L'AVVENIRE DEI LAVORATORI La più antica testata della sinistra italiana, www.avvenirelavoratori.eu Organo della F.S.I.S., organizzazione socialista italiana all'estero fondata nel 1894 Società Cooperativa Italiana - Casella 8965 - CH 8036 Zurigo Direttore: Andrea Ermano |
IPSE DIXIT Stranieri – «Augusto Vuattolo m’insegnò che l’emigrato è un lavoratore non uno straniero. In un paese che considera soltanto il profitto e la produttività, tutti i lavoratori sono stranieri.» – Ezio Canonica
PERICOLOSO: “VUATTOLO, Augusto Domenico, nato 25.7.1882 a Tarcento, residente a Zurigo, bracciante. Antifascista pericoloso. Da fermare. Connotati - capelli neri, occhi castani, naso rialzato, corporatura grossa. Questore Udine, 25.1,1930.” |
L'AVVENIRE DEI LAVORATORI contribuisce da oltre 115 anni a tenere vivo l'uso della nostra lingua presso le comunità italiane nel mondo tra quelle persone che si sentono partecipi degli ideali socialisti-democratici di Giustizia e Libertà. Conformemente alla Legge 675/1996 tutti i recapiti dell'ADL Newsletter sono utilizzati in copia nascosta. Ai sensi del Codice sulla privacy (D.L. 30.6.03, 196, Art. 13) rendiamo noto che gli indirizzi della nostra mailing list provengono da richieste d'iscrizione o da fonti di pubblico dominio o da risposte ad E-mail da noi ricevute. Il nostro servizio d'informazione politica, economica e culturale è svolto senza scopo di lucro e non necessita di "consenso preventivo" rivestendo un evidente carattere pubblico e un legittimo interesse associativo (D.L. 30.6.03, 196, Art. 24). |
Insieme contro la xenofobia Intervista all’on. Farina Le valutazioni politiche di un veterano dell’emigrazione italiana dopo referendum anti-immigrati in Svizzera. Aria di gran mestizia a Nord delle Alpi dopo il “salto in basso” di domenica scorsa, all’uscita dalle urne per l’iniziativa referendaria anti-stranieri promossa (e vinta, seppur di stretta misura) dalla destra populista svizzera. Le classi dirigenti elvetiche si risvegliano come da un lungo episodio di sonnambolismo. Ora si rendono drammaticamente conto che il pifferaio antistranieri sta conducendo questo paese a una brutta-brutta collisione diplomatico-economico-valoriale con il resto d’Europa… Senza contare che la Confederazione, come scrive Renzo Balmelli, è spaccata in due. La Svizzera di lingua francese, infatti, ha respinto le mene xenofobe della destra populista, e così hanno fatto anche Zurigo, Basilea e le altre città di lingua tedesca. Invece, la provincia profonda è andata alle urne come ebbra di odio e paura per il quale e la quale in realtà non sussisterebbero motivi razionali: in fondo, la popolazione immigrata si concentra nei grandi agglomerati urbani. Un dato, questo, che autorizza sul medio periodo a sperare in un trend in miglioramento, quanto meno rispetto all’opacità morale e intellettuale degli anni scorsi, tutti all’insegna di un anti-solidarismo militante che a sua volta consegue logicamente dall’ideologia ego-liberista. Insomma, domenica scorsa l’incubazione populista ha compiuto in Svizzera un salto di qualità che interpella adesso la coscienza politica di chi ce l’ha. (AE) Intervista con l’on. Gianni Farina raccolta da Lanfranco Palazzolo per Radio Radicale > Vai al sito di Radio Radicale
L’on. Gianni Farina (PD) con il direttore dell’ADL, Andrea Ermano (a sinistra) al Coopi di Zurigo. |
SPIGOLATURE Svizzera spaccata sulla xenofobia di Renzo Balmelli MORALE. Con il verdetto delle urne elvetiche, la questione morale entra di prepotenza nel dibattito sull'Unione riportando in auge distorte ideologie e antiche paure cucinate a dovere dalla destra conservatrice. Seppur di misura il successo del referendum anti stranieri mette in circolo un grumo di risentimenti a lungo covati e che una volta trovato uno sfogo saranno difficili da aggirare. Di botto la Confederazione si ritrova spaccata, lacerata sul piano interno e in gravi difficoltà su quello diplomatico. Un po' ovunque si respira un clima di mestizia reso ancora più imbarazzante dai provocatori applausi di Marine Le Pen che scoperchiano un vaso di Pandora da cui può uscire di tutto e di peggio per il destino della libera circolazione delle persone, cardine irrinunciabile per un'Europa diversa e migliore. IPOCRISIA. Chissà come saranno rimasti quegli elettori che per un pugno di schede hanno fatto vincere il "si" quando avranno saputo che nemmeno quarantotto ore dopo il referendum anti immigrati un'importante azienda svizzera, attiva nel settore della telefonia, ha avviato la ricerca di personale nella provincia del Verbano-Cusio-Ossola. Forse si saranno sentiti vittime di un colossale raggiro confezionato ad arte dalla destra demagogica in nome dell'ipocrisia per incamerare consensi a buon mercato. Indubbiamente il brusco risveglio dopo l'ubriacatura di slogan populisti sarà stato piuttosto doloroso nello scoprire che il loro voto, a dispetto delle promesse, non è valso a risolvere i problemi di un mondo del tutto cambiato, ma è servito unicamente a erigere nuove e vecchie barriere che non portano da nessuna parte se non a tensioni e ad assurde ostilità fra i popoli. INSOFFERENZA. Come ai tempi delle valigie di cartone, dall'Italia sempre più si emigra per necessità. Se durante l'infausto ventennio berlusconiano la politica fosse stata una cosa seria, magari il mercato del lavoro che non è povero ma solo gestito in modo sciagurato, non conoscerebbe le attuali traversie. A farne le spese in regioni un tempo ricche e all'avanguardia come la Lombardia, sono i frontalieri, umiliati e offesi nella loro dignità di lavoratori onesti e regolari. Oggi questo modello di collaborazione italo-svizzera a cavallo dei confini che sempre ha dato ottimi frutti, rischia di pagare un dazio molto pesante al recupero, per la prima volta vincente, delle crociate di James Schwarzenbach, leader e padre delle iniziative xenofobe negli anni settanta. Davvero un gran brutto segnale di insofferenza e intolleranza. DIFFERENZA. Ci sono referendum e referendum. E non tutti si assomigliano. Quello svizzero , a pochi mesi dalle elezioni europee di maggio, è destinato a provocare discussioni e ripercussioni in tutti i Paesi dell'UE poiché apre una crepa nell'architettura della casa comune dei 27, senza però indicare come ricucirla. Elevato è infatti il timore di sedurre gli euroscettici. Di ben altra caratura è invece il referendum degli scozzesi che il 18 settembre sotto la bandiera della " rinascita" intendono rivendicare l'indipendenza dal Regno Unito, senza tuttavia rinunciare all'Unione europea. Come annota Sergio Romano, i compatrioti di Sean Connery/ James Bond sanno che in alternativa a Londra esiste una casa più grande in cui potranno continuare ad abitare. La qualcosa negli intendimenti di chi rivendica la propria sovranità costituisce sul piano culturale oltre che politico una differenza sostanziale rispetto alle tendenze isolazioniste. SINDACO. Pare che Berlusconi non stia più in sé dalla soddisfazione. Non solo ha trovato a sinistra, in casa di coloro che per lui sono nemici storici, chi ne ha propiziato la miracolosa rinascita, suffragata da sondaggi tanto mirabolanti da sembrare poco veritieri. Come se non bastasse, a Tortona il Cavaliere può addirittura presentare un suo candidato sindaco registrato all'anagrafe come Giuseppe Bottazzi. Bel nome che sa di antico, proprio come quello di uno dei sindaci più famosi della storia italiana, conosciuto in tutto il mondo col soprannome di Peppone, fiero e irriducibile comunista, rivale del non meno battagliero Don Camillo. Rispetto al romanzo, il vero Bottazzi nella realtà non è dove l'aveva collocato Guareschi, ed è proprio questa distorsione "ideologica" che induce la destra a parlare di storica rivincita persino sulla letteratura. Nell'udire certi spropositi, quasi, quasi si rimpiangono i tempi in cui dopo le scazzottate finivano col prevalere le ragioni del cuore che se non altro riportavano l'uomo al centro del villaggio per il bene della collettività. |
120° anno 120° anno di attività della Federazione Socialista Italiana in Svizzera
Convegno Ø Cooperativo / St. Jakobstr. 6 / CH 8004 Zurigo Ø Zurigo, domenica 23 febbraio 2014, ore 10.15 Relatori: Valdo Spini, La buona politica e l’impegno di un socialista presidente dell’Associazione Istituzioni di Cultura Italiane, già Ministro dell'Ambiente e Ministro per le Politiche Comunitarie Laura Garavini, La buona politica e la lotta alla criminalità parlamentare (PD), componente della Commissione Antimafia e della Commissione Esteri della Camera Interventi di: Paolo Bagnoli (Firenze), Per un reinsediamento socialista in Italia Felice Besostri (Milano), Leggi elettorali, Costituzione, Democrazia Anna Biondi (Ginevra), Un mondo di lavoro Mauro Del Bue (Bologna), Socialismo italiano Mattia Lento (Zurigo/Milano), Un grand old man di nome Ettore Francesco Papagni (Lucerna), Religiöser Sozialismus in Zürich Fabio Vander (Roma), Leopardi, la politica e la "social catena" Conradin Wolf (Zurigo), Würde und Menschenrechte Presiedono: Vreni Hubmann (Zurigo), presiede la sessione antimeridiana Andrea Ermano (Zurigo), presiede la sessione pomeridiana |
FONDAZIONE NENNI http://fondazionenenni.wordpress.com/
Parliamo di socialismo Ah! Povera Italia Penso spesso agli esodati, i senza retribuzione e senza pensione. E penso all’ex capo dell’INPS Mastrapasqua che per andare in giro con le sue entrate doveva usare il carrello del supermercato… di Giuseppe Tamburrano Letta si è preso diciotto mesi per restaurare lo Stato. Ne sono passati parecchi ma non si vede nemmeno il disegno del restauro. L’unico provvedimento che è in corso (corso, non corsa) è la riforma elettorale decisa non da Letta ma da un inusitato vertice Renzi-Berlusconi, oppositore del Governo. E’ piena di punti sospensivi: liste bloccate o preferenze? Quanti candidati per lista? Soglie d’accesso o di sbarramento, ballottaggio ed altro sono – non tutti – gli scogli che la legge deve superare. E alla quale tiene giustamente Napolitano. Renzi vuole abolire il Senato e farne una Camera delle autonomie (membri senza emolumenti). Cosa sacrosanta. Ma per abolirlo ci vuole una procedura costituzionale, il che, tra l’altro, significa che il Senato deve votare la sua dissoluzione-suicidio. Ve li immaginate 315 samurai (quelli di diritto restano?) che fanno karakiri? E sia. Ma perché al suo posto deve esserci – senza poteri legislativi – un Senato delle autonomie che rappresenti solo gli enti locali? E perché no gli enti universitari, gli istituti di ricerca, i corpi scientifici, insomma la vasta gamma degli interessi democratici collettivi oggi riassunti nella categoria dei senatori a vita? E che farà questo Senato? Darà pareri alla Camera e al Governo? Immaginate, in un paese che non eccelle per rapidità decisionale: doppia votazione conforme Camera-Senato per l’abolizione; eventuale referendum; legge istitutiva del nuovo organo. Niente di più macchinoso e pieno di trabocchetti. Immaginate anche che i senatori, sulla legge che sopprime la loro casa, correttamente si astengano: per il regolamento del Senato l’astensione equivale a voto contrario. Questa è l’Italia! Per dirne un’altra: Berlusconi è all’opposizione del governo Letta ma tratta la legge elettorale – la più politica delle leggi – col segretario del partito di Letta, Matteo Renzi. Il quale non vede l’ora di salire lo scalone di Palazzo Chigi. Ma sostenuto da chi? Ammettiamo da tutto il suo partito e poi? Alfano, Berlusconi, Grillo….e altri spiccioli, compreso Casini. In tutti questi casini io penso spesso agli esodati senza retribuzione e senza pensione. E penso all’ex capo dell’INPS Mastrapasqua che per andare in giro con le sue entrate doveva usare il carrello del supermercato. Per finire seguo divertito il dibattito a distanza tra Squinzi e Saccomanni: per il primo ci stiano inabissando, per il secondo abbiamo il vento in poppa! Ah! Povera Italia di dolore oppressa! |
LAVORO E DIRITTI - Rapporto Istat a cura di www.rassegna.it In Italia solo 6 adulti su 10 hanno un lavoro Dati allarmanti nel Rapporto 'Noi Italia': "In Italia lavorano solo 61 persone su 100 tra i 20 e i 64 anni". Un livello che è ancora di 14 punti inferiore al target europeo 2020. Dramma Mezzogiorno: 9,5 milioni di persone vivono in povertà relativa In Italia lavorano solo 61 persone su 100 tra i 20 e i 64 anni un livello che è ancora di 14 punti inferiore al target europeo 2020 (75%). Lo si legge nel Rapporto Istat 'Noi Italia' nel quale si sottolinea come nel 2012 per le donne occupate il dato sia ancora peggiore (solo il 50,5%). Peggio dell'Italia fanno solo Spagna (59,3%) e Grecia (55,3%). Nel 2012 il valore dell'indicatore in Italia (61%) è diminuito di due decimi di punto rispetto al 2011 e presenta uno squilibrio di genere molto forte (71,6% per gli uomini e appena il 50,5% per le donne). La riduzione dell'indicatore osservata nel 2012 è dovuta esclusivamente alla componente maschile (un punto percentuale in meno a fronte di un incremento di 0,6 punti tra le donne). La media europea nel 2012 per l'occupazione e' al 68,5%. Il tasso di occupazione medio europeo delle persone tra 20 e 64 anni è inferiore di 6,5 punti percentuali al traguardo fissato per il 2020. Cinque paesi (Svezia, Paesi Bassi, Germania, Austria e Danimarca) hanno già raggiunto e superato l'obiettivo stabilito per il 2020; ma sono ancora 16 i paesi con valori dell'indicatore inferiori al 70%. L'Italia, inoltre, è uno dei Paesi con la percentuale più alta di disoccupazione di lunga durata, ovvero quella che dura da almeno 12 mesi (52,5% sul totale dei senza lavoro contro il 44,4% della media Ue). Ma nel nostro Paese la media è il risultato di situazioni molto differenti a livello territoriale con il 59,8% di disoccupazione di lunga durata nel Sud e il 37,6% nel Nord Est. E anche per l'occupazione il 61% tiene conto del 70,5% di occupazione del Nord Est e del 47,6% nel Sud. La situazione è ancora piu' difficile per le donne con appena il 34,3% delle donne del Sud tra i 20 e i 64 anni che ha un lavoro. E' inoltre allarme povertà nel nostro paese, soprattutto al Sud. Secondo l'Istituto di statistica, nel 2012 le famiglie in condizioni di povertà relativa sono il 12,7 per cento, pari ad oltre 9,5 milioni di individui (15,8 per cento della popolazione). La povertà assoluta coinvolge il 6,8 per cento delle famiglie, per un totale di oltre 4,8 milioni di individui. Da quanto si legge nel rapporto 'Noi Italia', infine, il Mezzogiorno presenta una situazione particolarmente svantaggiata, con in media oltre un quarto di famiglie povere; per il Centro e il Nord, l'incidenza è, viceversa, molto più contenuta (rispettivamente 7,1 e 6,2 per cento). Nel 2011 il 50 per cento delle famiglie ha percepito meno di 24.634 euro (circa 2.053 euro mensili). Circa il 58 per cento delle famiglie residenti in Italia ha conseguito un reddito netto inferiore all'importo medio annuo (29.956 euro, circa 2.496 euro al mese). |
LAVORO E DIRITTI – La proposta a cura di www.rassegna.it Una patrimoniale per il lavoro Campagna della Cgil per un piano straordinario sull'occupazione. Barbi: "Con una tassa sulle ricchezze finanziarie oltre i 350mila euro lo Stato incasserebbe 10 miliardi l'anno da investire per l'emergenza disoccupazione". Quella del lavoro nel nostro paese, è un’emergenza sempre più pesante. Disoccupazione (soprattutto quella giovanile) oltre i livelli di guardia. Fenomeni come quelli dei “lavoratori poveri” in aumento. Multinazionali (e non solo) all’attacco di diritti e salari. Quasi una tempesta perfetta, insomma. Con un governo sempre più in difficoltà per trovare le risorse necessarie per ridurre la pressione fiscale sul lavoro e sulle imprese, come pure aveva promesso, e costretto a equilibrismi davvero improbabili come il decreto Imu-Banca d’Italia per grattare il fondo del barile e racimolare entrate purchessia. L’altra faccia di tutto questo è un paese in cui l’ineguaglianza, nella distribuzione della ricchezza e del reddito (più la prima che la seconda, comunque) è sempre più evidente e insopportabile. Come ricorda la Banca d’Italia, il 10 per cento delle famiglie più ricche possiede oltre il 45 per cento dell’intera ricchezza netta delle famiglie italiane; a fronte della metà più povera che ne detiene meno del 10 per cento. In pratica, a circa 2.390.000 famiglie si possono attribuire mediamente 1.640.000 euro di patrimonio netto. Se da quel 10 per cento scendiamo al 5 per cento, il 1.200.000 di famiglie più ricche, il loro patrimonio netto ammonta mediamente a 2 milioni e 360.000 euro (circa il 34 per cento del totale del patrimonio privato italiano), ovvero 35 volte la ricchezza netta media posseduta dalla metà delle famiglie più povere. Cifre evidentemente insostenibili, quando poi i sacrifici vengono chiesti sempre ai “soliti noti”. Nel suo Piano del lavoro la Cgil ha già lanciato da tempo la sua proposta di un intervento straordinario per l’occupazione. Così come da tempo la confederazione insiste nella proposta di un’imposta patrimoniale ordinaria sulle grandi ricchezze, per tassare equamente il patrimonio privato delle famiglie, in modo da rilanciare l’economia, ricreare investimenti e crescita, ridare respiro ai redditi da lavoro e da pensione, risanare i conti pubblici. Ma davanti a questa tempesta perfetta che si sta abbattendo sul paese, occorre fare qualcosa di più. Per questo in Cgil si sta ragionando, e a breve verrà lanciata una campagna, per mettere assieme queste due emergenze, con la proposta di un piano straordinario per l’occupazione, soprattutto giovanile ma non solo, finanziato proprio da una patrimoniale straordinaria sulla ricchezza finanziaria. Se per un’imposta che aggredisca i patrimoni immobiliari, occorrerebbe rivedere tutta la tassazione sugli immobili, contestualmente a una revisione degli estimi catastali, un intervento straordinario sulla ricchezza finanziaria pone assai minori problemi “tecnici”. Ne parliamo con Danilo Barbi, segretario confederale della Cgil e responsabile del dipartimento delle politiche economiche. Intervista con Danilo Barbi, segretario confederale della Cgil e responsabile del dipartimento delle politiche economiche di Enrico Galantini “Questa patrimoniale sulla ricchezza finanziaria è una proposta di anticipazione, rispetto alla patrimoniale più generale che resta comunque in campo. È una proposta dettata dall’emergenza, quel dramma della disoccupazione che è sotto gli occhi di tutti – spiega Barbi –. Pur essendo alla fine pagata solo dal 5 per cento delle famiglie, questa patrimoniale sulla ricchezza finanziaria (depositi, titoli di Stato, azioni, fondi comuni d’investimento, liquidità, a partire da una soglia di 350.000 netti euro a livello famigliare) potrebbe comunque dare, con aliquote progressive (dallo 0,5 all’1,8), un reddito di 10 miliardi l’anno. Con questo anticipo, magari da reiterare per tre anni – prosegue il segretario della Cgil – si potrebbe fare un piano anch’esso triennale per l’occupazione, un piano per la creazione diretta di lavoro per giovani, donne e persone di una certa età che hanno perso e perdono il lavoro: abbiamo calcolato che con questo investimento si potrebbero creare oltre 290.000 nuovi posti di lavoro pubblici e quasi 740.000 nuovi occupati potenziali, tra pubblico e privato”. Enrico Galantini Avete in mente anche in quali settori? Barbi Questa creazione diretta di lavoro dovrebbe avvenire attraverso piani di lavori di pubblica utilità nei beni ambientali, nei beni comuni, nei beni sociali. Per fare tre esempi, si potrebbe costruire un piano ambientale di messa in sicurezza dal rischio idrogeologico e di risanamento dei siti industriali, uno sociale che si occupi di asili nido e nonautosufficienza, e un terzo di valorizzazione dei beni culturali, anche in funzione turistica. Tre piani così di lavori straordinari, magari anche temporanei, ma ben pagati, che creino qualificazione professionale e titoli per fare concorsi pubblici, un po’ sul modello della legge 285 del 1977. Con la differenza che, allora, di giovani ce n’erano tanti. Mentre oggi sono pochi. E se pur essendo pochi per loro non c’è lavoro, la cosa è ancora più preoccupante per il paese. EG Questa proposta di nuovi investimenti permetterebbe, oltre a impegnare spesa pubblica nuova, di riorganizzare e riqualificare una spesa pubblica già prevista… Barbi Questi programmi dovrebbero essere fatti sul modello del New Deal: un’agenzia nazionale che ha le risorse, che si connette con la programmazione locale e individua i progetti prioritari, territorio per territorio, mobilitando e riorientando le risorse pubbliche già stanziate, ricompattandole e riqualificandole. Anche le attività produttive possono essere riorientate se sono previsti investimenti consistenti in una certa direzione: se si privilegia la bioedilizia o le ristrutturazioni invece di nuove costruzioni, si riorienta anche la domanda e l’offerta privata. Investimenti, insomma, che hanno anche effetti moltiplicatori. Con una politica così, io potrei chiedere anche alle fondazioni bancarie di investire in questi tre anni una certa parte delle loro risorse – vogliamo dire la metà? – in progetti di utilità sociale, ambientale o culturale, come quelli di cui parlavo prima, ovviamente scelti dalle stesse fondazioni, che, com’è noto, hanno una notevole autonomia decisionale... EG Non senti già arrivare le solite critiche sulla Cgil che apre il libro dei sogni e così via… Barbi Il modello cui ci rifacciamo è quello del New Deal, del Piano Beveridge in Gran Bretagna e, più modestamente, come accennavo prima, della legge 285 qui da noi. Il problema – il problema per gli altri, evidentemente, per chi si oppone, non per noi – è che queste cose hanno sempre funzionato. Tutti questi piani che hanno usato lo strumento concettuale non dell’aumento della crescita, ma dell’aumento del lavoro – pensando che l’aumento del lavoro poi produrrà una crescita – sono necessari quando la disoccupazione è così alta che l’aumento della crescita – pur necessario, certo – non basta a invertire davvero la tendenza. EG Si tratta insomma di avviare un circuito virtuoso… Barbi Esattamente. Oggi quello che serve è creare domanda aggiuntiva. E come farlo se non creando lavoro? Il problema è che devi farlo nei settori giusti, quelli che hanno un effetto moltiplicativo e che rispondono a bisogni sociali che la popolazione legittima, perché sa che sono nell’interesse di tutti. Con conseguenze, come sottolineavo prima, di non poco conto anche per l’industria: nuove attività, per esempio nel recupero del territorio, richiedono nuovi materiali, che vanno prodotti riorientando anche la filiera dell’industria delle costruzioni. Queste cose il mercato non le fa da solo: ha bisogno, in partenza, di una grande spinta del volano pubblico che metta in moto le convenienze, anche private. |
Economia Che fa l’Europa? Crisi monetarie e finanziarie nelle economie emergenti. di Mario Lettieri, già Sottosegretario all'economia (governo Prodi) e Paolo Raimondi, Economista Com’era prevedibile, le valute e le borse delle economie emergenti sono sotto enorme stress. Lo sono da quando lo scorso giugno il governatore della Federal Reserve, Ben Bernanke, annunciò la decisione di rivedere la sua “politica monetaria accomodante”. In pratica dichiarò l’imminente riduzione degli acquisti di bond del Tesoro e di derivati asset backed security. Si ricordi che allora erano di 85 miliardi di dollari al mese. Dopo la riduzione di dieci miliardi effettuata lo scorso settembre, a fine gennaio di quest’anno la Fed ha ulteriormente ridotto a 65 miliardi la quantità di titoli acquistabili. Queste decisioni stanno scatenando un terremoto nelle finanze dei Paesi emergenti che registrano una notevole fuga di capitali e un repentino nonché rilevante abbandono delle attività più a rischio. In precedenza, l’enorme liquidità creata dalla Fed per salvare le banche americane in crisi, abbinata ad un tasso di interesse vicino allo zero, aveva spinto banche, fondi e investitori a cercare più alti profitti, anche se con rischi maggiori, nei Paesi emergenti. Dal 2009 vi sarebbero affluiti circa 7 trilioni di dollari. Tutti “soldi caldi” destinati ad incrementare anche il processo speculativo. Era ed è risaputo che la volatilità dei movimenti di capitali può avere effetti devastanti per le economie emergenti. In un classico rapporto maniaco-depressivo si esaltano certe situazione finanziarie e poi le si deprime precipitosamente ai primi segnali di mutamento dei mercati . Da mesi i bollettini dei Paesi emergenti segnalano tempesta. La lira turca ha perso oltre il 10% in poco più di un mese, nonostante i continui interventi della banca centrale, mentre il costo dei derivati cds di garanzia contro un eventuale default è al massimo. L’Argentina è nuovamente scioccata dai vecchi spettri della crisi del 2002: ha già usato più del 30% delle proprie riserve in difesa del peso che però continua la sua caduta libera. I vari Paesi del Brics sono tutti in difficoltà. Dopo inefficaci tentativi di difendere il valore del rublo, la stessa Russia ne ha dovuto ritoccare il cambio. Il Real brasiliano ha perso valore mentre la banca centrale aumenta il tasso di interesse nel tentativo di evitare la fuga di capitali e di rallentare l’inflazione interna. Lo stesso avviene in Sud Africa, Taiwan, Venezuela, Malesia… Anche l’India è costretta ad affrontare gli stessi effetti destabilizzanti delle politiche della Fed. Il presidente della banca centrale indiana ha posto giustamente e chiaramente il problema politico, oltre che economico. “Gli Stati Uniti devono prendere in considerazione gli effetti che le sue politiche hanno sul resto del mondo”, ha detto, lamentando la mancanza di un coordinamento internazionale delle politiche monetarie e finanziarie. C’è poi l’incognita della Cina, dove tra l’altro si sono create una bolla immobiliare e una legata ai crediti privati le cui evoluzioni potrebbero avere effetti destabilizzanti per l’intera economia mondiale. Questa situazione ha spinto il Fondo Monetario Internazionale a sollecitare le banche centrali ad operare per scongiurare un pericoloso “funding crunch”, cioè una grave carenza di risorse finanziarie che penalizzerebbe anzitutto quei mercati cresciuti troppo e troppo velocemente. Di solito quando si verificano simili situazioni di emergenza, i governi purtroppo tendono ad intervenire solo sulle politiche monetarie, anziché affrontare quelle fiscali e strutturali. Oggi risulta ancora più grave la mancanza di una governance globale ed evidenti appaiono i fallimenti dei vari meeting internazionali dedicati allo scopo. Si ricordi che nei suoi ultimi interventi il governatore Bernanke aveva sottolineato che la Fed porta avanti una politica esclusivamente finalizzata agli interessi nazionali americani e che il resto del mondo dovrebbe prenderne atto e adeguarsi. Una tesi questa che cozza con l’urgenza di una riforma globale del sistema finanziario. Allo stato quindi si prospetta il rischio concreto di crisi valutarie simili ai crac del 1998 che dall’Asia si allargarono a macchia d’olio coinvolgendo anche grandi hedge fund e banche internazionali. Sarebbe per l’Unione europea l’occasione per accentuare il suo ruolo di alleato e di partner dei Paesi del Brics e di quelli emergenti differenziandosi dalle scelte fatte dalla Fed. Infatti, le difficoltà in quei Paesi non sono “affari loro” ne tantomeno marginali rispetto all’attuale instabile sistema finanziario globale. |
Da MondOperaio http://www.mondoperaio.net/ Il sommario del numero di febbraio In PDF sul sito http://www.mondoperaio.net/ è disponibile il numero di gennaio a 5 € Editoriale Luigi Covatta, Palude La crisi italiana Luigi Capogrossi, La Repubblica del non fare Alberto Benzoni, La sinistra autolesionista Partiti e democrazia Edoardo Bressanelli, I partiti di second’ordine Francesco Raniolo, L’alternanza a somma zero Francesca Zilio, Il tramonto del bipolarismo Michele Marchi, Il gollista gentiluomo Fabrizio Manetti, Presidenzialismo e larghe intese Antonio Fiori, Clientele d’Oriente Francesco Davide Ragno, Dopo il caudillismo Elisa Sassoli, I partiti dei piccoli Saggi e dibattiti Aldo Marchetti, Il più grande sciopero del mondo Angelo Schillaci, Se sopravvivere è reato
Le immagini di questo numero Antonio Sant’Elia, L’architettura futurista Bruno Zevi, Miseria del futurismo |
Da CRITICA LIBERALE riceviamo e volentieri pubblichiamo I "nemici" che piacciono alla finanza A volte mi chiedo come sia possibile che nonostante i ripetuti attacchi alla “finanza” e alle “banche”, sia cambiato ben poco nella regolamentazione del loro settore dallo scoppio della crisi fino a oggi. di Giovanni La Torre I “bankster” continuano a imperversare e a incassare bonus su bonus con operazioni speculative ad alto rischio e con truffe vere e proprie (vedi lo scandalo della manipolazione dei cambi che sta emergendo negli Usa). Poi mi capita di sfogliare qualche libro di quelli che fanno fuoco e fiamme contro la finanza e le banche e capisco il perché: costoro troppo spesso diventano delle mere “tigri di carta” per il fatto che molte volte propongono soluzioni di cui non danno l'impressione di aver valutato appieno le conseguenza, indicano obiettivi sbagliati, e quindi di essi la finanza non se ne cura molto, diventano dei "nemici" facili da sconfiggere. E questo è un vero peccato. Per esempio una delle cose che certi critici dicono spesso (lo diceva anche la tigre di carta per antonomasia: Tremonti) è che le banche andavano e vanno lasciate fallire e lo stato non deve intervenire "con i soldi dei contribuenti (o dei cittadini)". A parte la considerazione che laddove lo stato è intervenuto lo ha fatto non con contributi a fondo perduto ma con finanziamenti a tassi salati che possono anche trasformarsi in capitale se non vengono rimborsati, ma quello che manca in quelle analisi è l’indicazione di come andrebbero affrontate le conseguenze del fallimento. Per esempio come verrebbero rimborsati i depositi e le obbligazioni sottoscritte dai risparmiatori? Questi autori sembra che diano implicitamente per scontato che detti depositi e obbligazioni siano garantiti da qualche entità pubblica o associativa (come l’italiano “fondo interbancario di tutela dei depositi”), ma la cosa sarebbe vera solo se un default bancario restasse un caso isolato, e una volta tanto, altrimenti nessuna copertura sarebbe sufficiente, e poi comunque il costo dell’operazione sarebbe di gran lunga superiore a quello eventualmente sostenuto per il salvataggio. Ma la questione che soprattutto non affrontano è quella relativa alla parte attiva del bilancio di una banca: i finanziamenti concessi alle imprese e ai privati. Una volta avviata la procedura fallimentare (che per le banche e le finanziarie “vigilate” si chiama “liquidazione coatta amministrativa”) il curatore fallimentare (che in questo caso si chiama “commissario liquidatore”) deve liquidare in fretta l’attivo, e questo vuol dire che tutte le forme di finanziamento a breve, “a revoca” (ma la cosa riguarda anche i finanziamenti a medio lungo termine per i quali è possibile il recesso unilaterale), vengono subito revocate e le imprese e i privati devono immediatamente rientrare. L'avvio di un simile processo provocherebbe un terremoto nell’economia reale e potrebbe determinare dei fallimenti a catena anche lì, o comunque metterebbe in difficoltà finanziare i soggetti che devono rientrare. Questi sono i motivi principali per cui il fallimento di una banca è sempre una misura estrema che deve essere portata avanti quando proprio non ci sono alternative. Ma le analisi di certi “nemici” della finanza mostrano anche altri limiti concettuali di cui parleremo la prossima volta. Critica liberale |
Riceviamo e volentieri segnaliamo LA NUOVA LEGGE ELETTORALE Firenze, giovedì 13 febbraio 2014, ore 17 alla Fondazione Circolo Fratelli Rosselli (Spazio QCR) Via degli Alfani 101r, Firenze Dibattito LA NUOVA LEGGE ELETTORALE ne discutono Paolo Caretti, costituzionalista Antonio Floridia, esperto di sistemi elettorali Carlo Galli, politologo e deputato presiede Valdo Spini, Presidente Fondazione Circolo Fratelli Rosselli |
Da vivalascuola riceviamo e volentieri pubblichiamo L’utilità dell’inutile Il sapere non specificamente aziendalistico sta sparendo dalle nostre scuole? di Giorgio Morale Si succedono gli appelli in difesa della cultura umanistica, dell'insegnamento della Filosofia, della Geografia, della Storia dell’Arte, dell'Educazione Musicale. Appelli in difesa del liceo classico. Il sapere non specificamente aziendalistico sta sparendo dalle nostre scuole? Su vivalascuola si pone il problema a partire dal libro di Nuccio Ordine L’utilità dell’inutile su cui riflette Donato Salzarulo: http://lapoesiaelospirito.wordpress.com/2014/02/03/vivalascuola-162/ Con qualche domanda anche per la ministra Carrozza. Nei suoi programmi troviamo infatti digitalizzazione, potenziamento dell’istruzione tecnico-professionale, un anno in meno di scuola, una scuola per imparare a lavorare, una scuola fatta di stage e tirocini! La scuola della “alternanza scuola-lavoro” che piace a Confindustria! A chi giova la diffusione di un’idea di sapere rivolto esclusivamente al profitto? A chi il potenziamento dell’analfabetismo? |
Riceviamo e volentieri segnaliamo EMIGRAZIONE ITALIANA - 1 Due appuntamenti a Bruxelles Giovedì 13 febbraio alle ore 18:30 iniziativa pubblica "Rifiuti, da problema a opportunità-Soluzioni per la crisi dei rifiuti in Italia e nuove sfide europee". Intervengono: Pia Bucella, Direttore, DG Ambiente, Commissione Europea e Daniele Fortini, Presidente Federambiente. Venerdì 14 febbraio, sempre alle 18:30, si terrà l'incontro "Eurocrisi, come ci siamo entrati e come se ne esce?". Intervengono: Fabio Colasanti, ex dirigente della DG ECFIN durante i negoziati per la creazione dell'unione monetaria e Paolo Pasimeni, economista. Entrambi gli appuntamenti si terranno alla sede di Rue Major Dubreucq 40 – Bruxelles - www.pdbruxelles.eu. |
Riceviamo e volentieri segnaliamo EMIGRAZIONE ITALIANA - 2 Destra svizzera Il risultato della votazione popolare sull’iniziativa della destra xenofoba contro l’immigrazione di massa è rivelatore di umori, paure e sentimenti antistranieri che credevamo alle nostre spalle, mentre continuano invece ad agitare componenti importanti della società elvetica. Al di là delle problematiche sociali che si sono acuite in alcune aree della Confederazione, il voto ripropone di fatto una questione identitaria non risolta che si esprime a scadenze regolari sui temi dell’immigrazione. E tuttavia il voto ci dà un quadro frammentato, su cui chi si batte per una Svizzera aperta e solidale deve riflettere: si ripropone in primo luogo il famoso Roestigraben, ossia la differenza di prospettiva tra Svizzera tedesca, dove ha prevalso il si all’iniziativa xenofoba, e Svizzera francese, dove invece essa è stata respinta con un no compatto ed omogeneo. Un caso a sé è la posizione del Canton Ticino, una regione in cui alcune difficoltà effettive nel mercato del lavoro hanno dato la stura ad un forte riflesso anti italiano, che si è espresso in un voto plebiscitario a favore dell’iniziativa xenofoba. Altrettanto interessante è la differenza nel voto delle grandi aree urbane, in cui ha prevalso il no, rispetto al voto dei cantoni interni e periferici che hanno accolto l’iniziativa. Peraltro il no all’iniziativa antistranieri è stato netto proprio nelle città in cui più alta è la presenza di immigrati e più radicate sono le relazioni sociali e culturali con essi, mentre il sì ha avuto ampi consensi in aree della Svizzera meno interessate dai fenomeni migratori. Con questa iniziativa, che liquida l’accordo sulla libera circolazione e reintroduce il sistema dei contingenti, la Svizzera torna ad una politica di immigrazione legata esclusivamente ai fattori congiunturali dell’economia locale. Di fatto i migranti tornano ad essere “braccia e non uomini”. Le conseguenze le pagheranno i tanti cittadini dell’Unione Europea che nei prossimi anni si vedranno precluso l’accesso al mercato del lavoro svizzero, i lavoratori frontalieri lombardi, colpevolizzati come la causa del dumping salariale nel Canton Ticino, ma potrebbero pagarle anche le nostre comunità di vecchia data non più garantite da alcune protezioni della legislazione europea. Non per niente, tra gli scenari prefigurati dalla destra vi è la riedizione del famigerato statuto dello stagionale a cui si legano le pagine più tristi dell’emigrazione italiana in Svizzera. Tutto questo ci appare come un atto di ingratitudine, soprattutto se si pensa che la Svizzera vive una fase di alta congiuntura e di grandi successi economici, realizzati soprattutto grazie soprattutto all’apporto qualificato di centinaia di migliaia di lavoratrici e lavoratori provenienti dall’Unione Europea e dai cosiddetti Paesi terzi. E tuttavia nella propaganda xenofoba, rozza e poco attenta a tutte le implicazioni problematiche della loro sciagurata iniziativa, non è stato messo in conto che liquidando la libera circolazione si aprono per la Svizzera una serie di interrogativi di difficile soluzione in tema di rapporti con l’Unione Europea. Di fatto si mette in discussione l’intero assetto degli accordi bilaterali Svizzera-UE da cui la Svizzera trae non pochi vantaggi e che spaziano dalla libera circolazione alla ricerca, dall’accesso al mercato energetico ai rapporti commerciali ed economici. Dal nostro punto di vista di italiani residenti in Svizzera si aprono anche interrogativi inquietanti sulla regolazione non solo dei nuovi immigrati, ma anche delle comunità tradizionali qui residenti, compresa la nostra. Come dimostrano le reazioni a caldo dell’intera Europa il risultato della votazione svizzera non riguarda solo il destino di questo paese. Esso costituisce un grave segnale di incoraggiamento per quanti nell’Unione Europea predicano il ritorno a logiche protezionistiche e nazionalistiche. Significativo a questo proposito che uno dei primi messaggi di felicitazioni per il voto elvetico sia giunto da Marine Le Pen! Ed è interessante notare l’imbarazzo evidente dei nostri leghisti, posti di fronte alla constatazione che c’è sempre qualcuno più a nord di te! Il voto svizzero è il risultato di una campagna martellante della destra a cui una parte della sinistra ha risposto con voce troppo flebile e anche con qualche messaggio contraddittorio. Ci sembra a questo proposito importante ricordare la posizione scandalosa dei verdi ticinesi che, in contrasto con il movimento ecologista svizzero, hanno sostenuto l’ iniziativa antistranieri. Non v’è dubbio che in questo risultato paghiamo la grave ed evidente sottovalutazione che vi è stata da parte della nostra emigrazione organizzata, del sindacato e della sinistra svizzera nel suo complesso. L'alta affluenza al voto dimostra invece che si è trattato di un appuntamento storico, che rischia di avere conseguenze pesanti e di lungo periodo. Un maggior impegno nella campagna avrebbe ribaltato il risultato! Da questa constatazione critica ed autocritica, anche noi, circolo di SEL impegnati nella realtà dell’emigrazione italiana in Svizzera, dobbiamo ripartire per contribuire a ricostruire un progetto di Paese aperto e solidale e per promuovere, anche in un contesto difficile come quello emerso dal voto del 9 febbraio, l’idea di una Europa più democratica e sociale. SEL Svizzera, Basilea |
Riceviamo e volentieri segnaliamo EMIGRAZIONE ITALIANA - 3 Una vittoria di Pirro? Le ACLI della Svizzera esprimono rammarico per il SÌ del popolo svizzero all’iniziativa contro l’immigrazione di massa. L‘esultanza degli iniziativisti per l’esito delle urne può rivelarsi una vittoria di Pirro. Non è però ora il caso di scaricare le colpe sugli uni o sugli altri, ma una cosa è certa: ampi settori della politica e dell’economia devono chiedersi come potranno rispondere concretamente a questo mandato popolare senza ledere gli interessi della Svizzera e senza infrangere impegni già assunti in particolare con l’Unione Europea (UE). Non si tratta di un voto contro gli stranieri ma contro l’immobilismo generale che non ha saputo interpretare i segnali provenienti dalla società civile, dalle lavoratrici e dai lavoratori, dai sindacati per l’introduzione di misure correttive e di accompagnamento che potessero compensare gli squilibri del mercato del lavoro, arginare il dumping salariale e alleggerire la pressione sul territorio. L’adozione su larga scala di contratti collettivi di lavoro o di salari minimi avrebbe evitato di premiare timori e paure su una presenza eccessiva di stranieri pur rispettando gli accordi bilaterali con l’UE. La speculazione fatta da ambienti politici ed economici sulla pelle dei lavoratori ha portato a questa situazione di incertezza. È giunto il momento di individuare le soluzioni senza se e senza ma. Non sarà facile per il Consiglio Federale. L’UE ha già fatto sapere che giudica la libera circolazione delle persone una libertà essenziale data per acquisita in tutti gli Stati dell’Unione. Il prezzo da pagare per la Svizzera potrebbe essere talmente alto da comprometterne in prospettiva la crescita economica, avvenuta grazie anche al lavoro degli stranieri, e ridurre il benessere acquisito. Le Acli intendono comunque continuare ad impegnarsi per un’integrazione del mercato europeo senza calpestare i diritti di tutti i cittadini e il principio di solidarietà. ACLI - Svizzera, Lugano |
Riceviamo e volentieri segnaliamo La “Fondazione Di Vagno” è online E' uscito il primo numero di Pagina della fondazione
di Gianvito Mastroleo, Presidente della Fondazione Di Vagno La vita di «Quaderni della Fondazione», il periodico edito dalla Fondazione Di Vagno allo scopo principale di pubblicare gli atti dei Convegni e iniziative culturali di particolare rilievo da essa promossi, iniziò alcuni anni addietro, con qualche successo. Si citano, solo per esempio, i numeri dedicati agli atti della Giornata di Studi per Donato Jaja, al ricordo di Beniamino Finocchiaro, al tema “Socialisti e Cattolici nella società contemporanea”, ma non solo. L’impegno intellettuale, organizzativo e finanziario per assicurare continuità ad una Rivista che sia ascoltata, tuttavia, non è facile. Non solo: ci siamo resi conto che in Italia si stampa molto, anzi troppo, e si legge assai meno di quello che si pubblica. Dopo un periodo di riflessione ci è sembrato perciò giusto raccogliere il pensiero di Franco Botta di riprendere l’attività dei «Quaderni» ma inaugurando, come suo supplemento, «Pagina della Fondazione» in forma molto più moderna e, si spera, proficua. Innanzitutto, affidandone la circolazione alla “rete”, sapendo quanto sia alta la potenzialità comunicativa e la sua capacità di resistere alla tormenta e fronteggiare il vento, a fronte di un più limitato impegno organizzativo. «Pagina della Fondazione » è organizzata con «Primapagina», dove sarà descritto e commentato ciascun numero e con il suo controcanto «L'altrapagina» che accoglierà invece il pensiero di opinionisti e commentatori su situazioni ed eventi legati alla contemporaneità, «Dossier» uno strumento per approfondire organicamente temi e questioni che con cadenza periodica sarà curato da uno “specialista”, con l’idea di offrire a studiosi, intellettuali, ricercatori, o semplici interessati un insieme di saggi, articoli di giornali o riviste, un panorama vasto al quale attingere per ulteriori studi e ricerche o, più semplicemente, uno strumento comodo e accessibile, esaustivo il più possibile, per gli approfondimenti del lettore; al quale possa seguire, si spera, un’iniziativa della Fondazione: un seminario, un convegno, una pubblicazione. Gli argomenti dei Dossier, coerenti con la linea culturale della Fondazione riguarderanno la contemporaneità e saranno di volta in volta approfonditi e previamente selezionati dal Comitato editoriale. Vorremmo che ciascuno di essi possa rappresentare uno strumento d’approfondimento, un vero e proprio service, in un contesto nel quale prevale l’informazione “mordi e fuggi”, spesso raccontata ad uso e consumo di chi la produce. La politica della Fondazione, più volte enunciata, viene praticata attraverso le sue più significative iniziative, Lectorinfabula innanzitutto: mantenere con rigore il profilo di istituzione culturale, senza mai assumere quello di partito politico camuffato; osservare con scrupolo laicità e rispetto (anche se non neutralità) verso tutte le culture politiche, ponendosi come strumento di formazione, crescita civile e politica in particolare per le generazioni cui toccherà in futuro di dirigere questa società; custodire gelosamente le radici – il Socialismo italiano e l’Antifascismo – praticando il valore della “cultura una e plurale” situandosi au dessùe della lotta della politica, anche sapendo che non si può essere sempre e comunque au dessùe delle cose. Se la Fondazione non avesse avuto costante riferimento a questi principi non sarebbe quello che oggi è; e che è diventata grazie al ruolo che hanno esercitato sulle comuni volontà l’entusiasmo dei tanti giovani che la affiancano. Sicché mentre con il numero di avvio si pubblica il primo Dossier, dedicato al tema “Partiti e movimenti”, curato da Alessandro Leogrande e Onofrio Romano , se ne annunciano altri di non minore interesse: una sintesi delle “lectio magistralis” delle ultime due edizioni di Lector in fabula; il Mezzogiorno; la “questione cattolica” nell’inedito rapporto fede-laicità con il Pontificato di Francesco; ci auguriamo di realizzare un Dossier sul tema delle riforme istituzionali ed altri ancora. (Continua la lettura sul sito) |
L'AVVENIRE DEI LAVORATORI EDITRICE SOCIALISTA FONDATA NEL 1897 Casella postale 8965 - CH 8036 Zurigo Direttore: Andrea Ermano Amministratore: Sandro Simonitto Web: Maurizio Montana L'editrice de L'Avvenire dei lavoratori si regge sull'autofinanziamento. E' parte della Società Cooperativa Italiana Zurigo, storico istituto che dal 18 marzo 1905 opera in emigrazione senza fini di lucro e che nel triennio 1941-1944 fu sede del "Centro estero socialista". L'ADL è un'editrice di emigranti fondata nel 1897 dalla federazione estera del Partito Socialista Italiano e dall'Unione Sindacale Svizzera. Nato come organo di stampa per le nascenti organizzazioni operaie all'estero, L'ADL ha preso parte durante la Prima guerra mondiale al movimento pacifista di Zimmerwald; ha ospitato l'Avanti! clandestino (in co-edizione) durante il ventennio fascista; ha garantito durante la Seconda guerra mondiale la stampa e la distribuzione, spesso rischiosa, dei materiali elaborati dal Centro estero socialista di Zurigo. Nel secondo Dopoguerra L'ADL ha condotto una lunga battaglia per l'integrazione dei migranti, contro la xenofobia e per la dignità della persona umana, di chiunque, ovunque. Dal 1996, in controtendenza rispetto all'eclissi della sinistra italiana, siamo impegnati a dare il nostro contributo nella salvaguardia di un patrimonio ideale che appartiene a tutti. |
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