994 (le prime esercitazioni congiunte). I passi successivi ci portano all'attualità. Nel 1995 la NATO si è impe-gnata, con l'avallo del Consiglio di Sicurezza dell'ONU, nel conflitto in Bosnia ed Erzegovina, sia con raid aerei (operazione Deliberate Force) sia via terra (IFOR). Il 27 maggio 1997 è stato stipulato l'Atto di Fonda-zione delle Relazioni reciproche, cooperazione e sicurezza tra la NATO e la Federazione Russa. Nel luglio dello stesso anno il Vertice di Madrid ha invitato la Repubblica Ceca, l'Ungheria e la Polonia ad avviare i ne-goziati per l'adesione alla NATO (5), adesione che si è perfezionata nel 1999, poco prima della celebrazione del cinquantesimo anniversario del-la fondazione dell'organizzazione. Nel frattempo, però, la NATO è di-ventata qualcosa di diverso e l'approvazione del nuovo "Concetto Stra-tegico" ne rappresenta la consacrazione. Ma risulta a tutti evidente che questa "mutazione" non potrà non intercettare i compiti che in tema di mantenimento della pace spettano all'ONU. 3. Il nuovo assetto organizzativo della NATO. A questi compiti la NATO si sta preparando anche attraverso una ri-strutturazione della sua organizzazione, per renderla più efficiente, specie a livello operativo. Le strutture di vertice rimangono immutate. Organo po-litico supremo della NATO rimane il Consiglio Atlantico, con sede a Bruxel-les, nel quale siedono i rappresentanti permanenti di tutti gli Stati membri e alla cui testa sta il Segretario Generale. Al Consiglio Atlantico spetta de-lineare le grandi scelte politiche dell'Alleanza. Esso è coadiuvato da un Segretariato internazionale, anch'esso guidato dal Segretario Generale. La politica militare dell'Alleanza è invece decisa e gestita dal Comi-tato Militare, composto dai Capi di Stato Maggiore degli eserciti dei Paesi membri, con un Presidente eletto dal Comitato Militare stesso al livello dei capi di Stato Maggiore. Al di sotto del Comitato Militare stanno i comandi regionali: quello per l'Europa, quello per l'Atlantico, quello per la Manica, nonché un Gruppo di pianificazione regionale per il Nord America. A questi comandi regionali spetta materialmente il co-mando operativo delle forze militari (6). Dopo il vertice di Washington, al di sotto del Comitato militare do-vrebbe collocarsi un livello rappresentato da due Comandi strategici, uno per il teatro atlantico e uno per il teatro europeo. Al di sotto dei Comandi strategici staranno i comandi regionali e al di sotto di questi i comandi subregionali. 4. La crisi del Kosovo: una prova generale? Il modo in cui si è arrivati all'intervento armato della NATO nella Federazione iugoslava risulta particolarmente illuminante della nuova concezione strategica della NATO e segnala una conseguente difficile dia-lettica tra il Consiglio di Sicurezza dell'oNu e la NATO stessa (7). Nel marzo 1998 il Consiglio di Sicurezza adottava la Risoluzione n. 1160 in cui si chiedeva alla Repubblica Federale di Iugoslavia e ai kosova-ri (8) di collaborare nella ricerca di una soluzione politica, imponendo inoltre un embargo alla fornitura di armi a entrambe le parti. Di fronte al rapido deteriorarsi della situazione, mentre l'esercito iugoslavo avviava in Kosovo una massiccia e sanguinosa repressione, il Gruppo di Contatto per l'ex Iugoslavia (9) adottava in aprile, con l'opposizione della Russia, nuo-ve sanzioni nei confronti della Federazione iugoslava. Nel mese di giugno il Consiglio di Sicurezza dell'ONU adottava la Risoluzione n. 1199 nella quale veniva affermato per la prima volta che la situazione in Kosovo co-stituiva una "minaccia alla pace e alla sicurezza". Si chiedeva la cessazione delle ostilità, l'immediato avvio di negoziati e la collaborazione delle parti per la soluzione dei numerosi problemi umanitari venutisi a creare. Dunque c'era stato un pronunciamento del Consiglio di Sicurezza che affermava l'esistenza di una minaccia alla pace e alla sicurezza. Cosa che avrebbe comportato un attivarsi dell'ONU, attraverso i suoi poteri di mantenimento della pace, basati sul capitolo VII dello Statuto delle Na-zioni Unite. Ma fu subito chiaro che la Russia avrebbe opposto il pro-prio veto a una risoluzione del Consiglio di Sicurezza che prevedesse un intervento armato nella Federazione iugoslava. A questo punto si profilava la possibilità di un ruolo per la NATO. Il 9 ottobre 1998 il Segretario Generale dell'organizzazione, Javier Solana, dichiarava che la NATO era pronta a un intervento armato al fine di assi-curare il rispetto delle risoluzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazio-ni Unite e per far cessare i massacri in Kosovo. Di fronte a questa mi-naccia, nello stesso mese, la Repubblica Federale di Iugoslavia stipulava un accordo con l'OSCE, impegnandosi a rispettare le Risoluzioni n. 1160 e n. 1199 del Consiglio di Sicurezza e ad accettare una missione di verifi-catori dell'OSCE in Kosovo, e raggiungeva inoltre un accordo con la NA-TO che concedeva a questa un monitoraggio aereo ditale missione. Il 24 ottobre il Consiglio di Sicurezza poteva quindi adottare la Ri-soluzione n. 1203 con l'obiettivo di dare "copertura politica" ai due ac-cordi. Tuttavia nel mese di gennaio 1999 in Kosovo riprendevano gli scontri e la NATO riproponeva la sua volontà di fare ricorso, se necessa-rio, all'uso della forza armata. Da allora, era tutto un tragico precipitare di eventi: i negoziati al castello di Rambouillet (Francia) tra il Gruppo di contatto, le autorità iugoslave e i rappresentanti kosovari fallivano e ciò determinava l'intervento armato, giustificato dalla NATO ora come in-gerenza umanitaria, ora come attuazione delle Risoluzioni del Consiglio di Sicurezza, introducendo così ulteriori margini di incertezza quanto alla qualificazione dell'intervento stesso (10). Ma in verità, come abbiamo visto, il Consiglio di Sicurezza non aveva autorizzato l'uso della forza armata. E dunque, nonostante la NATO abbia sempre affermato di aver agito in stretta cooperazione con l'ONU, quel che sembra profilarsi è in realtà un nuovo assetto nel quale, nell'area sempre più "calda" rappresentata dall'intersezione mediterranea tra Asia, Europa e Africa, il mantenimento della pace diverrebbe compito specifico della NATO, che finirebbe così per sostituirsi all'ONU o quanto-meno per diventarne il braccio armato. 5. Nuovo ruolo della NATO e competenze dell'ONU nel mantenimento della pace. Non sono mancati commenti preoccupati in relazione alla compati-bilità di questo nuovo assetto con lo Statuto delle Nazioni Unite. Effet-tivamente risulta assai difficile conciliare quanto accaduto in Kosovo con quanto dispone lo Statuto dell'ONU in materia di mantenimento della pa-ce (11). Il capitolo VI reca disposizioni in materia di soluzione pacifica delle controversie (artt. 33-38), mentre il capitolo VII reca disposizioni relative all'azione rispetto alle minacce alla pace, alle violazioni della pace e agli atti di aggressione (artt. 39-51). Accertata l'esistenza di una situazione qualificabile come minaccia alla pace, violazione della pace o atto di aggressione ai sensi dell'art. 39,il Consiglio di Sicurezza può, ai sensi dell'art. 41, decidere l'impiego di misure non implicanti l'impiego di forze armate, Come ad esempio "un interruzione totale o parziale delle relazioni economiche e delle co-municazioni ferroviarie, marittime, aeree, postali, telegrafiche, radio o di altro tipo, e la rottura delle relazioni diplomatiche". L'art. 42 prevede invece quanto segue: "Qualora il Consiglio di Si-curezza ritenga che le misure previste dall'articolo 41 siano inadeguate o si siano dimostrate inadeguate, esso potrà intraprendere, con forze ae-ree, navali o terrestri, quelle azioni che siano necessarie per mantenere o ristabilire la pace e la sicurezza internazionali. Tali azioni possono comprendere dimostrazioni, blocchi e altre operazioni mediante forze aeree, navali o terrestri di Membri delle Nazioni Unite". Gli artt. 43-48 prevedevano poi la costituzione di contingenti militari che gli Stati membri avrebbero messo a disposizione delle Nazioni Unite e regolava-no la costituzione della struttura di comando relativa. Tuttavia, proprio a motivo della contrapposizione fra Stati Uniti e URSS, il sistema ONU di mantenimento della pace non ha mai fùflzionato in modo efficace. Non solo infatti non si riuscirono a costituire le forze arma-te delle Nazioni Unite, ma la stessa individuazione delle situazioni di cui all'art. 39 riusciva estremamente difficile, poiché ognuno dei membri per-manenti del Consiglio di Sicurezza (Stati Uniti, Francia, Gran Bretagna, Cina, Unione Sovietica, oggi Russia) disponeva (e dispone tuttora) del di-ritto di veto, con il quale poteva (e può tuttora) bloccare l'adozione delle delibere del Consiglio di Sicurezza. Fu così che nel tempo vennero avviate Sempre più spesso operazioni di mantenimento della pace. Non si trattava di un vero e proprio intervento armato dell'oNu, ma dell'invio di forze di interposizione (i famosi "caschi blu") che avevano vari compiti, tutti fina-lizzati comunque a impedire che il conflitto tra i contendenti si aggravasse. Negli ultimi tempi, specie in occasione della guerra del Golfo, il Consiglio di Sicurezza, dopo aver accertato l'esistenza di una minaccia al-la pace e alla Sicurezza internazionali, ha di fatto delegato agli Stati mem-bri la gestione dell'intervento per ripristinare la pace. Ma c'è pur sempre stato un atto con il quale l'ONU ha rivolto un formale invito agli Stati membri perché si attivassero (12). Solo i prossimi sviluppi, in particolare l'eventuale e auspicata riforma dello Statuto dell'ONU, potranno però dire se Siamo di fronte a una radica-le modifica del sistema internazionale di mantenimento della Sicurezza. (1)11 testo del documento può essere reperito sul sito Internet della NATO (www. nato.int). (2) Sulla evoluzione della dottrina "atlantica" in materia di sicurezza si vedano C. JEAN, Studi strategici, Angeli, Milano 1990, pp. 97 55., nonché AA. vv., La sicurezza dell'Europa Occidentale, Editrice Europea, Roma 1980. (3) Sugli esordi dell'Alleanza si vedano i saggi contenuti nel volume a cura di O. BA-RIÉ, L'alleanza occidentale. Nascita e sviluppi di un sistema di sicurezza collettivo, Il Muli-no, Bologna 1988. Un quadro più generale delle vicende si trova in E. Di NOLFO, Storia delle relazioni internazionali 1918-1992, Laterza, Roma-Bari 1994. (4)11 Partenariato per la Pace prevede manovre congiunte e scambio di informazio-ni militari, ma senza impegni per la sicurezza e la difesa reciproche. A esso hanno aderito tutti i Paesi dell'Europa centro-orientale e molte Repubbliche nate dalla dissoluzione dell'URSS, tra cui la Russia. (5) Possibilità questa già prevista dall'articolo 10 del Trattato istitutivo, il quale reci-ta: "Le parti potranno, con accordo unanime, invitare ad aderire al presente Trattato qual-siasi altro Stato europeo capace di favorire lo sviluppo dei principi del presente Trattato e di contribuire alla sicurezza della zona dell'Atlantico del Nord. Ogni Stato così invitato po-trà divenire parte del Trattato depositando il proprio strumento di adesione presso il Go-verno degli Stati Uniti d'America. Il Governo degli Stati Uniti d'America informerà ognu-na delle parti dell'avvenuto deposito di ciascuno strumento di adesione". (6) Cfr. M. COSENTINO, NATO: cinquant'anni ma non li dimostra, in "Panorama Di-fesa", aprile 1999, pp. 61 55. (7) Si vedano i saggi raccolti nel numero monografico della rivista "Limes", Kosovo, l'Italia in guerra, suppl. a. 1, 1999. (8) Si intendono con questa denominazione gli abitanti di etnia albanese (circa il 90% della popolazione) del Kosovo, regione della Serbia (che con il Montenegro costitui-sce la Federazione iugoslava), i quali sono in conflitto con Belgrado da quando il presiden-te serbo Milosevic, nel 1989, abolì lo statuto di autonomia del Kosovo fin allora ricono-sciuto dalla Costituzione. (9)1 Paesi membri del Gruppo di contatto sono: USA, Gran Bretagna, Francia, Ger-mania, Russia e Italia. (10) Sulla controversa tematica dell'ingerenza umanitaria, cfr. R. SAPIENZA, L'inter-vento umanitario nel diritto internazionale contemporaneo, in "Aggiornamenti Sociali", n. 12 (dicembre) 1995, pp. 805-818, rubr. 131. (11) Cfr. B. SIMMA, NATO, the UN and the Use ofForce: Legal Aspects, in "The Euro-pean Journal of International Law", 1999, pp. 345 SS. (12) Cfr. R. SAPIENZA, Un mondo da governare, SEI, Torino 1995. -------------------------------------------------------------------- Alessandro Marescotti c/o PeaceLink, c.p.2009, 74100 Taranto (Italy) http://www.peacelink.it per inviarmi e-mail usa questo indirizzo: a.marescotti at peacelink.it -------------------------------------------------------------------- E' stato assolto con formula piena Giovanni Pugliese, segretario di PeaceLink! Regalati un libro: "Italian Crackdown", con la storia del processo e quella della telematica italiana, fra processi, censure e retroscena mai raccontati. 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