Torino. Solidali con chi lotta nei CIE: punto info
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- Date: Fri, 7 Jun 2013 02:47:45 +0200 (CEST)
- Importance: Normal
Torino. Solidali con chi lotta nei CIE: punto
info
Venerdì 7 giugno
Punto info
antirazzista in solidarietà
con i reclusi del CIE di Torino
in lotta
dalle 20,30 in via Po 16
Le
gabbie della democrazia
Negli ultimi mesi il CIE di
Torino è stato teatro di proteste, rivolte, tentativi di fuga.
La mera cronaca delle ultime settimane fotografa susseguirsi di
lotte dentro questa prigione per uomini senza carte.
Sabato 25
maggio, mentre a Porta Palazzo veniva ricordato il quinto anniversario
della morte di Fatih, lasciato morire senza cure nel CIE di Torino, due
ragazzi sono saliti sul tetto dell'area rossa per tentare di evitare la
deportazione in Tunisia. I compagni di sezione li hanno aiutati ad
allestire una sorta di tenda per ripararsi. Lì hanno resistito 10 giorni.
Sono scesi quando i poliziotti li hanno minacciati di un duro
pestaggio.
Giovedì 30 maggio e lunedì 4 giugno ci sono state
proteste collettive in varie aree, con materassi bruciati e lancio di
oggetti contro le guardie.
Ogni giorno c’è chi si taglia, chi ingoia
pile, chi decide di non mangiare.
La storia del CIE di Torino, sin
dalla primavera del 1999 quando venne aperto, è un susseguirsi di
proteste, rivolte, tentativi, raramente riusciti, di evasione.
I prigionieri hanno lottato duramente per riprendersi la loro vita,
la libertà di muoversi e cercare un’opportunità di vita dove preferirono.
La loro storia è lo specchio di quella di tutti i poveri che migrano. Sino
a pochi anni fa la gente del nostro paese chiudeva la propria vita in una
valigia per mettersi in cammino.
Ma la memoria è corta. Capita che
chi era vittima ieri si faccia aguzzino oggi.
Mettere i
poveri gli uni contro gli altri è stata la scommessa dei governi degli
ultimi vent’anni: hanno giocato la carta della paura del diverso per
alimentare la diffidenza, per suscitare l’odio, per creare il consenso
verso un apparato legislativo che imbriglia le vite degli immigrati,
trasformandoli in lavoratori/schiavi.
Nel nostro paese non ha
diritto a rimanere chi non ha un posto fisso, a posto con i libretti.
L’immigrato vive sotto ricatto. Chi è in nero deve piegare la testa,
perché è un fantasma senza nessuna libertà né tutela. Chi ha un lavoro
regolare teme di perderlo se protesta per orario e salario. Se perde il
lavoro perde anche il permesso.
In questi anni i governi
hanno fatto a pezzi gran parte delle libertà e tutele dei lavoratori
italiani. I lavori precari, in affitto, pericolosi, il caporalato legale
ed illegale sono divenuti la norma.
La condizione di chi per vivere
deve lavorare sono peggiorate: i lavoratori con la carta di identità
italiana sono sempre più simili agli stranieri.
La guerra tra poveri
si è stemperata nella difficoltà del vivere nelle nostre periferie, dove
arrivare a fine mese è sempre più difficile per tutti.
La guerra che
padroni e governi fanno contro i poveri è sempre più feroce. La fatica ad
arrivare a fine mese, la disoccupazione, gli sfratti toccano tutti allo
stesso modo.
In questo paese si può fare un anno e mezzo dietro le
sbarre per aver perso il lavoro o per non essere riusciti a farsi assumere
in modo regolare. Condannati perché poveri e stranieri.
Il governo è
in difficoltà: tanti CIE sono stati in parte distrutti dalle rivolte.
Quando vengono rimessi a posto vengono nuovamente danneggiati o
incendiati.
I vari ministri dell’Interno reagiscono facendo dormire
in terra i prigionieri, rinchiudendoli nelle mense o in isolamento.
Il governo Monti progettò di ristrutturarli per renderli sempre più
simili a prigioni, con tanto di celle differenziate per gli immigrati
“pericolosi”. Letta ha assunto l’eredità di Monti.
Forse hanno
ragione. Il desiderio di libertà è pericoloso. Per chi progetta gabbie per
uomini, per chi mantiene leggi razziste, per chi si fa ricco sfruttando le
vite dei poveri.
Spetta a noi comprendere una verità facile facile:
i padroni guardano il colore dei soldi non quello della pelle.
Le
politiche di contrasto dell’immigrazione trovano meno consenso rispetto a
pochi anni fa.
Sempre più sono quelli che vorrebbero che le prigioni
amministrative riservate agli immigrati senza carte siano una vergogna da
cancellare.
Ma non basta l’indignazione. I prigionieri dei CIE
lottano ogni giorno, spesso nel silenzio e nell’indifferenza di tanti.
Troppi.
Ti ricordi di Fatih?
Antirazzisti contro la repressione
Riunioni – aperte a tutti gli interessati – ogni lunedì alle 21 in corso
Palermo 46
http://anarresinfo.noblogs.org
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