[Diritti] ADL 150319 - Tunisi



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L'AVVENIRE DEI LAVORATORI

La più antica testata della sinistra italiana, www.avvenirelavoratori.eu

Organo della F.S.I.S., organizzazione socialista italiana all'estero fondata nel 1894

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Direttore: Andrea Ermano

 

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e-Settimanale inviato oggi a 44219 utenti - Zurigo, 19 marzo 2015

   

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Lettera da Genova

 

La gravità dell'attentato a Tunisi

 

Alla viglia del Forum Sociale Mondiale

in programma dal 24 al 28 marzo.

 

La gravità dell'attentato di ieri a Tunisi riteniamo richieda un'approfondita riflessione ma anche un'iniziativa tempestiva e non rituale.

    Non sfugge a nessuno, infatti, che quello di ieri è stato il terzo attentato dall'inizio dell'anno, dopo quelli di Parigi e Copenhagen, ed é avvenuto a pochi giorni di distanza dal Forum Sociale Mondiale, in programma a Tunisi dal 24 al 28 marzo, al quale molte e molti di noi prenderanno parte.

    Pensiamo quindi, come primo significativo gesto, di esprimere la nostra solidarietà alle famiglie di tutte le vittime, alle istituzioni democratiche tunisine e soprattutto alla società civile di quel paese, impegnata a consolidare e difendere la transizione democratica.

    Con queste motivazioni, oltre a rilanciare l'invito ad una massiccia partecipazione al Forum di Tunisi, porteremo questo pomeriggio al Consolato Tunisino a Genova (Via XX Settembre, 2) un messaggio di solidarietà che pensiamo possa accomunare i democratici genovesi e liguri in questa tragica circostanza.

    L'appuntamento per chi volesse unirsi è davanti al Consolato è per le ore 17.30.

Khay Rachid

per Arci Genova e Arci Liguria

   

    

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    L'AVVENIRE DEI LAVORATORI contribuisce da oltre 115 anni a tenere vivo l'uso della nostra lingua presso le comunità italiane nel mondo tra quelle persone che si sentono partecipi degli ideali socialisti-democratici di Giustizia e Libertà.

    

      

ATTACCO ISIS A TUNISI

 

Non lasciamo sola la Tunisia

 

Era nell’aria da mesi che i nuclei sparsi del jihadismo islamico avrebbero colpito anche nel cuore della capitale tunisina.

 

di Bobo Craxi

 

Da mesi, dopo il varo del Governo battezzato dal nuovo Presidente Essebsi che aveva rovesciato il quadro politico dominato dal partito dei Fratelli musulmani. L’acquiescenza e la connivenza di questi ultimi con grandi frange più estreme e l’abbassamento del livello di guardia, mentre contestualmente aumentavano i rischi provenienti dalla vicina Libia, hanno determinato le condizioni più favorevoli per il blitz clamoroso di oggi.

    C’è stato un salto di qualità nella capacità offensiva dei gruppi terroristici, gran parte dei quali composti da giovani tunisini addestratisi per il jihad in Siria e recentemente ritornati in patria. Il vicino ‘Far west libico’ ha assicurato da tempo a questi gruppi, braccati dal nuovo Governo, arsenali di armi automatiche e di missili-terra-aria in quantità. Tuttavia questo non ha impedito il gesto odierno, da un lato politicamente disperato perché totalmente isolato dalla stragrande maggioranza della popolazione civile, dall’altro militarmente efficace perché ha dimostrato la forza di penetrazione di un piccolo commando nel cuore della capitale contro due istituzioni-simbolo della nazione come il Parlamento ed il prospiciente Museo del Bardo dove sono ospitate le vestigia artistiche più rilevanti della civiltà romana e fenicia.

    Sono state colpite le istituzioni, violentato il cuore dell’economia e della cultura tunisina. In questa azione, le vittime presenti tra quei turisti, fra cui i nostri connazionali, rappresentano in sintesi ciò che la Tunisia esattamente è: una piccola nazione mediterranea ospitale, accogliente e vicina a tutti i popoli del Mediterraneo.

    “La guerra sarà lunga e noi siamo pronti a combatterla contro i terroristi”, ha detto con orgoglio il primo ministro Essid. Ma la piccola Tunisia non può certo da sola venire a capo di un problema che oramai riguarda tutto il Mediterraneo; i gruppi armati infatti torneranno a colpire. La violenza e il terrore possono essere l’arma con la quale si tengono in scacco tutti coloro che si oppongono a un disegno paranoico qual è quello di una società totalmente islamizzata che spezzi gli Stati-Nazione e riedifichi il Califfato.

    Noi dovremo essere impegnati, e lo saremo, per impedire un’escalation della guerra a bassa intensità. Se siamo in presenza di una capacità offensiva, continuativa ed organica delle reti del terrorismo islamico l’intervento e il sostegno non potrà che essere internazionale, in particolare europeo ed italiano.

    Dobbiamo impedire che anche la giovane democrazia tunisina piombi nel caos e nella paura e garantire al vicino Mediterraneo la normalità: una sicurezza, una convivenza pacifica e il prosieguo dei rapporti secolari con l’Europa.

         

   

SPIGOLATURE 

 

Contro l’orrore occorrerà

una mobilitazione molto lunga

 

di Renzo Balmelli 

 

ALTOLA'. Quando sembrava che il virus del califfato stesse per perdere efficacia, l'ombra dell'ISIS è tornata a farsi viva nel brutale e sanguinoso attacco terroristico nel complesso parlamentare di Tunisi. Ancora non è chiaro se l'azione rientri nel tentativo di portare la bandiera nera sulla Casa Bianca e il Colosseo, ma tutti quei morti sono la tragica dimostrazione che non sarà facile frenare l'avanzata jihadista. Da notizie più recenti pareva che la macchina di guerra contro gli infedeli dovesse essere rivista alla luce della manipolazione mediatica che l'ha finora accompagnata. L'orrore che ha insanguinato la capitale tunisina è invece un colpo durissimo al santuario di ricostruzione democratica avviato nel Paese e lascia intuire che l'altolà al fanatismo richiederà una mobilitazione molto lunga.

 

LACRIMA. Come prima, più di prima, nell'Italia che cerca faticosamente di lasciarsi alle spalle una lunga, debilitante stagione di stravizi, la cupola sembra avere ancora il pieno controllo delle leve segrete con cui manovrare il potere. Alla vigilia di EXPO2015, già al centro di manovre poco pulite, il Paese, percosso e attonito, si trova a dover "ballare coi lupi" nell'ennesimo scandalo di tangenti, favori sottobanco in famiglia e diffuso malaffare che investe Palazzo Chigi e più in generale la credibilità della politica. L'altra sera durante il programma RAI in omaggio ai 70 anni di Bobby Solo non sarà sfuggita ai telespettatori, impressionati dal dissesto, la quasi profetica coincidenza mentre l'Elvis Presley italiano intonava la sua famosa "Non c'è più niente da fare". E tanti saranno andati a dormire con una "lacrima sul viso".

 

SNODO. Già altre volte il sistema aveva mostrato falle preoccupanti, ma la clamorosa controprestazione registrata in Israele è l'ulteriore conferma che le elezioni non si vincono coi sondaggi, ma spesso invece si perdono come è accaduto ai laburisti di Isaac Herzog. Dalle urne é invece uscito un verdetto che premia Netanyahu oltre ogni aspettativa, consentendogli di formare da solo un governo di destra che renderà ancora più improbabile il dialogo coi palestinesi, snodo centrale per gli equilibri nel Medio oriente. Nel precedente mandato il premier uscente, poco avvezzo alla diplomazia, aveva perso l'appoggio degli USA per effetto della questione iraniana. La sua rielezione è un duro colpo per le speranze di Obama e dell'occidente di rilanciare i negoziati di pace nella regione, sola antitesi ai venti di guerra.

 

PEDINE. In puro stile Peppone e Don Camillo ai tempi del loro viaggio romanzesco in Unione Sovietica, in questi giorni l'occidente si è chiesto dove fosse finito Putin, di cui si erano perse le tracce. Anche se non siamo più all'epoca in cui il raffreddore del primo segretario del Pcus teneva in ansia le Cancellerie, la cortina di mistero che avvolge le trame del potere al Cremlino non si è mai realmente diradata. Tanto che alcune voci parlavano addirittura di un golpe. Se ai personaggi di Guareschi bastava le pesca allo storione per mettersi il cuore in pace, con il Presidente russo che regna su un imponente arsenale nucleare, la partita è un tantino più complicata proprio per la complessità degli interessi strategici, economici e geopolitici coi quali Mosca muove le sue perdine sulla scacchiera mondiale.

 

ALTOLA'. Fino a ieri sembrava che il virus del califfato stesse per contagiare il mondo intero. Sulla Casa Bianca e il Colosseo ben presto avremmo visto sventolare la bandiera nera. Dalle notizie più recenti, pare invece che l'avanzata dell'Isis non solo stia rallentando, ma vada addirittura rivista alla luce della manipolazione mediatica che l'ha accompagnata. Non che le immagini dell'orrore fossero uno sceneggiato o che la minaccia sia rientrata. Questo no. Ma la via diplomatica di Washington, dell'Onu e dell'UE, tutte e tre determinate ad aprire un vasto fronte negoziale dalla Siria alla Libia, dove guerre e fanatismo hanno provocato centinaia di migliaia di vittime e devastazioni spaventose, potrebbe dare finalmente l 'altolà alla spinta dello Stato islamico.

 

DANNI. Quando ci sono di mezzo i processi contro l'ex Cav, i berlusconiani non perdono ne il pelo, ne il vizio. Per loro, fautori di una singolare lettura della giustizia, valgono soltanto le sentenze che mandano assolto l'imputato Silvio B., mentre tutte le altre sono il frutto della persecuzione messa in campo dall'ammucchiata rossa, ostile e prevenuta. Chi osserva , come hanno fatto i vescovi, che l'assoluzione nel caso Ruby non cancella i dubbi sulla moralità dei comportamenti , finisce nel girone dei reprobi . E si che la CEI non è neppure lontana parente delle " toghe comuniste". Ma c'è dell'altro. Non paghi del verdetto, i fedelissimi esigono addirittura che Berlusconi venga risarcito per il danno subito , guardandosi bene dal chiedere chi invece risarcirà l'Italia per i danni da lui provocati.

 

PARADOSSO. Non avrà vita facile Hillary Clinton se fra un paio di settimane romperà gli indugi e annuncerà la sua candidatura per la corsa alla presidenza. Troppo poco liberal  (cioè progressista) per i Democratici, troppo poco democratica per i Repubblicani, ai quali potrebbe erodere consensi, l'ex first lady sembra prigioniera di un paradosso che fa di lei una figura scomoda nei due campi. A complicarne il cammino concorre poi la vicenda delle famose mail private che tocca l'aspetto delicato della trasparenza alla quale è tenuto chi esercita un ruolo pubblico. Come in un film di Capra, non sorprende quindi che dietro le quinte di Washington si intreccino trame da parte di chi la considera una temibile avversaria. Comunque sia, se il marito Bill l'ha sempre fatta franca, a lei non si perdona nulla. Chissà perché?

 

PAURE. Un'eclissi di sole come quella del 20 marzo è il fenomeno naturale più spettacolare a cui si possa assistere e che fino a quando non se ne conosceva la vera natura era all'origine di paure ancestrali. Al di la della chiave di lettura che ne da la scienza, il fenomeno trasmette in chi lo osserva sensazioni ed emozioni che non sono spiegabili e talvolta sconfinano nei meandri del mistero cosmico. Dai nostri lontanissimi antenati le eclissi erano considerate segni di sventura. Nel " sole nero" le popolazioni antiche intravedevano presagi di catastrofi che cercavano di esorcizzare con i riti più svariati. Diffusa era la credenza che un drago divorasse l'astro dispensatore di luce e calore. Oltre il mito, resta comunque il fascino conturbante di quell'ombra che in pieno giorno oscura il cielo fuori orario.

    

    

SEGNALAZIONE

 

Der Kreis

 

È andato in onda qualche giorno fa, ed è fruibile in rete, un servizio di Raniero Fratini dedicato al circolo di cultura omosessuale “Der Kreis”, attivo a Zurigo dal 1932 al 1967.

 

Vai all’audio su Rete Due

 

L’associazione “Der Kreis” fu fondata dall’attivista lesbica Anna Vock (“Mammina”, 1885-1962), operava durante gli anni bui del nazi-fascismo dilagante secondo modalità clandestine ed era collegata tramite l’attore gay Ettore Cella (1913-2004) con il Centro estero socialista in esilio.

 

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L’attore e dirigente socialista Ettore Cella

in un film del 1941 (“Al canto del cucù”)

 

“Der Kreis” produsse un’importante rivista di cultura (redatta in tre lingue) ed ebbe un ruolo storico davvero fondamentale nella resistenza degli omosessuali al nazi-fascismo. 

    “Der Kreis” svolse poi una forte opposizione alle pratiche discriminatorie e persecutorie che andarono diffondendosi in Svizzera dopo la fine della Seconda guerra mondiale allo scopo di neutralizzare l’abrogazione, avvenuta per via referendaria, della norma che vietava e sanzionava sul piano penale i rapporti omosessuali tra adulti consenzienti.

    Le vicende del “Kreis” sono al centro dell’omonimo film di Stefan Haupt, che è stato presentato alla “Berlinale 2014” conseguendo il Teddy Award (vai al trailer del film).

 

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Omosessuali internati a Buchenwald (fine anni Trenta)

        

    

L'AVVENIRE DEI LAVORATORI - Voci su Wikipedia :

(ADL in italiano) http://it.wikipedia.org/wiki/L%27Avvenire_dei_Lavoratori

(ADL in inglese) http://en.wikipedia.org/wiki/L%27Avvenire_dei_Lavoratori

(ADL in spagnolo) http://es.wikipedia.org/wiki/L%27Avvenire_dei_Lavoratori

(Coopi in italiano) http://it.wikipedia.org/wiki/Ristorante_Cooperativo

(Coopi in inglese) http://en.wikipedia.org/wiki/Ristorante_Cooperativo

(Coopi in tedesco) http://de.wikipedia.org/wiki/Cooperativa_italiana

   

  

LAVORO E DIRITTI

a cura di www.rassegna.it

 

Camusso: il sindacato

fa politica, ma sul lavoro

 

La politica è assente sui temi del lavoro, e va quindi incalzata, spiega la segretaria generale Cgil al Corriere della Sera: "ma proprio perché la politica non risponde, il sindacato deve guardarsi dall'idea di sostituirla"

 

“II problema non è fondare una cosa e chiamarla partito oppure no. Si può chiamare movimento, associazione delle associazioni, si può chiamare anche birillo. Ma se si basa su un programma politico generale, e si va oltre la rappresentanza del mondo del lavoro, diventa oggettivamente una formazione di ordine politico. E questo, come Maurizio sa, non fa bene al sindacato e quindi nemmeno ai lavoratori”. Sono queste le parole usate dal segretario generale della Cgil, Susanna Camusso, nell’intervista di Lorenzo Salvia pubblicata oggi sul Corriere della Sera.

    “Intendiamoci: il sindacato è per forza di cose anche un soggetto politico. Ma fa politica sul lavoro e partendo dagli strumenti che gli sono propri, come la contrattazione” continua Camusso: “Rappresenta i lavoratori, insomma, non i cittadini in senso lato: e la sua forza sta proprio in questa parzialità. La Cgil rivendica sempre la centralità del lavoro ed è molto gelosa della propria autonomia. Non era forse la Fiom a rivendicare addirittura l'indipendenza?”. Secondo la leader della Cgil, “viviamo una stagione in cui c'è una straordinaria deficienza della politica rispetto ai temi del lavoro. Ed è chiaro, quindi, che su questi ci sia bisogno di organizzare una domanda alla politica. Ma proprio perché la politica non risponde, il sindacato deve guardarsi dall'idea di sostituirla”.

    Il sindacato, quindi, non deve sostituirsi alla politica, proprio perché altrimenti “viene meno la rappresentanza del lavoro, i lavoratori diventano ancora più indifesi. E visto il momento non mi pare proprio il caso. Questo non vuol dire che non si possano indicare dei temi sui quali costruire alleanze. Per carità, questo lo facciamo ogni giorno. Ad esempio abbiamo appena incontrato il governo con l'alleanza contro la povertà di cui facciamo parte con Cisl, Uil e altre associazioni”. Nel proseguo dell’intervista Susanna Camusso spiega poi bene anche l’osservazione di “ambiguità” che viene rivolta alla proposta del segretario della Fiom a proposito del coinvolgimento del sindacato nella Coalizione sociale: “Ad esempio, se dobbiamo firmare un accordo lo discutiamo con i lavoratori, non con altri soggetti che non sono rappresentanti del lavoro. È questa l'ambiguità che abbiamo chiesto a Landini di sciogliere”.

    Da segnalare, oltre al cuore dell’intervista dedicato dal tema della Coalizione sociale, anche i ragionamenti più generali di Susanna Camusso sul nuovo ruolo che spetta al sindacato in un mondo del lavoro sempre più disgregato, nonché le considerazioni sulla collocazione personale dei dirigenti sindacali e politici e naturalmente sulle loro scelte personali, a partire dal rapporto sempre molto complesso tra impegno politico diretto e interessi culturali e personali.

   

    

Economia

 

Trani: le agenzie di rating alla sbarra

 

di Mario Lettieri, già Sottosegretario all'economia (governo Prodi)

e Paolo Raimondi, Economista

 

I responsabili politici e governativi e anche i media italiani stanno trattando con troppa sufficienza, se non con ostilità, il processo in corso presso il Tribunale di Trani nei confronti delle agenzie di rating, la Standard and Poors’ e la Fitch. Tra maggio 2001 e gennaio 2012 esse resero pubbliche delle analisi che declassavano drasticamente l’Italia e il suo debito pubblico, provocando un terremoto economico e finanziario. Ciò, come è noto, fece schizzare lo spread, la differenza tra i tassi di interesse dei bond italiani e di quelli tedeschi, fino a 575 punti.

    Il comportamento delle suddette agenzie di rating era consapevolmente viziato e, attraverso un’informazione falsa e una tempistica manovrata, mirava a mettere in ginocchio l’Italia e a destabilizzare l’intera Europa. Secondo noi erano proprio l’Unione europea e l’euro i veri bersagli economici e geopolitici degli attacchi speculativi.

    Chi cerca di denigrare il sostituto procuratore di Trani, Michele Ruggiero, come un esagerato complottista dovrebbe rileggere i dossier preparati dalle varie commissioni americane sul ruolo nefasto delle agenzie di rating nel favorire prima la crisi finanziaria globale più devastante della storia e poi nel detonarla.

    Il rapporto del 2011 della bipartisan “Financial Crisis Inquiry Commission” di Phil Angelides, al termine di centinaia di pagine piene di dettagli comprovanti le varie responsabilità degli attori coinvolti, dice: “Sosteniamo che i comportamenti fallimentari delle agenzie di rating siano stati le componenti essenziali nel meccanismo della distruzione finanziaria. Le tre agenzie sono state gli attori chiave del meltdown finanziario. I derivati emessi sulle ipoteche, che sono al centro della crisi, non potevano essere piazzati né venduti senza il loro bollino di approvazione. Senza le agenzie di rating la crisi non ci sarebbe stata.“

    Anche la Commissione d’indagine del Senato americano, guidata da Carl Levin e Tom Coburn, nel rapporto “Wall Street and the Financial Crisis: The Role of Credit Rating Agencies” del 2010 scriveva:” La Commissione ha provato che le suddette agenzie di rating hanno permesso a Wall Street di influenzare le loro analisi, la loro indipendenza, la loro reputazione e la loro credibilità. E lo hanno fatto per soldi.. Esse hanno operato con un inerente conflitto di interesse in quanto venivano pagate dagli stessi istituti che emettevano i titoli a cui loro davano il rating.”

    Secondo noi è rilevante il fatto che a Trani anche la banca americana Morgan Stanley, uno dei colossi della speculazione in derivati otc, sia stata messa sul banco degli imputati. Essa era azionista della S&P e, proprio nel mezzo dello sconquasso provocato dal declassamento del rating dell’Italia, mise all’incasso un derivato sottoscritto con il Tesoro italiano nel 1994. Si trattava di un classico derivato capestro che, a seguito dell’impennata dei tassi di interesse, era arrivato fino a 2 miliardi e mezzo di euro. Nel corso del 2012 il governo italiano pagò senza fiatare. Quei dirigenti che sollevarono dubbi e richieste di ulteriori valutazioni vennero zittiti. La Morgan Stanley avrebbe portato, a giustificazione della repentina richiesta di monetizzazione del derivato, supposte pressioni fatte dalle autorità di vigilanza americane e inglesi che avrebbero ritenuto inaccettabile l’esposizione della banca con l’Italia.

    Anche in questo caso emerge chiaramente il conflitto di interesse tra l’agenzia di rating e la banca in questione. Era una cosa risaputa e generalizzata. Perciò si rende ridicolo, se non peggio, chi sostiene di non aver saputo di una tale commistione di interessi!

    Già nel 2006 analizzammo e pubblicammo le strutture di controllo delle agenzie di rating per evidenziare, ancora prima del fallimento delle Lehman Brothers, come le “tre sorelle” fossero compenetrate e teleguidate dalla grande finanza globale.

    Non era certamente proibito, ma era sorprendente trovare nei direttivi delle agenzie di rating uomini che provenivano dalle grandi banche impegnate nella speculazione con derivati finanziari ad altissimo rischio.

    Ad esempio, la Standard & Poor's (S&P) è una controllata della multinazionale McGraw-Hill Companies, il colosso delle comunicazioni, dell'editoria, delle costruzioni che è presente in quasi tutti i settori economici. Allora era guidata dal presidente della Citigroup Europa, dal presidente della Coca Cola, della BP, ecc., nonché partecipata anche dalla citata Morgan Stanley.

    La ragione vera degli attacchi contro il lavoro del sostituto procuratore Ruggiero, secondo noi,  è dovuta al fatto che a Trani si sta celebrando il primo, e finora unico, vero processo a livello internazionale nei confronti delle agenzie di rating.  Nemmeno negli Stati Uniti si sono tenuti dei validi processi contro di loro. Anche per questa considerazione sarebbe stato opportuno che il governo italiano si fosse costituito parte civile nel processo di Trani.

    Se a Trani le agenzie di rating dovessero essere condannate allora si potrebbe avere ovunque un’ondata di casi legali contro le stesse. Le richieste di risarcimento sarebbero di proporzioni gigantesche. Probabilmente emergerebbero anche tante verità sui giochi e sulle manipolazioni delle grandi banche. Ecco perché la finanza mondiale sta facendo di tutto per far passare sotto silenzio il processo in questione.

       

            

Da Avanti! online

www.avantionline.it/

 

Il petrolio resta ai

minimi da sei anni

 

L’oro nero resta sui minimi dal marzo del 2009, in attesa dei dati sulle scorte Usa, previsti su livelli record. Il greggio Wti (West Txas Intemediate, ndr) cede lo 0.09% a 43,79% dollari al barile, mentre il Brent recupera lievemente di 9 centesimi a 54,03 dollari. Il nuovo ribasso del petrolio potrebbe far risparmiare agli italiani una quindicina di miliardi di euro, circa l’1% del Pil. Nel frattempo i prezzi della benzina sembrano non risentirne in modo deciso: 1,689 euro/litro (+0,1 cent), mentre il gasolio si attesta sui 1,540 euro/litro (-0,2 cent).

    IL CROLLO DEL PETROLIO – Il crollo dei prezzi del petrolio ha dato il via a un intenso dibattito su quando e come i produttori decideranno di reagire nel tentativo di mutare la rotta delle quotazioni dell’oro nero. Il crollo in atto dipende largamente dal calo della domanda internazionale e dall’incremento esponenziale della produzione statunitense di Shale Oil, il greggio ottenuto dalla fratturazione idraulica o hydrofracking delle scisti bituminose.

    IL COSTO DELLA BENZINA – Nel frattempo, però, nonostante l’oro nero sia ai minimi storici da 6 anni, i prezzi della benzina nei distributori italiani sembrano non risentirne in modo deciso. Secondo quanto rilevato da “Staffetta Quotidiana”, ieri la benzina è scesa per la seconda volta consecutiva (il diesel per la terza), salvo risalire questa mattina: le medie nazionali in modalità servito indicano 1,689 euro/litro (+0,1 cent), mentre il gasolio si attesta sui 1,540 euro/litro (-0,2 cent).

 

Vai al sito dell’avantionline

       

       

Da MondOperaio

http://www.mondoperaio.net/

 

Abbassate la Costituzione!

 

di Luigi Covatta

 

“Colleghi di Sel, abbassate la Costituzione!”: così, l’altro ieri, la presidente della Camera si è rivolta ai suoi compagni di gruppo che, in occasione della votazione della riforma del Senato, agitavano ciascuno un libretto blu (neanche rosso) col testo della Carta del ’48. Un’espressione evidentemente scappata di bocca nella concitazione di una seduta particolarmente movimentata: “Abbassate la Costituzione” è quasi un vilipendio. Ma un’espressione singolarmente significativa della riduzione della Costituzione ad oggetto da alzare ed abbassare secondo convenienza.

    Conclusione più degna, peraltro, non avrebbe potuto avere quella seduta: la stessa in cui Brunetta ha denunciato la “deriva autoritaria” cui avrebbe portato un testo già votato dai suoi colleghi senatori; la stessa in cui i deputati a cinque stelle – che spesso confondono la coerenza con la coazione a ripetere – abbandonavano l’aula; la stessa in cui Bersani, Cuperlo e la Bindi annunciavano che era “l’ultima volta” (stilema spesso frequentato da parte della “minoranza dem”) che votavano una legge che rischiava di alterare “l’equilibrio democratico”.

    La storia racconta di due incongruenze. Innanzitutto, se una deriva autoritaria altera l’equilibrio democratico, non si agitano i libretti né si tentano baratti con la legge elettorale: si va in montagna. In secondo luogo, risulta confermato il dubbio sulla opportunità (e sulla possibilità) che un potere costituito (il Parlamento) si faccia potere costituente, dubbio che per primo avanzò Cossiga nel suo messaggio alle Camere del 1991, ed a cui da allora non sono state opposte obiezioni convincenti.

    Ora, magari, quelli che agitano libretti e minacciano sfracelli prossimi venturi, invece di sacrificare sull’altare all’articolo 138, potrebbero cogliere l’occasione per chiedere loro l’elezione di quella assemblea costituente che per noi resta la via maestra di una profonda revisione costituzionale. Ma non c’è da preoccuparsi: come spesso accade in Italia la situazione è grave ma non seria.

       

      

La situazione politica

 

Per una democrazia costituzionale

 

di Felice Besostri

 

Non si possono intraprendere azioni decise se non si hanno idee chiare. Non si possono avere idee chiare se il linguaggio è come la neo-lingua orwelliana di 1984. Cominciamo a fare pulizia. Riforma è una nobile parola, che non merita l’uso che se ne fa. La riforma designa un rinnovamento in senso migliorativo, non un mero cambiamento. Renzi non sta riformando la Costituzione. Egli la deforma.

    Lo stesso si deve dire  dell’Italikum (nella pronunzia non si coglie la differenza, ma va scritto con la “kappa” al posto della “c”). Una riforma della legge elettorale comportava di eliminare le incostituzionalità denunciate dalla Corte Costituzionale  con la sentenza n. 1/2014, e ancor più dalla sentenza n. 8848/2014 della Prima Sezione della Cassazione, non, invece, di legiferare come non ci fossero.

    L’ultimo testo licenziato dal Senato dimostra che si persegue surrettiziamente un mutamento della forma di governo. Già nel porcellum era una violazione delle prerogative presidenziali l’indicazione da parte di una coalizione di un capo politico della stessa, ma almeno aveva il senso di  superare una delle critiche alle leggi elettorali proporzionali, di presentarsi con le mani libere davanti agli elettori, per decidere dopo le elezioni. Le coalizioni non ci sono più, il premio che dà la maggioranza va alla lista e quindi al suo capo. Con il ballottaggio, espediente per sfuggire ad una soglia minima in voti e/o seggi, s’introduce  di fatto un’elezione diretta del Primo Ministro.

    Il processo in atto è iniziato, prima di Renzi, con l’elezione diretta generalizzata del sindaco, per di più portatore di un premio di maggioranza  di cui sono beneficiarie le liste collegate (nelle grandi città è una illusione mediatica che il sindaco sia scelto dai cittadini in base ad una conoscenza diretta dei candidati).

    E’ poi seguita quella diretta dei presidenti di Regione, con l’anomalia di premi di maggioranza attribuiti ancora una volta sul consenso del candidato presidente, per il quale è ammesso il voto disgiunto, ma di cui beneficiano soltanto le liste collegate: un  premio in seggi tanto più consistente quanto minore è il loro consenso elettorale. In tutti i casi la concentrazione del potere nel vertice dell’esecutivo si è accompagnato nella riduzione dei poteri dell’assemblea rappresentativa.

    A mio avviso concausa delle degenerazioni dell’uso dei fondi dei gruppi consiliari regionali: una compensazione alle frustrazioni politiche?

    Renzi ha in mente il modello del sindaco d’Italia – e lo dice apertamente –, quindi la riduzione del ruolo del Parlamento ne è una diretta e logica conseguenza. La nomina dei parlamentari grazie alle liste bloccate, in luogo della loro elezione, ha svuotato l’art. 67 della Costituzione, come anche la disciplina di Partito, una formazione politica senza una legge  regolativa, come richiesto dall’art. 49 della Costituzione e in vigore nella maggioranza dei paesi europei.

    Non è Renzi il responsabile del mantra, ripetuto ossessivamente, secondo cui “si deve sapere chi ci governerà la sera stessa delle elezioni”. Una pretesa che non hanno neppure i sistemi elettorali uninominali maggioritari a turno unico (Britannia docet) o i sistemi presidenziali o semi-presidenziali, per non parlare della stabilissima e governabilissima Germania: la Merkel con il suo 43% (superiore al 41%  di Renzi alle Europee)  non avrebbe dovuto, con un Tedeskum, tradotto dall’Italikum, aspettare due mesi per fare la Cancelliera.

    Eppure la domanda se in Europa conta di più la Germania o l’Italia neppure può essere posta per non essere retorici. Obama e Hollande alla sera della loro elezione sapevano di essere Presidenti dei loro paesi, ma la capacità di realizzare il loro programma di governo sarebbe dipesa dal risultato delle elezioni parlamentari. Anzi negli USA al Presidente gli piazzano a metà mandato un turno elettorale, che lo può mandare in minoranza nei due rami del Congresso, come accaduto con il secondo mandato di Obama.

    A Renzi dobbiamo un passo avanti con il nuovo Senato e la Del Rio nonché le elezioni di secondo grado: un progresso perché così si saprà chi governerà la sera prima delle elezioni...

    E’ avvenuto senza suscitare emozioni tra settembre e ottobre 2014 nelle Province e nelle Città Metropolitane, complici un po’ tutti comprese forze all’opposizione in Parlamento. Il consenso si strappa facilmente, basta assicurare qualche posto. Un buon numero di Presidenti di Provincia, candidati unici e liste bloccate uniche con un numero di candidati pari ai posti da eleggere.

    Nelle regioni, ultime l’UMBRIA  e la PUGLIA in febbraio, si stanno approvando leggi elettorali sempre più maggioritarie, con premi di maggioranza al 60% o 62% se si calcola il seggio del Presidente. Il consenso degli alleati si compra con soglie d’accesso differenziate. Basse se si sta in coalizione, alte fuori. La maggioranza è la metà più uno dei seggi, ma non basta al partito di maggioranza, che vuole avere la maggioranza assoluta da solo e non dipendere dai partiti minori: ecco spiegato un premio pari al 60% dei seggi.

    Avremmo così un partito egemone e una corte di satelliti: una situazione che ha analogie solo con le democrazie popolari est-europee prima del crollo del Muro di Berlino.

    Il referendum confermativo previsto per le leggi costituzionali non approvate con il quorum dei 2/3 dei componenti le Camere, quando è unico per una congerie di norme modificate, più di 40, non è una conferma adeguata di un consenso popolare. Meglio allora la Spagna e la Svezia che tra la prima lettura e la seconda prevedono la tenuta di elezioni politiche generali.

    Come già sottolineato da molti la previsione di un ballottaggio tra le due liste più votate è un espediente per sottrarsi ad una soglia minima in voti o seggi per l’attribuzione di un premio di maggioranza, come richiesto dalla Corte Costituzionale con le sentenze n. 15 e 16 del 2008. 

    La percentuale dei votanti non basta per alterare l’uguaglianza del voto: premio di maggioranza e ammissione delle liste al ballottaggio devono essere vincolate a percentuali degli aventi diritto al voto. Un 40% dei votanti non rappresenta la volontà degli elettori di un governo stabile, se vanno a votare poco più di un terzo degli elettori iscritti, come è avvenuto in Emilia Romagna.

    E la maggioranza assoluta al ballottaggio non legittima la distorsione della rappresentanza se le due liste al primo turno non rappresentassero almeno il 50% degli aventi diritto. Su questo c’è spazio per la Camera dopo le modifiche introdotte dal Senato al testo della legge elettorale.

     

 

FONDAZIONE NENNI

http://fondazionenenni.wordpress.com/

 

Un bel libro

 

In "Capitalismo e diritto civile" Cesare Salvi ripercorre gli itinerari giuridici che hanno caratterizzato la nostra storia dal "Code civil" ai "Trattati europei".

 

di Antonio Tedesco

 

Ci sono libri che ci aiutano a capire, a comprendere la complessità della nostra società, le sue strutture giuridiche e sociali. Spesso però sono testi “accademici”, che usano un linguaggio complicato per soli “addetti ai lavori”. Capitalismo e diritto civile (Il Mulino) di Cesare Salvi è un libro certamente complesso e denso ma fruibile ed accessibile.

    L’ultima pubblicazione dell’ex Ministro del Lavoro, docente di Diritto civile all’Università di Perugia, è un viaggio intellettuale nell’Universo giuridico con preziose sfumature sociologiche, nella straordinaria storia del diritto costituzionale, dal codice civil ai trattati europei.

    Salvi ricostruisce, con il piglio dell’insegnante vocato alla trasmissione di conoscenze con l’intento di ripercorrere con un ragionamento lucido, lo sviluppo e l’affermazione del diritto civile negli ultimi due secoli, nel rapporto con le trasformazioni del capitalismo, delle istituzioni, delle culture egemoni.

    Il volume nella prima parte è arricchito da un’introduzione metodologica necessaria e non scontata che facilita il lavoro del lettore.

    Il lettore poi si immerge in una lettura interessante non solo da un punto di vista giuridico; egli viene indotto a comprendere le trasformazioni della società che l’autore divide, per comodità di analisi, in tre macro periodi: l’età del capitalismo individualista, quella del compromesso tra capitale e lavoro, e infine la fase in cui viviamo oggi della globalizzazione neoliberista.

    Una lieve punta di malinconia trapela nell’autore, quando descrive l’età dell’oro dei diritti, e dell’affermazione della costituzione negli anni successivi al secondo conflitto mondiale.

    Salvi è fedele ai suoi principi democratici ed è un difensore- non un conservatore – della Costituzione italiana, intesa come faro illuminante della coscienza civica collettiva rivendicandone, con determinazione, la modernità.

    Meglio la Costituzione italiana dei trattati europei e dell’Europa liberista delle banche, ma l’Europa è un progetto-processo che va difeso ed è ancora da completarsi tenendo fede ai principi originari. L’unico modo per evitare la dissoluzione dell’Unione Europea può avvenire solo con la riaffermazione della democrazia politica per la realizzazione di una società più giusta. Il modello a cui si deve ispirare la Costituzione europea è contenuto nei principi che sono stati in buona parte attuati in molti Stati nazionali nel trentennio successivo alla seconda guerra mondiale.

    Ci sono molte ragioni per leggere e studiare attentamente il libro di Salvi.

    In poco più di duecento pagine sono condensate le ragioni storiche, giuridiche, economiche, politiche e sociologiche dell’importanza della nostra Costituzione, che rappresenta l’apogeo della democrazia. Ed è in questo periodo di crisi politica ed economica che la costituzione deve riprendere quel primato che gli abbiamo tolto.

    Un libro da studiare all’Università, un volume da consigliare per chi vuole capire l’importanza della Costituzione italiana e le ragioni per cui va difesa.

               

   

Da vivalascuola riceviamo

e volentieri pubblichiamo

 

Ciò che i ragazzi devono sapere sul lavoro

 

di Giorgio Morale

 

Questa settimana su vivalascuola ci domandiamo quale formazione sul lavoro è bene che la scuola dia ai ragazzi, anziché prodigarsi, come vorrebbe chi ci governa, per creare manovalanza a basso costo al servizio dell’azienda. O addirittura lavoro gratuito, come pretendono adesso per l’Expo:

 

https://lapoesiaelospirito.wordpress.com/2015/03/09/vivalascuola-191/

 

Pensiamo infatti che la scuola, come sempre (non c’è sapere se non critico), dovrebbe fornire ai futuri cittadini gli strumenti per capire e le competenze per maturare un giudizio sulla società e non dare un’istruzione puramente funzionale ai modelli economici.

    Dovrebbe riuscire a suscitare domande chiave quali: Ci sono modi per accrescere la qualità della vita del maggior numero di persone invece che il fatturato di imprese? Si può tornare a un modo di produrre su scala ridotta e integrata che tenga conto delle finalità sociali di quel che si fa? Ci possono essere lavori che permettono di soddisfare più dimensioni e più bisogni umani e non solo quello economico? Possono esserci lavori che soddisfano bisogni umani senza stravolgere l’ambiente naturale? Si può ritrovare l’arte di fare cose belle e utili?

    Come sempre forse contano più le domande che si è in grado di generare, piuttosto che le risposte oggi per necessità solo parziali.

    La puntata presenta interventi di Giuseppe Caliceti, Francesco Ciafaloni, Marilena Salvarezza, Marco Carsetti, Andrea Toma. Inoltre, materiali e informazioni sull'argomento, nonché le notizie della settimana scolastica.

           

        

L'AVVENIRE DEI LAVORATORI - Voci su Wikipedia :

(ADL in italiano) http://it.wikipedia.org/wiki/L%27Avvenire_dei_Lavoratori

(ADL in inglese) http://en.wikipedia.org/wiki/L%27Avvenire_dei_Lavoratori

(ADL in spagnolo) http://es.wikipedia.org/wiki/L%27Avvenire_dei_Lavoratori

(Coopi in italiano) http://it.wikipedia.org/wiki/Ristorante_Cooperativo

(Coopi in inglese) http://en.wikipedia.org/wiki/Ristorante_Cooperativo

(Coopi in tedesco) http://de.wikipedia.org/wiki/Cooperativa_italiana

   

    

Lettera da Bellinzona

 

Archivi migranti

 

È stato pubblicato il volume Archivi migranti. Tracce per la storia delle migrazioni italiane in Svizzera nel secondo dopoguerra, a cura di Mattia Pelli.

    La pubblicazione raccoglie gli atti del convegno internazionale svoltosi a Trento nel maggio 2011.

 

Fondazione Pellegrini Canevascini

Bellinzona, http://www.fpct.ch/

   

        

L'AVVENIRE DEI LAVORATORI

EDITRICE SOCIALISTA FONDATA NEL 1897

Casella postale 8965 - CH 8036 Zurigo

 

L'Avvenire dei lavoratori è parte della Società Cooperativa Italiana Zurigo, storico istituto che opera in emigrazione senza fini di lucro e che nel triennio 1941-1944 fu sede del "Centro estero socialista". Fondato nel 1897 dalla federazione estera del Partito Socialista Italiano e dall'Unione Sindacale Svizzera come organo di stampa per le nascenti organizzazioni operaie all'estero, L'ADL ha preso parte attiva al movimento pacifista durante la Prima guerra mondiale; durante il ventennio fascista ha ospitato in co-edizione l'Avanti! garantendo la stampa e la distribuzione dei materiali elaborati dal Centro estero socialista in opposizione alla dittatura e a sostegno della Resistenza. Nel secondo Dopoguerra L'ADL ha iniziato una nuova, lunga battaglia per l'integrazione dei migranti, contro la xenofobia e per la dignità della persona umana. Dal 1996, in controtendenza rispetto all'eclissi della sinistra italiana, siamo impegnati a dare il nostro contributo alla salvaguardia di un patrimonio ideale che appartiene a tutti.

  

 

Allegato Rimosso
Allegato Rimosso