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IN MORTE DI ALI, KURDO DI VENT'ANNI
- To: "Kurdish List" <glr.y@iol.it>, "No Shengen tmp" <glr.y@iol.it>
- Subject: IN MORTE DI ALI, KURDO DI VENT'ANNI
- From: "glr" <glr.y@iol.it>
- Date: Sat, 7 Apr 2001 16:18:46 +0200
- Priority: normal
UIKI - Onlus
Ufficio d'informazione del Kurdistan in Italia
Roma, 6 Aprile 2001
LA NEGAZIONE DEL DIRITTO D'ASILO FA UN'ALTRA VITTIMA
UN GIOVANE KURDO SI TOGLIE LA VITA
LA TRAGEDIA DEL POPOLO KURDO CONTINUA
Ai 6 kurdi morti in un camion l'estate scorsa e abbandonati sul ciglio della
strada si aggiunge il suicidio di questo giovane di venti anni, trovato
impiccato nel centro di accoglienza della Caritas di Gorizia.
Dopo i 1500 kurdi sbarcati in Francia, l'esodo continua più di prima, il nostro
popolo scappa da un paese che viola i suoi diritti, da una terra dove non puo'
vivere in pace e, pieno di speranza per la pace e la vita approda in un paese
dove invece ha trovato la morte già molte volte.
Noi, che viviamo sulla nostra pelle la tragedia del nostro popolo, della nostra
gente, sappiamo cosa è passato per la mente del nostro connazionale, ha
preferito togliersi la vita con le proprie mani pur di non tornare nelle mani di
chi l' ha costretto a scappare.
Facciamo appello alle istituzioni, ai partiti politici, agli organismi di
solidarietà e alla stampa affinchè il diritto d'asilo e la concessione dell'asilo
politico al nostro popolo non venga sottovalutato e messo da parte.
Via Quintino Sella 41, 00187 Roma
Tel. 0642013576 Fax. 0642013799
E-mail: uiki.onlus@tin.it internet: www.kurdistan.it
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UN'ALTRA VITTIMA DELLA REAL POLITIK
La politica attuale del governo italiano nei confronti dei profughi Kurdi,
basata sui respingimenti alle frontiere, dal nord-est fino alla Puglia, ha fatto
un'altra vittima. Un cittadino kurdo esule nel nostro paese, fuggito,
ricordiamolo, dalla repressione di un regime, che pratica i mezzi più feroci
per negare a tutto un popolo il diritto all'identità e alla stessa esistenza in
quanto tale, si è suicidato nella sede della Caritas di Gorizia, dopo che gli
era stato negato il diritto d'asilo. Da diverso tempo l'atteggiamento del
governo italiano verso i profughi kurdi è cambiato: circa la metà delle
richieste d'asilo vengono respinte, e molti di coloro che riescono ad ottenerlo
vivono in situazioni sempre più precarie. La politica del governo italiano di
collaborazione col regime turco per impedire l'afflusso dei profughi è la
causa principale di questa situazione sempre più disperante. L'Alto
commissariato dell'ONU per i Rifugiati dovrebbe ormai intervenire per porre
termine a questa politica di negazione dei diritti dei popoli. Se il governo
italiano ha stracciato l'articolo della Costituzione, che obbliga il governo
all'accoglienza di coloro che fuggono dal proprio paese per persecuzioni
politiche, religiose nonchè dalla guerra, che almeno l'ONU non abdichi ai
suoi doveri in nome di questa aberrante real politik.
Associazione AZAD
L'Avamposto degli Incompatibili
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UN GIOVANE KURDO E' MORTO.
NON NEL SUO PAESE, MA IN ITALIA: A GORIZIA.
SUICIDA, SUBITO DOPO AVER RICEVUTO IL FOGLIO DI ESPULSIONE.
Dino Frisullo - Associazione Azad - 8.4.01
Alcune informazioni, anzitutto.
Il kurdo suicida a vent'anni (nato nell'81) si chiamava Ali Bolukbas.
Non era kurdo di Turchia, cone erroneamente scritto dall'Ansa e dal Piccolo,
ma kurdo-irakeno (l'ho saputo direttamente dagli inquirenti).
Non si sa per ora la sua provenienza, ma l'intero gruppo parlava il dialetto
kirmanji, quindi si presume che venisse dalla provincia di confine di Zakho.
Si è impiccato a una catenella del cesso nel centro di accoglienza Caritas di
Gorizia fra le 19.30 e le 20.30 di giovedì scorso, mentre erano in corso le
operazioni di foosegnalamento dell'intero gruppo (37 kurdo-turchi fermati
presso il confine alle 6 del mattino, e 13 kurdo-irakeni trovati
successivamente a Gorizia).
Probabilmente era disperato perchè si ritrovava in tasca solo quel foglio di
espulsione, senza una lira per continuare il viaggio e senza prospettive.
Forse sapeva, a differenza della maggioranza dei profughi (ai quali viene
fatto credere che il foglio di espulsione sia un "lasciapassare" verso
l'estero), che quell'espulsione era una condanna alla clandestinità in Europa o
al rinvio in Italia. Oppure gli avevano fatto credere di arrivare in Germania...
Oggi si terrà l'autopsia, che dovrebbe mettere fine all'incredibile ipotesi,
diffusa dagli inquirenti insieme all'ipotesi del suicidio, secondo cui potrebbe
averlo ucciso un altro kurdo-irakeno di nome Yusuf Haci (vedi, qui sotto,
l'articolo di oggi de Il Piccolo). Questa versione si basa soltanto sul fatto che
Yusuf è stato poi trovato alle 22.30 mentre cercava di partire per Milano con
in tasca il foglio di espulsione intestato ad Ali: ma potrebbe averglielo dato lo
stesso Ali prima di darsi la morte, oppure potrebbe aver trovato Ali suicida e
avergli preso il foglio... Non si uccide per "rubare" un'identità simile alla tua,
e se ci fosse stata una lotta qualcuno avrebbe sentito. L'ipotesi si basa
anche sul silenzio di Yusuf, che però sarà probabilmente dovuto al terrore.
E' vergognoso che a quasi 48 ore dall'accaduto nessuno abbia preso
posizione su una tragedia così terribile, tranne il sottoscritto per
l'associazione Azad. Questa è la parte delle mie dichiarazioni diffusa
dall'Ansa ieri alle 19.38:
"Dino Frisullo, a nome dell'associazione Azad, ha chiesto che l'Alto
Commissario per i profughi delle Nazioni unite intervenga su una situazione
che vede centinaia di profughi kurdi respinti o espulsi ogni giorno alle
frontiere di Otranto, Bari, Brindisi, Ancona, Trieste e Venezia. Secondo
Frisullo, i pochi che riescono ad entrare per far valere il loro diritto di asilo
sono marginalizzati in condizioni di vera disperazione. Questa morte - ha
detto - deve almeno ottenere che la questione kurda, questione di asilo ma
anche di impegno internazionale per la pace, non sia rimossa dalla
coscienza della politica italiana".
Nel merito:
a Gorizia, come mi è stato confermato dalla locale Questura, i profughi,
considerati tout-court "clandestini", vengono respinti sommariamente in
Slovenia se sorpresi presso il confine, o muniti di foglio di espulsione e
rilasciati se trovati all'interno. I "respinti" oltre confine rischiano di essere
arrestati dalla polizia slovena e internati nel centro di detenziond di Lubiana,
un autentico lager immondo contro il quale recentemente tutta la sinistra
slovena ha protestato in piazza. Gli "espulsi" sono semplicemente
abbandonati al loro destino. Si afferma che nessuno di loro vuol chiedere
asilo in Italia: è mai possibile che nessuno lo faccia, su masse di profughi di
cento persone in media al giorno?! Evidentemente non li si informa affatto di
questa possibilità, e del respingimento che li attende una volta che
proseguano clandestinamente verso altri paesi europei.
In altri termini: A GORIZIA (ma non solo: anche nei porti, come Bari e
Brindisi, quando arrivano i traghetti di linea) SI VIOLA
SISTEMATICAMENTE LA LEGISLAZIONE SULL'ASILO.
E' questa la realtà sulla quale è maturato il suicidio di Ali. Fra l'altro risulta
che quei fogli di espulsione la questura di Gorizia sia assai restia a revocarli,
una volta che un profugo sia respinto in Italia dalla Germania, dall'Austria o
dalla Svizzera e chieda successivamente asilo in Italia.
Dunque quel foglio è davvero UNA CONDANNA: e forse Ali lo sapeva, o lo
intuiva...
L'assemblea di questa sera alle 21 a Bologna presso Contropiani (via
Ranzani 4), convocata dalla delegazione italiana di ritorno dal Newroz in
Turchia in vista del seminario di domani - sempre a Bologna - su "Che fare
in Kurdistan", diventerà di fatto un momento di forte protesta per la morte
assurda di un giovane sulla strada della speranza.
Dino Frisullo - Associazione Azad
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Da "Il Piccolo" di Trieste - 7.4.01
Tragica scoperta in un bagno del centro d'accoglienza per immigrati illegali
della Caritas: Alì Bolukbas, 20 anni, era appeso alla catenella dello
sciacquone Gorizia, giallo su un curdo trovato impiccato.
Al vaglio sia l'ipotesi di suicidio sia quella d'omicidio. Fermato un iracheno:
in tasca aveva un documento del morto
GORIZIA - La catenella avvolta attorno al collo. E il suo corpo, esanime,
chiuso nell'angusto bagno al piano terra. Morto a un soffio dalla nuova vita
che dalla Turchia lo aveva portato in Italia. Morto senza un perché. Sono le
uniche, scarne certezze in un dramma carico di interrogativi. Perché quanto
accaduto giovedì sera nel centro d'accoglienza allestito a Gorizia dalla
Caritas è un'inquietante amalgama di disperazione e povertà, con il
drammatico sospetto di omicidio. Un giovane clandestino turco di etnia
curda, Alì Bolukbas, 20 anni compiuti a gennaio, impiccato nel bagno. Un
coetaneo iracheno, Yusuf Haci, sottoposto a fermo giudiziario con l'accusa
di omicidio. Lo hanno bloccato in stazione mentre cercava un treno per
Milano: in tasca aveva il decreto di espulsione e il verbale di perquisizione
dell'immigrato morto. Ha ucciso Alì Bolukbas per impossessarsi della sua
identità? Oppure un susseguirsi di equivoci, disattenzioni e disguidi ha
tramutato un suicidio in giallo? La magistratura ha 48 ore dall'emissione del
provvedimento restrittivo per richiedere o meno la convalida: una corsa
contro il tempo cercando un interprete capace di dialogare con Haci.
Sempre che l'iracheno non tanto si esprima in un particolare dialetto
marungi, ma stia attuando un'autodistruttiva linea difensiva basata sul
mutismo. Con il risultato che a ieri sera il sostituto procuratore Massimo De
Bortoli non era stato posto in grado di interrogare il clandestino. Un groviglio
di indizi e sospetti, dunque. Un mistero che ha inizio alle 6, in stazione,
quando 37 clandestini curdi - tra i quali Alì Bolukbas - vengono fermati dalle
Volanti. Alle 7.40, invece, è una pattuglia della polfrontiera a intercettare, in
corso Verdi, 13 iracheni (10 uomini e tre donne). Tra loro c'è Yusuf Haci.
Entrambi i gruppi vengono accolti al Centro Caritas da dove, a piccoli
gruppi, vengono portati alla caserma Massarelli per l'iter del
fotosegnalamento. Ultima tappa nuovamente al Centro dove attendono
l'«appello» e la consegna del decreto di espulsione. I clandestini non hanno
fretta: attendono quel documento firmato dal questore che, di fatto, per 15
giorni diventa il loro «lasciapassare» verso il resto d'Europa. Più sono i
clandestini, maggiore è l'attesa. Nel frattempo, grazie ai volontari Caritas,
possono rifocillarsi, lavarsi, riposare. Il nodo del mistero è tra le 19.30 e le
20.30 quando, secondo un primo esame esterno del medico legale, avviene
la morte di Alì. A questo punto finiscono le certezze e si sdoppiano le ipotesi
investigative della squadra mobile. Volendo avvalorare la tesi del suicidio, la
ricostruzione vede un ragazzo di soli 20 anni in fuga dalla povertà sopraffatto
dallo sconforto. Ha compreso che ha attraversato il confine Schengen, ma il
suo viaggio verso la Germania è ben lontano dalla conclusione. Non ha più
denaro (al momento della perquisizione gli è stato trovato solo il
passaporto), realizza che gli affetti sono lontanissimi e il futuro diverso dalle
promesse. Si apparta nel bagno, chiude dall'interno la porta, si cinge attorno
al collo la catenella e si lascia cadere. Nella stanza accanto, ignari del
dramma che sta maturando, i volontari stanno partecipando a un incontro
formativo. Sarà un ragazzino di 16 anni a notare, poco dopo le 22.30,
l'assenza di Alì e scoprire il corpo, scavalcando un'intercapedine. Nello
stesso momento si nota la sparizione dell'iracheno che, dopo un'affannosa
ricerca, alle 23 viene bloccato in stazione. Yusuf Haci ha assunto l'identità di
Alì Bolukbas prima o dopo la morte del curdo? E quella morte è stata una
drammatica scelta o un omicidio?
Roberta Missio
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