[Diritti] Torino. Antifascisti in manicomio
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- Date: Wed, 5 Mar 2014 06:36:40 +0100 (CET)
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Venerdì 7 marzo
“Capaci di intendere e
volere. La detenzione in manicomio degli oppositori al fascismo” di Marco
Rossi.
Presentazione del libro con l’autore
alle
21
in corso Palermo 46
I lager della follia
La psichiatria nasce come scienza dedita alla normalizzazione e alla
reclusione e, da quando esiste, svolge il suo ruolo repressivo affiancando
poteri politici, sociali e religiosi.
In Italia il sistematico utilizzo del manicomio
per reprimere silenziosamente gli oppositori era stato teorizzato
nell'Ottocento dal criminologo Cesare Lombroso e applicato dallo Stato
liberale contro il nascente movimento operaio e contadino.
Durante
il regime fascista centinaia di donne e di uomini, "schedati"
per le loro idee e il loro agire in contrasto con l'ordine costituito,
sono stati privati della libertà, non solo in carcere o al confino, ma
anche dentro strutture manicomiali.
La psichiatria diventa complice del potere, il
sapere medico viene asservito al potere poliziesco e giudiziario: la
detenzione manicomiale venne praticata con logica totalitaria e disumana,
nel tentativo di zittire le voci del dissenso e di annientare le vite e le
intelligenze non sottomesse, rinchiudendo e torturando i corpi delle
persone libere nei lager della follia.
Le diagnosi usate per
internare oppositori e dissidenti erano "politiche":
epilessia politica, follia bolscevica, squilibrio politico, altruismo
morboso, pericolosità sociale. Queste etichette dimostrano come
un pensiero possa subire lo stravolgimento della propaganda e possa essere
fatto passare per deviante, e messo pertanto fuori gioco. Se infatti
all'interno di un carcere o al confino, l'individuo mantiene la sua
dignità di oppositore, all'interno del manicomio esso è un
"folle" come tanti e il suo pensiero è frutto della sua
malattia.
Ancora oggi, a trent’anni dalla chiusura dei manicomi, la
psichiatria continua nelle pratiche di etichettamento diagnostico,
marginalizzazione, repressione e manicomializzazione di individui ed
esperienze non allineate e non allineabili. Oggi l'internamento
viene fatto attraverso pratiche "eccezionali e di urgenza", come
il trattamento sanitario obbligatorio (TSO). Vicende tragiche come quella
di Franco Mastrogiovanni, morto dopo essere stato abbandonato legato ad un
letto per quattro giorni, ne hanno svelato la violenza e atrocità.
Gli ospedali psichiatrici giudiziari (OPG), lontana eredità della scuola
di Lombroso, avrebbero dovuto chiudere un anno fa, resteranno aperti sino
al 2018. Sono luoghi di reclusione e tortura, dove uno psichiatra può
decretare la reclusione a vita, anche se il reato per il quale si è stati
dichiarati “incapaci di intendere e volere”, è un banale furtarello.
Oltre
alla reclusione coatta, la psichiatria oggi più di ieri continua ad
inventare nuove malattie, ad etichettare comportamenti finora ritenuti
"normali" e che diventano "devianti" e da curare,
allargando così il suo bacino di utenti e consumatori di psicofarmaci.
L'invasione della diagnosi nelle nostre vite e l'uso istituzionale di
pseudopatologie, smitizzano anch'esse la pretesa imparzialità della
psichiatria, così come le storie raccontate in questo
libro.
Ancora una volta la follia non è quella degli ospiti dei manicomi,
ma piuttosto la follia degli psichiatri e delle loro diagnosi, la follia
delle parole di Lombroso, la follia di una scienza asservita al potere.
Collettivo antipsichiatrico “Francesco Mastrogiovanni”
Federazione Anarchica Torinese
www.anarresinfo.noblogs.org
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