Senzafamiglia. L'orgoglio della diversità
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- Date: Sun, 9 Jun 2013 23:56:33 +0200 (CEST)
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Senzafamiglia. L'orgoglio della
diversità
Quest’anno il Pride di Torino, la giornata dell’orgoglio
glbtq, aveva come tema la famiglia. Su questa questione si è aperto un
dibattito che ha portato all’elaborazione dell’appello per lo spezzone “FAMoLO!”, quello
dei “senza famiglia”. Il FAMoLo! ha raccolto numerose adesioni, riuscendo
portare nel Pride una riflessione sull'ambivalenza insita nella richiesta
di riconoscimento da parte dello Stato delle relazioni, degli affetti,
della solidarietà, del mutuo appoggio tra persone, tra adulti e bambini.
Il prezzo dei «diritti» rischia di essere la libertà di percorsi
identitari che non vogliono adattarsi al modello «coppia con bambini».
Qui qualche foto
Di seguito il testo
che abbiamo distribuito ieri al Pride.
Libertà, uguaglianza,
solidarietà. I tre principi che costituiscono la modernità, rompendo con
la gerarchia che modellava l’ordine formale del mondo hanno il loro lato
oscuro, un’ombra lunga fatta di esclusione, discriminazione, violenza.
Principi cardine che alle origini mantenevano saldamente fuori tanta
parte dell’umanità. Poveri, donne, omosessuali, bambini erano esclusi
dall’accesso a questi diritti. La loro universalità, formalmente neutra,
era modellata sul maschio adulto, benestante, eterosessuale. Il resto era
margine. Chi non era pienamente umano non poteva certo aspirare alle
libertà degli uomini.
Una libertà soggetta a norma, regolata,
imbrigliata, incasellata. La cultura dominante ne determina le
possibilità, le leggi dello Stato ne fissano limiti e condizioni. Per chi
ne è escluso si tratta di privilegi, per chi vi è incasellato diviene una
gabbia normativa.
Il matrimonio è stato a lungo un legame sancito
dallo Stato (e dalla chiesa) che fissava la diseguaglianza e
l'asservimento delle donne, sottomesse al marito alla cui tutela venivano
affidate. Eterne minorenni passavano dalla potestà paterna a quella
maritale.
Le lotte che hanno segnato le tante vie della libertà
femminile hanno in buona parte cancellato quella servitù. Ma ne hanno
pagato il prezzo. Il prezzo dell'emancipazione femminile è stato
l'adeguamento all'universale, che resta saldamente maschile ed
eterosessuale. Lo scarto, la differenza femminile, in tutta l'ambiguità di
un percorso identitario segnato da una schiavitù anche volontaria, finisce
frantumata, dispersa illeggibile, se non nel ri-adeguamento ad un ruolo di
cura, sostitutivo dei servizi negati e cancellati negli anni.
Lo
spazio della sperimentazione, della messa in gioco dei percorsi
identitari, tanto radicati nella cultura, da parere quasi «naturali»,
tende ad estinguersi, polverizzato dalle tante cazzutissime donne in
divisa, dalle manager in carriera, dalle femministe che inventano le
gerarchie femminili per favorire operazioni di lobbing.
Lo scarto
femminile non è iscritto nella natura ma nemmeno nella cultura, è solo una
possibilità, la possibilità che ha sempre chi si libera: cogliere le
radici soggettive ed oggettive della dominazione per reciderle inventando
nuovi percorsi.
Percorsi possibili solo fuori e contro il reticolo
normativo stabilito dallo Stato, che, non per caso, nega diritti e tutele
alle persone che scelgono di non sposarsi.
La strada del
movimento glbtq è stata ed è ancora in netta salita. Le discriminazioni,
la violenza statale e culturale pongono pesanti limiti alle persone glbtq.
Facile capire il desiderio di accedere alle stesse possibilità degli
eterosessuali: adozioni, pensione di reversibilità, diritto alla cura del
partner...
Tutto questo però passa dalle forche caudine del
matrimonio, della legalizzazione dei sentimenti, delle passioni, della
tenerezza. Dall'imposizione di un modello rigido di relazione, costruita
sulla coppia e sui loro figli.
Chi sceglie di starne fuori, di fare
altre strade, non può accedere a queste possibilità anche se
eterosessuale.
Possibile che la strada della liberazione debba
passare dal riconoscimento dello Stato? Non si finisce con lo scambiare la
libertà con un pizzico di sicurezza in più?
Ne vale la pena?
Ben vengano per chi li desidera i matrimoni omosessuali: lasciamo a
fascisti e preti le loro vergognose crociate per escludere dall'umanità
una sua parte.
Riteniamo però che la lotta per l'accesso ad alcune
libertà possa evitare di infilarsi
nella cruna dell'ago imposta dallo
stato, separando l'accesso a queste libertà dal matrimonio.
La
normalizzazione delle nostre identità erranti è il prezzo matrimonio, del
legame sancito dallo Stato.
Vogliamo continuare ad attraversare le
nostre vite con la leggerezza che ha solo chi si scioglie da vincoli e
lacci.
Un percorso di autonomia che si costruisce nella sottrazione
conflittuale dalle regole sociali imposte dallo Stato e dal capitalismo.
La solidarietà ed il mutuo appoggio si possono praticare attraverso
relazioni libere, plurali, egualitarie.
Una scommessa che spezza
l'ordine. Morale, sociale, economico.
Federazione Anarchica
Torinese
Riunioni ogni giovedì (tranne il prossimo quando la riunione
si anticipa a mercoledì) alle 21 in corso Palermo 46
Per info e
approfondimenti:
http://anarresinfo.noblogs.org
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