[Diritti] ADL 160901 - Algoritmo



L'AVVENIRE DEI LAVORATORI

La più antica testata della sinistra italiana, www.avvenirelavoratori.eu

Organo della F.S.I.S., organizzazione socialista italiana all'estero fondata nel 1894

Sede: Società Cooperativa Italiana - Casella 8965 - CH 8036 Zurigo

Direttore: Andrea Ermano

 

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ADL 160901 - Algoritmo / inviato oggi a 45964 utenti / Zurigo, 1 settembre 2016

  

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IPSE DIXIT

 

 

Federico Cerioni, Algoritmo

 

 

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(da La Repubblica del 31 agosto 2016, edizione bolognese)

 

   

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    L'AVVENIRE DEI LAVORATORI contribuisce da oltre 115 anni a tenere vivo l'uso della nostra lingua presso le comunità italiane nel mondo tra quelle persone che si sentono partecipi degli ideali socialisti-democratici di Giustizia e Libertà.

    

    

EDITORIALE

 

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Non riesco a pensare

 

Sono giorni, questi, di sentimenti eclatanti. E di

nera malinconia. Il terremoto. Ancora il terremoto.

Ancora una volta per la prima volta il terremoto…

 

di Andrea Ermano

 

Nel 1976 bussò ai muri delle nostre case in Friuli e non avevamo vent’anni. Nel 1980 andammo tutti in Irpinia al seguito dell’appello lanciato dal Presidente Pertini. Di quello che abbiamo visto e sentito di fronte alle macerie di Gemona, nelle frazioni di Trasaghis oppure a Conza e a Morra De Sanctis non serve qui parlare. Giornali, televisioni e web trabocca­no di opinioni, immagini, testimonianze, grida di rabbia-paura-di­sperazione in presa diretta. I funerali, martedì ad Amatrice, hanno già parlato per tutti.

    Che cos’è la forza d’animo?

    Possiamo guardare la nostra casa sbrecciata, la nostra casa da demolire, o la nostra casa distrutta… e pensare a come ricostruirla? No, non par possibile. Soprattutto se sotto quelle pietre è scomparsa una persona cara. Ma “essere di paese”, vivere in un in una piccola cittadina, e ancor più nelle frazioni, vuol dire proprio questo: che i morti, uno per uno, hanno uno spazio personale negli affetti di molti dei sopravvissuti. Eppure, nonostante questo lutto che ci percuote – o forse proprio in quanto parte integrante di esso – c’è una volontà che tutto si ricostruisca “dove e come era”.

    Altrimenti sarebbe il tradimento, l’oblio.

    E poi ancora la rabbia, la furia, e poi ancora la spossante tristezza, ma anche la paura per le scosse che si susseguono a decine: eppure tutto si traduce in un’incredibile cocciutaggine contro la sorte avversa, soprattutto in nome di quelli che, improvvisamente, non ci sono più.

 

Dopo ogni terremoto c’è un furioso rovistare della mente individuale e collettiva alla ricerca di un colpevole. Vero è che l’ospedale risulta inagibile, la scuola pericolante... La magistratura, com’è giusto, indaga. I Carabinieri, la Polizia, la Guardia di Finanza, i Vigili del fuoco compiono le necessarie perquisizioni. “La galera ci vuole, la pena di morte!”, dice qualcuno tra i denti. I funzionari “competenti” buttano la croce su impresari caduti dal pero, e questi sugli amministratori…

    La verità è che di norma non vi si pensa, ma nelle situazioni di emergenza occorre quasi sempre un commissario. Perché? Perché nessun “normale” amministratore può governare le spinte e le controspinte che vengono scatenate da un evento sismico.

    Per esempio, gli esperti dicono che, quando si tratterà di ricostruire Amatrice, bisognerà stabilire che non esistono aumenti di prezzo “in corso d’opera”. Cioè: se tu mi sottoponi un preventivo di 100 mila euro per ricostruire un edificio terremotato, ma poi – durante lo svolgimento dei lavori (“in corso d’opera” appunto) – scopri per una qualsiasi ragione che avevi sottostimato i costi, non potrai in nessun caso venirmi a chiedere un aumento della parcella, perché questi saranno allora i tuoi rischi d’intrapresa.

    Come se fosse facile. In Irpinia, dopo il sisma del novembre 1980, i costi della ricostruzione, in effetti, subirono una sorta di esplosione “in corso d’opera”. Indro Montanelli riassunse così la vicenda: «L'uso di 50-60mila miliardi stanziati per l'Irpinia rimase un porto nelle nebbie... quel terremoto non aveva trasformato solo una regione d'Italia, ma addirittura una classe politica» (vedi art. su Wikipedia).

    Per comprendere quella travagliatissima ricostruzione, bisognerebbe rifare la conta dei morti ammazzati, e sono tanti, troppi. Ma bisognerebbe anche capire, per esempio, quale ruolo svolse, nella vicenda, il sequestro dell’assessore napoletano Ciro Cirillo compiuto nel 1981 dalla “colonna” partenopea delle BR capeggiata da Giovanni Senzani, non senza contiguità con la Nuova Camorra Organizzata di “don” Raffaele Cutolo (vedi art. Wikipedia). Sicché dire “porto delle nebbie” è ancor poco: la sciagura leghista nasce di lì, perché la scandalosa asimmetria tra le due ricostruzioni, quella del Friuli e quella dell’Irpinia, sedimentandosi nell’inconscio collettivo del Paese erose infine una faglia enorme nelle fondamenta della Repubblica.

    La lezione che ci resta di quell’epoca oscura è che da parte dello Stato e dei cittadini si deve contrastare alla radice e con la massima determinazione possibile ogni forma di criminalità organizzata che puntasse a insinuarsi negli “affari” della ricostruzione.

 

Il Friuli fu gestito in una prima fase da un “Commissario straordinario”, Giuseppe Zamberletti, e poi da una “Commissione speciale” della Regione, presieduta dall’ing. Angelo Ermano, un socialista, un galantuomo, un ex deportato, un tipo per lo più dimenticato che mi è capitato di conoscere: era mio zio paterno. Con il quale ho avuto tante discussioni, anche animate, e potrei parlarne lungamente. Ma qui mi preme ricordare una sola cosa.

    Dev’essere stato il 1986 quando, con una strana scintilla nello sguardo, mi disse che “il segreto della ricostruzione in Friuli” fu l’aver minuziosamente rilevato e collazionato le stime dei danni, casa per casa, comune per comune, “prima – sta’ attento: prima! – prima di aprire la saracinesca della Cassa Depositi e Prestiti, e ciò affinché a ciascun Municipio venisse erogata direttamente la somma che gli spettava in proporzionale rapporto alla ripartizione del tutto”.

    Traduco: la “Commissione speciale” del Friuli Venezia-Giulia fidava evidentemente sul fatto che, nei piccoli e medi comuni colpiti dal sisma, il controllo sociale avrebbe fatto il resto: “Perché lì, poi, tutti sanno tutto di tutti e ognuno sta molto attento al contributo pubblico che riceve lui stesso, ma ancor più attento all’entità del contributo che viene a ricevere il suo vicino di casa”.

 

Ecco, è tutto. Davvero non so se questi “pensieri” possano fornire qualche piccolo aiuto alla forza d’animo che servirà nell’opera di ricostruzione delle zone colpite dal sisma del 24 di agosto. Sarò sincero: in questo momento non riesco a pensare a niente.

       

       

SPIGOLATURE 

 

Quando la terra trema

 

di Renzo Balmelli 

 

MACERIE. Quando la terra trema raramente siamo di fronte soltanto a un'oscura fatalità. Sul bilancio delle vittime pesa quasi sempre il reticolo di colpevoli inadempienze che amplificano la forza devastante della natura. Lo stesso scenario si staglia davanti ai nostri occhi mentre l'Italia prova tra infinite sofferenze a riemergere dalle macerie morali oltre che materiali del terremoto che ha devastato il Centro della penisola. Tra lutti, feriti e dispersi è carissimo il prezzo pagato alle scelte sbagliate, alle promesse disattese. In mezzo a tanto dolore, l'Italia generosa del volontariato e della solidarietà che nulla chiede, l'Italia migliore, tiene accesa la speranza di riportare la vita dove adesso c'è una desolante distesa di morte e distruzione. La ricostruzione non si fa con le parole e le auto blu. Ai superstiti servono risposte concrete, e subito, risposte trasparenti, non diluite nel limbo impalpabile del "faremo" o nella prospettiva sconsolante di un futuro di la da venire, mai veramente coniugato al presente.

 

FIDUCIA. Da Amatrice, luogo simbolo della catastrofe, si alza una domanda che non ammette rinvii in politichese stretto. Quanta fiducia può avere il cittadino in chi avrebbe dovuto investire tutte le risorse disponibili per evitare lo sfacelo? Poca verrebbe da dire, tanto più che le linee guida e le leggi previste all'uopo, ottime in teoria, all'atto pratico hanno trovato finora applicazioni che soltanto in minima parte rispondono alle reali necessità delle popolazioni colpite. Nelle zone a rischio vi sono stati interventi antisismici di modesta efficacia e i fondi a disposizione sono stati usati male per opere di ripristino, senza tenere conto delle durissime lezioni del passato. L' imprevidenza, la cupidigia, l'avidità formano la tela di fondo di una situazione da recidere con un taglio netto e non con i soliti pannicelli caldi. Insomma non dovrà mai più accadere che un vigile del fuoco col cuore infranto lasci una lettera sulla bara della piccola Giulia scusandosi per non essere arrivato in tempo a salvarla da sotto le rovine. Da quel gesto trapela il sentimento di impotenza per un dramma che poteva, doveva essere evitato.

 

ANGOSCIA. Con la sferzata micidiale del sisma si è chiusa nel più triste dei modi un'estate di cattive notizie che ne fanno la peggiore del secolo. Ci fosse Céline parlerebbe di un lungo viaggio al termine di una stagione buia come la notte in cui la parola che ricorre con maggiore frequenza è " angoscia". Ci sovrastano mille pericoli che si insinuano nell'animo e determinano reazioni incontrollate e incontrollabili che finiscono col fare il gioco di chi sguazza nel disordine mondiale; disordine di cui il terrorismo di matrice jihadista è certo una componente sanguinaria e velenosa che rovina lo sguardo dell'uomo sull'uomo, ma niente affatto l'unica. Mentre ci interroghiamo sulla sorte dei nostri valori, nell'aria riecheggiano le parole di Antonio Gramsci quando ammoniva che "il vecchio mondo sta morendo, quello nuovo tarda a comparire e in questo chiaroscuro nascono i mostri".

 

SFIDE. Sono trascorsi quasi 45 anni dal giorno in cui la foto che ritrae una bimba in fuga dal suo villaggio in Vietnam bombardato con il napalm fece il giro del mondo gettandoci in faccia tutto l'orrore e il dramma della guerra. E in questo lasso di tempo nei libri di storia nulla è realmente cambiato, se non in peggio. Oltre a quello scatto che rese celebre il reporter Nick Ut, ora in pensione, altre immagini sono andate ad aggiungersi fino ai giorni nostri alla galleria delle atrocità che hanno fatto crescere in maniera inaccettabile le morti dei bimbi nel mondo, coperti di sangue e ceneri. Qualcuno ha detto che le guerre sono fatte da persone che si uccidono senza conoscersi per gli interessi di persone che si conoscono ma non si uccidono. Che ci voglia una foto per risvegliare le nostre assopite coscienze evidenzia l'assoluta necessità di cambiare marcia nell'affrontare le vere sfide che incombono sulla società , senza sprecare energie nella penosa disputa del burkini. In caso contrario mal si intuisce che cosa possiamo aspettarci di diverso da quello che sta accadendo.

 

RICADUTE. Si parla tanto di Brexit, tema evocato senza cedere al pessimismo al recente vertice tripartito italo-franco-tedesco di Ventotene, culla del sogno federalista di Altiero Spinelli. Eppure, nonostante le inevitabili ricadute del voto britannico, a tenere banco tra gli osservatori internazionali è il referendum istituzionale italiano ritenuto nell'immediato più delicato e importante del divorzio da Londra. Collocata al pari delle presidenziali americane tra gli appuntamenti cruciali dell'autunno, la riforma costituzionale è vista a dipendenza dell'esito delle urne come lo snodo che nella peggiore delle ipotesi potrebbe consegnare al Paese maggioranze diverse non si sa quanto affidabili e con quali rischi per la governabilità che verrebbe messa in forse a perdita d'occhio. Certo è che la prospettiva di una simile incognita congiunta alla mina vagante rappresentata da una eventuale vittoria di Trump non lascia presagire sviluppi confortanti, ma unicamente tanta confusione, per l'avvenire prossimo venturo. L' 'Europa in particolare e l'occidente in generale hanno assolutamente bisogno di reinventarsi e di non avventurarsi lungo i sentieri minati della demagogia di facile suggestione per impedire di crollare e finire in mano al populismo più sbracato.

 

REVISIONISMO. All'età di 93 anni si è spento a Berlino, dopo una breve malattia, lo storico Ernst Nolte da annoverare, con Jünger e Heidegger, tra le figure più complesse e controverse dell'intellettualità tedesca formatasi all'ombra del nazismo e delle sue depravazioni. La longevità ha consentito ai tre di assistere all'ascesa e alla caduta del Reich e quindi di riflettere sulle immense responsabilità del regime, senza però mai liberarsi completamente da talune ambiguità nell'analisi conclusiva del fenomeno. In quest'ottica intrisa di revisionismo, proprio Nolte ha provato a dare una lettura poi molto contestata del male assoluto, che a quel punto assoluto più non era, presentandola quale risposta al bolscevismo. Lo storico vide nel Gulag la premessa della Shoah con una tesi assai avventata e pericolosa che gli valse le critiche severissime da parte di chi lo accusava, con fondate ragioni, di volere cancellare la memoria del genocidio, sminuendo la portata sconvolgente della Endlösung, la soluzione finale della questione ebraica. Quanto pesino ancora le sue tesi nella formazione dei movimenti neonazisti è un dato ancora tutto da appurare, ma il testo di una sua conferenza intitolata "Il passato che non vuole passare", testo quanto mai sfuggente, può essere letto in vari modi, nessuno dei quali però con animo tranquillo.

   

    

L'AVVENIRE DEI LAVORATORI - Voci su Wikipedia :

(ADL in italiano) https://it.wikipedia.org/wiki/L'Avvenire_dei_lavoratori

(ADL in inglese) https://en.wikipedia.org/wiki/L'Avvenire_dei_Lavoratori

(ADL in spagnolo) https://es.wikipedia.org/wiki/L'Avvenire_dei_Lavoratori

(Coopi in italiano) http://it.wikipedia.org/wiki/Ristorante_Cooperativo

(Coopi in inglese) http://en.wikipedia.org/wiki/Ristorante_Cooperativo

(Coopi in tedesco) http://de.wikipedia.org/wiki/Cooperativa_italiana

   

    

Il dibattito politico

 

LE RAGIONI DEL MIO NO

 

di Felice C. Besostri

 

La legge elettorale chiamata Italicum (legge n. 52/2015 entrata in vigore il 23 maggio 2015 e non il 1° luglio 2016, come i sostenitori del sì vogliono far credere) e la revisione, non riforma ma deforma, costituzionale Renzi Boschi sono tra loro strettamente legate, come lo erano il Porcellum (legge n. 270/2005) e la revisione costituzionale Berlusconi-Calderoli. Il Porcellum è stato dichiarato parzialmente incostituzionale, anche con il mio contributo insieme con gli avvocati Aldo Bozzi e Claudio Tani, con la sentenza n. 1/2014 della Corte Costituzionale e la revisione costituzionale di Berlusconi fu bocciata dal referendum costituzionale del 2006.

    Ora i sostenitori del Sì negano il rapporto tra la legge elettorale e la revisione costituzionale perché temono la stessa sorte. Infatti ben due tribunali italiani Messina e Torino hanno mandato alla Corte l'Italicum su molti aspetti non di poco conto come il premio di maggioranza assegnato con il ballottaggio e i capilista bloccati e pluricandidabili.

    Con procedura d'urgenza le due ordinanze del 17 febbraio Messina e del 5 luglio sono state riunite per l'udienza del 4 ottobre 2016. Se la Corte Costituzionale dovesse applicare all'Italicum i principi della sentenza sul Porcellum la sua sorte sarebbe segnata, ma la composizione della Corte è stata cambiata: è persino entrato il costituzionalista Barbera, uno dei padri spirituali della nuova legge elettorale…

    Sia la legge elettorale che la revisione costituzionale sono state approvate da un Parlamento eletto con una legge incostituzionale e con l'apporto decisivo e determinante di parlamentari eletti con un premio di maggioranza illegittimo. In un qualunque altro paese basterebbe questo fatto per votare NO, invece non se ne parla quasi...

    Le ragioni del NO non hanno spazio nei mass media televisivi e della stampa quotidiana: anche questo è un motivo per votare NO: cosa deve nascondere il governo se le critiche non possono essere conosciute dal popolo sovrano? Le imprecisioni se taciute ed anche le falsità se ripetute riflettono una concezione del popolo come massa di manovra e non come detentore della sovranità. Non si affronta il merito, ma prima si voleva chiamare il popolo ad un plebiscito sul capo del governo. Visto il fallimento alle elezioni amministrative del giugno, ora la strategia è quella del terrore: se vincesse il NO ci sarebbe una crisi economica e finanziaria.

    La riforma è sbagliata perché riduce i poteri del Parlamento a favore del Governo, complica il processo legislativo, non riduce i costi della politica se non in modo irrilevante, riduce le competenze delle regioni, ma non di quelle più spendaccione, soprattutto quelle a Statuto Speciale, Sicilia e Val d'Aosta in testa, ma premia i consiglieri regionali sicché 74 di loro diventerebbero senatori, insieme a 21 sindaci. In compenso riduce il peso politico ed istituzionale dei residenti all'estero.

    L'Italicum nasce come legge per Camera e Senato, ma di fronte all'impossibilità di trovare un algoritmo che attribuisse lo stesso premio di maggioranza a Camera e Senato, il Senato è stato

stralciato con deliberazione dell'Assemblea l'11 marzo 2014 e solo dopo è stata presentata in data 8 aprile 2014 la revisione costituzionale... con un Senato non più eletto dai cittadini!

    Non solo. Nella prima versione dell'Italicum non era più prevista la figura del “capo politico” della lista: un assurdo. Il capo politico di una lista è il leader del partito che la presenta. La ragione si capisce, perché non è vietato scrivere il nome del capo nel logo della lista, con la carica cui aspira: pensate all'effetto di un Renzi o Boschi PRESIDENTE. La figura del capo politico ricompare non a casa quando il premio non viene più attribuito solo al primo turno con il 37% dei voti, ma in seguito al ballottaggio tra le due liste più votate, se nessuna lista raggiunge il 40% dei voti validi espressi, cioè calcolando anche le schede bianche e i voti per liste sotto soglia del 3%. Se vi è un ballottaggio tra due liste in realtà vi è un ballottaggio tra i due “capi politici” delle liste, cioè di fatto eleggere in modo ipocrita il Primo Ministro, facendo finta che non si cambia la forma di governo parlamentare irridendo alle competenze del Presidente della Repubblica previste da un art. 92 Cost. formalmente non toccato dalla revisione. Se vuoi eleggere il Primo Ministro fai una riforma costituzionale senza ipocrisie e non una legge elettorale: in ogni caso lo dici con chiarezza e non lo nascondi con un trucco.

 

(1/3 - Continua)

        

    

LAVORO E DIRITTI

a cura di www.rassegna.it

 

Unione Europea, le altre

vie per l’integrazione

 

Brexit? Solo un primo assaggio. Il concetto di rinazionalizzazione ha sempre più successo. Serve una risposta decisa dell’Unione, con una nuova politica economica e sociale

 

di di Klaus Busch, professore emerito

di Studi europei all’Università di Osnabrück

 

Il voto dei cittadini del Regno Unito a favore della Brexit è un segnale della crisi di integrazione in cui si trova l’Unione europea. Una crisi che, da un lato, nasce da decisioni sbagliate, come l’introduzione della moneta unica e i vari giri di allargamento dell’Ue, e dall’altro lato è dovuta alle politiche economiche errate in riposta alla crisi del 2008-2009. I passi poco convinti verso un maggiore approfondimento dell’integrazione europea, gli allargamenti affrettati e la sottomissione dell’Ue a un regime di austerity hanno portato a una crisi di consenso che, sotto il segno del populismo nazionalista, si sta ampliando sempre di più.

    Dopo l’instaurazione del mercato unico dell’Ue nell’anno 1992, l’Europa stava vivendo un periodo di euforia in favore di una maggiore integrazione che è durato fino al fallimento del Trattato che ha adottato una Costituzione per l’Europa nel 2005. Siccome tutto sembrava riuscire bene in quella fase, l’integrazione europea è stata caratterizzata da processi di approfondimento e allargamento frettolosi che hanno avuto ripercussioni tuttora percepibili. Introdurre la moneta unica senza portare contemporaneamente a compimento l’unione politica e sociale e senza instaurare parallelamente un governo economico europeo si è dimostrata una costruzione sbagliata. Senza il supporto e il fiancheggiamento attraverso l’unione fiscale europea, la Bce da sola non è in grado di combattere le conseguenze della grande crisi finanziaria.

    L’allargamento a ulteriori 15 Stati membri avvenuto in quel periodo ha aumentato l’eterogeneità politica ed economica della comunità. A causa di un’insufficiente identità europea, delle aspettative divergenti riguardo al processo di integrazione e del divario nello sviluppo economico, riforme che richiedono l’unanimità non sono più realizzabili. Questo è diventato chiaro per la prima volta in occasione del fallimento del Trattato di Costituzione per l’Europa nel 2005. Non solo. La risposta dell’Ue alla grande crisi del 2008-2009 in forma di politiche di austerità a livello macroeconomico non ha avuto un grande successo e, allo stesso tempo, ha anche comportato costi sociali molto elevati.

    Mentre gli Stati Uniti sono riusciti abbastanza velocemente a ridurre il tasso di disoccupazione grazie a una politica fiscale e monetaria espansiva, la politica monetaria dell’eurozona è rimasta bloccata da una politica fiscale rigida, causando un incremento del tasso di disoccupazione fino al 2013. Questo sviluppo economico, come anche gli interventi politici nei sistemi di contrattazione collettiva dei paesi dell’Europa del Sud, ha fatto erodere il potere contrattuale dei sindacati e ha portato a una decollettivizzazione delle relazioni industriali.

    In tante parti dell’Europa questi sviluppi hanno portato a una diminuzione del consenso all’Ue. In Grecia, Spagna e Portogallo le forze di sinistra criticano le politiche di austerità. Nella maggior parte degli altri Paesi membri, le forze nazional-populiste guadagnano sempre più influenza. Alle elezioni politiche questi partiti ormai ottengono da un quarto a un terzo dei voti. Quando poi la critica alle condizioni economiche e sociali si coniuga a una cultura anti-europea, come tradizionalmente accade in Gran Bretagna, Danimarca e Finlandia, ma sempre più spesso anche in Slovacchia, Austria, Ungheria e Repubblica Ceca, questo può alimentare la volontà di indire referendum sull’uscita dall’Unione.

    Vista l’insufficiente identità europea, la grande eterogeneità politica e sociale nell’Unione e l’incremento dello sciovinismo nazionale in tanti Stati membri, non è sorprendente che l’Ue abbia completamente fallito nel suo tentativo di far fronte congiuntamente alla crisi dei rifugiati. Un consenso fragile è stato raggiunto solo grazie all’abbandono della strategia di benvenuto e all’imposizione del modello “fortezza Europa”, con l’aiuto dell’accordo inumano firmato lo scorso marzo con la Turchia, che viola il diritto internazionale (per una critica di questa politica si veda l’appello lanciato dal gruppo “Costituire nuovamente l’Europa!” dell’aprile 2016).

    Così è il concetto di rinazionalizzazione ad avere sempre più successo. Imporre una tale politica porterebbe l’Europa a una nuova fase di grandi crisi economiche e politiche. A questo riguardo, le conseguenze della decisione del Regno Unito possono essere considerate solo un primo assaggio. Anche se va sottolineato che crisi di questo tipo possono rappresentare nel contempo un’opportunità: potrebbero diventare il catalizzatore per un salto in avanti verso un nuovo modello economico e sociale in Europa. È più facile risolvere i problemi strutturali dell’euro attraverso un governo economico, un pieno diritto di co-decisione del Parlamento europeo e una regolazione delle politiche sociali, retributive e fiscali in un’Europa fatta di un “nucleo di Stati membri” che non nell’Ue 28.

    È anche pensabile che in un tale Stato federale democratico e sociale basato su un nucleo di Stati membri il neoliberismo possa essere superato e che il patto fiscale e la politica di contenimento del debito pubblico possano essere sostituiti da una politica europea di crescita e occupazione. In una prospettiva del genere, la Brexit e altre possibili uscite risulterebbero meno spaventosi.

        

    

ECONOMIA

 

Banche in bilico

 

Il sistema bancario internazionale continua

a trovarsi in un equilibrio molto precario

 

di Mario Lettieri, già Sottosegretario all'economia (governo Prodi)

e Paolo Raimondi, Economista

 

Dopo le grandi agitazioni nel mondo bancario internazionale provocate dagli stress test, le vacanze estive sembra abbiano creato un’ovattata atmosfera di apparente tranquillità. Ma, osservando con più attenzione i processi finanziari in corso, l’emergenza resta sempre dietro l’angolo.

    Non solo per quanto riguarda il futuro della MPS, della Veneto Banca e di altre banche in Italia.

    Negli Usa, per esempio, la componente repubblicana del Comitato per i Servizi Finanziari della Camera dei Deputati ha recentemente presentato un dossier sul coinvolgimento della grande banca inglese, la Hong Kong Shanghai Bank Corporation (HSBC), nel riciclaggio dei soldi provenienti  dal traffico di droga operato dal cartello messicano di Sinaloa e da quello colombiano del Norte del Valle.

    Sono stati documentati ben 881 milioni di dollari “lavati” dai narcotrafficanti nel sistema bancario americano. Quella emersa e documentata dalle indagini in realtà è solo una piccola parte dell’enorme business che si è sviluppato, in modo incontrastato, per anni.

    Durante le indagini, iniziate nel 2013, la HSBC aveva ammesso il crimine e accettato di pagare una multa di circa 2 miliardi di dollari.

    Il rapporto accusa in particolare il Dipartimento di Giustizia americano di avere bloccato il processo contro la banca, anche su pressione della Financial Services Authority, l’equivalente inglese della Consob, in quanto “esso avrebbe potuto avere serie conseguenze per il sistema finanziario”. 

    E’ un’accusa molto forte che la dice lunga sull’opacità di certe operazioni fatte da importanti attori del sistema bancario americano e inglese. Soprattutto sulla capacità delle ‘too big to fail’ di influenzare le decisioni delle istituzioni finanziarie di controllo e addirittura di quelle dei governi. L’opacità naturalmente si estende anche a molte altre operazioni finanziarie e ai bilanci delle banche che spesso non riflettono il loro vero stato di salute. Nonostante gli stress test.

    Anche in Europa sono in corso alcune complesse operazioni bancarie, in particolare in Germania. All’inizio di agosto l’indice borsistico europeo Stoxx Europe 50 ha rimosso dal suo listino la Deutsche Bank e il Credit Suisse per evitare che il livello dell’indice fosse influenzato negativamente dalle continue perdite di valore delle azioni delle suddette banche.

    Attraverso le pagine del quotidiano tedesco Frankfurter Allgemeine Zeitung, Martin Hellwig, un importante economista dell’istituto tedesco di ricerca Max Planck, ha addirittura ventilato l’ipotesi della necessità di una nazionalizzazione della Deutsche Bank che si troverebbe in “una crisi peggiore di quella del 2008”. Il bail in, con la partecipazione di azionisti e obbligazionisti nella copertura delle perdite della banca, non sarebbe sufficiente a salvarla.

    Da parte sua il Fmi ha recentemente dichiarato che la DB “presenta grandi rischi “per l’intero sistema bancario. Infatti essa sarebbe grandemente indebitata e pericolosamente sotto capitalizzata.

    La DB è anche in continuo conflitto con l’agenzia americana Commodity Futures Trading Commission (CFTC), che controlla il mercato dei derivati,  in quanto non esporrebbe in modo chiaro la vera situazione delle sue operazioni in derivati finanziari otc, “compromettendo la capacità di valutare i potenziali rischi sistemici del mercato dei derivati”.

    Da ultimo anche la Banca del Regolamenti Internazionali e l’International Organization of Securities Commissions (IOSCO), che coordina gli enti di vigilanza dei mercati finanziari a livello mondiale, affermano che persino le Central Counterparty Clearing (CCP), cioè le “casse di compensazione” che dovrebbero garantire le parti coinvolte nei contratti in derivati, non sarebbero in grado di far fronte ai loro compiti per mancanza di fondi.

    Al riguardo non è un caso che la stabilità delle casse di compensazioni e i rischi derivanti dalla speculazione finanziaria siano stati posti, su iniziativa della Cina e dell’India, nell’agenda del G20 che si terrà nella città cinese di Hangzhou all’inizio di settembre. 

    Ciò dovrebbe essere di monito anche in Europa per far sì che il sistema bancario e i derivati non siano lasciati in balia del “fai da te” del mercato. Senza ulteriori indugi essi dovrebbero essere sottoposti ad una stringente e profonda revisione da parte dei governi che dovrebbero ovviamente mirarli più al credito produttivo che agli interessi della speculazione finanziaria.

    

        

26 luglio 2016 - Un “momento storico”

 

Il sole al centro

 

Il significato epocale del giro del mondo compiuto

da Bertrand Piccard sull’aereo Solar Impulse

 

di Marco Morosini - mamo at ethz.ch / marcomorosini.eu

 

"Questo è un momento storico per l'umanità", ha detto il Segretario delle Nazioni Unite Ban Ki-Moon al pioniere solare e pilota Bertrand Piccard in una videoconferenza internet, poche ore prima dell'arrivo dell'aereo Solar Impulse ad Abu Dhabi al mattino del 26 luglio (00:05 UTC). "Questo atterraggio è l'inizio di quello che verrà dopo", ha risposto Piccard, il cui aereo, dopo tredici anni di preparazione, ha così completato un viaggio intorno al mondo di 40 000 km, spinto solo dall'energia del sole. La fusoliera di Solar Impulse porta anche la bandiera dell'Unione europea e il presidente del Parlamento europeo Martin Schulz ha confermato il 14 luglio in una videoconferenza con Piccard, l'impegno della UE per la transizione energetica.

   Mettere il sole al centro del progresso! Questo è il messaggio di Solar Impulse. Per due secoli la civiltà tecnologica ha girato intorno all'energia dei combustibili fossili. Ora però il genere umano ha la capacità e le conoscenze per mettere l'energia del sole al centro del suo sviluppo. Se la “rivoluzione copernicana” nell’astronomia rimediò a un errore di conoscenza, la rivoluzione solare nelle tecnologie deve ora rimediare a un errore morale. Questo errore consiste nell’accettare i crescenti danni all’ambiente e alle persone causati dal continuare a fornire l’ottanta per cento dell’energia mondiale bruciando carbone, petrolio e gas.

    Certo, grazie alle fonti fossili di energia, il secolo scorso ha visto una crescita senza precedenti della popolazione mondiale, della longevità media, e del benessere materiale della parte più ricca dell’umanità.

    Tuttavia ora sappiamo che i combustibili fossili hanno conseguenze ambientali inaccettabili, come ad esempio l’alterazione del clima e l'aumento dell'inquinamento, nonché conseguenze sociali drammatiche, come ad esempio i conflitti sanguinosi per i combustibili fossili, le migrazioni di massa e l'impoverimento dovuti ai cambiamenti climatici.

    Questo danno ecologico e sociale rende la transizione verso una civiltà solare un "imperativo energetico". Questo è il titolo dell'ultimo libro di Herman Scheer (1944-2010), il politico pragmatico e visionario che forse più fece per promuovere l’energia solare. Quando negli anni '80 cominciò a dedicarsi completamente alla rivoluzione solare, forse neanche Scheer immaginava la scena di martedì 26 Luglio: una maestosa libellula elettrica con la stessa apertura alare di un jumbo jet e alimentata da duecento metri quadrati di pannelli fotovoltaici, mentre con un leggero ronzio tocca terra ad Abu Dhabi, a pochi chilometri dalla sede mondiale dell'Agenzia internazionale per le energie rinnovabili (IRENA), l’istituzione propugnata per decenni da Scheer, e infine fondata nel 2009.

    Attraverso il suo programma di sensibilizzazione “futureisclean” (il futuro è pulito) questo aereo solare promuove, soprattutto nelle scuole, centinaia di iniziative per informare e educare le persone al risparmio energetico e alla transizione verso le energie rinnovabili. Kofi Annan, Mikhail Gorbachev, Achim Steiner, Richard Branson sono tra i prestigiosi promotori di questo programma educativo, che testimonia che la vera missione di Solar Impulse è la comunicazione di un messaggio, non lo sviluppo di una tecnologia. In effetti, le tecnologie di Solar Impulse sono note da anni. La novità è "solo" nell’averle assemblate, per fare qualcosa che era considerato impossibile solo poco tempo fa. È proprio con questo esempio che Solar Impulse vorrebbe stimolare il nostro mondo, dove non mancano certo le tecnologie per la transizione energetica. Piuttosto ci manca iniziativa politica e di coordinamento, ci manca reale volontà di subordinare i potentati economici al bene comune, e ci manca soprattutto la consapevolezza individuale e collettiva per farlo. Per creare ispirare quest’ultima nell’intera popolazione, simboli e immagini sono più efficaci di grafici e statistiche. Per toccare il cuore e le menti, serve più raccontare che contare.

    Alcune immagini diventano contemporaneamente icone e forza motrice di un'epoca. Ad esempio, a partire dagli anni '70 la fotografia della nostra Terra scattata dalla Luna - un piccolo e pallido pianeta blu che galleggia nel buio - è diventata l'icona di una nuova consapevolezza della sua fragilità. Per scoprire veramente la Terra, dovevamo sbarcare sulla Luna? Come valutare il ritorno sugli investimenti, quando si tratta di simboli? Ad esempio, ha senso chiedersi quanto è costato e quanto ha reso ogni metro della Tour Eiffel? "Tremila dollari sprecati per chilometro" sarebbero il bilancio del giro del mondo di Solar Impulse - ha detto qualcuno. E forse non capisce che gli euro passano, ma certi sogni si realizzano e restano.

  

Le migliori foto su:

 

http://press.solarimpulse.com

(Login: Solar Impulse 2 / Password: zerofuelairplane)

 

- medium.com

 

- www.solarimpulse.com

   

    

Da Avanti! online

www.avantionline.it/

 

RICOSTRUIRE

 

Dopo la tragedia è arrivato il momento per le popolazioni

colpite dal sisma del 24 agosto di ricominciare.

 

di Marilena Selva

 

Sono ben 3554 le persone ospitate nei campi e nelle strutture allestite dopo il terremoto. Lo rende noto la Protezione Civile. 999 persone trovano alloggio in quelle messe a disposizione nel Lazio, in 1351 trovano posto nelle Marche, 1072 persone trovano alloggio nelle aree e strutture predisposte in Umbria e un centinaio di persone risultano alloggiate in aree dell’Abruzzo. “La disponibilità complessiva è di oltre 5871 posti, ai quali si aggiunge la possibilità di predisporre ulteriori moduli secondo necessità”, spiega la Protezione Civile.

 

(Continua la lettura sul sito dell’Avanti! >>> vai all’articolo “Ricostruire”)

 

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La scuola di Amatrice dopo il terremoto

 

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Da l’Unità online

http://www.unita.tv/

 

L’Europa nella terra di mezzo *)

 

Alcune proposte per salvarsi - Dall’economia

all’immigrazione, le ricette da mettere in campo subito

 

di Roberto Sommella - @SommellaRoberto

Da sempre il nemico dell’uomo è la paura. Spesso nasce dentro di lui ma prende forma negli altri. Non a caso Kant sosteneva che per evitare le guerre occorre federare gli Stati, renderli più vicini. Non a caso Altiero Spinelli e gli altri padri del Manifesto di Ventotene sconfissero il terrore di nuovi conflitti nell’isola del confino.

    È una prescrizione quanto mai attuale per salvare non tanto l’Unione, ma l’Europa stessa.

    Stiamo arrivando al punto in cui l’antagonista di un paese sono gli altri paesi, l’immobilismo è la ricetta per evitare il cambiamento, la “mediocrazia”, la dittatura della mediocrità, l’antidoto del merito. Nessuno si occupa di guardare al domani, è chiuso nella fortezza dell’oggi. Speriamo che nei mesi successivi al vertice agostano nell’arcipelago pontino, François Hollande, Angela Merkel e Matteo Renzi siano capaci di decisioni concrete e non solo di discorsi di convenienza sull’esercito europeo, il Migration Compact  e il piano per i giovani, giusti ingredienti italiani dell’agenda comunitaria. Ecco qualche punto saldo per un nuovo Manifesto.
Sicurezza. Ci sentiamo in pericolo perché siamo tutti in pericolo, siamo tutti sotto il tiro dei nuovi terroristi, della rivoluzione tecnologica che rende tanti lavori precari, delle scelte sbagliate di amministratori e dirigenti. Dopo le stragi di Parigi, Bruxelles, Nizza e i tanti agguati omicida, sembra chiaro che oltre ad un esercito comune serve anche un’intelligence europea, un Fbi continentale, perché quelle nazionali non dialogano, ed è fondamentale poter avere accesso a tutti i segreti custoditi negli smartphones. L’alternativa sarebbe oscurare la rete Internet, visto che i terroristi si abbeverano di informazioni e dialogano attraverso la rete, ma sarebbe da regime dittatoriale.

    Viviamo una situazione paradossale: è stato possibile ascoltare le telefonate di Angela Merkel ma non si può violare la privacy tele-mnemonica dei possibili attentatori. Occorrono quindi cervelli ‘interconnessi’ e alle dipendenze di un’unica agenzia investigativa comunitaria che sappia garantire la sicurezza non solo dei palazzi del potere di Bruxelles ma di tutti i civili. I paesi dell’Est Europa si stanno già attrezzando, erigendo muri e indicando come nemici gli immigrati. Può essere un esempio fatale anche per gli altri partner europei, dove i partiti xenofobi e anti-europeisti addebitano la scarsa sicurezza alla religione, agli immigrati, ai diversi.  Ma è davvero la religione il problema? In Belgio e in Francia hanno operato cellule jihadiste composte spesso da fratelli, apparentemente inseriti nel contesto del paese in cui sono nati. I terroristi hanno il nostro stesso passaporto europeo e spesso non è gente che vive rintanata in moschea.

    Dobbiamo capire se è la religione islamica la molla che trasforma persone apparentemente normali in aspiranti suicidi perché compiono stragi in nome di Allah. E lo dobbiamo fare in fretta perché ogni generalizzazione è la benzina per tutte formazioni xenofobe. In fondo, anche i nazisti avevano scritto sulle loro fibbie Gott mit uns (Dio è con noi), come i crociati sfoggiavano l’emblema del supplizio di Cristo. Ma gli obiettivi di quelle guerre non avevano poi nulla di religioso.

    Il ministro dell’Immigrazione Ue? Erdogan. I rappresentanti dei 19 paesi dell’Eurozona e dei 28 (ora dopo la Brexit, 27) dell’Unione partecipano con disincanto e insofferenza a miriadi di vertici inutili in cui si fa finta di trovare soluzioni ai limiti di bilancio, all’exit strategy sui migranti (l’ultima, assurda, appalta tutta la questione ad un paese, la Turchia di Erdogan, che non è nell’Ue e sta facendo di tutto, dopo il fallito golpe, per non entrarvi mai), alle strategie anti-terrorismo e alle trattative su questo o quel salvataggio. Il risultato è che i paesi fondatori, Francia, Germania, Italia, non hanno una meta precisa né sanno dove andare. Gli americani, decisivi per la vittoria nella seconda guerra mondiale, stanno apparentemente a guardare, l’unico ad avere le idee chiare sui muri da abbattere è un uomo chiamato Francesco. Mentre il Papa incontrava i profughi di Lesbo, il presidente della Commissione Europea, Jean Claude Juncker, partecipava ad un meeting del Fondo monetario internazionale. Il miglior spot anti-europeista che si potesse immaginare.

    Più potere alla Bce. In questo contesto deteriorato e inedito (tassi a zero, bond sovrani con rendimenti negativi, crescita fiacca, deflazione) la politica monetaria della Banca centrale europea avrebbe decisamente più successo se applicasse direttamente il Piano Juncker da 300 miliardi di euro, comprando essa stessa titoli della Banca europea degli investimenti per poi immetterli nell’economia, piuttosto che continuare a stampare denaro per le banche attraverso il Qe. Per uscire da questo purgatorio, non basterà la solita flessibilità di qualche decimale invocata da Matteo Renzi, ma occorrerà davvero un approccio keynesiano, che sleghi dal deficit la spesa per investimenti. Gli europei sono oggi il 7% della popolazione mondiale, producono il 25% del Pil globale e consumano il 50% del welfare planetario: pochi ma benestanti rispetto al resto del mondo. Significa, soprattutto, che migranti e terroristi troverebbero sempre una strada per farsi largo tra di noi, a prescindere dalle evidenti diverse motivazioni.

    E a prescindere dal ritorno dei confini e delle monete nazionali. Ma la globalizzazione, invece, si affronta solo con l’Unione. Una grande Conferenza Europea. Bisogna quindi smettere di pensare di potere dare una risposta alle istanze di 500 milioni di persone esclusivamente con la leva finanziaria o con la politica monetaria. Non bastano più. L’integrazione europea, dal punto di vista economico, è soprattutto retta da Trattati internazionali ma non ancora europei e da Regolamenti che hanno assunto illegittimamente il rango di Atti costituenti, come il Patto di stabilità.

    Il Fiscal Compact e il Six Pack, regolando invece in modo pro-ciclico la possibilità di indebitamento dei paesi dell’Eurozona, di fatto hanno peggiorato la recessione. A questo si aggiungono la direttiva sui salvataggi bancari (il bail in) e l’Unione bancaria. Ma ridurre i rischi senza condivisione del debito, senza un Tesoro europeo che emetta eurobond e senza tutela unica dei depositi, porta alla creazione di un euro di fascia A e un euro di fascia B. Per evitarlo serve un Tesoro unico europeo che emetta titoli di debito comunitari e indichi le politiche economiche da perseguire. Questo sì che rappresenterebbe una riaffermazione della politica. Un mucchio di carta ci sta sommergendo e addirittura a Bruxelles si pensa di cominciare a farne a meno. Dovremmo avere il coraggio di riscriverli da zero questi protocolli, salvando solo il Trattato istitutivo dell’Unione.

    Per battere l’Euxit, in vista dei 60 anni dal Trattato di Roma, occorre convocare una grande Conferenza che abbia all’ordine del giorno tre compiti: la redazione di una Costituzione Europea, il rafforzamento dei poteri del Parlamento europeo, la riforma della legge elettorale con espressa scelta del Presidente della Commissione da parte dell’elettorato. Solo così si riuscirà a passare dall’attuale Confederazione ad una vera Federazione di stati. Ora siamo nella terra di mezzo, uno spettacolo che hanno vissuto con esiti nefasti sia l’ex Jugoslavia che l’Unione Sovietica dopo la loro implosione.

*) da Euxit, uscita di sicurezza per l’Europa

 

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Da MondOperaio

http://www.mondoperaio.net/

 

Il bikini d’ordinanza

 

Di come dovessero vestirsi fino al 1968 le ragazze che volevano frequentare l’Università cattolica a Milano ho già scritto altre volte: e ho anche ricordato che la regola cambiò quando una ragazza entrò col grembiule nero, regolamentare, e nient’altro… 

 

di Luigi Covatta

 

Nel 1949 con un’ordinanza il Prefetto di Napoli vietò alle donne di prendere il sole col costume a due pezzi (che non si chiamava ancora bikini). Mio nonno, che era sindaco (socialista) di Forio d’Ischia, la fece applicare alla lettera: e la cosa fece notizia, perché la prima ad essere fermata dai vigili fu Alida Valli, ospite di amici sulla spiaggia di San Francesco di Paola.

    A Forio c’è anche una chiesa a picco sul mare, la Chiesa del Soccorso. Lì sotto si bagnavano le monache, dialettalmente dette “cap’e pezza”, con riferimento al tessuto che copriva loro la testa: e “cap’e pezza” restavano anche in acqua, abbigliate con una specie di burkini ante litteram, come possono testimoniare i tanti ragazzini che sbirciavano dalle terrazze della chiesa.

    Di come dovessero vestirsi fino al 1968 le ragazze che volevano frequentare l’Università cattolica a Milano ho già scritto altre volte: ed ho anche ricordato che la regola cambiò quando una ragazza entrò col grembiule nero, regolamentare, e nient’altro. 

    Sarebbe quindi il caso di evitare che a Cannes, per cambiare le regole introdotte di recente, qualche signora alta e bionda fosse costretta a scendere in spiaggia indossando un bikini d’ordinanza sopra il burkini dello scandalo. E sarebbe anche il caso di occuparsi di cose serie, prima che diventino tragiche.    

 

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Dalla Fondazione Rosselli di Firenze

http://www.rosselli.org/

 

LE PROSSIME INIZIATIVE

DELLA FONDAZIONE

 

Care amiche e cari amici della Fondazione Circolo Rosselli, con questa newsletter vi segnaliamo le novità e le prossime iniziative che vedranno coinvolta la Fondazione Circolo Rosselli relativamente al mese di settembre.

 

Pertini a Palazzo Vecchio

nel 120esimo anniversario della nascita

 

Giovedì 22 settembre, dalle ore 10.30, nel Salone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio a Firenze, si terrà sotto l'alto patronato del Presidente della Repubblica il convegno Sandro Pertini nella storia d'Italia, organizzato dalla Fondazione di tudi storici "Filippo Turati", dalla Fondazione Circolo Rosselli e dall'Associazione Sandro Pertini Presidente. Dopo i saluti di Dario Nardella (Sindaco di Firenze) e del Prof. Maurizio Degl'Innocenti (Fondazione di studi storici "Filippo Turati"), interverranno il Prof. Stefano Caretti (Università di Siena), l'on. Valdo Spini (Fondazione Circolo Rosselli), il dott. Mario Almerighi (Associazione Sandro Pertini Presidente) e il Prof. Stefano Grassi (Università di Firenze).

    A seguire, alle ore 15, avrà luogo presso lo Spazio Rosselli in via degli Alfani 101 r.una riunione informale dei circoli Rosselli,aperta a tutti i soci fiorentini della Fondazione e del Circolo.

 

Una mostra sui Fratelli Rosselli

allestita dalla Fondazione

 

La Fondazione Circolo Rosselli ha ultimato l'allestimento di una mostra fotografica e storiografica sui Fratelli Rosselli. L'arch. Vanessa Stella ha rielaborato e aggiornato una precedente mostra preparata nel 2000 dal dott. Massimo Tarassi e dalla dott.ssa Mariachiara Vannetti. La mostra verrà inaugurata a Perugia il 5 settembre p.v., nell'ambito della Festa regionale del PD dell'Umbria. I 20 pannelli della mostra sono disponibili in formato elettronico e possono essere richiesti alla Fondazione stessa. Contiamo di utilizzare la mostra in occasione delle celebrazioni ufficiali per l'ottantesimo anniversario dell'uccisione dei fratelli Rosselli (1937-2017).

 

Si parla dei fratelli Rosselli

all'Istituto dell'Enciclopedia italiana

 

Mercoledì 14 settembre, alle ore 17.30, a Roma, presso la sala Igea dell'Istituto dell'Enciclopedia italiana, presieduto dal Prof. Franco Gallo, presentazione del volume Carlo e Nello Rosselli. Testimoni di Giustizia e Libertà, a cura di Valdo Spini, Firenze, Clichy, 2016. Ne discuteranno con il curatore Giovanni Belardelli (Università di Perugia) e Lucio Villari (Università di Roma 3). Per info e prenotazioni att.culturali at treccani.it

 

       

   

FONDAZIONE NENNI

http://fondazionenenni.wordpress.com/

 

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“Voglio sovvertire tutto!”

 

Lombardi: Ecco l’intreccio che strozza l’Italia

 

In questi ultimi mesi i è parlato molto di banche mentre in questi ultimi giorni la tragedia di Amatrice, e Arquata ha riproposto la questione urbanistica anche dal punto di vista delle speculazioni che hanno reso le nostre case e il nostro territorio sempre più insicuri. Quarantasei anni fa i medesimi temi, seppur affrontati sotto ottiche un po’ diverse, furono al centro di un intervento parlamentare di Ricardo Lombardi alla Camera dei Deputati (si discuteva di una delle tante riforme fiscali che alla fine nel nostro paese hanno prodotto limitati benefici riuscendo solo parzialmente a snidare chi i redditi li occulta). Ciò che di questo discorso interessa è l’intreccio che Lombardi denuncia: banche-rendita fondiaria (quindi speculazione edilizia e abuso del territorio) – complicità di potere e di governo. Il dubbio che resiste è che quell’intreccio abbia resistito nel tempo giungendo (seppur in forme diverse, rinnovate, amplificate attraverso il trionfo del turbo-liberismo e della globalizzazione) sino a noi, creando le condizioni per l’attuale (complicato) “presente” dell’Italia. In ogni caso, a voi il compito di stabilire se questa nostra impressione abbia o meno una qualche validità.

 

di RICCARDO LOMBARDI *

 

È possibile pensare di avviare un eventuale programma di riforme ulteriori senza che sul contegno degli operatori finanziari, e in particolare delle banche, si incida in qualche modo; in modo da fare rispettare almeno degli indirizzi di massima e da toglierli all’arbitrio dei contegni individuali e concorrenziali all’interno del sistema bancario?

    Credo che una delle poche riforme che sarà veramente di carattere strutturale (se si farà) , sarà quella urbanistica, perché coinvolge interessi formidabili e interessi di rendita. Io ho letto con interesse, onorevole Caprara, la tesi del “Manifesto”; ma su questi punto almeno, loro sbagliano quando pensano di minimizzare l’importanza delle posizioni di rendita in un’economia capitalista avanzata, quasi che il recidere queste posizioni corrispondesse una mera razionalizzazione del sistema. Questo forse è vero o era vero in un’economia come quella americana che è nata senza l’eredità feudale, senza l’eredità di posizioni di rendita, almeno fondiaria. Ma in un paese come il nostro, in cui le posizioni di rendita sono legate strettamente alle posizioni di profitto e non da esse svincolate, credo che eliminare sul serio, eliminare realmente, alcune massicce posizioni di rendita – e non soltanto di rendita di posizione – sarebbe una riforma di struttura che inciderebbe fortemente proprio sul sistema: una delle poche non facilmente assorbibili dal sistema.

    Come si può credere che sia possibile pensare una riforma senza preoccuparsi di questa situazione? Abbiamo visto, quando abbiamo parlato negli anni scorsi di riforma ubranistica, scatenarsi forze ben individuate: tutte le forze della speculazione. Però c’è stata un’altra forza che sotto sotto agiva, sottaciuta, prudente ed erano le banche. E non potevano che fare così, perché le banche hanno una buona parte dei loro crediti garantiti sui valori dei terreni edificabili e sui valori incrementati dalla rendite crescenti dei terreni edificabili.

    Io dico con questo che voglio sovvertire tutto… (Continua la lettura sul sito della Fondazione Nenni >>> vai all’articolo di Lombardi)

 

 

* Stralci dal discorso alla Camera dei Deputati pronunciato nella seduta del 22 ottobre 1970. In: Riccardo Lombardi, Scritti politici 1963-1978. Dal centro-sinistra all’alternativa, Marsilio Editori, 1978, 2a edizione 1980.

       

   

Riceviamo e volentieri segnaliamo

 

Italianità in Svizzera

e nuova migrazione

 

La Fabbrica di Zurigo e "Radio Vai - italofonie latenti,

contagiose e di contrabbando" a Sion il 7.9.2016

 

Nell’ottobre 2011, il Canton Vallese ottiene dall’Ufficio Federale per la Cultura l’inserimento dell’italianità nella lista delle tradizioni viventi da sottoporre all’UNESCO per l’attribuzione dello statuto di bene culturale immateriale. A partire da questa "provocazione", il programma culturale "Via Vai - Contrabbando culturale Svizzera - Lombardia", nato in occasione dell'Expo 2015 e promosso da Pro Helvetia, ha organizzato un'iniziativa sul presente e il futuro dell'italianità in Svizzera.

    L'incontro, che si terrà il 7 settembre 2016 presso la Mediateca di Sion del Canton Vallese, è strutturato in due parti e sarà interamente trasmesso da una radio web al seguente link:

 

http://85.114.141.154:8000/radiolo

 

Nella prima parte, intitolata "Radio Vai - italofonie latenti, contagiose e di contrabbando", saranno presentati e trasmessi interventi di vario genere che hanno a che fare con i progetti promossi da Via Vai o comunque con il tema dell'italianità in Svizzera. Nella seconda, ci sarà un dibattito pubblico sull'italianità (in italiano o francese) come tradizione vivente svizzera.

 

Questo il programma ufficiale:

 

16.30: Radio Vai

18.00: Tavola rotonda

 

All'interno della prima parte, sarà possibile ascoltare il nostro contributo radiofonico (realizzato grazie al supporto tecnico e drammaturgico di Manuela Ruggeri) dedicato alla nuova migrazione italiana di Zurigo. Un lavoro nato da una ricerca coordinata da Emanuele Galossi e promossa dall'ECAP Svizzera e dalla Fondazione Di Vittorio (CGIL), che si occupa dei processi di integrazione socio-lavorativa degli italiani all'estero, nelle città di Zurigo, Bruxelles e Barcellona, e dei giovani migranti o delle persone con origini migratorie in Italia. La ricerca sarà pubblicata fra qualche mese. Intanto buon ascolto!

 

Sarah Bonavia - Mattia Lento - Pinuccia Rustico

(Fabbrica di Zurigo)

           

                

L'AVVENIRE DEI LAVORATORI - Voci su Wikipedia :

(ADL in italiano) https://it.wikipedia.org/wiki/L'Avvenire_dei_lavoratori

(ADL in inglese) https://en.wikipedia.org/wiki/L'Avvenire_dei_Lavoratori

(ADL in spagnolo) https://es.wikipedia.org/wiki/L'Avvenire_dei_Lavoratori

(Coopi in italiano) http://it.wikipedia.org/wiki/Ristorante_Cooperativo

(Coopi in inglese) http://en.wikipedia.org/wiki/Ristorante_Cooperativo

(Coopi in tedesco) http://de.wikipedia.org/wiki/Cooperativa_italiana

   

        

DALLA SVIZZERA – GARA DI SOLIDARIETÀ CON

LE POPOLAZIONI COLPITE DAL TERREMOTO

 

BASILEA: DANIELA DOLCI DEVOLVE

INCASSO CONCERTO “MUSICA FIORITA”

 

L’ensemble Musica Fiorita ha devoluto alle aree colpite dal terremoto in Italia l’incasso del concerto tenutosi venerdì 26 agosto a Basilea.

 

Gratitudine e apprezzamento della Comunità Italiana va alla connazionale Daniela Dolci, rinomata musicista di fama mondiale, da anni residente a Basilea e da circa 25 anni alla guida dell’ensemble Musica Fiorita, per la sensibilità mostrata nel devolvere alle aree colpite dal terremoto in Italia l’incasso del concerto “Fiamma vorace”, tenutosi il 26 agosto scorso a Basilea. Il concerto “Fiamma vorace” era dedicato al compositore barocco Geminiano Giacomelli (1692-1740).

 

Il Console d’Italia,

Michele Camerota, Basilea

 

        

    

DALL’AUSTRALIA - GARA DI SOLIDARIETÀ CON

LE POPOLAZIONI COLPITE DAL TERREMOTO

 

L’IMPEGNO COMUNE

DEGLI ITALIANI D’AUSTRALIA

 

Con il patrocinio dell’Ambasciatore d’Italia, Pier Francesco Zazo, nei prossimi giorni verrà definita la composizione del comitato nazionale che coordinerà la raccolta fondi per le aree del centro Italia colpite dal terremoto.

    La riunione, convocata dal Comites, a cui hanno partecipato numerosi esponenti della comunità italiana del Victoria, ha deciso di far convergere gli sforzi della raccolta fondi sul Co.As.It. di Sydney che ha messo a disposizione la registrazione per ottenere la deducibilità delle donazioni a fini fiscali.

    Nei prossimi giorni verrà predisposto un programma di iniziative rivolte alla comunità italo-australiana ed alle associazioni. Importante segnalare la disponibilità piena, espressa da tutti i partecipanti, a sostenere le iniziative con opera di volontariato.

 

On. Marco Fedi, Roma/Melbourne

        

                

L'AVVENIRE DEI LAVORATORI

EDITRICE SOCIALISTA FONDATA NEL 1897

Casella postale 8965 - CH 8036 Zurigo

 

L'Avvenire dei lavoratori è parte della Società Cooperativa Italiana Zurigo, storico istituto che opera in emigrazione senza fini di lucro e che nel triennio 1941-1944 fu sede del "Centro estero socialista". Fondato nel 1897 dalla federazione estera del Partito Socialista Italiano e dall'Unione Sindacale Svizzera come organo di stampa per le nascenti organizzazioni operaie all'estero, L'ADL ha preso parte attiva al movimento pacifista durante la Prima guerra mondiale; durante il ventennio fascista ha ospitato in co-edizione l'Avanti! garantendo la stampa e la distribuzione dei materiali elaborati dal Centro estero socialista in opposizione alla dittatura e a sostegno della Resistenza. Nel secondo Dopoguerra L'ADL ha iniziato una nuova, lunga battaglia per l'integrazione dei migranti, contro la xenofobia e per la dignità della persona umana. Dal 1996, in controtendenza rispetto all'eclissi della sinistra italiana, siamo impegnati a dare il nostro contributo alla salvaguardia di un patrimonio ideale che appartiene a tutti.

  

     

Allegato Rimosso
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