R: Torino. Striscione a casa Baldacci



Non appartengo al vostro gruppo politico  ma devo dire che la storia che ho letto mi indigna profondamente (come persona e come cristiana) e spero fortemente che venga riconosciuto il diritto di protestare (naturalmente in modo pacifico) per una vicenda sulla quale è giusto indignarsi.

  Alessandra

----Messaggio originale----
Da: fat at inrete.it
Data: 24/02/2013 10.15
A: <dirittiglobali at peacelink.it>
Ogg: Torino. Striscione a casa Baldacci

Torino. Striscione a casa Baldacci
 
Sabato 23 febbraio. Nel primo pomeriggio un gruppo di antirazzisti ha fatto visita alla casa del colonnello e medico Antonio Baldacci, responsabile per la Croce Rossa militare del CIE di Torino. Davanti alla villetta di via Zandonai 8 a Chieri è stato steso uno striscione con la scritta. “Baldacci ti ricordi di Fatih? Croce Rossa assassina!”.
Fatih era un immigrato tunisino senza documenti rinchiuso nel CIE (allora CPT) di Torino. Nella notte del 23 maggio 2008 stava male. Per tutta la notte i suoi compagni di detenzione chiesero inutilmente aiuto. Dichiareranno ad un giornalista “gridavamo come cani al canile, senza che nessuno ci ascoltasse”.
La mattina dopo Fatih era morto.
Non venne eseguita nessuna autopsia.
Non sappiamo di cosa sia morto Fatih. Sappiamo però che in una struttura detentiva gestita dalla Croce Rossa nessuno lo ha assistito, nessuno gli ha garantito alcuna cura.
Due giorni dopo il colonnello e medico Antonio Baldacci dichiarerà “gli immigrati mentono sempre, mentono su ogni cosa”.
Parole che non meritano commento, perché ricordano sin troppo bene quelle degli aguzzini di ogni dove.
 
Il 2 giugno 2008 un gruppo di antirazzisti si recò alla casa di Baldacci per un “cacerolazo”. Si batterono le pentole davanti alla sua casa, si distribuirono volantini, si appesero striscioni.
Una normale protesta di persone indignate per una morte senza senso.
Oggi quella protesta di fronte alla casa del colonnello e medico Antonio Baldacci è entrata nel fascicolo del processo contro 67 antirazzisti, che lottarono e lottano contro le deportazioni, la schiavitù del lavoro migrante, la militarizzazione delle strade.
 
Nel CIE di Torino le lotte, le fughe, la gente che si taglia per sfuggire all'espulsione sono pane quotidiano, come quotidiana è la resistenza di chi crede che, nell’Italia dei CIE, delle deportazioni, dei morti in mare, ribellarsi sia un’urgenza che ci riguarda tutti.
Per questa ragione non accetteremo che le lotte di quegli anni vengano rinchiuse in un aula di tribunale: porteremo le nostre ragioni nelle strade di questa città, porteremo il CIE nel salotto di Torino.
 
La prima tranche del processo va in scena  
mercoledì 27 febbraio ore 9 in aula 46 del tribunale di Torino.

Sabato 2 marzo  
“Il CIE nel salotto della città”  
presidio itinerante per il centro cittadino.  
Appuntamento alle 15 in piazza Castello  
 
Antirazzisti contro la repressione
Ti ricordi di Fatih?
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