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Commento e proposta di A. Lodovisi su D'Alema e relazione sbagliata 1998
- Subject: Commento e proposta di A. Lodovisi su D'Alema e relazione sbagliata 1998
- From: Marco Trotta <matro at bbs.olografix.org>
- Date: Tue, 30 Nov 1999 14:54:02 +0100
Salve a tutti, ho provveduto a far avere ad Achille Lodovisi il messaggio di Alessandro Marescotti. Vi riporto un suo commento ed una sua proposta che mi sembra molto interessante... A presto. Marco Trotta. ------------------------------------------- From: "achille lodovisi" <achille56 at iol.it> A proposito della relazione annuale sulla legge 185/90 concernente alle esportazioni, importazioni e transito di materiali d'armamento. Conosco benissimo i due ricercatori in questione ed è dal lontano 1990 che mi occupo della relazione annualmente presentata. Orbene, ad onor del vero, sono molte le relazioni, tra quelle presentate al Parlamento nel periodo 1990-98, che presentano errori contabili, magari successivamente corretti anche ufficialmente. Tuttavia la questione fondamentale non è quella degli errori contabili; cari amici dei movimenti pacifisti in tutti questi anni i vari esecutivi che si sono alternati alla guida del paese - nessuno escluso - hanno di fatto ignorato, fatto finta di ignorare o agevolato ciò che avveniva nel corso dell'iter applicativo della legge. Mediante una serie di circolari emanate da diversi organismi ministeriali o interministeriali il disposto della norma è stato aggirato. Non voglio tediarvi con riferimenti di tipo burocratico e legale vi basti sapere, ad esempio, che uno dei risultati dell'operazione di 'svuotamento' della legge è stato quello di escludere di fatto le piccole armi dal regime di autorizzazione alle esportazioni e quindi dal controllo politico del Parlamento. In Italia hanno sede industrie tra le più importanti a livello europeo e mondiale nel settore della produzione di pistole, pistole mitragliatrici, fucili, munizioni di piccolo calibro etc; tutte armi con le quali si combattono oggi gran parte dei conflitti interni agli stati. Prossimamente si sta preparando la 'liberalizzazione' delle transazioni per quel che concerne i programmi di coproduzione dei sistemi d'arma, una fetta davvero consistente delle produzione e del commercio d'armamenti dell'Italia. Del resto, a parte pochi lodevoli casi, i nostri parlamentari - primi destinatari delle relazioni presentate dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri - non si sono certo molto preoccupati di verificare concretamente e criticamente il contenuto delle relazioni. Poco è stato detto, o chiesto al governo, anche per quel che riguarda le esportazioni di materiali militari e le prestazioni di servizi da parte del Ministero della Difesa a quei paesi nei quali sono in corso conflitti di vario genere o dove si violano sistematicamente i diritti umani. Si parla giustamente di Cina e Turchia ma nella lunga lista dobbiamo inserire anche l'Algeria, il Congo, l'Eritrea, l'Indonesia, il Pakistan, l'India, il Perù e l'Ecuador ecc. Non solo: a partire dal 1990 progressivamente, di anno in anno, la relazione ha presentato le informazioni sulle transazioni in maniera sempre più inintelliggibile o, per meglio dire, con una serie di presentazioni sinottiche che di fatto non consentono di individuare - per ciascuna autorizzazione all'esportazione rilasciata - la società esportatrice ed il paese di destinazione. Tutti i dati vengono resi pubblici in forma aggregata. Voi tutti capite come sia importante sapere, per ciascun paese, quali siano le tipologie di armi italiane esportate. Non posso fare a meno di rammaricarmi per la poca attenzione che il movimento pacifista ha riservato in questi anni all'applicazione concreta della legge, una delle più avanzate a livello europeo, voluta proprio dai movimenti per la pace. Ovviamente la lobby delle industrie a produzione militare non è stata con le mani in mano mentre noi un poco si 'dormiva'. Sarebbe giunto quindi il momento di costruire un movimento d'opinione vasto e diffuso capillarmente, capace di esercitare quel controllo e quella verifica autenticamente democratica che i nostri 'distratti' parlementari non sono riusciti a garantire in questi anni. Perchè non chiedere sistematicamente conto, nei collegi elettorali, nelle sedi di partito di quanto non è stato fatto e di quello che si dovrebbe fare? Perchè non difendere concretamente un principio sacrostanto: le esportazioni di armamenti e di servizi di tipo militare non rappresentano un argomento 'tabù', di esclusiva competenza dei servizi d'informazione, dei vertici politici, militari ed istituzionali, bensì un aspetto molto importante e delicato della politica estera del paese. Ogni cittadino ha il diritto di essere informato sulle scelte di politica estera operate dai governi e dai loro funzionari. Ciò sarebbe oltremodo necessario visto che da più parti, incluso l'esecutivo, si sta parlando di rivedere la legge. un abbraccio achille lodovisi
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