Thierry Meyssan
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Dopo sette anni di negoziati, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha adottato, il 2 aprile 2013, un progetto di Trattato sul commercio delle armi, con 154 voti favorevoli, 23 astenuti e 3 voti contrari. Con entusiasmo, gli ambasciatori occidentali si sono congratulati l’un l’altro per questo «voto storico» di un testo «ambizioso», che «metterà definitivamente fine al commercio illegale delle armi», per come è «equilibrato», «efficace» e «solido», e via dicendo.
Attraverso queste fiere dichiarazioni, speravano di convincere le loro opinioni pubbliche sul fatto che questo progetto di trattato dimostra che essi non agiscono mai contro la pace e che, al contrario, gli Stati che non lo hanno votato o vi si sono opposti non hanno la coscienza tranquilla. Per sostenere la loro tesi, non hanno mancato di sottolineare che i tre voti contrari sono stati emessi dai loro avversari più a lungo demonizzati: la Corea del Nord, l’Iran e la Siria.
Ma qual è la verità? Il diritto internazionale riconosce che, per difendere il suo popolo, uno Stato può legittimamente produrre, importare, esportare, trasferire, detenere armi o svolgere attività di intermediazione. Pertanto queste attività sono proibite quando sono usate per attaccare o per occupare altri Stati o popoli.
Anche se non si può sapere in anticipo se un arma sarà utilizzata per uno scopo legittimo o no, la quantità astronomica di armi leggere prodotte nel mondo non è commisurata al legittimo uso che se ne può fare. E nemmeno possiamo rimanere sorpresi del fatto che una parte di esse sarà utilizzata per scopi illeciti, causando inutili sofferenze.
Questo trattato, essendo stato negoziato in seno all’Assemblea generale nell’ambito della Conferenza sul disarmo, viene spesso presentato come se fosse un’estensione alle armi leggere dello sforzo intrapreso in materia di non-proliferazione nucleare. Questo è falso.
Come ha sottolineato il rappresentante del Pakistan: «Questo non è un trattato di disarmo», ma un trattato sul «commercio responsabile delle armi». In altre parole, come ammette implicitamente il titolo, il testo originale del trattato, così come presentato da Tony Blair, non aveva lo scopo di promuovere la pace, bensì di proteggere gli interessi industriali e commerciali del Regno Unito e di estendere la «dottrina Blair». Proprio come la guerra sarebbe «morale» quando venisse intrapresa «per motivi umanitari» per combattere contro «una violazione dei Diritti dell’Uomo» (nel senso anglosassone del termine), analogamente il commercio delle armi sarebbe «responsabile» a condizione di non vendere ad «acquirenti canaglia» accusati di aver in passato « violato i Diritti dell’Uomo» (sempre nel senso anglosassone del termine).
Sapendo che tre quarti del commercio mondiale di armi leggere sono controllati da sei Stati produttori, un trattato su questa attività non può essere applicato che in seguito a un accordo tra di essi (Germania, Cina, Stati Uniti, Francia, Regno Unito, Russia). Questo significa creare un cartello di venditori che potrà eventualmente imporre i suoi prezzi per aumentare i suoi margini di profitto. Ciò che il rappresentante della Bolivia ha riassunto nel dire «L’industria delle armi può dormire su due guanciali perché la scrittura di questo trattato difende i suoi interessi».
Inoltre, sapendo che questo cartello industriale e commerciale, che comprende i cinque membri permanenti del Consiglio di sicurezza, avrebbe il potere di vietare a uno Stato di rifornirsi di armi sul mercato internazionale, potrebbe privarlo così dei suoi legittimi mezzi di difesa e renderlo una facile preda. Secondo la formula di Lenin: «L’imperialismo è la fase suprema del capitalismo».
Nonostante le apparenze, i governi britannico e francese sono coerenti nel cercare contemporaneamente da un lato di regolare «il commercio delle armi» e, dall’altro, di revocare un embargo (vale a dire, deregolamentare questo commercio) al fine di legalizzare il trasferimento illecito di armi ai mercenari che le dittature wahabite pagano per distruggere la Siria.
In definitiva questo progetto di trattato è nato morto. Sebbene sia stato rapidamente ratificato da cinquanta stati che hanno votato in favore e sia così entrato in vigore, non sarà applicabile. La Cina e la Russia hanno rifiutato di aderire al cartello militare-industriale occidentale. Nonostante i vantaggi economici che avrebbero potuto trovarvi, hanno protetto nuovamente il mondo dal mercantilismo anglosassone (al quale la Francia, cambiando di campo, si è allineata). Assumendo la loro statura imperiale di grandi potenze, si sono rifiutati di trasformarsi in imprese imperialiste.
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Il testo del trattato e di tutti i documenti preparatori sono disponibili in sei lingue sulla pagina ad hoc dell’ONU: http://www.un.org/disarmament/ATT/documents/
Questa “cronaca settimanale di politica estera” appare simultaneamente in versione araba sul quotidiano “Al-Watan” (Siria), in versione tedesca sulla “Neue Reinische Zeitung”, in lingua russa sulla “Komsomolskaja Pravda”, in inglese su “Information Clearing House”.