L'AVVENIRE DEI LAVORATORI La più antica testata della sinistra italiana, www.avvenirelavoratori.eu Organo della F.S.I.S., organizzazione socialista italiana all'estero fondata nel 1894 Sede: Società Cooperativa Italiana - Casella 8965 - CH 8036 Zurigo Direttore: Andrea Ermano Settimanale in posta elettronica – Zurigo, 2 ottobre 2014 |
IPSE DIXIT Avvenimento politico - «Tutta la vita filosofica di Platone è stata determinata da un avvenimento eminentemente politico, la condanna a morte di Socrate.» – Alexandre Koyré |
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EDITORIALE Rottamare Platone? Un vasto programma di Andrea Ermano Tra le varie frasi pronunciate dal Presidente del Consiglio Renzi lunedì scorso all’assemblea del Nazareno, ce n’era una – dedicata alla natura del PD – che mi ha fatto sobbalzare: "Noi non siamo un club di filosofi, non siamo un'associazione di liberi pensatori, noi siamo un partito politico". Oibò. Non saprei nulla di più essenzialmente filosofico che un partito politico. E nulla mi pare più intimamente politico di un dialogo filosofico. Non solo la filosofia nasce come progetto pedagogico espressamente finalizzato alla formazione di membri consapevoli della Polis, ma il moderno partito politico altro non è se non un organismo collettivo che assume (o dovrebbe assumere) le proprie deliberazioni sulla base di certe procedure 'dialettiche' e certi ancoraggi ideali le quali e i quali in ultima analisi sono filosofia, nient'altro che filosofia. Per non parlare del prototipo del partito politico: l'ecclesia ateniese, cioè l'assemblea del popolo sovrano (ekklēsía: "assemblea") cui spettava di deliberare in merito alle questioni più rilevanti per la conduzione della Polis. Questo sanno (o dovrebbero sapere) tutti quelli che si occupano di politica. Poi però occorre aggiungere che – dopo l'uccisione di Socrate, per mano demagogica, nel 399 a.C. – è proprio il suo allievo Platone a riformulare in senso filosofico la questione della Polis (e dell'ekklēsía), cioè la questione di un governo della cosa pubblica resistente alle crisi mimetico-sacrificali nelle quali il potere e le masse possono trovarsi risucchiati. <> Lungo ventiquattro secoli di vita la filosofia ha sviluppato utili antidoti contro la demagogia e il populismo, denunciando – non sempre ascoltata e non senza pagare essa stessa un prezzo di sangue – i temibili demoni che possono sedurre il potere e le masse. Quando questi demoni prevalgono, vediamo interi continenti cadere in una sorta di sonnambulismo suicida, fatto di lotte fratricide, guerre sanguinose, immani tragedie. Non è tramite gli Osanna e i Crucifige, i culti entusiastici della personalità o il loro 'odioso' inverso persecutorio che uno stato consegue la forma stabile del buon governo, ma solo grazie al lavoro critico e pubblico sulle ragioni in base alle quali si giustifichino le scelte politiche da compiere. Dopodiché, la storia non sta ferma davanti a niente. E quindi anche la filosofia appare destinata, prima o poi, alla sorte universale della rottamazione; tema, questo, classicamente marxiano. Ma a proposito di esso Karl Korsch osservava che non si può rottamare la filosofia prima di averla… realizzata. E, in effetti, le strutture civili, politiche e cosmopolitiche moderne – dalle associazioni di volontariato al dialogo interreligioso, dagli stati democratici all'Onu – si modulano su una "sostanza normativa" di natura prettamente filosofica. Per converso, gli esperimenti politici di "superamento" della filosofia –copiosamente scaturiti dall'economia o da qualsivoglia altra scienza, dall'esaltazione ideologica o da qualsivoglia altro dogmatismo, dalla supremazia militare o da qualsivoglia altra techne – hanno provveduto da sé a disintegrarsi con virulenza e rapidità davvero impressionanti. <> Garzoncello scherzoso, Cotesta età fiorita È come un giorno d’allegrezza pieno, Giorno chiaro, sereno, Che precorre alla festa di tua vita. Godi, fanciullo mio; stato soave, Stagion lieta è cotesta. Altro dirti non vo’; ma la tua festa Ch’anco tardi a venir non ti sia grave.
Platone secondo Raffaello, dettaglio da La Scuola di Atene, Musei Vaticani |
I sindacati europei a Roma a cura di www.rassegna.it “Serve un nuovo corso” Lunedì 6 ottobre le organizzazioni dei lavoratori del vecchio continente saranno riunite presso la sede della Cgil nazionale per chiedere un cambiamento nelle politiche dell'Ue, fatto di investimenti, crescita sostenibile e occupazione di qualità. Per sostenere 'Un nuovo corso per l'Europa' fatto di investimenti, crescita sostenibile e occupazione di qualità, lunedì 6 ottobre si terrà a Roma un vertice sindacale europeo. L’iniziativa, che si svolgerà presso la sede nazionale della Cgil in corso d'Italia 25 a partire dalle ore 11, vedrà la partecipazione dei leader sindacali dei principali paesi europei, oltre alla presenza dei segretari generali di Cgil Cisl Uil e del presidente e del segretario generale della Ces, Ignacio Fernàndez Toxo e Bernadette Ségol. Alle 14, 30 è prevista una conferenza stampa alla quale parteciperanno i leader sindacali. Il vertice europeo di lunedì prossimo, organizzato alla vigilia del summit Ue sul lavoro che si svolgerà a Milano l'8 ottobre, sarà per i sindacati l'occasione per presentare le loro proposte di politica economica, per la creazione di nuova occupazione e il rilancio dell'economia europea. Un appuntamento per ribadire l'importanza di un maggior coinvolgimento delle parti sociali nei processi decisionali, sia nazionali che europei, e per inviare un chiaro messaggio alla nuova Commissione europea, al Consiglio e ai governi sulla necessità di superare le fallimentari politiche di austerità e di promuovere un piano straordinario di investimenti, come il Piano 'Un nuovo corso per l'Europa' approvato dalla Ces. |
SPIGOLATURE Vite alla deriva Con i populisti che sbraitano, la solidarietà finisce in fondo a un cassetto. di Renzo Balmelli ABNEGAZIONE. Tranne le frasi di circostanza, l'UE guardava altrove mentre nel Mediterraneo si consumava la tragedia dei migranti, sottoposti a una costante e drammatica prova di sopravvivenza. In un anno ne sono annegati quasi tremila e solo l'Italia, mostrando il suo lato migliore, ha preso misure concrete per impedire che in mare muoiano altri esseri umani. Nel suo rapporto "Vite alla deriva". Amnesty International sottolinea lo spirito di abnegazione di chi opera nei centri di accoglienza italiani, ma esclude che Roma possa essere lasciata sola a gestire una tragedia di tale portata. Ma con i populisti che sbraitano, la solidarietà europea finisce in fondo a un cassetto. ESEMPIO. Non poteva essere smentito dai negazionisti, poiché aveva visto con i propri occhi l'orrore infinito dei campi di concentramento nazisti. A 91 anni è morto a Roma Mario Limentani, uno degli ultimi sopravvissuti ai lager del Terzo Reich, spaventosa macchina di sterminio che ha marcato per sempre, con un'onta indelebile, chi l'ha ideata e chi ne è stato complice. Con lui scompare un testimone diretto della Shoah, una vittima della deportazione degli ebrei romani avvenuta con la collaborazione dei fascisti. Un esempio e un monito per le nuove generazioni affinché la storia non si ripeta, proprio mentre assistiamo un po' ovunque a inquietanti rigurgiti nostalgici. CORVI. Finora si sono trincerati dietro la comoda omertà della rete, coperti da sigle ed emoticon che comunque qualcosa lasciano trapelare della loro personalità. Sono i corvi dei social network che hanno fatto della xenofobia il loro credo e dell'antisemitismo la loro religione. Le loro fila si infittiscono di giorno in giorno e ora occorre capire se abbiamo a che fare con una internazionale dei balordi, che ringhiano ma solo a parole, o invece con gruppi strutturati, intenzionati a mettere in pratica il "sano ripulisti di zio Adolfo" che infarcisce i loro deliranti proclami. Coi tempi che corrono il rischio di un'ebola dei cattivi pensieri non è da prendere sottogamba. SENATO. Ormai è una realtà consolidata pronta a scalare le istituzioni. A Parigi l'estrema destra francese ,consacrata primo partito dalle europee, si è vista spalancare la porta del Senato e adesso si prepara a sfondare l'ultima che rimane: quella dell'Eliseo. Più che politico, la Camera alta ha un grande valore simbolico, tanto da far compiere al Fronte Nazionale, grazie ai suoi due eletti, un passo decisivo verso il completo sdoganamento. Marie Le Pen già si muove da statista, mentre la sinistra, che al Senato ha perso la maggioranza, raccoglie una nuova batosta. Le presidenziali del 2017 sono ancora lontane, non di meno per la gauche il campanello d'allarme è assordante. ORDINE. Per i suoi detrattori repubblicani era un capo senza nerbo. Da quando Obama , come si conviene a un vero leader, ha ripreso il controllo delle operazioni nel Medio oriente, i suoi avversari hanno fatto in fretta a cambiare casacca. Per fortuna che Barack c'è, e ci sarà per altri due anni, è ormai il leitmotiv ricorrente, quasi bastassero le incursioni aeree per estirpare la minaccia del califfato . Il presidente invece sa che per spegnere l'incendio occorre in primo luogo rimuovere le macroscopiche ingiustizie che qui sono il brodo di coltura del fanatismo. Ogni mossa quindi non è tanto per la gloria, bensì per assicurare un ordine mondiale degno di questo nome. CINEMA. Anche se a volte viene la tentazione, sarebbe irriverente, malgrado tutto, paragonare la politica a un set del Far West. Qualche riferimento al cinema però c'è , grazie alla trovata mediatica di chiamare Trinità i protagonisti della scena romana : Renzi, Berlusconi, Grillo. Tuttavia , per restare in tema, più che a Bud Spencer e Terence Hill, nell'ok corral di governo e opposizione, arroventato dal patto del Nazareno fonte di grosse frizioni, forse sarebbe più opportuno citare " Il buono, il brutto e il cattivo", nel quale ognuno può sbizzarrirsi ad attribuire i ruoli come nel capolavoro di Sergio Leone. Resta da individuare chi dei tre sia il buono, il brutto e il cattivo. CIARLE. Sembrano lontani, se non addirittura tramontati , i tempi in cui l'ex Cavaliere poteva permettersi di dettare la scaletta dei dibattiti televisivi, quasi fossero " cosa sua". Ci fu un periodo in cui i salotti buoni anche nel servizio pubblico erano come una terza camera di Forza Italia. Oggi lo scenario è radicalmente mutato. In concomitanza con la crisi di certi attori politici, anche i talk show sono entrati a loro volta in crisi. Crisi di ascolti e di idee. Sulla ragione del crollo i massmediologi sono divisi, ma tutti sembrano concordare sul fatto che oltre alla formula, ormai invecchiata, sia venuta a noia la cosiddetta telecrazia piena di ciarle, di comparsate in video, ma vuota di contenuti. |
LAVORO E DIRITTI a cura di www.rassegna.it Camusso: quelle tutele da allargare "Con il 25 ottobre inizia una stagione di conquista di un cambiamento nella politica economica del paese. Senza articolo 18 tutti i lavoratori diventano di serie B. Per ripartire, serve un piano straordinario per l'occupazione". di Guido Iocca “Con il 25 ottobre inizia una stagione di conquista di un cambiamento della politica economica del paese”. Non usa giri di parole Susanna Camusso, segretaria generale della Cgil, quando parla della decisione adottata dal direttivo nazionale della sua confederazione, riunito il 27 settembre a Bologna, di indire una giornata di mobilitazione nazionale finalizzata a promuovere le proposte del sindacato sul lavoro e in particolare sull’estensione dei diritti a tutte le lavoratrici e i lavoratori. Camusso - La piattaforma che il nostro direttivo nazionale ha varato lo scorso sabato è impegnativa, perché rivendica scelte di politica economica volte a dare una risposta alle grandi emergenze del paese, a cominciare da quelle della mancanza di lavoro, della nuova emigrazione giovanile, della precarietà, fornendo a questo fine un’indicazione esplicita: e cioè che se si vuole invertire questo trend, l’Italia ha più che mai la necessità, oltre a rimettere in discussione le politiche di austerità e le pure logiche di bilancio, oltre ad avere una politica economica espansiva, di un piano straordinario per l’occupazione, uno strumento che andrebbe finanziato con una patrimoniale sulle grandi ricchezze. Se si vuole una politica espansiva bisogna guardare a dove ci sono le risorse, incentivare gli investimenti e non pigliarsela con il lavoro, impoverendolo ulteriormente. Rassegna - A sostegno di questa piattaforma, la Cgil ha convocato per il prossimo 25 ottobre una manifestazione a Roma… Camusso - Sì, sarà una grande iniziativa di proposta con al centro la richiesta di una svolta per il nostro paese, a partire dalla libertà e dall'uguaglianza del lavoro. Con l'appuntamento del 25 ottobre inizia per noi una stagione importante. Attorno all’idea di cambiamento della politica economica di questo governo, all'allargamento dei diritti di cui ci facciamo promotori, non escludo si possa tornare a incontrare in tempi brevi le altre confederazioni in un percorso comune. Rassegna - A Bologna non hai escluso nemmeno il ricorso a forme di lotta ancora più dure, come lo sciopero generale, se sulla riforma del lavoro l’esecutivo Renzi dovesse decidere di procedere con il decreto. Camusso - Certamente, perché noi continuiamo a dire, e a pensare, che su temi cruciali come quelli del lavoro e del mercato del lavoro, così come avviene in qualunque paese normale, si debba dare sempre priorità al confronto con le organizzazioni sindacali, per costruire delle soluzioni condivise. È chiaro che una scelta come quella del decreto rappresenterebbe una rottura, una lacerazione, sarebbe la conferma che nella visione di questo governo il lavoro non ha più nessun titolo di rappresentanza, nemmeno come interlocutore per quel che riguarda direttamente il confronto sulle sue condizioni. Una volontà di scontro che richiederebbe una risposta altrettanto forte e decisa. Rassegna - Intanto, sia dalla direzione del Pd lunedì 29 che dalla trasmissione di Fabio Fazio la sera precedente, Renzi continua a sostenere che è proprio attraverso le misure indicate dal suo governo che si supererà la divisione tra lavoratori di serie A e lavoratori di serie B. Cosa ti colpisce di più delle parole del presidente del Consiglio, il loro contenuto paradossale o la continua ricerca della provocazione nei confronti del sindacato? Camusso - Entrambe le cose. Che senso ha dire che siccome il reintegro è previsto solo per quelli che stanno in un’azienda di 15 o più dipendenti, i cosiddetti lavoratori di serie A, allora è più giusto toglierlo a tutti, iscrivendo di fatto l’intero mondo del lavoro al campionato di serie B? La realtà che Renzi continua a ignorare è che il cambiamento di cui il nostro paese ha assolutamente bisogno deve avere come bussola l’allargamento dei diritti e delle tutele, non la loro riduzione. Ma c'è qualcosa di più inquietante e negativo in alcune affermazioni del presidente del Consiglio. Matteo Renzi dice che in materia di lavoro serve “un cambiamento violento”. Un'immagine che chi guida un Paese non dovrebbe mai evocare. L'uso di questa espressione ha in sé l'idea che qualcuno debba essere sconfitto e qualcun altro debba prevalere. È la negazione che il lavoro possa essere attore del cambiamento. È un pensiero che ci riporta all’Ottocento con un salto indietro che scavalca il secolo della libertà e della dignità del lavoro. Rassegna - Ecco, l’allargamento delle tutele. Oltre a quelle previste dalla legge 300 sui licenziamenti senza giusta causa, ce ne sono altre – non meno importanti – per la cui universalizzazione il sindacato si batte da tempo: dalla maternità alla malattia, dagli ammortizzatori sociali all’equo compenso. Anche su questo versante, la riforma del lavoro non dà segnali incoraggianti… Camusso - Non c'è dubbio, la riforma del lavoro fornisce anche da questo punto di vista dei segnali negativi. Da un lato, con l'idea – per la quale sembra si siano particolarmente impegnati nella commissione in Senato – di peggiorare la contrattazione, che è invece il luogo in cui si conquistano, si affermano e si difendono i diritti, e dall'altro non includendo nelle tutele esistenti chi oggi ne è privo, perché vittima delle scelte politiche sbagliate fatte in questi anni. Su tutte queste materie non si segnala alcun tipo di apertura. Una valutazione che vale anche per la formulazione che c'è sul compenso orario legale: se non lo si equipara ai minimi tabellari dei contratti nazionali di lavoro, si afferma un principio di diseguaglianza, per cui è possibile – facendo lo stesso lavoro – ricevere retribuzioni differenti. Il tutto in aperto contrasto con la norma costituzionale e con lo stesso l'articolo 13 dello Statuto dei lavoratori. Rassegna - Cosa pensi delle rassicurazioni del premier in merito all’obbligo di reintegro per i licenziamenti discriminatori e disciplinari? Camusso - Quella abbozzata è una proposta molto confusa. Il documento approvato dalla maggioranza della direzione del Pd non è chiaro su precariato, tempo indeterminato e ammortizzatori sociali. Limitando la discussione solo ad alcune forme della collaborazione, in realtà si continuano a mantenere più di 40 forme di assunzione differenti, quindi non c'è un investimento effettivo sul tempo indeterminato, cioè sul cambiamento della qualità del mercato del lavoro. Ancora non si delineano i contorni della proposta sugli ammortizzatori e se, come abbiamo capito, il tema è il trasferimento delle attuali risorse della deroga agli ammortizzatori, non siamo di fronte ad alcuna estensione. Poi è a questo punto chiaro che l'articolo 18 viene tolto a tutti, relegando l'intero mondo del lavoro nella serie B. Le ragioni della nostra manifestazione del 25 sono ora ancora più forti. |
Da Avanti! online www.avantionline.it/ EUROSFIDA Basta austerità. La Francia si ribella alle regole del Patto di Stabilità e dice ‘no’ a nuove misure di austerità, ma Bruxelles le ricorda che i paesi membri devono rispettare gli impegni presi. Il governo francese prevede, nella legge di bilancio per il 2015, un deficit che quest’anno si attesterà al 4,4% del Pil, l’anno prossimo si restringerà al 4,3%, nel 2016 scenderà al 3,8% e solo nel 2017 andrà al 2,8%, cioè sotto il tetto del 3%. In precedenza Parigi si era impegnata a scendere sotto il 3% fin da quest’anno. “Abbiamo preso la decisione di adattare il passo di riduzione del Pil – spiega il ministro delle Finanze, Michel Sapin – alla situazione economica del paese. La nostra politica economica - aggiunge Sapin – non sta cambiando, ma il deficit sarà ridotto più lentamente del previsto a causa delle circostanze economiche. Nessun ulteriore sforzo – si legge in un comunicato che accompagna i numeri della legge di bilancio - sarà richiesto alla Francia, perché il governo – assumendosi la responsabilità di bilancio di rimettere sulla giusta strada il paese – respinge l’austerità”. Parole chiare. Ma a stretto giro di posta arriva la replica di Bruxelles, che ricorda a Parigi che gli Stati europei “devono rispettare le raccomandazioni specifiche per paese” che sono state approvate dal Consiglio Ue su proposta della Commissione. Lo ha spiegato il portavoce del commissario agli Affari economici e finanziari Simon O’ Connor senza commentare nello specifico i recenti annunci sui conti pubblici di Italia e Francia. “Gli impegni presi dagli Stati nei confronti degli altri – ha detto – sono comuni e il ruolo della commissione è quello di dire se i progetti di bilancio metteranno gli Stati sulla strada giusta per rispettare tali impegni”. Alla Francia replica anche la cancelliera tedesca, Angela Merkel: “Tutti gli stati dell’Unione europea facciano i loro compiti e rispettino pienamente gli impegni presi, altrimenti ne va della credibilità dell’Europa. Una crescita sostenibile di lunga durata – ha detto Merkel – si può raggiungere soltanto sulla base di una solida politica di bilancio. Non siamo al punto – ha aggiunto – in cui possiamo dire che la crisi è completamente alle nostre spalle. Per questo ora è importante per tutti rispettare pienamente gli obblighi e gli impegni in modo credibile. Questo – ha detto ancora Merkel – può essere fatto soltanto dai singoli stati membri. E’ nella responsabilità di ciascuno stato fare i propri compiti per migliorare la competitività”. Molto duro anche il presidente dell’Eurogruppo Jeroen Dijsselbloem secondo il qualche “la Francia, come altri Paesi, deve lavorare più duramente perché deve rispettare le regole del Patto di stabilità, riguadagnare competitività, rendere flessibile il mercato del lavoro. La Francia non sta riuscendo a riportare gradualmente il suo bilancio in ordine, Parigi ha avuto due anni in più”. Dijsselbloem ha poi ha spiegato che sulla Francia “la pressione sta salendo, le misure che devono adottare sono sia sul fronte del bilancio che su quello delle riforme. Parigi deve recuperare competitività”, ha detto il presidente. “Molti Paesi più piccoli hanno adottato misure difficili, come i Baltici, Portogallo, Irlanda e Grecia. Se tutti loro lo hanno potuto fare, potrà farlo anche un Paese grande come la Francia”, ha concluso. Il Ministro Sapin, che aveva già preannunciato che i target di deficit per il 2015 erano inattuabili, prevede una crescita economica stentata dello 0,4% quest’anno, seguita da un +1% nel 2015, +1,7% nel 2016, +1,9% nel 2018 e solo nel 2018 e nel 2019 il Pil tornerà a crescere del 2%. “Le nostre prospettive economiche – ammette Sapin – non sono quelle previste qualche mese fa”. Inoltre il ministro definisce “senza precedenti” lo sforzo del governo di tagliare di 50 miliardi di euro i volumi della spesa pubblica entro il 2017, pur riconoscendo che il totale della spesa pubblica in questo periodo registrerà un rialzo dello 0,2%. Questo significa che il debito pubblico toccherà nel 2016 un picco del 98% del Pil, iniziando una lieve discesa nel 2017. A metà ottobre la Commissione europea si dovrà esprimere sulla manovra francese, come sui programmi degli altri Paesi. Un giudizio che si annuncia severo per Parigi, da troppo tempo fuori linea rispetto alle raccomandazioni dell’Unione Europea. Una sponda a Bruxelles potrebbe arrivare dalla Corte dei Conti francese, che oggi ha definito “troppo ottimistiche” le previsioni economiche del Governo per il biennio 2016-2017, lasciando dunque intendere che il deficit di bilancio potrebbe restare sopra il 3% più a lungo del previsto. Una manovra così poco in linea con le indicazioni europee può essere di aiuto all’Italia, che ha appena annunciato un deficit del 3% quest’anno, del 2,9% nel 2015 e un pareggio di bilancio nel 2017. I conti italiani dunque sono decisamente migliori di quelli francesi. Con un’eccezione rilevante: il nostro debito pubblico è al 131,6% quest’anno, mentre quello francese viaggia intorno al 95 per cento. È questo il tallone d’Achille italiano che riduce i margini di manovra di Renzi con Bruxelles. Indicativi i dati sullo spread. Quello italiano a spagnolo infatti sono in discesa rispettivamente a 138 e a 117 sul Bund tedesco. Mentre quello francese a quota 34 è sostanzialmente stabile, dunque l’annuncio di Parigi non influisce, al momento, più di tanto sull’andamento dei differenziali. Ieri sera il Ministro dell’economia dell’Economia Pier Carlo Padoan, aveva illustrato le stime della nota di aggiornamento al Def dopo il via libera del Consiglio dei ministri. “Il quadro economico – ha detto – risulta fortemente deteriorato, con il deficit 2014 in salita al 3% e il pil al -0,3%”. Uno scenario a tinte fosche per quest’anno con il deficit al limite della soglia Ue e il pil in territorio negativo. Il tutto corredato da un nuovo slittamento del pareggio di bilancio: al 2017. “L’aggiustamento sarà più lento dello 0,5% perché secondo noi siamo in circostanze eccezionali – ha detto Padoan – con l’economia molto deteriorata rispetto al def precedente”. Dunque “rallenta l’aggiustamento del saldo e il pareggio strutturale a partire dal 2017. Vai al sito dell’avantionline |
Evento Nazionale di Cultura, Cibo, Divertimento. http://fondazioneelioquercioli.net/start/news Popoli e Diritti La Notte Rossa 2014 I bisogni crescenti della società moderna, sia individuali che collettivi, rendono manifesta l'esigenza di tornare a vivere luoghi condivisi, in cui affrontare insieme le necessità del quotidiano rafforzando l'efficacia della propria azione. Case del Popolo, Circoli culturali e Operai. Sono luoghi che hanno in comune una stessa storia e un cammino analogo: sono strutture realizzate con il lavoro volontario, sorti nella penisola per dare uno spazio di ritrovo a lavoratori e cittadini. Luoghi in cui sono nate le organizzazioni sociali, in cui si sono affermati diritti e sono state create le prime strutture per rispondere ai bisogni della popolazione. La Notte Rossa 2014 Popoli e Diritti è una manifestazione nazionale che riconosce l'importanza storica di questi luoghi e vuole valorizzarli per farli rivivere e apprezzare anche dalle nuove generazioni. Una sorta di “passaggio del testimone”, che vede i giovani protagonisti di una tre giorni in cui parlare di diritti e nuovi bisogni, affiancando alla storia un rinnovato impegno. E' chiara, quindi, l'ambizione al recupero e alla trasmissione di valori e tradizioni, da coniugare in modo più aggiornato, per far tornare ad essere questi luoghi, spazi di mediazione interculturale e intergenerazionale. Aderiscono ed aprono le loro porte oltre 60 tra Circoli ARCI e Circoli Cooperativi, per circa 120 eventi distribuiti nelle tre giornate. CALENDARIO EVENTI Fondazione Elio Quercioli Associazione Enrico Berlinguer ARCI Milano Comitato Provinciale Associazione Circoli Cooperativi Lombardia |
FONDAZIONE NENNI http://fondazionenenni.wordpress.com/ Il leader socialista Colorni e la Resistenza a Roma di Vittorio Emiliani Lo scorso mercoledì 24 settembre, assistendo alla interessante, vivace presentazione del libro di un giovane ricercatore, Antonio Tedesco, su “Il partigiano Colorni e il grande sogno europeo”, maturato presso la biblioteca della Fondazione Nenni e stampato dagli Editori Riuniti, pensavo che la “damnatio memoriae” abbattutasi sul socialismo e sui socialisti italiani ha colpito, in fondo, anche Colorni. La sua figura di pensatore in chiave europea precede, nonostante la giovane età, anche quelle di Altiero Spinelli e di Ernesto Rossi, ma viene ad essi quasi sempre posposta nell’ideazione del Manifesto di Ventotene. Lo stesso accade, in fondo, nella Resistenza armata romana. A ripensarci essa ebbe per protagonisti alcuni socialisti come il “maresciallo rosso” Peppino Gracceva, passato dal Pci ai socialisti dopo il patto Ribbentrop-Molotov, come Giuliano Vassalli, grande avvocato, maestro di diritto e ministro, e uno dei grafici più importanti del ‘900, Sergio Ruffolo, fratello maggiore di Giorgio, rinchiuso anch’egli a Via Tasso. In realtà la Resistenza romana viene ricordata soprattutto per l’attentato di via Rasella ad opera dei Gap, azione non concordata col CLN, ancor oggi discussa, nonostante che una sentenza del Tribunale di Milano l’abbia, anni fa, qualificata come “atto di guerra” e non come “attentato”, poiché all’esplosione delle bombe nascoste nei secchi della spazzatura seguì l’intervento armato dei dodici gappisti. Su questo episodio mi sembra fondamentale la ricostruzione realizzata dal grande giornalista Enzo Forcella per il suo libro, uscito postumo da Einaudi nel 1999, “La Resistenza in convento”. Torno a Colorni, Gracceva, Vassalli e Ruffolo per ribadire che il loro contributo fondamentale di socialisti alla Resistenza romana continua ad essere sottovalutato o messo in ombra. |
Da vivalascuola riceviamo e volentieri pubblichiamo La “Buona Scuola” di Renzi di Giorgio Morale vivalascuola questa settimana è dedicata alla valutazione e al merito secondo "La Buona Scuola" di Renzi, con una ampia analisi di Carlo Salmaso: http://lapoesiaelospirito.wordpress.com/2014/09/22/vivalascuola-177/ Merito e valutazione sono i punti “forti” della “Buona Scuola”, ma sono proprio quelli che lasciano più sgomenti. Insomma, un insegnante “mediamente bravo” secondo Renzi dovrebbe prendere informazioni sul “merito” dei docenti di un’altra scuola e chiedere il trasferimento perché se lì sono scarsi lui sarà messo bene nella competizione... Come perplessi lascia la Direttiva sulla Valutazione: si parla di valutare il 10% delle scuole ogni anno. Per valutare l’intero sistema nazionale occorrerebbero quindi 10 anni: la scuola X potrebbe essere valutata una prima volta nel 2016 e una seconda nel 2035!… In effetti merito e valutazione sono parole-feticcio, la realtà dice più di 10 anni senza scatti stipendiali, docenti da usare come tappabuchi, mobilità per "merito" alla faccia della continuità didattica e della qualità dell'insegnamento. E soprattutto nessuna risorsa in più per l'istruzione! Completano la puntata una rassegna stampa sull'argomento e le notizie della settimana scolastica. |
Riceviamo e volentieri pubblichiamo I turbamenti del giovane Renzi Comincia a farsi dura per il governo Renzi. In pochi mesi ci sono i primi segnali di inversione di tendenza dei livelli di consenso che ne avevano accompagnato la ‘scesa in campo’ a spese di Bersani e Letta e che avevano trovato vistoso riscontro elettorale alle Europee. di Fabio Vander I fatti, si sa, hanno la testa dura e il governo in carica comincia a sbattervi la propria di testa. Problemi politici e di merito. Riguardanti soprattutto il senso e la tenuta del maggiore partito della maggioranza, ma poi anche il rapporto con i sindacati e con il mondo imprenditoriale. Inaspettate sono poi arrivate le critiche da parte della Chiesa cattolica, mentre ereditato da Berlusconi è rimasto il conflitto ormai ‘classico’ con la magistratura. Quanto alla considerazione della classe politica italiana all’estero, è rimasta allo stesso (infimo) livello dei tempi di Berlusconi. Troppe cose insieme per fare finta di niente. Non è questione di “vecchia guardia”, ma di inequivoci segnali che vengono da settori decisivi della classe dirigente. L’opinione pubblica seguirà. L’epicentro della crisi è come al solito il PD. Perse infatti anche le elezioni del 2013, la classe dirigente ex-comunista ha visto svanire ogni residua credibilità. La “rottamazione” è parsa a quel punto inevitabile, anzi tardiva. L’exploit di Renzi si spiega e giustifica così. Ma anche per lui è giunta presto la prova dei fatti. Dopo pochi mesi di governo viene chiesto conto. E qui è appunto difficile prendersela genericamente con i “conservatori” politici e sindacali. L’attacco di De Bortoli sul “Corriere” del 24 settembre è stato un fatto inusitato per violenza e nettezza. Scalfari su “Repubblica” del 28 settembre si è detto d’accordo con De Bortoli nella condanna di Renzi e del suo governo, definito “frutto di tempi bui”. Renzi è riuscito a ricompattare “Repubblica” e “Corriere”, gruppo De Benedetti e RCS. Anche qui qualcosa di mai visto. Nel merito della questione dell’articolo 18, sollevata pretestuosamente da Renzi in chiave anti-sindacale e anti-popolare (“i padroni hanno diritto a licenziare”, è arrivato a dire), Scalfari ha opposto: “penso che bisognerebbe conservarlo, l’art. 18, così inteso e riconoscerlo anche ai lavoratori impiegati in aziende con meno di 15 dipendenti”. Sembra di leggere Landini o Ferrero e invece è Scalfari. A difesa del premier c’è rimasta la poco convinta voce di Squinzi, quella interessata di Marchionne e quella tutt’altro che credibile di Alan Friedman. Il giornalista americano sul “Corriere” del 29 settembre prima ha criticato le “mezze misure” a difesa dell’articolo 18, definendole “gattopardesche”, poi però ha auspicato l’estensione del “patto del Nazareno” fra Renzi e Berlusconi anche alle materie economiche. Dunque convergenza tra destra e sinistra su un programma di governo (non più solo sulle ‘riforme’ costituzionali), che “non ha alternativa”. Gattopardismo transatlantico. Tornando alle cose serie: la situazione è grave. A questo punto non solo per il governo, ma per il Paese. Questo autunno sarà decisivo. Denso di nuvole e pericoli. Politici e economici, certo, ma non solo. Se De Bortoli denuncia lo “stantio odore di massoneria” sollevato dal “patto del Nazareno” (e dai suoi risvolti toscani) e se l’ex-Presidente dell’Antimafia Lumia sul “Corriere” del 28 settembre (...molti allarmi promanano dal “Corriere” di questi tempi) ci avverte delle “verità terribili” che si annunciano sui rapporti Stato-mafia, allora c’è da stare ben desti. Bisogna porsi l’obiettivo di un superamento in positivo dell’attuale quadro politico. Sapendo che l’alternativa a Renzi qui è ora non c’è e che il semplice malessere o la recriminazione non bastano, occorre un progetto politico, che non si improvvisa, ma al quale bisogna mettere mano da subito. Perché certo non si può stare ad aspettare il ventilato governo Visco di ‘salvezza nazionale’ (né quello autoprodotto di Della Valle). Non serve un nuovo Monti, un nuovo Letta e men che meno una emanazione diretta della Troika. Lavorare a una via d’uscita di sinistra. Comunque democratica. Alcuni punti fermi: pare evidente che l’alternativa a Renzi non può venire dal PD ovvero dalla sua ‘sinistra’. Questa, si diceva, è il problema, non la soluzione. Il resto della sinistra? La condizione di SEL resta comatosa dopo la scissione che ha portato fuori Migliore e gli altri. Si contrappongono una linea che punta ancora sulla Lista Tsipras e una che parla di “ricostruzione di una soggettività di sinistra con ambizione di governo”. Che però a ben vedere è la stessa linea dei fuoriusciti di Migliore. Il dibattito è stantio e soprattutto l’azione politica è ferma. In un recente documento di SEL si ammette che la “proposta politica è incerta”, il partito ha un’identità “liquida e impercettibile” ed è “piantato sulle gambe”. Anche qui però non ci si può aspettare che Vendola porti oltre una crisi di cui è in primis responsabile. La domanda è quella di sempre: che fare? Anche la risposta è stata però più volte formulata: promuovere la costituente di un nuovo partito della sinistra. Qualcosa sembra muoversi. Quest’estate Alberto Asor Rosa e Piero Bevilacqua sono stati espliciti sul punto. La novità è che anche Scalfari ha iniziato a parlarne. Su “Repubblica” del 14 settembre, prese le distanze dal PD di Renzi, ha scritto: “torniamo ad un partito politico” e addirittura ad un partito con una precisa identità, con una sua “ideologia”, perché altrimenti c’è solo “un’esistenza day-by-day, la vita inchiodata al presente senza passato né futuro”. Dunque: partito, ideologia, recupero del “passato”, senso del “futuro”. Che anche settori non della sinistra tradizionale e storica avvertano il problema, dà il senso della portata della crisi. Il rischio dell’eterodirezione c’è, ma se ancora esiste una classe dirigente di sinistra, è con queste sfide che deve cimentarsi, recuperando il senso e la responsabilità di una missione nazionale. |
Giornalismo testimoniale Dopo la morte di Andrea iniziative per difendere il diritto all’informazione in zone di guerra In seguito alla notizia dell’assassinio di Andy Rocchelli e Andrej Mironov, avvenuto il 24 maggio scorso in Ucraina, la Presidente della Camera dei Deputati, Laura Boldrini, ha inviato alla compagna e ai genitori di Rocchelli, come pure ai familiari di Mironov, un messaggio per esprimere la vicinanza propria oltre che dell’istituzione parlamentare rappresentata. La giovane vedova di Andy, Maria Chiara Ferrari, ha risposto alla Presidente della Camera ponendo all’attenzione delle istituzioni un’intensa riflessione sulla difesa del diritto alla verità, alla conoscenza e all’informazione. Sul proprio blog Laura Boldrini ha pubblicato il testo di Maria Chiara Ferrari. Lo rilanciamo qui per le nostre lettrici e i nostri lettori. di Maria Chiara Ferrari Cara Presidente Boldrini, assorbita dai pensieri e dalle crude necessità che si sono imposte con la perdita del mio compagno Andrea Rocchelli e l’orfanezza del nostro figlio Nico, non le ho finora scritto quanto abbia apprezzato il messaggio inviatomi dopo la crudele uccisione di Slovianks. Vi ho colto non solo una particolare attenzione da parte dell’istituzione che rappresenta e presiede, ma anche una sensibilità personale e, se me lo consente, femminile nei confronti miei e di Nico. Per questo conserverò con cura il suo telegramma, perché al momento giusto anche mio figlio vi legga il riconoscimento dell’impegno etico-civile di suo padre da parte di una delle più autorevoli istituzioni del suo paese e insieme senta il tocco delicato di chi ha voluto essere vicina a sua madre, compagna del padre, per confortarla in un frangente tanto difficile. Ben consapevoli dei vincoli e dei limiti, avevamo scelto di non contrarre matrimonio, e in questo periodo mi sono spesso scontrata con l’invisibilità che questo non-status mi condanna ad avere. Ricevere il suo telegramma ha invece dato il segno di un riconoscimento dell’indissolubile legame e della relazione che intreccia me, Andy e Nico, indipendentemente dagli atti d’ufficio. Guardo con fiducia ai compiti che lei svolge e all’impegno più volte dimostrato nell’ambito dei diritti umani. In Ukraina si continua a combattere e altri giornalisti sono caduti a dimostrazione di quanto chi si occupa di informazione sia nel mirino delle armi dall’una e dall’altra parte, vittima non casuale. La macchina fotografica e la telecamera di Andy, irrimediabilmente rotte dal colpo di mortaio, sono state depredate delle schede di memoria, silenziate dalla ferocia dell’uomo che teme la testimonianza. Spero che oltre alle inchieste avviate in loco e seguite dal nostro Ministero degli esteri, le istituzioni del nostro paese si facciano al proposito portavoce e protagoniste di iniziative incisive, in Europa, durante il semestre italiano, presso l’OCSE e le UN. Non è giunto il momento di affrontare il problema della salvaguardia della libertà di stampa e d’informazione, in primo luogo difendendo la vita e il lavoro di giornalisti, fotografi, operatori video nei contesti ove questi operano? Oltre alle enunciazioni teoriche, ove si sottolinea il nesso tra democrazia e informazione libera, non è il caso di proporre e adottare strategie efficaci per la ricerca e l’esemplare condanna dei responsabili di queste violenze e uccisioni, in modo che siano di forte deterrenza per il futuro? E non da ultimo, che facciano sentire meno abbandonati e soli i reporter e tutti coloro che questo lavoro lo scelgono con consapevolezza dei rischi? So bene quanto sia ardua e spesso frustrante la difesa dei diritti: fatte le debite proporzioni, anch’io vi sono professionalmente coinvolta occupandomi da anni del Centro Antiviolenza LiberaMente che a Pavia combatte la violenza contro le donne e tenta di porvi argine e rimedi. Sappiamo dunque che la legalità e l’impegno assiduo delle istituzioni sono l’unica via per rendere meno iniqua e violenta la società, anzitutto per i nostri figli. Per loro mi piacerebbe pensare che lo Stato non dimentica le vite spezzate di suoi cittadini che, per scelte di vita e passione, sono morte.
Maria Chiara Ferrari, compagna di Andy Rocchelli, insieme alla madre del fotogiornalista, Elisa Signori, il 7 settembre scorso a Mosca durante il conferimento a Rocchelli e Mironov del Premio Politkovskaia 2014. ERRATA CORRIGE - Sull’ADL del 18.9.2014 nella didascalia sotto la foto scattata da Anna Artemyeva durante la cerimonia per il conferimento del Premio Politkovskaia 2014 ad Andy Rocchelli e Andrej Mironov siamo incorsi in un errore di cui ci scusiamo. A sinistra nell’immagine – accanto a Elisa Signori, madre di Rocchelli – è ritratta la giovane compagna del fotogiornalista, Maria Chiara Ferrari. |
L'AVVENIRE DEI LAVORATORI EDITRICE SOCIALISTA FONDATA NEL 1897 Casella postale 8965 - CH 8036 Zurigo L'Avvenire dei lavoratori è parte della Società Cooperativa Italiana Zurigo, storico istituto che opera in emigrazione senza fini di lucro e che nel triennio 1941-1944 fu sede del "Centro estero socialista". Fondato nel 1897 dalla federazione estera del Partito Socialista Italiano e dall'Unione Sindacale Svizzera come organo di stampa per le nascenti organizzazioni operaie all'estero, L'ADL ha preso parte attiva al movimento pacifista durante la Prima guerra mondiale; durante il ventennio fascista ha ospitato in co-edizione l'Avanti! garantendo poi la stampa e la distribuzione dei materiali elaborati dal Centro estero socialista in opposizione alla dittatura e a sostegno della Resistenza. Nel secondo Dopoguerra L'ADL ha iniziato una nuova, lunga battaglia per l'integrazione dei migranti, contro la xenofobia e per la dignità della persona umana. Dal 1996, in controtendenza rispetto all'eclissi della sinistra italiana, siamo impegnati a dare il nostro contributo nella salvaguardia di un patrimonio ideale che appartiene a tutti. |
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