[Diritti] R: Estratto da una lettera al soviet di Pietrogrado.



Estratto da una lettera al soviet di Pietrogrado proveniente da un gruppo di soldati al fronte alla fine di luglio del 1917 (quando il governo provvisorio era in carica già da cinque mesi):

"AL CONGRESSO.
E’ l’ultima volta che vi chiamiamo compagni.
Noi credevamo che il congresso avrebbe portato, o se non altro avvicinato la pace, invece i discorsi vertono su tutt’altro: sugli arresti degli anarchici, sulla disputa con i bolscevichi a proposito dell’allontanamento degli anarchici dalla dacia di Durnovo, sull’esistenza della Duma di Stato, sugli ossequi a Rodzjanko e così via. Ricordate signori ministri e principali dirigenti: noi i partiti li capiamo poco, sappiamo solo che non è lontano nè il futuro nè il passato, lo zar vi ha confinati in Siberia e imprigionati, ma noi vi trafiggeremo con le baionette.
Perché voi menate la lingua come le vacche menano la coda.
A noi non servono le belle parole, a noi serve la pace."

https://www.facebook.com/camillo.coppola/posts/10213205243919677

Dalla Terronia,che è più vicina all'Africa che all'Europa.
Cordialità.
Camillo Coppola

----Messaggio originale----
Da: aermanoadl at datacomm.ch
Data: 23-nov-2017 12.02
A: "ADL notizie"<aermanoadl at datacomm.ch>
Ogg: [Diritti] Andy Rocchelli - Ultimo fronte

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Ottobre Rosso e dintorni

 

di Nicola Zoller

 

Vorrei dire al presidente del Consiglio provinciale di Trento Bruno Dorigatti – e a tanti altri immemori amici e compagni – che ben prima della “presa del Palazzo d’Inverno, simbolo del potere zarista” ad opera dei bolscevichi nell’Ottobre 1917 (come egli afferma in un recente articolo sul “Trentino”) quel "potere zarista" era già stato abbattuto dalla fin troppo dimenticata Rivoluzione del Febbraio, che aveva fatto cadere lo zar Nicola II.

    Nel decantato Ottobre rosso i bolscevichi catturarono nel Palazzo d’Inverno non lo zar già fuori gioco, ma i ministri del governo guidato dal socialista Aleksandr Kerenskij, il vicepresidente del Soviet di Pietrogrado che da febbraio cercava di guidare una fuoriuscita democratica dall’autoritarismo russo. A febbraio Lenin era del tutto assente alla detronizzazione dello zar. Risiedeva a Zurigo e da lì rientrerà in Russia su un treno piombato fornito dai comandi militari germanici, interessati a creare contraddizioni nel fronte russo: che in effetti scoppiarono, portando alla caduta del governo Kerenskij.

    Le condizioni del popolo – già precarie – peggiorarono subito tragicamente: “l’idealismo libertario e generoso dell’ardore bolscevico” che secondo Dorigatti avrebbe animato la rivoluzione leninista per poi nei decenni decadere in un regime dittatoriale, fu subito smascherato non da un risentito conservatore ma dalla rivolu­zio­naria tedesca Rosa Luxemburg che fin dal 1918 – non dunque nella tetra epoca staliniana – diede la definizione più pregnante della nuova tirannia: «La guida effettiva è in mano a una dozzina di teste superiori; e una élite di operai viene di tempo in tempo convocata per battere le mani ai discorsi dei capi, votare unanimemente risoluzioni prefab­bricate: in fondo dunque è un predominio di cricche, una dittatura certo; non la dittatura del proletariato, tuttavia, ma la dittatura di un gruppo di politici».

    Quanto alle "influenze positive" che la rivoluzione bolscevica avreb­be prodotto nella sinistra mondiale, c’è proprio in questo anniversario il parere diametralmente opposto di Michael Walzer, uno dei più ap­prez­zati filosofi progressisti contemporanei: «La verità – afferma – è che la Rivoluzione bolscevica è stata un disastro per la sinistra»: infatti il comunismo è sorto sulla sopraffazione della sinistra socialdemo­cra­tica, dei valori di libertà e sulle purghe di intere popolazioni. Ma è pur vero che poi faticosamente sul piano storico-ideale ha vinto la visione della “corrente democratica del socialismo”, battendo il comunismo, cioè quella che il riformista Filippo Turati definì la “corrente reazio­na­ria del socialismo”: una miscellanea di funeste e malriposte promes­se demagogiche di cui si ammanta il populismo d’ogni latitudine e tempo.