L'AVVENIRE DEI LAVORATORI La più antica testata della sinistra italiana, www.avvenirelavoratori.eu Organo della F.S.I.S., centro socialista italiano all'estero, fondato nel 1894 Sede: Società Cooperativa Italiana - Casella 8965 - CH 8036 Zurigo Direttore: Andrea Ermano > > > PDF scaricabile su http://issuu.com/avvenirelavoratori < < < e-Settimanale - inviato oggi a 45964 utenti - Zurigo, 13 aprile 2017 |
Buone festività pasquali ! Con il presente numero la Newsletter dell'ADL fa una breve pausa. Riprenderemo le trasmissioni giovedì 27 aprile 2017. A tutte e a tutti i più fervidi auguri per le festività pasquali. La red dell'ADL |
CONVEGNO Il pericolo non dovrebbe essere il mio mestiere. Il giornalismo tra censure, minacce e guerre TRIENNNALE DI MILANO FESTIVAL DEI DIRITTI UMANI In collaborazione con FNSI e Articolo21
Andrej Mironov (1954-2014) e Andy Rocchelli (1983-2014) L’Ucraina di Rocchelli e Mironov "Due persone sono state uccise: Andrea Rocchelli e Andrej Mironov. Adesso l’obiettivo è questo: caro Governo italiano devi chiedere a quello dell’Ucraina di far luce su questa vicenda" - questo è e resta l’appello di Beppe Giulietti e della Famiglia Rocchelli a tre anni dalla morte dei due giornalisti in Ucraina. Al Palazzo della Triennale, viale E. Alemagna, 6 Parco del Castello sforzesco - Salone d’Onore Mercoledì, 3 maggio 2017 - dalle ore 16.30 Ospiti: Giuseppe Giulietti Presidente FNSI; Rino Rocchelli e Elisa Signori genitori di Andy Rocchelli; Alessandra Ballerini avvocato; Anna Cataldi giornalista e scrittrice; Nadia Azhghikina Federazione Europea dei Giornalisti; Ahmet Insel giornalista turco; Paolo Borrometi giornalista minacciato dalla mafia; Michele Albanese giornalista minacciato dalla mafia; Amalia De Simone giornalista minacciata dalla mafia; Anna Del Freo Federazione Nazionale Stampa Italiana; Gabriele Dossena Ordine Lombardo dei Giornalisti; Paolo Perucchini Associazione Lombarda dei Giornalisti Al termine del convegno si potrà visitare la mostra: Dall’ultimo fronte. L’Ucraina di Andy Rocchelli e Andrej Mironov. |
Conformemente alla Legge 675/1996 tutti i recapiti dell'ADL Newsletter sono utilizzati in copia nascosta. Ai sensi del Codice sulla privacy (D.L. 30.6.2003, 196, Art. 13) rendiamo noto che gli indirizzi della nostra mailing list provengono da richieste d'iscrizione, da fonti di pubblico dominio o da E-mail ricevute. La nostra attività d'informazione politica, economica e culturale è svolta senza scopi di lucro e non necessita di "consenso preventivo" rivestendo un evidente carattere pubblico come pure un legittimo interesse associativo (D.L. 30.6.2003, 196, Art. 24). L'AVVENIRE DEI LAVORATORI contribuisce da oltre 115 anni a tenere vivo l'uso della nostra lingua presso le comunità italiane nel mondo tra quelle persone che si sentono partecipi degli ideali socialisti-democratici di Giustizia e Libertà. |
EDITORIALE Europa imbelle? di Andrea Ermano Sulla guerra in Siria scrive Paolo Mieli: «Un giorno, forse, capiterà all’Europa, fino ad oggi specialista nel versare ettolitri di lacrime su questo o quel misfatto e nel definire "inaccettabili" le non poche imprese criminali compiute da qualcuno dei contendenti, senza poi sentirsi in dovere di trarre le conseguenze da quella mancata accettazione. Mai, neanche una volta». L’Europa è imbelle? Può darsi, ma riflettiamo a quando non lo era: «Non capisco perché fare tanto gli schizzinosi riguardo all'uso del gas. Io sono fortemente a favore dell'impiego di gas velenosi contro tribù non civilizzate. L'effetto morale potrebbe essere buono... e si diffonderebbe un grande terrore» (I do not understand this squeamishness about the use of gas. I am strongly in favor of using poisoned gas against uncivilized tribes. The moral effect should be good … and it would spread a lively terror) così parlava uno statista britannico che tutti per altro adoriamo, Winston Churchill, nell’epoca in cui il liberal-imperialismo sapeva apprezzare senza ipocrisia le proprie capacità tecniche di diffondere "un grande terrore". Tant’è che Carl Schitt, giurista nazista, una volta disse di non capire tutto questo scandalo, dato che Hitler aveva semplicemente applicato alla guerra in Europa i metodi che tutti, ma proprio tutti, ritenevano legittimi, per esempio, in Africa. Questo è stato. Tutti i governi dell’Europa marziale di cent’anni fa la pensavano così, Italia in testa, la quale si distinse nell’impiego bellico dei gas sia sull’Isonzo nel 1917 sia Piave nel 1918 e poi ancora in Somalia nel 1935. La Prima guerra mondiale condusse alle grandi rivoluzioni socialcomuniste e socialdemocratiche, alle quali seguirono le controrivoluzioni nazifasciste che portarono alla Seconda guerra mondiale e furono duramente sconfitte. Ma non si tornò semplicemente all’Occidente liberal-imperialista, al "mondo di prima", perché dopo la fine della Seconda guerra mondiale, il panorama planetario divenne più filo-comunista che filo-liberale: Urss, Europa orientale, Cina, Corea del Nord, Cuba, Viet Nam, Cile eccetera. Il ritorno a un’egemonia liberale su scala planetaria si è avuto solo a partire dagli anni Ottanta, e non da ultimo per il sostegno cinese alla globalizzazione e perché i popoli hanno in fin dei conti preferito il "soft power americano" allo "hard power" sovietico, dopo Budapest (1956), Praga (1968) e soprattutto dopo la catastrofica invasione russa dell’Afghanistan (1979).
Radiose giornate del maggio 1915. Comizio di Gabriele D'Annunzio a Quarto Ma l'establishment locale e globale ha di nuovo l’anima satura solo di: profitto, profitto e poi ancora profitto. E, dunque, c'è qualcosa di nuovo oggi nel sole, anzi d'antico: le radiose giornate di maggio, quando nel 1915 l'Italia entrò in guerra "per Trento e Trieste". Il governo Salandra scatenò allora le battaglie dell'Isonzo, conclusesi con la disfatta di Caporetto. Intenso fu l'impiego di gas asfissianti. Qui sotto la lista delle dodici battaglie e, accanto a ciascuna, il numero di morti italiani "per Trento e Trieste", secondo una valutazione prudente: I battaglia: 23 giugno - 7 luglio 1915: 2'000; II battaglia: 18 luglio - 3 agosto 1915: 11'000; III battaglia: 18 ottobre - 4 novembre 1915: 11'000; IV battaglia: 10 novembre - 2 dicembre 1915: 7'500; V battaglia: 9-15 marzo 1916: 800; VI battaglia: 6-17 agosto 1916: 21'000; VII battaglia: 14-17 settembre 1916: 17'000; VIII battaglia: 10-12 ottobre 1916: 20'000; IX battaglia: 31 ottobre 4 novembre 1916: 39'000; X battaglia: 12 maggio - 5 giugno 1917: 36'000; XI battaglia: 17-31 agosto 1917: 30'000; XII battaglia, "Caporetto": 24 ottobre - 7 novembre 1917; 10'000. Settecentomila ragazzi italiani furono mandati al massacro, e solo sull'Isonzo ne morirono oltre duecentomila, nel non nobile scopo di uccidere un numero ancor maggiore di ragazzi europei. Per Trento e Trieste? In realtà, no: l'Austria-Ungheria era pronta a cedere all'Italia sia Trento sia Trieste senza colpo ferire. Ma la classe dirigente del nostro Paese – contro l'opinione prevalente nel popolo italiano, contro la posizione preminente nel Parlamento del Regno, contro il forte orientamento pacifista diffuso nel mondo cristiano e tra i socialisti – perseguì un disegno "patriottico" tutto suo. La guerra, si sa, è il più grande business che ci sia… E la retorica di guerra è sempre quella: prendete un certo numero di sprovveduti, portatelo all'effusione del sentimento eroico e saranno pronti a compiere il "salto di qualità". Vecchio trucco d'annunziano che fece la sua ricomparsa, in Italia, negli anni Settanta, in certe concioni di certe teste calde ultradestre e ultrasinistre, che portavano l'indignazione a mille e poi via con il Grande Discorso della Coerenza e ognuno allora aveva da sentirsi in dovere di trarre le conseguenze. Le conseguenze? I mega-patrioti neofascisti sparsero la morte nelle piazze e sui treni d'Italia. Mentre un manipolo di Sessantottini saltarono piè pari dal "libero amore" alla "lotta armata".
Berlino, 1° agosto 1914. Giovani esultanti per lo scoppio della prima guerra mondiale Ciò detto, dobbiamo oggi noi applaudire al lancio di missili trumpiani sulla Siria? Dobbiamo applaudire, anche se l'attacco è avvenuto al di fuori di un mandato ONU? Dobbiamo applaudire perché almeno ha dato un segnale affinché la si smetta di usare armi chimiche in Siria? In fondo, Hillary Clinton, principale esponente dello schieramento avversario a The Donald, ha approvato il bombardamento, insieme a numerosi esponenti dell'opposizione Usa. «Andiamo tutti insieme a scuola da loro», ci esorta Paolo Mieli: «Avremo chiaro che questa "guerra mondiale", anche a costo di violentare precedenti convinzioni, dovremmo seguirla senza partito preso, riconoscendo che talvolta può capitare a Putin di fare una scelta efficace e persuasiva, così come talvolta è capitato e capiterà a Trump». Ora, codesta idea di una "guerra mondiale" da "seguire senza partito preso" presuppone, però, un po' troppe cose come fossero scontate. "Seguire" una "guerra mondiale"? Come? Come una partita di golf? Va bene che il dibattito politico occidentale fa parte dell'industria dello spettacolo, ma l'espressione "guerra mondiale" non può essere banalizzata fino a questo grado zero. Indirettamente, si conferma qui una certa diagnosi dell'attuale fase del capitalismo postindustriale: i "cittadini" non sono più interessanti né come produttori e neanche come soldati "carne da cannone", a meno che non si ritrovino impiegati a mo' di "scudi umani". Divenuti consumatori e spettatori, dobbiamo approntarci, dunque, a "seguire" questa "guerra mondiale", sine ira ac studio, "anche a costo di violentare precedenti convinzioni"? Secondo l'autorevole commentatore del Corriere: sì. Secondo noi: decisamente no. Sulla guerra siamo tornati, tra questo trascurabilissimo Avvenire dei lavoratori pacifista e un sempre potentissimo Corriere interventista, alle posizioni di un secolo fa. In realtà, noi non possiamo fare qualunque cosa affinché nessun essere umano venga barbaramente ucciso tramite l'impiego di gas, virus letali o dispositivi atomici. Ma possiamo, anzi dobbiamo, protestare. E dobbiamo rafforzare l'udibilità della protesta associandoci a chi la pensa come noi. Ma lungi da noi trarre le conseguenze di ciò nel senso di un "salto di qualità" violento! Per esempio, noi non vogliamo in nessun modo patrocinare iniziative, individuali o collettive, di tipo terroristico. Né vogliamo che la "nostra" Repubblica intervenga con la forza sui luoghi del conflitto, se non all'interno di un mandato ONU. Perché? La ragione di diritto sta scritta nella Costituzione (Art. 11) e anche nella Carta dell'ONU. E così sta scritto perché, sul piano pratico, gli interventi militari al di fuori della legalità internazionale non fanno che aumentare la temperatura geo-politica locale e globale, moltiplicando così le probabilità di azioni belliche e con esse anche la possibilità che venga fatto uso di gas, virus letali e dispositivi nucleari, eventualmente "sporchi", eventualmente anche nella piazza sotto casa nostra. Insomma, chi afferma che una "guerra mondiale" si possa "seguire" quasi come una partita di golf, dovrebbe mettersi alla prova esibendosi in un circo nel cavalcare tigri molto feroci e molto affamate. |
SPIGOLATURE Epoca di dissolte e convulse certezze di Renzo Balmelli NOTTE. In tempi calamitosi come questi, uno Snoopy dei nostri giorni, come al suo solito inchiodato davanti all'incipt più famoso nella storia dei fumetti, direbbe che ci attende una lunga notte buia e tempestosa. A bloccarlo tuttavia questa volta non sarebbe l'ansia della pagina bianca, bensì l'incubo di non riuscire, lui come tutti noi, a immaginare cosa potrebbero riservarci i futuri assetti geo politici in mano a leader poco rassicuranti quali dimostrano di essere Trump, Assad e Putin che se ne contendono la spartizione quasi fossero gli unici a bordo. Mondo bipolare, tripolare o multipolare, il disordine internazionale non è una novità. Soltanto che, rispetto ad altre situazioni, la differenza è che oggi sono in circolazione qualcosa come ventimila testate nucleari in grado di sprofondarci non solo in una lunga notte buia e tempestosa, ma infinita, quale ultimo capitolo di un'epoca di dissolte e convulse certezze. RUGGITI. Molti si chiedono se il bellicoso balletto inscenato dalle grandi potenze con la complicità di comprimari di seconda fila, ma non per questo meno insidiosi, sia soltanto una esibizione muscolare oppure il preludio a scontri di ben altra natura. Un po' come accade con i maschi del branco che per delimitare il territorio prima di attaccare emettono ruggiti spaventosi. In questo contesto il caso più emblematico, dopo il dramma siriano, è rappresentato dalla partita a scacchi che si sta giocando nel Pacifico tra Washington e Pyongyang. Vi è da sperare che quello di Trump sia solo un bluff seppure ad altissimo rischio. Basterebbe infatti un banale incidente per offrire pretesti a iosa al partito della guerra che nella Corea del Nord surriscalda gli animi e all'interno dell'amministrazione americana sta riportando indietro le lancette della storia. Come la prima degli anni cinquanta, una seconda guerra di Corea nell'era atomica avrebbe conseguenze devastanti tanto da poter affermare che, se non si corre ai ripari, da diversi decenni la pace nel mondo non è mai stata così a rischio. SPERANZA. Come nel pentolone in cui ribollono tutti gli intrugli della strega cattiva, la drammatica cronaca degli ultimi eventi, tra manovre navali, minacce di ogni tipo, bombardamenti, armi chimiche, attentati, evidenzia come il mondo stia correndo sul filo del rasoio. In questo inquietante, cacofonico, stridente concerto che il Papa ha definito la "terza guerra mondiale a pezzi" si fatica a però a sentire la voce dell'Europa che da l'impressione di stare a guardare, incapace persino di parlare. Eppure sarebbe compito proprio del Vecchio Continente, da secoli modello di civiltà, cogliere l'attimo per lanciare un forte messaggio ai regimi che mettono a repentaglio l'incolumità della gente. Già sessant'anni fa l'Europa compiva un passo decisivo per non più farsi la guerra. La valenza morale di un simile passo sarebbe fondamentale per mostrare all' umanità che esiste ancora l'altro volto della speranza, per il quale vale la pena resistere e lottare con le armi della ragione. OBBIETTIVI. Se la diplomazia europea dà l'impressione di muoversi in ordine sparso proprio come in questi giorni in cui tira vento di burrasca, qualche ragione ci sarà. Anzi, più di una. Disincanto, scarsa fiducia reciproca, legami sempre più sfilacciati con l'eredità dei padri fondatori formano un reticolo pregiudiziale teso a indebolire se non addirittura cancellare i così detti "acquis comunitari", ossia l'insieme dei doveri, dei diritti e degli obbiettivi che accomunano i Paesi membri dell'UE. La Brexit ispirata dalla formula nota come "cherry pickers", ossia prendere solo ciò che ci aggrada, ne è un classico esempio negativo. L'altra minaccia, più insidiosa, è rappresentata dall'azione corrosiva degli schieramenti eurofobici e xenofobi capaci di provocare disastri immani se dovesse andare persa la scommessa di ripensare l'Europa. MONITO. Laddove proliferano le destre ultra nazionaliste bisogna sempre aspettarsi qualcosa di più e di peggio quando si va a rovistare con mano pesante nel passato che non passa. E sono guai. La foga con la quale Marine Le Pen, candidata all'Eliseo ben messa nei sondaggi, ha cercato di assolvere la Francia sul rastrellamento e la deportazione degli Ebrei ha avuto l'effetto di un pugno allo stomaco che potrebbe costarle caro. Come dimenticare infatti che al parigino Velodromo d'inverno venne scritta una delle pagine più vergognose del pur vergognoso regime di Vichy. Il tentativo rozzo e strumentale di riscrivere la storia dimostra tuttavia quali frutti bacati possa dare il revisionismo. A trent'anni dalla morte di Primo Levi, testimone degli orrori nel lager nazista e per tutta la vita in lotta contro l'oblio, è più che mai attuale il suo monito rivolto a chi pensa di avere chiuso i conti con il male assoluto. "E avvenuto - ha scritto l'autore torinese - quindi può accadere di nuovo". Meditate gente, meditate! INGIUSTIZIA. Non sono le prime e purtroppo non saranno neppure le ultime. Col cuore in tumulto ci ribelliamo davanti alle immagini della terribile siccità che devasta la Somalia e minaccia l'esistenza di migliaia di persone in uno dei paesi africani più poveri al mondo. Per vincere lo scoramento e il senso di impotenza di fronte a certe situazioni incancrenite, non potendo fare altro ci affidiamo all'obolo caritatevole nella speranza di lenire almeno le sofferenze più acute e di contribuire a salvare una vita. Ma quanto accade in questa regione, depredata senza scrupoli, è il risultato di sciagurate politiche che hanno lasciato in eredità carestie, terrorismo e instabilità politiche difficilissime da rimuovere, così come non si è ancora riusciti a debellare la fame endemica che colpisce 800 milioni di persone, private dei necessari mezzi di sussistenza per condurre una vita sana e attiva. Pensando ai miliardi sperperati nella folle corsa agli armamenti cresce la rabbia all'idea di quanto cose si potrebbero fare per dare sollievo alle popolazioni denutrite anche solo con un paio di missili in meno. DANNO. Non appena si è diffusa la notizia che la vicenda in cui è stato coinvolto il padre di Renzi potrebbe essere la conseguenza di una bufala giudiziaria, è iniziata sui giornali e nei salotti televisivi una gara piuttosto singolare per stabilire chi ha più diritto degli altri all'indennizzo per i torti subiti. Per Berlusconi che si ritiene perseguitato dalle toghe rosse, i suoi chiedono l'immediato risarcimento morale e la pubblica riabilitazione di fronte alla nazione. Sull'altro fronte si stigmatizza l'uso spregiudicato della giustizia - uguale per tutti ma per taluni un po' più uguale - in modo da colpire il padre per pugnalare il figlio. Stranamente tuttavia nessuno, occupato in primis tutelare il proprio orticello, riflette sul danno d'immagine che tutto ciò, tra falsi e insinuazioni, causa ai sentimenti del cittadino probo e onesto a sua volta travolto dalla bufera piombata sulle istituzioni nelle quali avere fiducia, ma ora messe a mal partito. SPUNTO. Galeotta fu la canotta. Sarebbe risultata gradita a Totò l'esibizione del candidato alla segreteria de Pd che si è presentato con l'indumento già collaudato da altri, noti esponenti politici per apparire "umano" e non ingessato nel solito abito di circostanza. Al principe della risata, di cui ricorre il cinquantenario della morte, la scelta di Michele Emiliano in ospedale per la rottura di un tendine, avrebbe suggerito svariate analogie con il suo mitico "vota Antonio, vota Antonio", uno dei personaggi indimenticabili e così ricchi di umanità usciti dalla fantasia e dall'inventiva del grande, grandissimo artista. Pezzo forte di Antonio de Curtis, primo nome di una chilometrica biografia, è stata appunto la capacità di saper cogliere gli aspetti minuti, divertenti, ma anche tristi e dolorosi dell'esistenza che fanno di lui uno dei maggiori interpreti italiani del Novecento. Di sicuro quindi non gli sarebbe sfuggito lo spunto ammiccante della canotta grazie alle sue qualità, uniche nel loro genere, ancora oggi tanto amate dal pubblico. |
LAVORO E DIRITTI a cura di www.rassegna.it Clima: non possiamo perdere altro tempo Il commento di Simona Fabiani e Antonio Filippi, della Cgil nazionale, all'indomani del G7, conclusosi senza la dichiarazione finale di rito: "Nessun passo avanti, ci si chiede quando le grandi potenze vorranno passare dalle parole ai fatti" "Nessun progresso concreto si sta facendo nella lotta contro i cambiamenti climatici e le sette grandi potenze non riescono a far alcun passo avanti. Non possiamo permetterci di perdere altro tempo". Così in una nota Simona Fabiani responsabile delle politiche per il clima e l'ambiente Cgil e Antonio Filippi responsabile politiche energetiche Cgil, all'indomani del G7 energia conclusosi senza la dichiarazione finale di rito. "Nel corso del summit – proseguono i due dirigenti sindacali – è stato ribadito che nessuno intenderà mettere in discussione gli accordi Cop21 di Parigi del 2015, ma ci chiediamo: le grandi potenze avranno davvero la volontà politica di passare dalle parole ai fatti? Inoltre, se il costo dell'energia è un fattore determinante per la produzione industriale e la crescita economica, gli altri paesi del G7 e l'Europa saranno coerenti con gli impegni internazionali assunti? Perseguiranno la competitività attraverso l'uso efficiente di energie rinnovabili e delle materie o saranno tentati di seguire le miopi politiche Usa?". "Dopo la decisione della nuova amministrazione americana di far ripartire le miniere di carbone, di utilizzare al massimo lo shale-gas da fracking, di imporre dazi doganali partendo dai prodotti agroalimentari di produzione, ci auguriamo – aggiungono Fabiani e Filippi – che le posizioni negazioniste e autarchiche di Trump vengano isolate per evitare che il protezionismo possa portare ad un allontanamento delle politiche ambientali e delle strategie industriali sostenibili". "Non possiamo perdere altro tempo – ribadiscono Fabiani e Filippi –, le politiche energetiche non possono essere affrontate separatamente dalle politiche per il clima. La lotta contro la crisi climatica e l'impegno per garantire il diritto all'accesso all'energia pulita per tutti devono assumere carattere prioritario nella programmazione strategica industriale a livello nazionale, comunitario e globale. È necessario avviare una giusta transizione verso un modello energetico distribuito e democratico, basato sull'efficienza energetica e sulle fonti rinnovabili, una transizione che deve seguire un processo democratico e partecipativo, coinvolgendo le parti sociali e la popolazione, a partire dalle comunità direttamente coinvolte". |
ECONOMIA Derivati senza controlli di Mario Lettieri, già Sottosegretario all'economia (governo Prodi) e Paolo Raimondi, Economista La Banca dei Regolamenti Internazionali di Basilea ha recentemente pubblicato due studi sui mercati dei derivati otc in cui evidenzia che il loro valore nozionale è salito in sei mesi, dal dicembre 2015 al giugno 2016, da 493 a 544 trilioni di dollari. E’ un’impennata significativa che interrompe la tendenza decrescente iniziata nel 2013, quando la montagna dei derivati aveva raggiunto la vetta di 710 trilioni! Il dato più preoccupante è quello relativo al cosiddetto "gross market value" degli otc che nel periodo indicato è letteralmente esploso, passando da 14,5 a 20,7 trilioni di dollari, valore che sta ad indicare il costo per rimpiazzare al prezzo di mercato tutti i contratti aperti. Tale aumento riflette la grande tensione in certi settori, soprattutto quello dei cambi monetari dove i derivati relativi alla sterlina e allo yen sono più che raddoppiati a seguito delle significative oscillazioni delle due valute. Nei citati sei mesi lo yen si è apprezzato del 15% rispetto al dollaro, mentre la sterlina ha perso il 10%. Sono segnali di grande instabilità. La crescita dei mercati dei derivati va di nuovo di pari passo con la loro opacità. E’ l’effetto visibile e misurabile del progressivo svuotamento delle regole per contenere i fenomeni speculativi, in vigore durante l’Amministrazione Obama. In merito, anche Aitan Goelman, ex presidente della Commodity Futures Trading Commission (CFTC), l’agenzia americana che dovrebbe regolare le operazioni in derivati finanziari, ha dichiarato che vi sarebbe una "massiccia quantità di comportamenti irregolari" nel mercato dei futures, delle options e degli swaps, i vari nomi con cui si distinguono i derivati, troppo spesso speculativi. Negli Usa ogni giorno vengono registrati circa 325 milioni di operazioni in derivati finanziari, di cui non poche sono truffaldine. Infatti, le manipolazioni spesso comportano l’uso di insider trading, di finanziamenti senza copertura, di capitali non propri, di piramidi finanziarie e di ordini fatti senza l’intenzione di portarli a termine. Secondo Goelman la CFTC è a conoscenza di molte frodi ma non riesce a combatterle efficacemente per mancanza di mezzi e di fondi. Ha un budget annuale di 250 milioni di dollari di cui soltanto il 20% per la lotta alle frodi. Di conseguenza almeno due terzi dei casi sospetti non vengono neanche indagati. Una storia "molto italiana". Nel nostro Paese le lungaggini della giustizia generano innumerevoli prescrizioni che creano impunità e sfiducia diffusa. Anche in Europa le operazioni in derivati da parte delle banche sono state troppo consentite. La Bce è stata molto tollerante verso le banche, soprattutto verso la Deutsche Bank che negli anni è incredibilmente diventata leader mondiale nei mercati otc. Per ben due volte, nel 2014 e nel 2016, la Bce avrebbe omesso di valutare il rischio dei derivati cosiddetti "Livello 3". Questi titoli non hanno un prezzo affidabile in quanto vengono trattati fuori dai mercati regolamentati. Per esempio, a fine 2015 alla banca tedesca sarebbe stato permesso di iscrivere a bilancio tali titoli per un valore di ben 31 miliardi di euro. La Bce non sarebbe stata in grado di dare una credibile valutazione dei titoli in questione per mancanza delle necessarie competenze e degli indispensabili sofisticati software. Che, guarda caso, avrebbero soltanto gli stessi inventori dei derivati otc, cioè le grandi banche come la Goldman Sachs. Non si può pretendere da loro una corretta valutazione. Sarebbe come affidare ai lupi la protezione del gregge! In Europa il permissivismo verso i derivati riflette, purtroppo, anche la decisione delle banche di non far fluire la liquidità verso l’economia reale e l’imprenditoria produttiva. I dati parlano chiaro. Secondo uno studio dell’agenzia Bloomberg, le banche europee hanno depositato circa 1,16 trilioni di dollari presso la Bce, anche senza ricevere alcun interesse. Spesso sono soldi ricevuti dalla stessa Bce che acquista titoli di stato dei Paesi europei e altri titoli in possesso delle stesse banche. Nonostante la Bce abbia immesso nel sistema finanziario europeo 1,8 trilioni di dollari, i finanziamenti da parte delle banche verso l’economia, nel periodo del Qe sono aumentati di appena 175 miliardi, restando comunque ben al di sotto del livello del 2012. Sembra di raccontare una storia vecchia e ripetuta. Essendoci ancora il rischio di nuove crisi sistemiche, meglio non tacere, per non trovarsi ancora una volta impreparati. |
Da Avanti! online www.avantionline.it/ UN PASSO INDIETRO Per i migranti si prefigura una giustizia minore che solleva non pochi dubbi di costituzionalità. Pia Locatelli (Psi) sul decreto Minniti: "Per la nostra storia e i nostri principi non possiamo votare a favore di un provvedimento in parte ingiusto e in parte inefficace". di Ginevra Matiz Sì definitivo dell’Aula della Camera al decreto legge Minniti in materia di immigrazione. I voti a favore sono stati 240, 176 i contrari, 12 gli astenuti. Sul testo ieri il governo aveva incassato la fiducia a Montecitorio. I socialisti non hanno partecipato alla votazione. I motivi li ha spigati nell’Aula di Montecitorio Pia Locatelli, presidente del gruppo del Psi. "Il Gruppo socialista ha votato la fiducia solo per lealtà nei confronti del Governo e della maggioranza, ma per la nostra storia e i nostri principi non possiamo votare a favore di un provvedimento che giudichiamo in parte ingiusto e in parte inefficace. Per questo motivo non parteciperemo a questa votazione e usciremo dall’Aula". Queste le parole con cui Pia Locatelli, nel suo intervento, ha annunciato l’uscita dall’Aula. "Questo provvedimento – ha aggiunto – se da un lato contiene punti apprezzabili, come l’inserimento dei migranti nei lavori socialmente utili e l’aumento del personale destinato al potenziamento delle commissioni territoriali, dall’altro rischia di contraddire i principi di garantismo e di difesa dei diritti umani che noi socialisti abbiamo sempre sostenuto con forza. In particolare, attraverso la procedura unica per le espulsioni, l’abolizione del secondo grado di giudizio per il riconoscimento del diritto d’asilo, l’abolizione del contraddittorio, limitato da una procedura semplificata, il rito camerale, priva del dibattimento, di fatto si configura per i migranti una giustizia minore, una procedura specifica che solleva non pochi dubbi di costituzionalità". Il presidente del Consiglio Paolo Gentiloini ha parlato di una approvazione che inserisce norme più e strumenti più efficaci: "Tempi più rapidi per diritto asilo. Strumenti più efficaci per accoglienza e integrazione". Nello stesso giorno arrivano i dati Frontex sull’immigrazione. Nel rapporto dell’organizzazione si afferma che l’Italia sia rimasta sotto pressione migratoria anche nel mese di marzo. Sulla rotta del Mediterraneo centrale sono passate 10.800 persone, "oltre in quinto in più" rispetto al mese precedente, portando il totale dei primi tre mesi a circa 24.250, "quasi il 30% in più delle stesso periodo del 2016". Sulla rotta verso la Grecia del Mediterraneo orientale sono passate 1.690 persone, "pari al 6% rispetto all’anno scorso prima dell’accordo Ue-Turchia". Frontex in una nota indica che la provenienza della maggior parte dei migranti intercettati lungo la rotta del Mediterraneo Centrale verso l’Italia è stata da Bangladesh, Nigeria e Guinea, ma "dall’inizio di marzo, ha cominciato a crescere il numero di migranti provenienti dal Corno d’Africa (specialmente eritrei e somali), probabilmente in gran parte a causa del miglioramento delle condizioni meteorologiche lungo la via di terra verso la Libia". Lungo la rotta balcanica, preferita da afghani, siriani e pachistani sono state infine registrate "meno di 380 intercettazioni" ovvero "quasi il 70% in meno rispetto al mese precedente ed appena il 7% della cifra di marzo 2016". Anche i dati del Viminale appena aggiornati indicano un amento dei migranti sbarcati in Italia: sfiorano quota 27mila nel 2017, il 35% in più rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, che alla fine fece registrare il record degli arrivi (181mila). Ma nonostante il flusso continuo di sbarchi, cala il numero di migranti ospitati nel sistema di accoglienza: sono 175.480 contro i 176.554 del 31 dicembre dello scorso anno. Le principali presenze di registrano nelle strutture temporanee (137.957), mentre nel Sistema di accoglienza per richiedenti asilo sono ospitate 23.867 persone. La Lombardia è in testa tra le regioni con 23.700 stranieri in accoglienza, seguita dalla Campania (15.122) e dal Lazio (14.854). COSA PREVEDE - Composto da 23 articoli, la cui finalità principale, come hanno precisato il ministro dell’Interno e della Giustizia, è rendere più rapido l’esame delle domande di asilo, istituendo delle sezioni di tribunale specializzate in materia di immigrazione e asilo. Molto discussa e contestata dall’opposizione è stata un’altra norma-cardine del decreto: l’abolizione del secondo grado di giudizio nel caso la richiesta di protezione internazionale sia stata respinta dal tribunale competente. Contro i paragrafi F e G dell’articolo 6, si sono schierati infatti diversi giuristi (oltre che le associazioni di volontariato che assistono i migranti) dichiarando che la norma collide sia con gli articoli 24 e 111 della Costituzione (Giusto processo con i tre gradi di giudizio e diritto alla difesa), sia con l’articolo 6 della Convenzione europea sui diritti umani (diritto al contraddittorio). Per la determinazione dell’accoglimento della domanda di asilo, le nuove disposizioni prevedono inoltre un rito camerale senza udienza, nel corso della quale il giudice si limiterà a prendere visione della videoregistrazione del colloquio del richiedente asilo davanti alla commissione territoriale. La legge attribuisce al Csm il compito di predisporre un piano straordinario di applicazioni di magistrati per coprire le esigenze delle nuove sezioni specializzate. In ciascun tribunale distrettuale potranno essere applicati al massimo 20 magistrati per 18 mesi, rinnovabili di ulteriori 6 mesi. Inoltre il ministero dell’Interno sarà autorizzato a assumere fino a 250 impiegati a tempo indeterminato per il biennio 2017-2018, da destinare agli uffici delle Commissioni territoriali o nazionali. Il ministero della Giustizia potrà a bandire concorsi per l’assunzione di 60 funzionari da assegnare al Dipartimento per la giustizia minorile e di comunità. Sarà incrementato di 20 unità il personale per l’Africa delle sedi diplomatiche e consolari, per le accresciute esigenze connesse al potenziamento della rete nel continente africano, derivanti anche dall’emergenza migratoria. E’ previsto inoltre un aumento di spesa per l’invio in Africa di personale dei Carabinieri per la sicurezza delle ambasciate. Vai al sito dell’avantionline |
FONDAZIONE NENNI http://fondazionenenni.wordpress.com/ Usa-Urss: Il realismo dietro ai pubblici contrasti L’incontro tra il ministro degli Affari Esteri russo Sergey Lavrov e il Segretario di stato USA Rex Tillerson, è iniziato con un pressante invito di Mosca: il regime siriano non deve essere colpito di nuovo. di Magda Lekiashvili Tillerson si trova a Mosca per i colloqui con il suo omologo russo. L’incontro è stato incentrato sui contrasti cresciuti nelle ultime settimane, a causa dell’attacco chimico contro i civili in Siria, e la successiva risposta degli Stati Uniti contro le basi aeree siriane, sgradita alla Russia. Nonostante ciò la visita de capo della diplomazia statunitense non è stata annullata. Bisogna conoscere bene "un avversario" per prefigurare le mosse future del gioco. Mosca vuole comprendere le posizioni di Washington sulle principali questioni internazionali e su quelle basi deciderà il futuro delle relazioni. Il livello di fiducia di Washington e Donald Trump, in particolare nel campo militare, sembra essere peggiorato anche se non bisogna escludere che dietro gli ultimi atteggiamenti di The Donald vi sia anche una motivazione tutta interna: smentire con scelte aggressive le accuse che voglio il presidente sostanzialmente in affari con la Russia e perciò benevolo nei confronti di Putin. Insomma, una sorta di "linea difensiva" per smontare le inchieste sul "Russiagate". E da questo punto di vista fanno gioco le conferme di Zar Vladimir in un’intervista ai media russa. Le relazioni tra Russia e Stati Uniti sono apparentemente tese. Apparentemente perché, poi, dall’incontro durato due ore con il presidente Vladimir Putin e il ministro degli Esteri Sergei Lavrov a Mosca, Rex Tillerson pur mostrandosi preoccupato, ha adottato una linea di grande realismo che prelude a una archiviazione delle attuali scorie. Tillerson ha infatti sottolineato che le due principali potenze nucleari non possono avere rapporti così tesi. Bisogna porre fine a questo deriva, a parere del ministro. Il segretario di stato americano ha invitato il governo russo a riflettere con sul continuo sostegno al regime di Assad. Nonostante alcuni punti di incontro fra le visioni russe e americane (per esempio volontà di indagare attraverso una commissione di inchiesta sulle ultime due stragi, quella prodotta dall’attacco chimico di Assad e l’altra legata a un bombardamento americano: volendo, l’accettazione della posizione di Mosca) ci sono ancora alcune differenze. Mentre la Russia mette la mano sul fuoco e crede saldamente all’innocenza del regime siriano, gli Stati Uniti, sono convinti che debba essere liquidato al più presto (semmai evitando gli errori commessi in Libia, in Somalia e in Iraq). La Casa Bianca garantisce di avere le prove del fatto che l’attacco con le armi chimiche sia stato compiuto da Assad e che Mosca ne era al corrente. Il Cremlino replica parlando di "bufale" e ricordando la storia di Colin Powell e dell’antrace sbandierata come la prova provata delle responsabilità di Saddam e poi rivelatasi infondata. Le prove non sarebbero ancora sufficienti, ma è estremamente diffuso il sospetto che il governo russo aiuti quello siriano a nascondere le armi chimiche e. I russi, al contrario, sostengono che forze oscure all’interno in Siria stanno organizzando attacchi chimici con l’obiettivo di far ricadere le responsabilità Assad: "Abbiamo informazioni confermate da numerose fonti a proposito di tali provocazioni. Stanno preparando attacchi anche in altre parti della Siria, tra cui la periferia sud di Damasco" , dice il presidente russo Vladimir Putin. Chi è Tillerson? - Il 64enne texano Rex Tillerson ha trascorso tutta la sua carriera lavorando per una compagnia petrolifera, Exxon Mobil, prima che il presidente Donald Trump gli desse l’incarico diplomatico. Mentre i suoi critici hanno sollevato dubbi circa le sue capacità di trattare questioni di interesse nazionale, i sostenitori apprezzano molto il suo passato aziendale e sono sicuri che Tillerson darà un indirizzo nuovo alla diplomazia americana. Tuttavia, i suoi collegamenti con la Russia sono diventati oggetto di dibattito acceso tra parlamentari degli Stati Uniti e sulla stampa americana. Tillerson e Putin hanno avuto in passato numerosi frequentazioni. Il manager ha lavorato in Russia, supervisionando alcuni importanti contratti petroliferi, ed era noto per avere stretti legami con il presidente russo. Molto conosciuto nelle stanze del Cremlino, che gli aveva conferito l’Ordine dell’Amicizia nel 2013. Nel corso di un’audizione al Senato, prima di essere nominato Segretario di Stato, ha ammesso che l’Occidente aveva ragione di essere allarmato dall’aggressività russa, ma si rifiutò di concordare sul fatto di attribuirgli la qualifica di criminale di guerra. |
Freschi di stampa, 1917-2017 (6) È ufficiale. La nuova Russia vuole la pace. E la Germania? E l’Inghilterra? E gli altri? Anche l’ADL del 14 aprile 1917 apre con una titolazione a tutta pagina: «Astuzie imperialiste in opera: La paura del contagio rivoluzionario, consiglia al Kaiser la lusinga e la frode». Lenin è partito da qualche giorno e sta per arrivare a San Pietroburgo. Altri quattrocento esuli russi, e la stessa Angelica Balabanoff tra loro, stanno svolgendo intense trattative con la diplomazia tedesca per poter rientrare anch’essi in patria.
L’editoriale si occupa prevalentemente delle conseguenze della Rivoluzione russa sulla Germania, dove nel marzo 1917 la SPD e i Liberal-progressisti (FVP) si erano espressi a favore di una riforma del sistema elettorale prussiano, incontrando l’opposizione delle destre e del Centro, che difendevano invece antichi privilegi. Nel frattempo, però, a San Pietroburgo si era consumato il "regime change" di Febbraio. E i Nazional-liberali tedeschi di Stresemann, sorprendentemente, si schierarono a favore della riforma come pure di un certo grado di parlamentarizzazione del Reich: a pattto che i socialdemocratici avessero però confermato il loro sostegno ai "crediti di guerra". In altre parole, la classe dirigente prussiana intendeva continuare il terribile conflitto. Contro questa ipotesi di baratto politico si scaglia l’editoriale dell’ADL che reca il titolo «TROPPO TARDI!». Leggiamo: «Le lotte per il suffragio universale per la Dieta prussiana hanno dominato tutta la politica della classe lavoratrice germanica durante gli ultimi decenni. Chi non ricorda le battaglie parlamentari ed extraparlamentari e le intense agitazioni che la parte cosciente del proletariato prussiano ha condotto a mezzo dei propri rappresentanti e scendendo in piazza per conquistarsi l'elementare diritto politico al suffragio universale diretto e segreto? Era una lotta formidabile, il cozzo di due interessi, di due idealità, di due mondi. La Prussia costituisce da un pezzo il baluardo della reazione mondiale; ivi imperano i rappresentanti di quelle caste e classi medioevali, il cui predominio e la cui esistenza stessa sono incompatibili coll'attuale struttura sociale, colla prevalenza che nella vita pubblica sempre più acquista l'elemento proletario. (...) E coloro che con arroganza senza pari (...) negavano il diritto di voto, lo facevano non tanto per ragioni politiche (...); la divisione in classi non doveva essere abolita neppure al cospetto del Parlamento prussiano. Lo schiavo doveva rimanere schiavo, come il "signore" doveva rimanere "signore" anche là, e soprattutto là ove si dettano le supreme leggi che regolano la vita materiale, politica ed intellettuale della popolazione. Se così non fosse stato, se non si fosse trattato d'una lotta di classi vera e propria, ma di un semplice episodio politico, i "signori" o il Kaiser che sia, avrebbero ceduto da un pezzo ai moniti che venivano da tutte le parti, ed avrebbero ceduto alle pressioni del proletariato ed ai segni dei tempi (...) Se la lotta del proletariato fosse stata più efficace ed avesse minacciato in modo più immediato i privilegi degli onnipotenti, forse la guerra sarebbe stata soffocata nel germe. Cioè, prima di scatenarla le classi dirigenti, e non in Germania soltanto, si sarebbero detto che per quanto seducente la possibilità di aumentare il proprio potere e le proprie ricchezze, bisognava pur tener conto della eventualità di perdere tutto nella lotta con un proletariato cosciente dei suoi diritti, deciso e capace di approfittare – conformemente ai suggerimenti del Congresso Internazionale di Stoccarda – della crisi economica e politica provocata dalla guerra per accelerare la caduta del capitalismo. Purtroppo le classi dirigenti non hanno avuto tale timore e le masse si sono mostrate ancora una volta ligie agli interessi degli imperialisti. Da schiavi hanno combattuto per i "signori", per quegli stessi "signori" che negavano loro il diritto alla vita politica e li condannavano a una esistenza di sfruttati e di oppressi. Ora – dopo tre anni di sterminio – le classi dirigenti si degnano di riconoscere che le masse hanno mostrato di meritare... l'accesso alla vita pubblica. (...) Ora quando non c'è più niente da salvare dalla morte o dalla fame, ora i "signori" si degnano di concedere alle masse dissanguate e affamate il grande onore di essere pareggiate a loro – i parassiti – nel diritto di voto ecc. ecc. Troppo tardi!, deve rispondere il proletariato tedesco. A meno che voglia rinunziare al suo compito rivoluzionario, alla sua dignità di classe. Non ci sono più zuccherini, o riforme, o promesse che possano diminuire il rancore degli oppressi verso i loro oppressori. (...) Un "diritto" che ora si concede al popolo per far dimenticare ciò che non deve essere dimenticato, per perdonare ciò che non deve essere perdonato. Il suffragio universale elargito in questo momento non può che avvicinare il giorno in cui il popolo si ricorderà di essere chiamato dalla storia (...) e saprà agire conformemente. Il popolo russo insegna. Esso non si appaga dei diritti portatigli dalla rivoluzione, tale dev'essere la risposta del popolo [prussiano, tale da negare alla bor]ghesia il diritto di valersi del proletariato per il conseguimento dei suoi scopi imperialistici. Abbasso la guerra, evviva la rivoluzione!, tale dev'essere la risposta del popolo prussiano.» (ADL 14.4.1917) Segue una serie di articoli più brevi. "L'INTESA IN IMBARAZZO" titola il taglio basso in prima, che prosegue così: «Dunque il Governo russo ha parlato in forma ufficiale. Ed ha detto: "Noi rinunciamo ad ogni conquista territoriale". Cosa significhi questa affermazione venuta oggi, dopo il grande fatto rivoluzionario di Pietroburgo, si può bene comprendere in tutta l’estensione del termine per tutte le importanti ripercussioni che non tarderanno a manifestarsi. Cade opportuno ricordare il perché la Russia czarista è entrata in guerra (...): L'Armenia alla Russia, larga parte dell'Anatolia alla Russia, Costantinopoli e gli Stretti alla Russia; la Polonia austriaca e tedesca alla Russia; la Serbia, ingrandita fino a Durazzo ed a Fiume, sotto il dominio di fatto della Russia. Questi i propositi svelati. Per questo il popolo russo ha dovuto versare fiumi di sangue. La "rinunzia alle conquiste territoriali" è una rinunzia agli scopi della guerra della Russia, è la rinunzia implicita alla guerra stessa. Lo scopo è venuto a mancare. Vi sono, è vero, i nemici tedeschi entro il proprio territorio, vi sono legami con gli Alleati che non si possono stroncare con un taglio di forbici. Vi è l'impossibilità di finire la guerra in un batter d'occhio. È vero. Ma vi è il fatto importante: che la Russia ufficiale non ha più altro obbiettivo per la guerra all'infuori della eventuale minaccia alla rivoluzione. E l'Inghilterra? Come fare con l'Egitto? Come fare con Cipro e con le altre isole turche; come fare con la Mesopotamia e con la perla del Tigri: Bagdad? Come fare con le colonie tedesche? E la Francia: come fare con la Siria? E con la spartizione delle colonie tedesche e dell'Asia turca? E l'Italia? Come fare con Vallona e con l'Albania, e con Smirne e con l'Anatolia? Rinunziare anche esse? Ma allora si rinunzia allo scopo della guerra. Impossibile! Qui non vi è ancora una rivoluzione che lo imponga. (...) Ed allora? Allora la maschera imperialista è strappata dal loro volto. È questo un primo effetto della rivoluzione russa: disaccordo negli scopi di guerra, fra gli alleati concordi del ieri. Formidabile scudisciata che il popolo russo dà ai governanti dei paesi alleati; formidabile stimolo ai popoli a ché comprendano la verità è uniformino alla verità ed alla giustizia la loro azione, quell'azione da cui può derivare la loro salute: l'azione rivoluzionaria.» (ADL 14.4.1917) Come si vede, l’analisi della situazione post-rivoluzionaria (scritta o ispirata da Angelica Balabanoff) è piuttosto lucida. La strada più ragionevole per la stessa borghesia europea sarebbe muovere verso una pace "senza condizioni e senza annessioni", ma questa via non verrà imboccata a causa degli interessi imperiali dei vari paesi europei: Cipro, Egitto, Mesopotamia, Siria, Turchia, Armenia, Albania, Anatolia e via elencando. Non mancano, tuttavia, in ciascun Paese d’Europa coscienze pacifiste a sostegno delle posizioni di un socialismo ragionevole. E l’ADL ne offre una breve carrellata. Sotto l’editoriale un trafiletto senza titolo riporta alcuni brani dal discorso di Hugo Haase al Reichstag tedesco. Eccone il passo più significativo: «Chi appoggia la politica di guerra si fa complice di questa spaventosa catastrofe. Noi chiediamo l'immediato inizio di un armistizio, che conduca a una pace senza annessioni, senza indennità di guerra sulla base del diritto dei popoli a decidere delle proprie forze. Ma noi non abbiamo fiducia in questo governo. Iddio toglie il senno a coloro che egli vuol perdere». (ADL 14.4.1917) Un alto trafiletto di taglio basso riferisce che alla Camera dei Comuni britannica il deputato Ponsonby pone ai fautori della "guerra punitiva" le seguenti domande: «Chi dunque dev'essere punito in Germania? Dev'essere punito il popolo, devono essere puniti i lavoratori tedeschi? Con la guerra voi non colpite i "junkers", voi non colpite Tirpitz o il Kaiser. Col prolungare la guerra voi colpite il popolo della Germania, non solo, ma quello della Francia, della Russia, dell'Italia e del nostro paese». (ADL 14.4.1917) Che cosa sarebbe stato se...? Domanda inutile. Come disse Haase di fronte alla Dieta tedesca: "Iddio toglie il senno a coloro che egli vuol perdere". Ed egli in quel tempo, evidentemente, volle perdere l’Europa. – (6 - continua) Nell’anno delle due rivoluzioni russe l'ADL di allora poté "coprirle" entrambe con materiale di prima mano. Ciò grazie soprattutto ad Angelica Balabanoff, fautrice degli stretti legami tra i socialisti italiani e russi impegnati, insieme al PS svizzero, nella grande campagna di "guerra alla guerra". Campagna lanciata con la Conferenza di Zimmerwald. E culminata nella Rivoluzione d'Ottobre. |
LETTERA da Roma Eliminare i "capilista bloccati" E' indispensabile mettere dei punti fermi sulla legge elettorale: garantire governabilità e rappresentanza ed eliminare i capilista bloccati. Aspettare, giocare di rimessa, attendere che altri gruppi facciano delle proposte alla fine può significare che non c'è la reale volontà di cambiare la legge o che si ha la testa alle elezioni anticipate, piuttosto che ad una conclusione della legislatura ricca di riforme. La legge elettorale va costruita con un approccio che punta ad una larga condivisione, ma che abbia chiaro due aspetti. Il primo è che bisogna garantire rappresentanza e capacità coalizionale, attraverso un premio di maggioranza da assegnare sia alla lista che, eventualmente, alla coalizione. Il secondo riguarda l'eliminazione dei capilista bloccati. E' questa una richiesta che la società italiana condivide e non capisco perché ci si ostini a mantenere in piedi un sistema rifiutato dai cittadini e incapace di promuovere competenze e rappresentanza. La mozione Emiliano ha ribadito questa linea in più occasioni. Giuseppe Lumia, Senatore della Repubblica (PD) Dato che ora nel PD c’è accordo unanime, e dato che sul superamento del Parlamento dei nominati né Bersaniani né Grillini vorranno tirarsi indietro, non resta che stare a vedere. - La red dell’ADL |
L'AVVENIRE DEI LAVORATORI EDITRICE SOCIALISTA FONDATA NEL 1897 Casella postale 8965 - CH 8036 Zurigo L'Avvenire dei lavoratori è parte della Società Cooperativa Italiana Zurigo, storico istituto che opera in emigrazione senza fini di lucro e che nel triennio 1941-1944 fu sede del "Centro estero socialista". Fondato nel 1897 dalla federazione estera del Partito Socialista Italiano e dall'Unione Sindacale Svizzera come organo di stampa per le nascenti organizzazioni operaie all'estero, L'ADL ha preso parte attiva al movimento pacifista durante la Prima guerra mondiale; durante il ventennio fascista ha ospitato in co-edizione l'Avanti! garantendo la stampa e la distribuzione dei materiali elaborati dal Centro estero socialista in opposizione alla dittatura e a sostegno della Resistenza. Nel secondo Dopoguerra L'ADL ha iniziato una nuova, lunga battaglia per l'integrazione dei migranti, contro la xenofobia e per la dignità della persona umana. Dal 1996, in controtendenza rispetto all'eclissi della sinistra italiana, siamo impegnati a dare il nostro contributo alla salvaguardia di un patrimonio ideale che appartiene a tutti. |
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