I costi spropositati dell'Alta Velocità



www.peacelink.it

From: Peppe <pulicane at fastwebmail.it>
Date: Tue, 6 Mar 2012 02:55:15 +0100
Subject: Corte dei Conti e Alta Velocità

COSTI SPROPOSITATI E SPRECHI: QUANTO È CARA LA VELOCITÀ

Una relazione della Corte dei Conti sulla linea Torino-Milano-Napoli

di Paolo M. Ruggero, “Il Fatto Quotidiano”, 6 mar. 2012

 

Dodici miliardi e 950 milioni di euro. È il passivo che lo Stato ha dovuto iscrivere a bilancio per coprire i debiti realizzati dalla costruzione della linea Alta velocità Torino-Milano-Napoli. Un buco a carico di tutti gli italiani frutto di un dannoso intreccio di politica assente e di imprenditoria parassitaria. È quanto emerge dalle “Risultanze del controllo sulla gestione dei debiti accollati al bilancio dello Stato contratti da FF.SS., Rfi, Tav e Ispa per infrastrutture ferroviarie e per la realizzazione del sistema Alta velocità”, 58 pagine di istruttoria della Corte dei Conti firmate nel 2008 dai giudici Aldo Carosi e Fabio Viola, tornate oggi (inevitabilmente) di stretta attualità. Non un atto d’accusa all’Alta velocità in sé, ma alle operazioni finanziarie e ai soggetti pubblici e privati che l’hanno così (male) realizzata: “Il progetto – scrivono infatti i giudici contabili – può ritenersi accettabile in relazione all’indubbia strategicità dei fini in esso contenuti, ma deve essere accompagnato da una realistica analisi dinamica della copertura economica. Diversamente non poteva che verificarsi un onere rilevantissimo per la finanza pubblica, come avvenuto nel caso di specie”.

I quasi 13 milioni di debito che gli italiani hanno dovuto accollarsi nascono dal fallimento del famigerato sistema del project finance promosso dall’ormai di-sciolta Infrastrutture Spa, azienda a capitale pubblico istituita nel 2002 su impulso dell’allora ministro dell’Economia Giulio Tremonti. Il project financing, ossia la realizzazione di opere pubbliche senza (in teoria) oneri finanziari per la pubblica amministrazione, si è rivelata una bufala colossale.

In pratica per gli investimenti sul Tav (che avrebbe dovuto essere finanziata dai privati) si è aperta negli anni una colossale linea di credito (garantita però dallo Stato, azionista di Infrastrutture Spa) che avrebbe dovuto essere compensata dai ricavi prodotti dalla nuova ferrovia. Compensazioni, tuttavia, basate su “previsioni molto ottimistiche” di traffico e di ricavi, per di più “proiettate – si legge – su tempi di lunga durata (un cinquantennio circa) nel corso del quale molte variabili esterne alle volontà e ai comportamenti del gestore dell’infrastruttura, delle imprese ferroviarie e degli stessi poteri pubblici nazionali e sovranazionali, possono influenzare positivamente o negativamente i risultati ipotizzati”. Il tutto, sempre secondo i giudici della Corte dei Conti, è potuto avvenire a causa di una “carente istruttoria, che condusse ad adottare uno strumento di finanza innovativa” senza “nessuno studio di fattibilità attendibile che avesse quantificato la vantaggiosità di tale operazione rispetto al sistema creditizio tradizionale per realizzare gli investimenti”.

In pratica lo Stato italiano si è pesantemente indebitato per realizzare un’opera violando i più elementari criteri di trasparenza ed economicità. Un debito, tuttavia, che il nostro Paese (grazie alla “innovativa” architettura finanziaria del project finance) teneva fuori dai conti pubblici. L’Europa se ne è accorta durante una procedura d’infrazione e ha imposto al governo italiano di rimediare. È nato così il comma 966 della Finanziaria 2007 (governo Prodi) secondo cui “gli oneri per capitale ed interessi dei titoli emessi e dei mutui contratti da Infrastrutture Spa fino alla data del 31 dicembre 2005 per il finanziamento degli investimenti e per la realizzazione della infrastruttura ferroviaria ad alta velocità ‘Torino-Milano-Napoli’, nonché gli oneri delle relative operazioni di copertura sono assunti direttamente a carico del bilancio dello Stato”.

Un atto d’accusa, quello dei giudici contabili, verso la politica e verso i manager “che hanno favorito il nascere delle passività successivamente assunte dallo Stato” e che non manca di stigmatizzare come operazioni del genere pregiudichino “l’equità intergenerazionale”, caricando “in modo spropositato su generazioni future ipotetici vantaggi goduti da quelle attuali. Le risultanze della Corte dei Conti valgono per l’Alta velocità che già esiste; il fatto che funzioni non autorizza a tacerne i costi spropositati . Per la Torino-Lione, invece, non c’è nemmeno un progetto preliminare. Chi sostiene la necessità dell’opera, difficilmente può fare a meno di rileggere quanto scritto dalla Corte dei Conti e studiare qualcosa di diverso. Altrimenti il “no” vince facile.