L'AVVENIRE DEI LAVORATORI La più antica testata della sinistra italiana, www.avvenirelavoratori.eu Organo della F.S.I.S., organizzazione socialista italiana all'estero fondata nel 1894 Sede: Società Cooperativa Italiana - Casella 8965 - CH 8036 Zurigo Direttore: Andrea Ermano > > > PDF scaricabile su http://issuu.com/avvenirelavoratori < < < e-Settimanale - inviato oggi a 45964 utenti – Zurigo, 26 maggio 2016 |
IPSE DIXIT «Se non produci niente non sei indipendente». Andrea Rocchelli
© Arianna Arcara, Ritratto di Andrea Rocchelli <> Domenica, 5. giugno 2016 dalle 10.15 alle 12.30 Matinée Per Andrea Rocchelli (27.9.1983 – 24.5.2014) Perché vogliamo esporre le sue foto Cooperativo - St. Jakobstrasse 6 Zurigo - Stauffacher Evento sponsorizzato da Carlo Crivelli Borgovecchio S.A. di Balerna (Ticino) http://www.borgovecchio.ch/ |
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EDITORIALE A Zurigo per Rocchelli a due anni dalla morte "Se non produci niente non sei indipendente" – Matinée a Zurigo il 5 giugno per il fotogiornalista Andrea Rocchelli, morto in Ucraina nel 2014. All’evento prenderanno parte la madre, Elisa Signori, il fotografo ungherese, Miklos Klaus Rosza, il free lance Gabriele Micalizzi, un decano del giornalismo svizzero come Renzo Balmelli, l’esponente di Libera Terra Mediterraneo, Valeria Perzia. In programma l’intervento musicale di Letizia Fiorenza (voce) e David Sautter (chitarra classica). L'obiettivo della giornata: raccogliere consensi e idee per promuovere una mostra zurighese del fotogiornalista italiano. di Andrea Ermano Scrivo queste righe martedì 24 maggio 2016, nel secondo anniversario della morte di Andrea Rocchelli, il foto-giornalista italiano ucciso, insieme al dissidente russo Andrej Nikolaevič Mironov, da un colpo di mortaio presso Sloviansk mentre documentava gli scontri armati tra l'esercito di Kiev e truppe filo-moscovite nell'Ucraina orientale.
Kiev, 22.2.2014, intervista di "La 7" con Andy Rocchelli (vedi su YouTube) Andrea Rocchelli aveva trent'anni. Lasciava una giovane compagna e un bambino ancora piccolo. Non si sa bene chi lo abbia ucciso né chi abbia impartito l'ordine di farlo. Era uno straordinario fotografo. Tre mostre (a Bellinzona, a Roma e a Pavia) sono state dedicate alla figura e all'opera di Rocchelli, per impulso della famiglia e di un coraggioso reporter ticinese, Gianluca Grossi. Ma poi pochi si sono occupati del caso: Adriano Sofri, Vauro, la Comunità di Sant'Egidio… E ora, a due anni esatti dalla sua morte, una cortina di ferro sembra calata su quei fatti. Niente si muove. Le autorità ucraine in ogni incontro ufficiale sono interpellate dalle autorità italiane e la risposta è sempre la stessa da due anni: assicurano che le inchieste sono in corso, coperte dal segreto istruttorio. La procura italiana competente ha chiesto la rogatoria internazionale e circa un anno fa gli omologhi ucraini l’hanno accettata, ma ad oggi non si ha alcun esito. Perché è morto? Me lo domando e ridomando. Non nel senso della ricerca di una causa efficiente. Intendo dire: a quale scopo se ne andava a rischiare la vita in terre lontane? Si potrebbe ribattere che il conflitto ucraino non è affatto lontano da noi, e anzi ci riguarda parecchio, dal momento che lì (come in Siria) sussiste il rischio concreto di un "contatto" tra potenze nucleari come la Russia e la Nato. L'enorme importanza che quel conflitto potenzialmente riveste per le nostre vite non cancella però l'interrogativo sulle ragioni che hanno spinto Rocchelli ad "andare lì", personalmente. Ebbene, queste ragioni possono essere riassunte in due parole, dello stesso Rocchelli: produzione indipendente. "Se non produci niente non sei indipendente", diceva il reporter scomparso in una videointervista rilasciata qualche anno fa (vai al video). Per questa ragione, dunque – allo scopo di "produrre", e cioè di documentare quel che succede nel mondo in prima persona, con la massima libertà di giudizio – Rocchelli è "andato lì", ed è morto. La nostra è un'epoca intessuta di vani desideri e di liquide slealtà. Ci riesce difficile immedesimarci nell'animo integro di persone che cercano di fare onestamente il loro mestiere – vuoi di medico, vuoi di giornalista, vuoi d'altro – anche e soprattutto là dove c'è il caos, la guerra, e dove tutti quelli che possono fuggono via.
© Andy Rocchelli, Cantina-rifugio a Sloviansk «Il nostro è sempre di più un lavoro proibito e proibitivo, soprattutto nell’epoca del “siamo tutti fotografi”. In questo mare di rumore e di scorie Andy era una goccia di purezza». Sono le parole dei giornalisti free lance di Cesura, l'agenzia indipendente che Rocchelli aveva co-fondato nel 2009. "Cesura" era nata perché "produrre" – per Rocchelli e i suoi colleghi free lance – era ormai l'unico modo possibile di fornire all'opinione pubblica un contributo utile a ridestarsi dal sonno delle pseudonotizie preconfezionate, premasticate, predigerite. "Produrre" significava per Rocchelli avvistare con onestà fatti veri e rilevanti che l'informazione standardizzata copre e distorce più di quanto non disveli. Effettivamente, se non ci fossero le immagini cristalline uscite dalla macchina fotografica di Andrea Rocchelli, noi tutti si saprebbe assai meno sulle condizioni di vita degli immigrati a Rosarno, sulle primavere arabe, sui conflitti caucasici, sulla guerra civile in Ucraina e su tante altre realtà che interpellano la nostra coscienza civile. Mi viene in mente la massima di Radio Radicale, grande, immenso lascito di Marco Pannella all'Italia: "Conoscere per deliberare". Dobbiamo sapere che cosa effettivamente accade intorno a noi, per poter compiere le nostre scelte. E questo oggi, senza Rocchelli, è diventato un po' più difficile per tutti. Le foto di Rocchelli costituiscono un documento preziosissimo per ciascuno di noi che voglia ancora prendere sul serio i propri compiti di cittadino.
© Andy Rocchelli, Guerriglia urbana a Kiev A Zurigo è stata promossa dalla Società Dante Alighieri e dalla Società Cooperativa Italiana una Matinée dedicata ad Andrea Rocchelli, che avrà luogo presso il "Coopi" domenica 5 giugno. Alla manifestazione – che sarà condotta dalla giovane regista teatrale svizzera Miriam Lustig – prenderanno parte come relatori la madre di Andrea Rocchelli, Elisa Signori (autorevole studiosa di storia del Novecento e docente presso le Università di Pavia e di Lugano), il free lance di "Cesura" Gabriele Micalizzi e Miklós Klaus Rózsa, noto e importante fotografo ungherese. Interverranno inoltre Renzo Balmelli, già direttore del TG svizzero (e titolare, presso di noi, della rubrica "Spigolature"), il professor Emilio Speciale, presidente della Società Dante Alighieri, nonché Valeria Perzia, esponente di Libera Terra Mediterraneo. Il programma della matinée zurighese per Rocchelli contempla anche l'intervento musicale di due virtuosi della statura di Letizia Fiorenza (voce) e David Sautter (chitarra classica). Il Coopi offrirà ai convenuti un rinfresco. Vino prescelto: il "Centopassi", prodotto con metodi biologici sui territori confiscati alla mafia e dedicato alla memoria di un altro giovane e indimenticabile martire del giornalismo italiano, Peppino Impastato. |
Da l’Unità online http://www.unita.tv/ Salvati in 562 nel Mediterraneo. Il video e le foto della Marina Militare Nuova tragedia nel Mediterraneo: si capovolge un peschereccio carico di migranti, 562 persone salvate, cinque morti recuperati e il timore che altri siano rimasti intrappolati nella stiva dell’imbarcazione andata rapidamente a fondo. La scena – avvenuta a una ventina di miglia dalle coste libiche – la racconta una cruda sequenza di foto scattate dal pattugliatore della Marina intervenuto in soccorso: si vede un vecchio peschereccio di legno col ponte stipato all’inverosimile di persone, alcune con il giubbotto di salvataggio, altre no; lo scafo ondeggia paurosamente sotto il peso dei passeggeri, si piega sul lato sinistro e infine si ribalta completamente inabissandosi in breve tempo. E’ sempre la Marina a informare sulla dinamica. Il pattugliatore Bettica, impegnato nell’attività di sorveglianza e sicurezza marittima nel Canale di Sicilia, ha individuato al largo delle coste libiche un peschereccio in “precarie condizioni di galleggiamento con numerosi migranti a bordo”. Giunti sul posto, i militari italiani hanno iniziato la distribuzione dei salvagente. Ma il barcone, ormai instabile, “dopo alcune rilevanti oscillazioni, si e’ capovolto a causa del repentino movimento dell’elevato numero di persone a bordo”. Non e’ dunque rimasto altro da fare se non recuperare i naufraghi. Vai al sito dell’Unità |
La sinistra di fronte ai populismi Austria - Hofer ha perso, ma… Siamo stati un giorno e una notte col fiato sospeso: la vittoria è stata decisa dagli austriaci che hanno votato per posta. di Felice Besostri Gli austriaci residenti all'estero hanno deciso la partita, influenzati dall'opinione pubblica espressa dai grandi mezzi di comunicazione dei paesi che li ospitano. Vittoria non scontata. In Svizzera, Francia, Finlandia e persino nelle scandinave Norvegia, Svezia e Danimarca c'è un'altra opinione pubblica, quella dei votanti, che ha gli stessi sentimenti dell'elettore austriaco di Hofer. Certamente i simboli hanno importanza, se avesse vinto Hofer sarebbe stata la prima vittoria di un partito, che, nel secondo dopoguerra, è stato punto di raccolta dei nostalgici del totalitarismo nazista: come se in Italia avesse vinto il MSI di Almirante e Rauti. La Freiheitliche Partei Österreichs (FPÖ) non è più quel partito, che non superava il 5%: è stato sdoganato due volte (un po' come il MSI diventato Alleanza Nazionale), prima dai socialdemocratici e poi dai popolari austriaci. Oltre a ciò si era fatto un'immagine di “governabilità-governante” con Haider in Carinzia. Se Hofer avesse vinto, tra l'altro, ci si accorgerebbe che l'Austria è un regime semipresidenziale, dove il Presidente di fatto non ha mai esercitato le sue prerogative perché espressione di due partiti, il socialdemocratico e il popolare, i cui leader aspiravano alla guida del governo. Se si prescinde dai simboli, le politiche della FPÖ non sono diverse da quelle della FIDESZ di Orban in Ungheria e della SMER di Fico in Slovacchia, che però hanno l'ipocrisia di far parte, il primo del PPE, il secondo del PSE. Ungheria e Slovacchia formano con la Polonia un trio di Governi, che quindi co-decidono nel Consiglio Europeo sulle politiche di migrazione. La sinistra è stretta nella morsa dei suoi valori da un lato e del concreto pericolo che i migranti siano usati come esercito industriale di riserva per comprimere ulteriormente i salari e destrutturare il welfare. Si dà così nuovo alimento ai populisti xenofobi, che imputano agli stranieri, e non al capitalismo, la perdita del lavoro. Costoro si oppongono allo smantellamento del welfare, ma sono del pari contrari la sua estensione ai non-cittadini stranieri. C'è una bella strada in salita davanti alla sinistra. Il pericolo è stato sventato di minima misura grazie al soccorso postale verde in favore di Van den Bellen: una distanza minore di quando in Francia la gauche, per stoppare la vittoria del vecchio Le Pen, dovette votare per l'ultra-conservatore Chirac. Turandosi il naso. Tiriamo, quindi, un sospiro di sollievo. Fino alla prossima volta. |
Riceviamo e volentieri segnaliamo Rivista storica del socialismo Presentazione del primo numero della nuova serie della Rivista storica del socialismo Milano – Martedì, 7 giugno ore 18 Fondazione Feltrinelli - Via Romagnosi 3 Partecipano: Paolo Bagnoli, David Bidussa, Maria Grazia Meriggi, Andrea Panaccione, Jacopo Perazzoli
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SPIGOLATURE Austria. Felix per un giorno di Renzo Balmelli DESTINO. Felix per un giorno, uno solo: il giorno dello scampato disastro. All'indomani di un voto che per un soffio le ha evitato l'onta di essere il primo Paese dell'UE con un Presidente di estrema destra, voto che però ha solo arginato provvisoriamente il fiume della rabbia, l'Austria si interroga sul suo destino in presenza del forte pericolo ultra nazionalista che il passaggio nelle urne non ha cancellato. Ora più che mai gli europei orgogliosi di esserlo non potranno accontentarsi di tirare un sospiro di sollievo. Altri Hofer infatti sono in agguato un po' ovunque per riportare indietro le lancette del progresso. All'Europa serve un deciso cambio di passo per ritrovare senza indugi i principi cardini dei padri fondatori, tanto più che il populismo non fa appello alla capacità di giudizio delle persone, ma alla forza dei loro pregiudizi. ASSETTI. Pur celebrando la vittoria di Alexander Van der Bellen, un professore ecologista di ampie vedute, sono ancora tante le minacce attorno a noi che consigliano di non abbassare la guardia. Prendiamo il Brexit ad esempio, oppure il Front National in continua crescita, due tessere del complesso e delicato mosaico continentale che nella sciagurata ipotesi di un loro successo potrebbero sconvolgere gli assetti dell'UE con conseguenze inimmaginabili. Con la zia Marine, che insegue il mito di Marianne, e la nipote Marion, con aspirazioni da Giovanna d'Arco, siamo agli antipodi del nuovo capo di stato austriaco, un signore che con orgoglio si dichiara "figlio di immigrati". Quegli immigrati appunto che l'agguerrito binomio Le Pen vorrebbe invece spazzare via per evitare il "fastidioso contagio multiculturale". SILURI. Che il problema, invero di grosse proporzioni, rappresentato dal flusso dei migranti sia una formidabile macchina di consensi a buon mercato per gli xenofobi di ogni risma è un fatto grave e accertato, al pari della deriva che lo accompagna nelle sue manifestazioni più retrive. Quindi o si reagisce secondo le regole della democrazia frutto degli assetti maturati attraverso le varie fasi dell'integrazione europea, oppure sono da prevedere non pochi siluri in grado di mettere a rischio l'esistenza stessa della casa comune. Tante per cominciare sarebbe ora di riflettere sulle origini del fenomeno migratorio e dirsi che se non si vogliono i rifugiati per prima cosa si dovrebbe porre fine alle guerre. Soluzione che non fa comodo ai populisti, essendo risaputo che senza capro espiatorio nessuno più li vota. FORAGGIO. Quanti "se". Sono la somma delle incognite che gravano sull'Italia alla vigilia di una lunga stagione che si preannuncia politicamente molto calda. Calda e dall'esito incerto in quanto il Paese passerà da una logorante campagna elettorale all'altra a partire dalle prossime comunali fino all'autunnale referendum sulla riforma costituzionale. Nell'attuale congiuntura, scandita dal clima di incertezza che regna sia all'interno, sia sul piano internazionale, è difficile esprimere un pronostico sul verdetto delle urne. Al massimo si può formulare un auspicio e sperare che non si realizzino le condizioni per insediare a Roma l'anti politica che costituisce il miglior foraggio per coloro che plaudono ai muri. In quest'ottica il centro sinistra è chiamato a dare una prova di coesione che però non appare scontata. COSCIENZA. Anche da morto hanno provato a rinchiudere Marco Pannella dentro una cornice dalla quale questo moderno Don Chisciotte si è sempre tenuto lontano, sfuggendo a qualsiasi catalogazione con intelligenza, intuito e furbizia. Del suo testamento politico, se mai ne avrà uno, resterà il ricordo delle sue battaglie civili condotte anche a sprezzo della salute allo scopo di affermare - spiegava lui - "il diritto alla vita e la vita del diritto". Come ha scritto un lettore, per quelli della sua generazione il leader radicale è stato" un impasto di sentimenti complessi e contraddittori tra ciò che avremmo potuto essere e non siamo diventati". Destino comune a tutti coloro che, al pari di Pannella, lottando e anche sbagliando sono stati comunque un pezzo di coscienza nel Bel Paese dei troppi compromessi. CANDORE. Dall'Europa all'America e ritorno. Sulla falsariga di quanto accade nel Vecchio, anche nel Nuovo Mondo i residui egoisti della storia rimbalzano da una costa all'altra dell'Atlantico condizionando pesantemente la campagna elettorale negli USA. Sotto la spinta di Donald Trump, capace di cavare dal suo cilindro il peggio del peggio, il vento gonfio di collera e rancori è simile a quello che soffia dalle nostre parti. Chi ha lasciato fare l'ineffabile miliardario senza provare a cambiare registro con l'audacia, l'onestà e il candore del signor Smith ideato da Frank Capra, avrà parecchi conti da rendere alle future generazioni. Qualora l'impensabile diventasse possibile e il repubblicano finisse alla Casa Bianca, dai tasti del pianista sull'oceano salirebbero note intrise di tristezza per la fine del sogno americano. MESSAGGIO. Si usa dire che gli assenti hanno sempre torto. Quest'anno però, pensando all'esclusione dell'Italia dal concorso principale, non si può affermare, a schermi spenti, che il Festival di Cannes sia stato una fucina di originalità e di novità, benché i nomi fossero di tutto rispetto. Fa eccezione l'intramontabile Ken Loach, un valore sicuro che si erge una spanna sopra gli altri. Col suo I, Daniel Blake, a detta dei critici uno dei suoi film più convincenti, l'autore ha vinto la sua seconda Palma d'oro, privilegio raro sulla Croisette. Fedele allo stile che ha sempre guidato il suo impegno sociale, il regista ha colto il segno dei tempi lanciando, con la sensibilità che gli è propria, un commovente messaggio a favore dei diseredati del mondo intero la cui situazione non fa che peggiorare. |
LAVORO E DIRITTI a cura di www.rassegna.it Modifica costituzionale: le critiche della Cgil Approvato dal comitato direttivo un documento che evidenzia tutte le preoccupazioni del primo sindacato italiano rispetto alla proposta di riforma approvata dal Parlamento, a partire dall'assenza di un dibattito all'altezza. Il Direttivo nazionale della Cgil, nella seduta di martedì 24 maggio, ha votato un documento - approvato con due voti contrari e nessun astenuto – che esprime un giudizio critico sulla proposta di modifica costituzionale. Critico sia rispetto al "metodo" che al "merito" della proposta. Rispetto al metodo, il primo sindacato italiano sottolinea in particolare una "discussione parlamentare a tratti compulsiva", un "eccesso di condizionamento del governo", una "impropria polarizzazione del dibattito in aula, che ha raggiunto il suo apice con la dichiarata volontà di fare del referendum confermativo un banco di prova per l'operato complessivo del governo". Per il Comitato direttivo della Cgil "il risultato di tale eccessiva e inopportuna polarizzazione della modifica costituzionale ha provocato l'assenza di un dibattito che affrontasse il merito delle proposte in discussione, oscurato da una sterile contrapposizione tra innovatori e conservatori, fiduciosi e disfattisti, che nulla ha a che vedere con l'intento di aggiornare l'architettura istituzionale della Repubblica". Per quanto riguarda invece il merito della proposta di riforma, la confederazione di Corso d'Italia evidenza come "l''apprezzabile e auspicabile" obiettivo di superare il bicameralismo perfetto, "che la Cgil richiede da tempo", "si è tradotto in un'eccessiva centralizzazione dei poteri allo Stato". Per la Cgil, infatti, "il nuovo Senato, per composizione e funzioni, non potrà svolgere l'auspicato e necessario ruolo di luogo istituzionale di coordinamento fra Regioni e Stato, essenziale a conciliare le esigenze autonomistiche con quelle unitarie". Altra criticità evidenziata dal direttivo Cgil è "l'irragionevole moltiplicazione dei procedimenti legislativi del Parlamento", con il Governo che si vede attribuita "la facoltà di dettare l'agenda parlamentare, potendo porre in votazione a data certa i provvedimenti ritenuti essenziali senza vincoli quantitativi né di oggettività". In conclusione, secondo la Cgil "l'esigenza, da tanti condivisa, di introdurre cambiamenti positivi volti a innovare e modernizzare l'assetto istituzionale, dopo oltre 30 anni di dibattiti e proposte, non viene soddisfatta dall’attuale ipotesi di modifica costituzionale". Siamo di fronte a "un'occasione persa per introdurre quei necessari cambiamenti atti a semplificare, rafforzandole, le istituzioni pubbliche, e giudica negativamente quanto disposto, da tale proposta di modifica, perché introduce nella nostra Carta norme incongrue e inefficaci". LEGGI IL DOCUMENTO INTEGRALE (PDF) |
Da Avanti! online www.avantionline.it/ Marco Pannella, l’ultimo saluto di Camera e Senato Marco Pannella è stato ricordato ieri in Parlamento. Hanno preso la parola i capigruppo di Camera e Senato per celebrare – come ha detto il Presidente del Senato Piero Grasso – “uno dei più grandi protagonisti della storia politica, sociale e civile del nostro Paese”. Lui stesso si definiva “radicale, socialista, liberale, federalista europeo, anticlericale, antimilitarista, non violento e gandhiano”. Un omaggio a Pannella è giunto anche dal Presidente del Parlamento Europeo Schulz.
Marco Pannella con Tenzin Gyatso, XIV Dalai Lama, nel 2008 “La tribuna di palazzo Madama, che oggi accoglie la composita famiglia radicale – ha detto Enrico Buemi, a nome dei socialisti – dieci anni fa fu teatro di una delle proteste più plateali di Pannella. Tra le peggiori ferite inferte alla legalità repubblicana vi è stato, infatti, il mancato riconoscimento alla Rosa nel Pugno dei quattro seggi nella XV legislatura”, ha continuato ricordando come nelle elezioni del 2006, facendosi scudo di una interpretazione del regolamento elettorale del Senato, alla lista di socialista e radicali venne negata una rappresentanza a Palazzo Madama. “La polemica contro la sua mancata nomina a senatore a vita viene, logicamente e cronologicamente, dopo questo vulnus all’applicazione letterale della legge, che fu invano denunciato da giuristi insigni come Giuliano Vassalli”. “Eppure, tra tutte le battaglie condotte, quella per il suo seggio fu l’unica per la quale non scese in sciopero della fame, come il Giulio Cesare di Shakespeare, quello che toccava la sua persona veniva da lui messo all’ultimo posto. Il peso di quell’abuso ancora grava su di noi e ha cambiato, non in meglio, la storia del nostro Paese”, ha concluso Buemi. Per i parlamentari socialisti è intervenuto alla Camera Oreste Pastorelli. “Con la scomparsa di Marco Pannella – ha detto – abbiamo perso un punto di riferimento fondamentale, una fonte di ispirazione, un compagno con il quale abbiamo condiviso tante battaglie e intrapreso un percorso comune con La Rosa nel Pugno, progetto politico ancora attuale. Se oggi l’Italia è un Paese più libero, più laico e più civile lo dobbiamo a questo pioniere della politica, che ha sempre anteposto l’interesse collettivo a quello personale, anche mettendo a rischio la propria salute. Le sue idee e le sue lotte di civiltà, spesso e volentieri osteggiate, oggi fanno parte della cultura civica del nostro Paese. Alcune sue battaglie combattute insieme ai socialisti, come quelle per il divorzio e per l’aborto, hanno migliorato i valori della nostra democrazia. Di questo dobbiamo ringraziare Marco. Un precursore non solo sul piano delle tante iniziative messe in campo, ma sul modo di intendere la politica come servizio in favore dei più deboli e come approccio alle problematiche reali. Marco ci ha lasciato un’eredità indelebile che dovrà essere presa ad esempio. Il nostro impegno, come socialisti, sarà quello di portare avanti le sue idee, continuando a far sentire forte la voce laica di un vero combattente per la libertà” Un omaggio a Pannella è giunto anche dal Presidente del Parlamento Europeo Schulz. Schulz, che ha lavorato per molti anni con leader radicale, ha voluto ricordare Pannella come appassionato difensore dei diritti umani, del pacifismo e del pluralismo, come strenuo oppositore della pena di morte e sostenitore dei diritti dei detenuti, dei diritti LGBT e uno dei primi sostenitori della parità tra uomini e donne. “Convinto europeista, Pannella è stato rispettato ben oltre i confini nazionali e di partito. I suoi sforzi saranno proseguiti dai colleghi in Parlamento – ha promesso Schulz – che ha poi trasmesso le condoglianze del Parlamento alla famiglia e agli amici”. Vai al sito dell’avantionline |
Da MondOperaio http://www.mondoperaio.net/ Perché votare a favore della riforma costituzionale Il direttore di Mondoperaio e molti collaboratori della rivista hanno diffuso un documento per sostenere il Sì nella prossima consultazione referendaria. Di seguito il testo dell’appello ed il dibattito aperto da Gianfranco Pasquino Sono passati quasi quarant’anni da quando, sulle colonne di Mondoperaio, si aprì il dibattito sulla riforma della Costituzione. Allora la nostra era una vox clamantis in deserto, anche se già da allora era evidente la necessità di correggere la deriva assembleare in cui era caduto il nostro parlamentarismo. Fra di noi non mancò chi, sulla scia di quanto sostenuto alla Costituente da Piero Calamandrei, propose addirittura di mutare radicalmente la forma di governo in senso presidenzialista. Ma tutti comunque convenimmo sull’opportunità di rafforzare l’esecutivo e di semplificare il procedimento legislativo, anche sull’esempio di altre democrazie europee che pure avevano adottato la forma di governo parlamentare. Poi le vicende dei primi anni ‘90 fecero sì che si operasse una cesura nella continuità del sistema politico con una semplice riforma elettorale, prescindendo dalla pur necessaria revisione della Costituzione: ed avere preferito regolare diversamente dal passato i rapporti di forza senza provvedere a regolare di conseguenza i rapporti fra le forze è fra le cause non ultime della crisi politica che stiamo vivendo. A sanare questo vizio d’origine del nuovo sistema politico, del resto, non sono serviti neanche i velleitari tentativi di mutare la forma di Stato in senso federalista: ed è anzi fra i meriti della riforma che verrà sottoposta a referendum avere corretto le incongruenze che di quei tentativi sono state il frutto. Senza dire che portare nella legislazione nazionale il punto di vista delle Regioni varrà a superare conflitti di competenze che attualmente si affollano davanti alla Corte costituzionale, quando non sfociano addirittura, come è avvenuto di recente, nella convocazione di referendum popolari. Quanto ai rapporti fra governo e Parlamento, non si può ignorare che oggi, benché il governo non sia così forte come in altri paesi, il Parlamento è sempre più debole: mentre è presumibile che regolando con maggiore chiarezza gli equilibri fra le due istituzioni entrambe si rafforzino, e che il superamento del bicameralismo paritario valga addirittura a spuntare l’arma della questione di fiducia, con la quale sempre più spesso i governi hanno ricattato le due Camere, e che ora nei confronti di una delle due non potrà essere usata, a fronte di obiezioni di merito fondate e sostenute da adeguato consenso. Non ci sfugge, peraltro, che il testo che verrà sottoposto al giudizio degli elettori non risolve tutti i problemi, e presume anzi ulteriori interventi di adeguamento dell’edificio costituzionale. Ed è auspicabile che essi prendano corpo in un contesto meno condizionato da opportunismi politici di cortissimo respiro come quelli che hanno caratterizzato negativamente l’iter parlamentare della legge di revisione. E’ anche per sanzionare lo sfrenato politicismo del variegato e incoerente fronte degli oppositori, del resto, che invitiamo gli elettori a votare Sì. Ma è soprattutto perché con questa riforma giunge a un primo approdo un processo che avviammo noi stessi quasi quarant’anni fa. Luigi Covatta, Michele Achilli, Gennaro Acquaviva, Salvo Andò, Mario Artali, Antonio Badini, Valentino Baldacci, Luciano Benadusi, Achille Bonito Oliva, Domenico Cacopardo, Luigi Capogrossi, Mario Chiti, Zeffiro Ciuffoletti, Dino Cofrancesco, Simona Colarizi, Giovanni Cominelli, Edoardo Crisafulli, Camillo De Berardinis, Mauro Del Bue, Danilo Di Matteo, Fabio Fabbri, Ugo Finetti, Aldo Forbice, Elisa Gambardella, Vito Gamberale, Marco Gervasoni, Giulia Giuliani, Marino Lizza, Nicla Loiudice, Matteo Lo Presti, Gianpiero Magnani, Giuseppe Mammarella, Michele Marchi, Pio Marconi, Antonella Marsala, Andrea Millefiorini, Matteo Monaco, Raffaele Morese, Ugo Nespolo, Corrado Ocone, Piero Pagnotta, Giuliano Pennisi, Giuliano Parodi, Luciano Pero, Carmine Pinto, Pino Pisauro, Marco Plutino, Paolo Pombeni, Gian Primo Quagliano, Mario Raffaelli, Gianrico Ranaldi, Stefano Rolando, Elisa Sassoli, Eugenio Somaini, Celestino Spada, Tiziano Treu, Bruno Zanardi. |
FONDAZIONE NENNI http://fondazionenenni.wordpress.com/ Premiati al Senato Tamburrano, Angeli e Lucano L’auspicio finale è stato bello e commovente. Il socialismo italiano ed europeo hanno una sola maniera per riuscire a ritrovare quella forza e quella identità che gli hanno consentito di essere protagonista negli anni migliori del dopoguerra, quelli non a caso chiamati i “trenta gloriosi”: inerpicarsi sulle spalle di “questo gigante”, cioè Pietro Nenni, e guardare verso l’orizzonte. A Giuseppe Tamburrano è stato consegnato ieri il Premio Nenni “per l’alto valore dell’impegno espresso nella cultura e nella politica italiana valorizzando con passione e rigore scientifico le ragioni e la storia del socialismo”. Così recita la parte iniziale della motivazione letta alla presenza della vice-presidente del Senato, Valeria Fedeli. L’artistica ceramica faentina lega il riconoscimento al lavoro storico, scientifico e politico compiuto da Tamburrano accanto a Nenni. Per tutto l’universo accademico, Tamburrano è il “biografo” del leader nato a Faenza (il rapporto con la città natale non è mai stato semplice, come ha sottolineato il senatore Stefano Collina, ma negli ultimi tempi l’amministrazione comunale ha intensamente lavorato proprio per riannodare i fili della memoria anche in collaborazione con la nostra Fondazione). Non a caso nella motivazione si legge ancora: “Con gratitudine profonda per aver mantenuta viva la memoria di un grande protagonista del socialismo e della libertà come Pietro Nenni attraverso la costituzione della Fondazione sostenuta da un’opera sapiente ed encomiabile di raccolta e conservazione di una documentazione preziosa accompagnata da importanti iniziative di spessore culturale e storico. Con un ringraziamento sincero per il suo amore in valori fondamentali per la convivenza civile e democratica testimoniata dal suo lavoro di politico e storico”. Al tavolo della presidenza, ascoltava la lettura della motivazione il nipote di Nenni, Pierpaolo. E’ stata una giornata di riflessione, di commozione e di celebrazione, quella di ieri nella sala Koch al Senato. Terza edizione del Premio Nenni organizzata attraverso lo sforzo congiunto delle Fondazioni Nenni e Buozzi, la Uil, il Comune di Faenza e i senatori del Pd, sotto il patrocinio di Palazzo Madama. Sotto la presidenza di Giorgio Benvenuto e la conduzione della giornalista televisiva Dania Mondini (che ha letto un messaggio dell’ex presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano), al microfono si sono avvicendati politici e attori. Perché il Premio Nenni è stata anche l’occasione per presentare due grandi avvenimenti culturali. Il progetto teatrale “Vivà” che metterà in scena (basandosi sul libro scritto dal nostro Antonio Tedesco) la tragica vicenda di Vittoria Nenni, morta ad Auschwitz (un commovente brano è stato letto da Azzurra Martino: la lettera dell’amica che nelle ultime ore fu accanto a Vivà nell’inferno del lager); e il film “confinati a Ponza” che narra la paradossale vicenda di Pietro Nenni e Benito Mussolini che dopo la caduta del regime e la nomina di Badoglio si ritrovarono, tutti e due da prigionieri, sull’isola. In sala il regista e interprete (nel ruolo di Mussolini) del film, Francesco Maria Cordella, e l’interprete principale femminile (una donna misteriosa che si aggira sulla scena, un po’ spia e un po’ femme fatale) Debora Caprioglio. Ma ha fatto sentire la sua voce, attraverso un video, anche Peppino Mazzotta (il Fazio del “Commissario Montalbano”) che nelle vesti del leader socialista ha narrato il dramma personale legato alla perdita della figlia, al dubbio di non aver fatto tutto il possibile (la storiografia si è lungamente misurata sul rapporto tra Nenni e Mussolini, nato negli anni della comune militanza socialista) per salvarle la vita. La Fondazione ha voluto anche assegnare due premi speciali. E’ toccato a Pierpaolo Bombardieri, segretario organizzativo della Uil, consegnare a Mimmo Lucano, sindaco di Riace, un riconoscimento estremamente significativo. Proprio lo scorso anno i sindacati decisero di celebrare il 1° maggio a Pozzallo per esprimere solidarietà nei confronti degli immigrati, per chiedere nuove politiche per il lavoro, unico antidoto contro questi esodi biblici, per promuovere vere politiche di accoglienza. Bombardieri, peraltro, nel suo intervento, aveva sottolineato quanto il lavoro sia scomparso dalle agende della politica. Lucano, in un territorio non facile come la Calabria, tra minacce (ieri due bossoli sono stati recapitati al suo vice, Maurizio Cimino; lui stesso, peraltro è stato nel passato destinatario di espliciti messaggi minatori) e difficoltà strutturali, ha avviato una politica dell’accoglienza trasformando il paese, come dice la motivazione, in “uno splendido esempio di solidarietà e di integrazione con gli immigrati che sono stati inseriti nella comunità, vivendo e lavorando per realizzare insieme agli abitanti del luogo una convivenza che rende tutti migliori e da positive prospettive di vita”. Il sindaco ha lanciato un messaggio di fiducia sottolineando come la Calabria che è spesso ultima in tante classifiche nazionali, in questo caso, invece, occupi il primo posto. Una storia di coraggio, quella di Lucano; una storia di coraggio quella della giornalista de “la Repubblica”, Federica Angeli che ha denunciato con i suoi articoli l’inquinamento mafioso di Ostia. Nonostante le intimidazioni lei è rimasta a vivere nel quartiere del litorale perché, come ha sottolineato, come loro, i vari capibastone che dominano in quella zona, sono per lei un fastidio, allo stesso modo lei intende essere un fastidio per loro. Un riconoscimento, insomma, “per aver dimostrato con coraggio che la professione giornalistica può rappresentare anche una testimonianza di valori civili essenziali”. |
Blu come un'arancia (Retedue, RSI) Laddove c’è natura, oggi ci sono anche treni Una serie radiofonica curata da Mattia Lento “Dal ventre del Gottardo”. Da lunedì 23 a venerdì 27 maggio 2016 alle 18:10. Ascoltabile anche in diretta streaming: http://www.rsi.ch/rete-due/ Podcast: http://www.rsi.ch/rete-due/programmi/cultura/blu-come-unarancia/ Da lunedì 23 a venerdì 27 maggio 2016 alle 18:10 Replica il giorno seguente alle 01:30 “Laddove c’è natura, oggi ci sono anche treni”, scriveva Robert Walser nel 1907, e laddove ci sono treni, in una regione montuosa come la Svizzera, ci sono anche tunnel. Proprio il tunnel è un motivo letterario che torna a più riprese tra gli scrittori e le scrittrici svizzere, ma anche tra i letterati che hanno avuto a che fare con il territorio elvetico. Resoconti di viaggio, fantascienza, letteratura di montagna e altro ancora: sono molti i generi in cui ritroviamo il motivo del tunnel. A volte funge da semplice sfondo alle vicende principali, altre volte è al centro del racconto. La fortuna dei tunnel su suolo elvetico comincerà a partire dalla costruzione di un’opera faraonica per l’epoca: la galleria ferroviaria del Gottardo, realizzata sul finire dell’Ottocento. Sarà proprio quest’opera a ispirare a più riprese scrittori, intellettuali e anche alcuni registi. Di volta in volta oggetto d’ammirazione, di propaganda, d’orgoglio, di critica feroce o addirittura di timore reverenziale, il tunnel ferroviario del Gottardo si è guadagnato un posto di tutto rispetto nella letteratura e in parte anche nel cinema. Il tunnel automobilistico, costruito un secolo più tardi, non riuscirà mai a eguagliare il suo omologo ferroviario, ma fornirà l’occasione a un regista come Villi Hermann per fare i conti con la grande impresa dell’Ottocento, con uno sguardo più distaccato e critico. In occasione dell’inaugurazione del tunnel di base del Gottardo, la serie di questa settimana, curata da Mattia Lento, ripercorre proprio l’intenso rapporto tra letteratura, cinema e i tunnel del Gottardo. |
Da vivalascuola riceviamo e volentieri pubblichiamo La scuola in retromarcia di Giorgio Morale La nuova puntata di vivalascuola è dedicata alla scuola in retromarcia. Sia sul piano didattico che sul piano normativo, economico, sociale. Ne parlano in questa puntata di vivalascuola Benedetto Vertecchi e Giovanna Lo Presti: https://lapoesiaelospirito.wordpress.com/2016/05/16/vivalascuola-208/ Mai come quest’anno avanzano nelle scuole comportamenti da caserma o da cosca, sottosviluppo culturale promosso da ubriacatura di test e tecnologie, lavoro nero non pagato per conto dello Stato. Quali soluzioni? La raccolta delle firme per il referendum abrogativo di alcuni commi della legge 107 può essere una grande occasione di discussione nazionale sulla scuola. E poi, come dice Anna Maria Bellesia, una soluzione anche se contingente e provvisoria è “mandare a casa Renzi col referendum istituzionale di ottobre e votare successivamente solo per chi si impegna in modo chiaro e preciso a cambiare gli aspetti controversi della legge 107”. E per cominciare ricordiamoci della cosiddetta “Buona Scuola” del governo in carica anche in occasione delle prossime elezioni amministrative del 5 giugno. |
LETTERA DA TRIESTE Cosa possiamo imparare dal movimento migratorio Compulsando su Twitter, seguendo Facebook e il sito meltingpot.org, a guardare la lenta e inesorabile deportazione delle migliaia di bambini donne e uomini dal fango di Idomeni. Forse lo stiamo facendo in moltissimi in questo momento, forse in migliaia in tutta Europa, ma da soli ognuno per sé. Stiamo introiettando l'ineluttabile frustrazione del non essere in grado di fermare la barbarie. Dove sono i movimenti, dove la società civile. Questa è una domanda ricorrente che viene posta retoricamente da molti mesi, la risposta è davanti ai nostri occhi, forse non visibile perché troppo evidente. Da moltissimi anni non si vedeva un Movimento così forte e imponente come quello a cui stiamo assistendo. Un Movimento radicale, conflittuale e costituente, di massa, enorme nei numeri e nel significato storico oltre che simbolico, questo è il Movimento che abbiamo davanti agli occhi. Questo Movimento è il Movimento migratorio che sta radicalmente cambiando le proprie vite e la nostra percezione di quelli che sono gli spazi di "civiltà occidentale". O accoglienza o barbarie. Un Movimento che confligge immediatamente e naturalmente con l'ordine costituito, fatto di confini e polizie o eserciti alle frontiere, muri e sbarramenti che tentano di fermare la vita che si muove, come se si potesse fermare il vento. Un Movimento costituente di nuova costituzione dell'esistente, sta mettendo in discussione i pilastri dell'Europa e di quello che pensavamo di essere, provocando un tentativo abominevole da parte della destra più becera di "costituire" un movimento contrario, solo che invece della vita questi tristi figuri rappresentano la morte. Un Movimento simbolico, le migrazioni hanno sempre rappresentato il senso stesso del movimento, muoversi cambia, trasforma e contamina, sposta culture arricchendole, porta sempre qualcosa senza sottrarre mai niente. Un Movimento storico, sappiamo già che la storia non sarà più la stessa, per fortuna. Il problema è che non è il "nostro movimento" non lo produciamo noi e tanto meno lo governiamo, non sappiamo come intrecciarlo con quelli che sono i nostri percorsi, vittime come siamo del già visto e conosciuto nel tentativo di riprodurre all'infinito quello che abbiamo fatto sperando sia sufficiente almeno al mantenimento del nostro comfort mentale. Ma questo è allora il problema, la nostra inadeguatezza, la mia sicuramente. Ovviamente tante cose vengono fatte e stiamo facendo, nei percorsi di accoglienza e solidarietà, di racconto e testimonianza, tranne quello che forse servirebbe veramente, farci travolgere. Farci travolgere da questo Movimento fino in fondo e comprenderne il senso trasformativo e costituente, esserne parte nel mettere in discussione la costituzione stessa del nostro vivere, subire, quotidiano, questo sì, darebbe il senso dell'essere partigiani, quelli veri. Io voglio essere di parte, noi dobbiamo essere di parte, o con chi deporta o con chi resiste alla deportazione. La buona accoglienza la facciamo a noi stessi quando siamo capaci di accogliere la potenza espressa da movimenti epocali come questo, il resto è riconoscere la giusta dignità alle persone che arrivano nel nostro Paese, cosa che come ben sappiamo non è scontata né facile. Abbiamo una opportunità enorme se saremo in grado di coglierla. Poche settimane fa al Posto delle Fragole a Trieste, durante la presentazione dei libri La Cura e E tu slegalo subito, si parlava di come sia importante il prendersi cura di sé e della comunità, di come i corpi vanno liberati dalla contenzione in psichiatria e dai lacci della norma. Soprattutto però si parlava di come non ci si possa salvare da soli, ci si salva assieme, nessuno escluso. Questo è quello che abbiamo davanti oggi come opportunità, fare questo passo fino in fondo partendo dal mettersi in discussione e ricominciare. Abbiamo un Movimento che ci può aiutare in questo passaggio, cogliamola questa opportunità, prima che sia troppo tardi. Alessandro Metz - Legacoopsociali Fvg |
L'AVVENIRE DEI LAVORATORI EDITRICE SOCIALISTA FONDATA NEL 1897 Casella postale 8965 - CH 8036 Zurigo L'Avvenire dei lavoratori è parte della Società Cooperativa Italiana Zurigo, storico istituto che opera in emigrazione senza fini di lucro e che nel triennio 1941-1944 fu sede del "Centro estero socialista". Fondato nel 1897 dalla federazione estera del Partito Socialista Italiano e dall'Unione Sindacale Svizzera come organo di stampa per le nascenti organizzazioni operaie all'estero, L'ADL ha preso parte attiva al movimento pacifista durante la Prima guerra mondiale; durante il ventennio fascista ha ospitato in co-edizione l'Avanti! garantendo la stampa e la distribuzione dei materiali elaborati dal Centro estero socialista in opposizione alla dittatura e a sostegno della Resistenza. Nel secondo Dopoguerra L'ADL ha iniziato una nuova, lunga battaglia per l'integrazione dei migranti, contro la xenofobia e per la dignità della persona umana. Dal 1996, in controtendenza rispetto all'eclissi della sinistra italiana, siamo impegnati a dare il nostro contributo alla salvaguardia di un patrimonio ideale che appartiene a tutti. |
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