Un decalogo ONU a 50 anni dalle Convenzioni di Ginevra



A cinquanta anni dalla Convenzione di Ginevra nuove regole per le missioni
di pace

Decalogo per i Caschi blu

L'Onu: i conflitti degli anni '90 segnati dalla barbarie

Fu una novita' senza precedenti. Le quattro Convenzioni di Ginevra, firmate
il 12 agosto 1949, segnavano non solo il successo di una lunga battaglia
giuridica, giocata dalla Croce Rossa a cavallo di due guerre. Ma anche il
nuovo strumento che avrebbe dovuto «umanizzare» i conflitti, proteggere le
popolazioni civili, garantire i diritti dei feriti, dei malati, dei
prigionieri, dopo gli orrori che avevano insaguinato i primi decenni del
secolo.
Sono passati 50 anni esatti. Piu' che una celebrazione, l'anniversario
delle Convenzioni si e' trasformato in un atto d'accusa. Quanti governi,
quante organizzazioni, quanti eserciti si preoccupano di rispettare quei
testi? "La maggior parte delle guerre degli anni Novanta sono segnate dal
caos e dalla barbarie", ha denunciato Cornelio Sommaruga, presidente della
Croce Rossa
internazionale. I Balcani insegnano: genocidi, stragi razziali,
persecuzioni religiose. Tanto quanto i massacri del Ruanda, il calvario
delle popolazioni civili in Somalia, o l'agonia della gente in Afghanistan.
"Bisogna trovare nuove strade - ha aggiunto Sommaruga -. Bisogna
intensificare gli sforzi per fermare gli orrori della guerra e assicurare
alle vittime dei conflitti la possibilita' di mantenere la propria
dignita'". L'ammissione di un fallimento?

Un appello e' arrivato anche da Kofi Annan. Il segretario generale delle
Nazioni Unite non si e' limitato a richiamare all'ordine i governi. In
occasione delle celebrazioni del cinquantenario che si sono tenute a
Ginevra, Annan ha voluto presentare ai Caschi blu dell'Onu un nuovo
decalogo di comportamento da seguire nelle zone di conflitto: "Le
operazioni militari - recita il testo - dovranno essere condotte solo
contro chi combatte e contro obiettivi bellici. Gli attacchi ai civili sono
proibiti".
Come l'uso di gas chimici o di armi biologiche. Come qualsiasi azione di
guerra contro luoghi religiosi, centri storici o siti archeologici. Le
truppe di pace dovranno occuparsi di proteggere donne e bambini da stupri,
torture, prostituzione.

Principi ispirati alle Convenzioni. E non a caso. Le guerre degli anni
Novanta hanno visto il ricorso a nuove formule d'intervento, come il
"peace-keeping". Operazioni condotte in una zona grigia del diritto
internazionale, dove si sono confusi sempre piu' spesso i limiti tra
"ingerenza umanitaria" e operazioni militari. E anche gli eserciti di pace,
impegnati a fermare le guerre, non si sono salvati dalla barbarie e dalla
crudelta'. Se la Nato e' stata accusata di uso eccessivo della forza
durante i bombardamenti sulla Jugoslavia, parecchi Caschi blu sono
clamorosamente venuti meno al principio di neutralita'. I dossier Onu sono
zeppi di episodi di violenza commessi dai soldati di pace. Un caso tra
tutti, la Somalia: soldati italiani accusati di stupro e tortura, militari
belgi finiti sotto
processo per aver costretto dei musulmani a mangiare carne di maiale e bere
il proprio vomito, ufficiali canadesi licenziati per aver bastonato un
ragazzino, colpevole di furto, e aver sparato contro dei civili.

Piu' che un fallimento delle Convenzioni, quello che manca è uno strumento
che possa obbligare governi, eserciti e milizie a rispettare i principi del
diritto umanitario. Oggi come allora. La Croce Rossa, durante la Prima
guerra, aveva sperimentato la propria impotenza nel proteggere le
popolazioni civili. La battaglia, sostenuta a partire dal 1921, aveva come
scopo proprio quello di creare una giurisdizione che autorizzasse
l'organizzazione ginevrina a portare aiuto nelle zone di guerra e che
sancisse dei principi generali ai quali le parti in conflitto dovessero
attenersi. Una prima bozza venne approvata nel 1934 a Tokio. L'avvento del
nazismo bloccò ogni cosa. Ma quel testo servi' tuttavia alla fine della
Seconda guerra mondiale, a far da base alle quattro Convenzioni: protezione
dei feriti e dei malati nelle zone di conflitto, assistenza ai prigionieri,
garanzie alle popolazioni che vivono in territori occupati o nemici.
Firmate da 188 Stati, le Convenzioni di Ginevra furono poi ampliate con dei
protocolli l'8 giugno 1977, a loro volta ratificati da 155 Paesi, ad
eccezione degli Usa, del Giappone e di alcuni Stati africani. Non riusci'
pero' la Croce Rossa a sanare il vizio di fondo: il potere solo "persuasivo"
delle Convenzioni del '49 e non coercitivo.

La soluzione, tanto per la Croce Rossa quanto per l'Onu, potrebbe essere il
Tribunale internazionale, una corte autorizzata a processare ed
eventualmente condannare chiunque violi i principi del diritto umanitario.
Il Tribunale esiste gia'. E' stato creato a Roma il 18 luglio dell'anno
scorso. Ma le troppe astensioni e i voti contrari di Paesi come Stati
Uniti, Cina e Israele, l'hanno reso monco sin dalla nascita. E, tra tempi
burocratici e ratifiche, non partira' comunque prima dei prossimi cinque anni.


Maria Grazia Cutuli,

Corriere della Sera
Sabato, 14 Agosto 1999
Esteri






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Alessandro Marescotti
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