Armi e petrolio nel Caucaso



Fonte: Oscar Report n.18


Armi e petrolio nel Caucaso
I giochi pericolosi di Mosca e Washington

La "nuova guerra fredda" che vede schierate su sponde opposte Russia e
Stati Uniti è in realtà un groviglio di conflitti e di interessi
politico-economici che si intrecciano tra i Balcani, il Caucaso e l'Asia
Centrale, e in cui il terzo attore è costituito dai movimenti politici
islamici, nelle loro varie tendenze. Una delle principali poste in gioco è
il controllo delle riserve e della distribuzione del petrolio e del gas
naturale presenti nella zona del Mar Caspio. La partita, in questa fase, si
gioca sulle infrastrutture, gli oleodotti e i gasdotti. I due oleodotti
esistenti partono dal Kazakhstan e dall'Azerbaijan e attraversano il
territorio russo, in particolare il Dagestan e la Cechnya (Cecenia),
raggiungendo il Mar Nero. Il 18 novembre '99 è stato raggiunto l'accordo
per le nuove pipelines per il greggio e il gas provenienti da Turkmenistan
e Azerbaijan, che attraverseranno la Georgia e la Turchia fino al
Mediterraneo, senza passare né per la Russia, né per l'Iran ["Trans-Turkish
pipeline deal signed", BBC News, 18 novembre 1999]. Sponsor di questo
progetto sono gli Stati Uniti, e anglo-americana è la principale compagnia
petrolifera operante nella zona, la Bp-Amoco. Tra le voci dissonanti,
quella dell'italiana Eni: "Dobbiamo affermare con chiarezza che a
medio-lungo termine siamo più interessati alla via meridionale" cioè ad un
oleodotto attraverso l'Iran, ha dichiarato il 6 ottobre scorso Domenico
Spada, vicepresidente Eni per l'Europa Orientale, la Russia e l'Asia
Centrale, durante la Conferenza internazionale '99 su petrolio e gas
tenutasi ad Almaty (Alma-Ata), in Kazakhstan ["Italian Eni calling for oil
exports through Iran", Reuters, 7 ottobre 1999]. Ma, nonostante l'Iran sia
la via più economica, questa ipotesi è fortemente contrastata per motivi
politici da Washington.
I giochi nel Caucaso e in Asia Centrale si fanno però anche con le armi.
Certo, nella regione c'è abbondanza di materiale bellico di origine ex
sovietica. Ma le necessità di ammodernamento, e anche di acquisire nuovi
sistemi, stanno portando in zona altri fornitori.
- Cechnya (Cecenia). È il conflitto più violento in corso. Le forze armate
russe sono ovviamente equipaggiate in primo luogo con armi di produzione
propria. Ma negli ultimi anni la corsa alla modernizzazione ha portato ad
acquistare anche dall'estero. Un fornitore importante sono proprio gli Usa,
e precisamente le imprese private statunitensi: le "vendite commerciali
dirette" autorizzate in Russia sono state pari a 100,8 milioni di dollari
nel 1996, 72,1 milioni nel 1997 e 90,9 milioni nel 1998 [Section 655
Report, rapporto annuale del Dipartimento di Stato e del Dipartimento della
Difesa Usa al Congresso sulle esportazioni di armi e le licenze]. I ribelli
ceceni si procurano armi soprattutto al mercato nero, scambiandole con
partite di droga e anche con il contrabbando di petrolio [Pina Cusano, "La
Cecenia e altre mafie", Limes, n. 2, giugno-settembre 1996]. Tuttavia il 28
novembre scorso rappresentanti di 23 città della Cecenia hanno scritto al
presidente ceceno Aslan Maskhadov sollecitandolo a chiedere ai paesi
occidentali "armi aggiornate" per combattere i russi [Agence France Presse,
28 novembre 1999].
- Georgia. La questione della Abkhazia, con la "forza di pace" russa ai
confini della regione e gli indipendentisti abkhazi armati da Mosca, è
sempre aperta. La Georgia, che già aveva ricevuto armi e aiuti militari
dagli Stati Uniti per oltre 1 milione di dollari nel '97 [Foreign Aid and
the Arms Trade: A Look at the Numbers, a cura del Conventional Arms
Transfer Project, Washington, Council for a Livable World Education Fund,
1998], ha ottenuto gratuitamente dagli Usa 10 elicotteri militari UH1H e un
programma di addestramento per piloti nell'ambito dell'assistenza militare
statunitense a paesi esteri (costo stimato: 9,5 milioni di dollari). La
consegna dei mezzi e l'addestramento avverranno tra il 1999 e il 2001.
Nello stesso pacchetto di aiuti sono comprese attrezzature radio con
standard Nato per un valore di 1,6 milioni di dollari ["US to give Georgia
military helicopters, uniform, shoes", The Newswire, 1 novembre 1999].
- Azerbaijan. Al centro della controversia delle pipelines, e tuttora in
stato di tensione con l'Armenia - dove la Russia mantiene basi militari con
cacciabombardieri MiG-29 e missili - per il Nagorno-Karabakh, l'Azerbaijan
si è avvicinato, sul piano militare, agli Usa. Nel luglio '97 il presidente
Gaidar Aliyev firmava un accordo di cooperazione militare con Washington
[Eventi in sintesi, n. 7, novembre 1997]. Nel gennaio 1999 Vafa Guluzade,
consigliere per gli affari esteri del presidente azero, ha dichiarato che
il paese è interessato ad avere "una presenza stabile di truppe Nato o Usa"
[Panorama Difesa, n. 163, marzo 1999, p. 16]. La dichiarazione ha fatto
scalpore e lo stesso presidente ne ha preso le distanze, ma il consigliere
è rimasto al suo posto.
- Asia Centrale. Il programma di aiuti militari Usa ai paesi dell'Asia
Centrale ex sovietica comprendeva, nel 1997, mezzi e assistenza per 1,9
milioni di dollari al Kazakhstan, per 1,3 milioni all'Uzbekistan, per 1,1
milioni al Kyrgyzstan e per 0,8 milioni al Turkmenistan [Foreign Aid and
the Arms Trade: A Look at the Numbers, cit.]. D'altra parte il Kazakhstan e
l'Uzbekistan continuano ad avere consistenti rapporti militari con la
Russia: Mosca ad esempio ha fornito nel '97 agli uzbeki 120 veicoli
blindati da combattimento, mentre dal Kazakhstan continuano a partire armi
russe per destinazioni come la Macedonia, ma anche la Serbia sotto embargo
[Un Register of Conventional Arms 1998, aggiornamento dati al 1997;
"Kazakstan-NKorea-MiGs", The Newswire, 1 ottobre 1999].