La strage della memoria. La testimonianza di Paolo Finzi sulla strage di Stato e l’assassinio di Pinelli



La strage della memoria. La testimonianza di Paolo Finzi sulla strage di
Stato e l’assassinio di Pinelli

Nel dicembre del 1969 Paolo aveva appena compiuto diciottanni.
Dopo la strage alla banca dell’Agricoltura – 17 morti e 88 feriti - fu tra
le centinaia di anarchici condotti in questura per l’interrogatorio.
Lui tornò alla sua casa, Pino Pinelli no.

Venerdì 20 aprile ore 21
in corso Palermo 46
Incontro con Paolo Finzi

Prima dell’incontro verrà proiettato il breve film di Elio Petri
“Tre ipotesi sulla morte di Pinelli”
con Gian Maria Volonté, Giancarlo Dettori, Renzo Montagnani.

Testimone e protagonista di quegli anni, Paolo ci racconterà una storia
che ha lasciato un segno indelebile nella sua vita.

Ascolta la chiacchierata con Paolo a radio Blackout:
http://anarresinfo.noblogs.org/2012/04/17/la-strage-delle-memoria-paolo-finzi-su-piazza-fontana-e-lassassinio-di-pinelli/

Per un approfondimenti sul film di Giordana ascolta anche l’intervista a
Massimo Varengo:
http://anarresinfo.noblogs.org/linformazione-di-anarres-su-radio-blackout/informazione-di-anarres-marzo-2012/la-strage-della-memoria-nel-film-di-giordana/


Torniamo indietro. A quel dannato 15 dicembre del 1969, il giorno che
Giuseppe Pinelli venne ammazzato nella questura di Milano, nella stanza
del commissario della “squadra politica” Luigi Calabresi.
Tre giorni prima una bomba di Stato aveva fatto strage di 17 persone nella
banca dell’agricoltura di piazza Fontana. Immediatamente era scattata la
caccia all’anarchico: decine e decine di compagni erano stati fermati e
portati in questura e sottoposti a martellanti interrogatori. Giuseppe
Pinelli, partigiano, ferroviere, sindacalista libertario, attivo nella
lotta alla repressione, era uno dei tanti.
Uno dei tanti che in quegli anni riempivano le piazze per farla finita con
lo sfruttamento e l’oppressione.

Il copione venne preparato con cura ed eseguito a puntino. Un sistema
politico e sociale che aveva imbalsamato la Resistenza, represso la
protesta operaia e contadina, stava traballando sotto la pressione delle
lotte a scuola e in fabbrica.
La strage di piazza Fontana, la criminalizzazione degli anarchici,
l’assassinio di Giuseppe Pinelli furono la risposta dello Stato al
movimento del Sessantotto e del Sessantanove.
Solo la forza di quel movimento impedì che il cerchio si chiudesse, che
gli anarchici venissero condannati per quella strage, la prima delle tante
che insanguinarono l’Italia.
Quelle stragi, maturate nel cuore stesso delle istituzioni “democratiche”,
miravano ad imporre una svolta autoritaria, a dittature feroci come quelle
di Grecia, Argentina, Cile. Basta con la favola dei “servizi segreti
deviati”! Gli stragisti sedevano sui banchi del governo. Uomini dei
servizi e poliziotti come Calabresi obbedivano fedelmente alle direttive
dello Stato.

Dopo 40 anni lo Stato cerca di assolvere definitivamente se stesso,
mettendo sullo stesso piano i carnefici e le vittime. Non è un caso che il
protagonista sia Giorgio Napolitano. Napolitano, come il suo collega
Violante, che equiparò i partigiani ai fascisti di Salò, riscrive la
storia.
Nel 2009 cercò di mettere una pietra tombale sulle vicende di quegli anni
invitando alla stessa cerimonia la vedova di Pino e quella del suo
assassino.
Poi è arrivato Cucchiarelli con il suo libro di fantasie spacciate per
verità. Da quel libro, Giordana, anche lui arruolato nel partito del
Presidente, ha tratto un film che non è che un romanzaccio.
Al centro la tesi folle che nello stesso giorno nella medesima banca
qualcuno avesse piazzato due bombe, una più debole, fatta mettere da
settori dello Stato che volevano un irrigidimento della morsa disciplinare
sui movimenti, l’altra, cattiva ed assassina, fatta sistemare dalla NATO
per provocare il golpe in Italia. Prove? Nessuna! Lo scopo? Chiarissimo!
Inventarsi la tesi degli opposti stragismi, uno anarchico, l’altro
fascista, entrambi burattini manovrati nel buio di trame oscure.
Nel romanzo di Giordana ci sono due santi e martiri, che ci lasceranno la
pelle ma salveranno lo Stato. Nell’improbabile ruolo, il commissario Luigi
Calabresi e l’allora ministro degli esteri Aldo Moro.
Aldo Moro, tra i protagonisti dell’attacco ai movimenti sociali, che
stavano mettendo in seria discussione un assetto sociale fondato sullo
sfruttamento, l’autoritarismo, la violenza di Stato, si trasforma in un
mistico con la premonizione del martirio, antesignano di quel compromesso
storico tra democrazia cristiana e partito comunista, dove oggi il PD,
riconosce le proprie radici. Peccato che del suo ruolo di salvatore della
democrazia non vi sia alcuna traccia né nei documenti né nelle
testimonianze. Una delle tante libertà letterarie di Giordana.
Calabresi era un noto persecutore di anarchici: fu lui a puntare il dito
contro gli anarchici milanesi, sin dai tempi delle bombe del 25 aprile
alla Fiera Campionaria di Milano.
Giuseppe Pinelli, interrogato per tre giorni e tre notti, quando i termini
legali del fermo erano ormai scaduti, venne gettato dalla finestra della
stanza di Calabresi. Forse era già morto per le botte ricevute, forse morì
dopo. Calabresi, Guida, il questore di Milano già a capo del confino di
Ventotene, e gli altri poliziotti e carabinieri sostennero che si era
ammazzato.
Lo fecero tanto male, che Gerardo D’ambrosio, allora giovane PM, oggi
senatore PD, chiuderà l’inchiesta sostenendo che Pinelli era morto per “un
malore attivo”. Tesi edulcorata e ridicola che Giordana riprende nel suo
film.
I giudici “perbene” sono i comprimari nella classifica dei buoni. Peccato
che dopo 43 anni dalle aule di tribunale non sia uscito nulla. E nulla
poteva uscire, perché lo Stato non condanna se stesso.

Questo film è uno dei tanti tasselli di un revisionismo di “sinistra” che
ha tentato di riscrivere quegli anni all’insegna di una pacificazione
impossibile, vergognosa, inaccettabile.
Uno dei tanti modi di liquidare un’intera epoca di lotte e passioni
civili, trasformando gli anarchici in macchiette, un po’ sciocchi, utili
idioti magari un po’ criminali.
Il grande essente, volutamente rimosso, cancellato, nascosto è il 1969.
Il grande freddo del mese della strage, seguiva l’autunno caldissimo di
quell’anno. Di quell’autunno di lotte operaie oggi resta ben poco.
L’articolo 18 è l’ultimo frammento rimasto: PD e PDL, uniti contro chi
vive di lavoro, lo stanno cancellando.
Noi, tenaci, ricordiamo: se in Italia non ci fu il golpe, se il disegno
dei Calabresi, Guida, Rumor non funzionò fu grazie ad un paese, dove le
menzogne di Stato avevano le gambe corte, fu grazie ai movimenti sociali
che riempirono le piazze per gridare una verità, allora evidente a tutti.
“La strage è di Stato, Valpreda è innocente. Pinelli è stato assassinato e
Calabresi è uno dei suoi assassini.”
Il destino dei vinti non è solo la sconfitta ma anche l’oblio. Quell’oblio
al quale Giordana, Cucchiarelli e il partito del Presidente Napolitano
vogliono consegnare quegli anni.
Quella di Giordana è una vera strage della memoria.
A noi tutti il compito di mantenerla viva. Finché gli sfruttati e gli
oppressi di questo paese sapranno ricordare la loro Storia, non saranno
ancora sconfitti. Finché gli sfruttati e gli oppressi sapranno alzare la
testa, lottare per una società di liberi ed eguali, senza Stati, giudici,
poliziotti, la strada sarà ancora aperta.
Ogni anno, ogni giorno, ogni momento può essere una nuova stagione delle
ciliegie. Cogliamole e facciamone dono a chi verrà dopo.

Federazione Anarchica Torinese –FAI
Corso Palermo 46 – riunioni ogni giovedì alle 21 - 338 6594361 –
fai_to at inrete.it
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