[Diritti] Primo Maggio a Torino. Una giornata di lotta
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- Date: Fri, 2 May 2014 17:59:04 +0200 (CEST)
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Primo Maggio a Torino. Una
giornata di lotta
Il Primo Maggio imbalsamato, chiuso nelle
cerimonie istituzionali, consacrato ai riti stanchi di una sinistra
cittadina che governa Torino da decenni, non c’è più.
Il Partito
Democratico ha costruito le proprie fortune nel segno delle grandi opere,
della kermesse olimpica e del Tav. Delle Olimpiadi restano le inutili
cattedrali di cemento e tanti debiti. Resta il grattacielo di Intesa/San
Paolo, costruito su terreni pubblici ceduti per un tozzo di pane
dall’amministrazione Chiamparino alla banca, che l’aveva salvato dalla
bancarotta pochi giorni prima della sua trionfale rielezione a sindaco.
Alla fine di qual mandato Chiamparino divenne presidente della Compagnia
di San Paolo, oggi è il candidato del PD per la Regione Piemonte.
A
far le spese delle politiche del PD di governo, a Torino come nel resto
del paese, i lavoratori, che i provvedimenti del primo ministro Renzi
condannano alla precarietà a vita e salari da fame senza tutele, senza
futuro.
In questi anni di cemento le scuole della città sono andate
a pezzi: i soldi destinati all’edilizia scolastica sono stati usati per il
Tav, i piccoli, preziosi ospedali sono stati chiusi, continui sono stati i
tagli al trasporto locale.
Torino è diventata la capitale degli
sfratti, perché tra disoccupazione e precarietà tanti, troppi, non ce la
fanno più a pagare il fitto o il mutuo.
Tanti, sempre più, non sono
più disposti a subire, alzano la testa, scelgono di lottare per
riprendersi gli spazi, per contrastare le politiche dei padroni di una
città che ha cambiato pelle, ma dove lo sfruttamento è sempre più duro, la
precarietà è la norma.
Le ragioni di chi non intende subire la
schiavitù salariata come destino, le ragioni di chi lotta contro il
razzismo, la violenza poliziesca, il Tav, di chi non accetta che si
spendano milioni per costruire e comperare cacciabombardieri, di chi
occupa le case vuote, di chi non china la testa hanno dilagato nella
piazza del Primo Maggio torinese.
L’altra Torino, quella degli
anarchici, degli antagonisti, del No Tav, dei lavoratori ribelli, ha
riempito piazza Vittorio, soverchiando con la forza dei numeri e delle
proprie ragioni, la piazza istituzionale.
Qui puoi vedere una
piccola galleria di immagini dello spezzone rosso e nero e alcuni video
della giornata
Sin dal giorno precedente i due quotidiani
torinesi, La Stampa e Repubblica, avevano annunciato un dispiegamento
straordinario di polizia. Nel mirino gli antagonisti, ma soprattutto gli
anarchici che avevano promosso uno spezzone contro la guerra interna e
quella esterna, contro la repressione e le fabbriche d’armi, uno spezzone
che portasse in piazza le regioni di chi pensa che di padroni e governanti
si possa e si debba fare a meno.
Che aria tirava era sin troppo
evidente.
Il Partito Democratico, che in questi anni aveva fatto
fatica ad entrare in piazza, nonostante il servizio d’ordine di
picchiatori professionisti, nonostante la tutela della polizia, è stato
circondato completamente. C’erano gli attivisti politici, c’erano i No Tav
e gli occupanti di case, c’era tanta, tanta gente senza bandiere ma con le
idee chiare. Non c’è posto nel corteo del Primo Maggio per il Partito
Democratico, non c’è posto per chi sta dalla parte dei padroni.
Quando in piazza è comparso il senatore/questurino Stefano Esposito,
fanatico del Tav, sempre in prima fila nel benedire le operazioni
repressive contro i No Tav, sono partiti slogan e qualche spinta con i
picchiatori professionisti del PD. La polizia ha caricato più volte,
ferendo numerosi manifestanti, travolgendo anziani e banchetti, ma non è
riuscita a fermarci.
La gente sotto i portici si è unita alla
resistenza: sono volate sedie tra le gambe dei celerini che
manganellavano, insultati da tutti, mentre l’indignazione diveniva
rabbia.
I celerini hanno provato a strappare dal furgone degli
anarchici lo striscione con la scritta “Chiara, Claudio, Mattia, Nicolò
liberi. Terrorista è il Tav”, ma i compagni e le compagne dello spezzone
rosso e nero se lo sono ripreso. Con i segni delle manganellate sul corpo
ma sempre più determinati ad andare avanti, ad non farci chiudere nella
piazza, dopo una seconda carica, siamo finalmente partiti.
In testa
allo spezzone anarchico lo striscione “Terrorista è chi bombarda, sfrutta,
opprime”.
Il corteo si è infine dispiegato lungo via Po. La
fotografia dei numeri era impietosa: un piccolo corteo istituzionale,
difeso passo a passo dalla polizia era seguito, circondato, assediato
dalla Torino che il prossimo 25 maggio diserterà le urne, perché riempie,
ogni giorno le piazze, perché non è più disposta a delegare la propria
vita a chi bombarda, sfrutta, opprime.
Una sfida intollerabile per
il PD. In via Roma, quando ormai il corteo aveva assunto le
caratteristiche di ogni Primo Maggio, con famiglie, bambini, anziani e
disabili, la polizia ha nuovamente caricato più volte per impedire
l’ingresso in piazza San Carlo.
Durante le cariche la gente ai lati
plaudiva chi resisteva. Nonostante la violenza della polizia, che si
accaniva anche sotto i portici, il corteo non si è scomposto.
Una
giovane mamma ci ha allungato la sua bambina perché la facessimo salire
sul furgone, ma non è fuggita.
In via Roma la polizia ha fatto il
proprio bottino, fermando tre manifestanti. Per uno di loro, Marco,
“Boba”, anarchico e redattore di radio Blackout, è scattato l’arresto.
Poi il corteo è entrato in piazza San Carlo, da dove sindacati di Stato
e PD se ne erano andati via in fretta e furia.
Gli ultimi comizi. Un
po’ di ghiaccio per i feriti e poi via. Il pranzo anarchico, che come ogni
anno ha riempito la sede della Federazione Anarchica in corso Palermo 46,
non ha chiuso la giornata di lotta.
Davanti a Eataly, il
supermercato del gusto di Oscar Farinetti, l’uomo che Renzi avrebbe voluto
al dicastero dell’economia, c’erano due camionette della guardia di
finanza e un folto nugolo di digos della “squadra anarchici”. Poliziotti
dell’antisommossa presidiavano il retro dell’edificio.
Sulla porta a
braccia incrociate gli uomini della security del supermercato. Sulla
schiena lo slogan Italy is Eataly, che trovava un’eco nello striscione
aperto davanti al supermercato “Fruttamento e precarietà made in Eataly”.
Eataly è il simbolo dell’Italia ai tempi di Renzi, un luogo dove si
lavora 365 giorni l’anno, dove la precarietà è la norma e la disciplina
durissima.
I
lavoratori, tutti italiani, del supermercato più eco, green e costoso
d’Italia, vengono pagati 8 euro (lordi) l’ora. I pochi con contratto a
tempo indeterminato sono tutti part time a 30 ore, ma di ore ne fanno
molte di più. Sempre.
In media chi lavora dietro ai banchi o nei
ristorantini dove si affacciano anche facoltosi turisti stranieri, porta a
casa 800 euro al mese. Niente domeniche, niente festività, niente 25
aprile, niente Primo Maggio.
La gente che passava ascoltava con
attenzione, si fermava, chiedeva notizie, voleva sapere. Numerosi gli
interventi, tra cui vogliamo segnalare quelli di Pino Larobina, operaio
dell’Iveco licenziato per la propria attività sindacale nell’USB, e quello
di Marco, un giovane compagno torinese, che per fuggire la disoccupazione
da cinque anni è emigrato in Polonia.
Abbiamo intrecciato i fili
delle lotte, nella comune consapevolezza, che viviamo tempi duri ma sempre
più gente si sta disintossicando dalle illusioni istituzionali e sceglie
la lotta.
Solidarietà a Marco, “Boba” arrestato nella Piazza
del Primo Maggio. Una piazza di lotta.
Lo vogliamo libero, vogliamo
liberi tutti e tutte!
Vogliamo liberi Chiara, Claudio,
Mattia e Nicolò.
Sabato 10 maggio marcia popolare No Tav a Torino
Appuntamento alle 14 in piazza Adriano.
Federazione Anarchica Torinese –
FAI
Corso Palermo 46 – la sede è aperta ogni giovedì dalle 21 –
fai_to at inrete.it – 338
6594361
Foto e video a
quest’indirizzo
www.anarresinfo.noblogs.org
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