Non saprei come fare meglio... a me appare perfetto, comunque ecco il link http://orizzonte48.blogspot.it/2015/07/euro-alla-frutta-e-ttip-alle-porte-e-il.htmlciao
From: farabir at iii.it To: dirittiglobali at peacelink.it CC: xenos at iii.it Date: Wed, 8 Jul 2015 16:54:14 +0200 Subject: Re: [Diritti] gli USA non vogliono l'eurodissoluzione (FW: Orizzonte48)
Il testo ha caratteri e
impostazione che non facilitano la lettura, tutte le righe sono
appiccicate le une alle altre. E' possibile re-inviare il testo in
modo più ....normale e quindi più leggibile ? Grazie.
Franco
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----- Original Message -----
Sent: Wednesday, July 08, 2015 9:37
AM
Subject: [Diritti] gli USA non vogliono
l'eurodissoluzione (FW: Orizzonte48)
Orizzonte48
EURO ALLA FRUTTA E TTIP ALLE PORTE. E IL REFERENDUM
BOOMERANG ALLA FINE TUTELERA' I CREDITORI.
Posted:
07 Jul 2015 03:01 PM PDT
1. Dal blog di Krugman vi traduco, nelle parti salienti,
questa irresistibile istantanea del volto idiota di una dittatura in
nome dei mercati (e, ci ripetono in continuazione, della
"pace"!):
"Supponiamo...che
si parlasse di aumentare permanentemente il saldo primario di un
punto di PIL. Come ho scritto in precedenza, e come rileva Simon Wren-Lewis, data la mancanza di una politica
monetaria indipendente, ottenere un surplus primario richiede molto più
di un'austerità in "rapporto 1 a 1".In effetti, una
buona ipotesi è che occorra tagliare la spesa pubblica del 2% del
PIL, dato che l'austerità riduce l'economia e le entrate tributarie.
Ciò, a sua volta, significa che si riduce l'economia intorno al 3%.
Così, un 3% di colpo inferto al PIL per aumentare il saldo primario di
1.
Ma un'economia
ridotta implica che il rapporto debito/PIL vada inizialmente in
aumento. Ed infatti, dato il punto di partenza della Grecia, con un
debito al 170% del PIL, l'effetto avverso dell'austerità significa che
cercare di innalzare di 1 punto il saldo primario determina la
crescita del rapporto debito/PIL di 5 punti
(0,03x170). Questo suggerirebbe
che ci vorrebbero 5 anni di austerità per avere la ratio del debito
nuovamente al livello in cui sarebbe stata in assenza di
austerità. Ma, aspettate,
c'è di più. Associamo Irving Fischer alla discussione.
Un'economia più debole porterà a minor inflazione (o a una più
intensa deflazione), che, anch'essa, tende a innalzare il rapporto
debito/PIL.
Il grafico mostra
uno schema dell'output gap della Grecia (quale stimato dal FMI - una
misura dubbia, ma atteniamoci ad essa) in parallelo alla variazione del
deflattore del PIL.
Sì, è una rozza
curva di Phillips, ma rende l'idea. E suggerisce che
1 punto di maggior avanzo primario, che richiede un'austerità che
causa 3 punti di caduta del PIL reale, ridurrà l'inflazione di circa lo
0.7% (3x0,23). E se parti con un
debito al 170% del PIL, ciò innalza il rapporto di più di un punto
percentuale ogni anno. Cioè, il tentativo di ridurre il debito
tagliando la spesa, aumenta in pratica il rapporto del debito su PIL,
non solo nel breve periodo, ma indefinitamente.
OK, possiamo
attutire questo risultato contando l'effetto della caduta dei prezzi
greci nelle esportazioni, cosa che spingerebbe la crescita
economica. Sto ancora lavorando su questo aspetto, ma al meglio rende
l'austerità efficace nel ridurre il rapporto debito/PIL "in the
very long run" — pensate a decenni, non anni. L'austerità, per un
paese nella posizione della Grecia, appare una soluzione
impraticabile persino se il debito (pubblico, ndr.) sia tutto ciò a cui
prestate attenzione. E, per essere
proprio chiari, sto riportando macroeconomia da testo universitario,
nulla di esotico.Sono gli "austerian" che si stanno inventando nuove
dottrine economiche per giustificare le loro politiche, che risultano
comportare non sacrifici temporanei, ma un fallimento
permanente."
2. E questo,
anzitutto, varrebbe per Monti e Vaciago, come ci riporta Mauro Gosmin.Ma non vi
riporto Krugman per confutare la (peraltro, mediaticamente
monolitica) versione italiana delle "nuove dottrine economiche" degli
"austerian", cioè del "se non cresci è perchè non hai fatto
(abbastanza) riforme"; che poi in realtà sono le teorie piuttosto
vecchiotte degli anni di Hoover nella crisi del '29, sempre vive e in
attesa di rivincita da quando esiste la "costruzione €uropea" - come ben
ci racconta un Padoa Schioppa del 1999, esplicitamente tifoso
della pace che sarebbe stata garantita dall'amato gold-standard (!), cui
si ispira l'euro (secondo la puntuale teorizzazione parallela di Hayek, cfr; parte
finale).3. Vi riporto la
limpida e lineare dimostrazione di Krugman, al contrario, perchè essa
è estranea alla linea abbracciata veramente da
Tsipras, il quale, proprio perchè, - senza alcun cedimento in
nessuna fase delle attuali trattative e persino durante il periodo di
"campagna" per il referendum-, aveva sostanzialmente accettato il
nuovo memorandum dei creditori
€uropei-FMI. Anzi, rammentiamo,
dopo che la rottura delle trattative e l'iniziativa del referendum si
erano già verificate, aveva lanciato alla Merkel una proposta di
integrale accettazione della linea di neo-austerità aggiuntiva per
la Grecia. Tanto che ogni
ipotesi di trattativa, logicamente e senza alcuna sorpresa,
partirà da quel documento, essendo ormai ben noto che le
differenze, tra le parti del negoziato, sulla quantità e sulle
specifiche misure del consolidamento aggiuntivo, erano minime.4. Ciò significa
che i fiumi di retorica sul "coraggio" di Tsipras, sul
segnale di democrazia dato "dall'indomito popolo greco col no
al referendum", hanno un oggetto piuttosto immaginario e lontano
dalla realtà: dicono no, ma appoggiano "con orgoglio" un governo che
ha già detto sì a quella nuova ondata di calo del PIL, aumento
della disoccupazione, ossessione per la "competitività", aumento del
debito su PIL, output-gap e indebitamento pubblico ed estero fuori
parametri (e fuori di ogni traccia di crescita del PIL e sostenibilità
del debito stesso) per decenni e decenni, evidenziata da
Krugman.Il vero punto di
tutta la trattativa, e quindi la vera "fonte" della discordia tra le
parti, non sta nel fatto che l'austerità sia impraticabile, inutile e
dannosa - e che questo sia l'unico "spirito" consentito alla
"democrazia" nell'ambito della camicia di forza dell'euro, che i greci
(e certamente Tsipras), nonostante il referendum, non vogliono
abbandonare - ma risiede nel trattamento del debito
pregresso.5. Quello stesso
debito accumulato dalla Grecia per aver aderito alla moneta
unica, "scoppiato" a seguito della crisi innescatasi nel 2010 e
trasformato, come sappiamo, da debito verso le banche francesi e
tedesche, in debito verso la trojka: come ormai non nasconde il
FMI, è l'haircut (che sia in forma di taglio percentuale del
debito o in un allungamento delle scadenze, o in entrambe le cose),
la vera materia di trattativa che si pone a partire dal
referendum greco.La Germania ha
fatto già sapere che un accordo sia un'ipotesi piuttosto astratta e
remota, a questo punto, e Hollande si
accoda. Ma il fatto
che il FMI, cioè gli USA che (nonostante
la presidenza Lagarde, o francese in genere, sono un organismo a
governance USA, come ci evidenzia bene Chang), abbiano focalizzato la
questione sull'haircut è ben più importante.Il fatto è cioè
essenzialmente (geo)politico: gli USA non vogliono l'eurodissoluzione,
ma ancor meno desiderano che la Grecia, in questa momento, sia
sospinta verso est, cioè nella sfera di influenza economico-politica
della Russia (o della Cina, o di entrambe). Lo evidenzia molto bene
anche Alberto Bagnai, nell'articolo di oggi sul Fatto Quotidiano
(pag.5). 6. A questo punto,
però, si pone la questione reale, della situazione presente e
futura della Grecia, come epifenomeno riassuntivo dell'intera
questione degli squilibri commerciali inevitabili all'interno dell'area
euro (questione che investe anche l'Italia e la spaventosa
recessione-stagnazione da cui non potrà uscire, altrettanto, nei
prossimi decenni, ovviamente se rimane
nell'euro).La Grecia è
fallita: si deve procedere a qualche forma di default
pilotato. Ma il referendum
è uno strumento di trattativa, non di ripristino della democrazia
(sovrana e costituzionale); uno strumento che con la volontà di
uscire dall'euro non c'entra nulla. E difatti il voto è stato espletato
da un popolo che non si pone affatto il problema principale che ha di
fronte. Non se lo pone
perchè rivendica l'orgoglio di essere €uropeo senza austerità e
non si cura, tuttavia, di contestare il fatto che tale
austerità è accettata dal governo che, pure, lo invita a votare no;
ma non se lo pone, soprattutto, perchè ancora oggi, nessuno gli ha
spiegato tale problema.7. E cioè che:
- Se anche
l'austerità fosse utile - e non lo è; - se anche fosse
socialmente ed economicamente tollerabile - e non lo
è;- se anche fosse
(democraticamente) respinta - e non lo è stata, a meno di prendersi in
giro (la riprova sta nel fatto che Tsipras è ancora al suo posto, grazie
al referendum anti-austerità ma...vuole trattare sulla base "austera" di
ciò che ha inequivocabilmente accettato, limitandosi a criticarlo come "imposizione"...contraria ai
trattati europei!); - se anche si
arrivasse, sospinti dalla real-geo-politik USA, al default
controllato;il problema,
non spiegato da Tsipras e non risolto dal referendum, è che le cause
della insolvenza accumulata dalla Grecia non sarebbero risolte, ma anzi
aggravate, e dunque possono riprodursi all'infinito, durante i
lunghi anni futuri di permanenza nel meraviglioso mondo dell'euro,
a parole senza austerità. Ma solo a parole: mentre,
nei fatti, si tratta di arrivare, ogni tot anni, a voler essere
ottimisti, a una serie di haircuts controllati, sponsorizzati
dagli USA, ma il cui peso finanziario sarebbe sostenuto non solo
dagli Stati "cessionari di credito" (via ESFS e ESM) di
appartenenza delle banche creditrici, ma anche dagli Stati
assuntori di debito (per finanziare l'ESM e per rifinanziarne le
perdite), e già debitori per conto proprio, tirati dentro questo
disastro come l'Italia. 8. L'unico
aspetto paradossalmente positivo, è che gli USA possono (potrebbero)
rendersi conto che questa prospettiva, anche in termini di
convenienza geo-politica, non è ancora a lungo
praticabile.Gli stessi
creditori potrebbero rimetterci troppo, una volta che il rischio
dell'insolvenza del debitore, fatto uscire dalla porta del salvataggio
via trojke varie, rientrasse dalla finestra del principio della
negoziabilità di possibili default parziali periodicamente in
sospeso... E, allora, gli USA
potrebbero venire incontro a Germania e Francia, promuovendo una
rottura "ordinata" dell'eurozona. Ma solo se l'UE
accettasse di legarsi, quanto prima, al neo-vincolo del TTIP.Insomma, siamo al
redde rationem, ma non verso la democrazia delle
sovranità costituzionali, che non sono invocate da nessuno
dei governi interessati, e che quindi è fuori del panorama del
potere politico-mediatico dominante e delle opzioni messe in campo da
qualunque "referendum": piuttosto verso l'inevitabile rilancio liberoscambista
che, come dose ulteriore dello stesso veleno, si sussegue ad ogni
fallimento dell'internazionalismo neo-liberista e autoritario,
contrabbandato da perseguimento della pace.ADDENDUM:
è interessante vedere questo articolo del (certamente) moderato - nel senso
di non post-keynesiano - Munchau. Tradotto dal Financial Times per il
Corriere della Sera. Vi si legge, tra
l'altro:" Il taglio del
debito, frutto di trattative o unilaterale, è una matematica
conseguenza dei parametri economici stabiliti per la Grecia. Il
Paese potrà restare nell’euro solo se saranno soddisfatte esattamente
quattro condizioni: il condono dei debiti, un rifinanziamento del
sistema bancario, reali riforme strutturali e la fine della politica di
austerità. Se la Germania e gli altri finanziatori danno la propria
disponibilità, allora la temuta Grexit si potrà scongiurare. Altrimenti
no. È un dato di fatto.
...Uno studio della
storia economica avrebbe reso superflua questa tardiva ammissione. Le
lezioni che si possono trarre dall’economia sono raramente
inequivocabili, ma la storia ci insegna senza dubbio che la crisi del
debito va risolta rapidamente. Chi arriva tardi viene punito dalle
circostanze. Penalmente i programmi di sostegno alla Grecia deliberati
nel 2010 e 2012 avrebbero senza dubbio configurato un ritardo nella
presentazione dell’istanza di insolvenza, se si fosse trattato del
settore privato.
...Il pericolo
di contagio diretto è limitato. Io ravviso invece il pericolo maggiore
in un successo di quella stessa decisione. Se due anni dopo una
eventuale Grexit l’economia greca riprende a crescere, il dibattito
prenderà un’altra piega, soprattutto in Italia. Da quello che una volta
era un rischio scaturirà una liberazione che lascerà dietro di sé un
moncone di euro nordeuropeo, con un cambio
sopravvalutato.
Gli effetti di
questa politica economica si potranno confrontare allora con la catena
di decisioni drammatiche prese cento anni fa: una guerra sottovalutata,
seguita da un Trattato di Versailles che nel suo dogmatismo non si
discosta sostanzialmente dai principi della politica economica tedesca.
La decisione razionale per la Germania sarebbe accettare un taglio del
debito. Alexis Tsipras dà segnali di voler trattare. Anche la Merkel lo
dovrebbe fare."
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