[Diritti] Acqua pubblica, ricorso alla Cedu contro l’inerzia dell’Italia. Lo Stato non ha dato seguito al referendum del 2011



Il docente di Diritto Alberto Lucarelli: «Lamentiamo inoltre la violazione dell’articolo 14 della Convenzione europea dei Diritti dell’uomo». Ma i tempi della sentenza sono lunghi

Il manifesto 18.05.2025
Fabrizio Geremicca

NAPOLI

Nel 2010 Alex Zanotelli, sacerdote comboniano in prima fila nella battaglia contro la privatizzazione dell’acqua, benedisse i quesiti referendari che sarebbero stati presentati di lì a poco. Fu di buon auspicio perché nel 2011 vinse il sì e i cittadini scelsero di abrogare la norma che consentiva di affidare la gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica solo a soggetti privati scelti a seguito di gara a evidenza pubblica o a società di diritto pubblico con partecipazione azionaria di privati. Ieri, 16 maggio, il rito si è ripetuto nello studio universitario del professore Alberto Lucarelli, docente di Diritto costituzionale al dipartimento di Giurisprudenza dell’ateneo Federico II. La benedizione, questa volta, è stata impartita alle 2mila pagine del ricorso che è stato inoltrato alla Corte europea dei Diritti dell’uomo contro il governo italiano che non ha dato seguito con leggi e provvedimenti normativi all’esito del referendum del 2011. Dopo la benedizione, Lucarelli, Andrea Chiappetta (un dottorando che ha contribuito al ricorso) e l’avvocata Stella Arena sono andati alla Posta per spedire il documento a Strasburgo.
«Tra circa 6 mesi – informa il docente federiciano – sapremo se il ricorso sarà stato valutato ammissibile. Qualora ciò avverrà, entro un paio di anni sarà messo a ruolo». L’attesa della sentenza sarà dunque tutt’altro che breve e d’altronde la Corte europea dei Diritti dell’uomo qualche mese fa si è pronunciata favorevolmente su un ricorso di 41 residenti nella Terra dei fuochi che era stato depositato ben 11 anni fa. Un paio di settimane fa, poi, la stessa Corte europea ha accolto un reclamo presentato da alcuni abitanti di Salerno, in relazione alla mancata adozione da parte dello Stato italiano di provvedimenti per mitigare l’inquinamento provocato dalla Fonderie Pisano, che era stato presentato nel 2018.
«Nel ricorso che abbiamo spedito venerdì a Strasburgo – informa Lucarelli – sosteniamo che la mancata attuazione dei referendum da parte dello Stato, il quale si è mosso anzi in direzione opposta rispetto al volere espresso dai cittadini, fino all’ultimo decreto Draghi che ha emarginato soggetti di diritto pubblico come Acqua Bene Comune, l’azienda speciale del comune di Napoli, ha determinato un aumento delle tariffe e che questo ha peggiorato la qualità della vita personale e familiare dei cittadini italiani». Aggiunge il giurista della Federico II: «Lamentiamo inoltre la violazione dell’articolo 14 della Convenzione europea dei Diritti dell’uomo, che sancisce la tutela dalla discriminazione dei diritti previsti dalla stessa Convenzione. Tale discriminazione si manifesta nella disparità delle tariffe per l’acqua che pagano i cittadini residenti nei comuni dove la risorsa idrica è gestita dai privati rispetto ai cittadini residenti nei comuni (pochi in verità) dove la gestione è pubblica».
Il ricorso del coordinamento per l’acqua pubblica è molto innovativo e privo di precedenti. «Lo annunciammo – ricorda il professore Lucarelli – un anno fa e si è poi formato un gruppo di giuristi che ha lavorato alla stesura del documento». Oltre ai nomi già citati, ne hanno fatto parte Pasquale De Sena e Diego Mauri. Resta, naturalmente, l’amarezza di dover ricorrere alla Cedu per cercare di porre rimedio all’inerzia del Parlamento e dei governi succedutisi dai referendum del 2011 a oggi. «Questo è il dato politico – commenta Lucarelli – ed è certamente grave. Si sarebbe dovuta approvare subito una legge che favorisse la gestione pubblica dell’acqua».