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Torino. Buttiamo a mare i padroni! Punto info sulla manovra a Porta Susa
- Subject: Torino. Buttiamo a mare i padroni! Punto info sulla manovra a Porta Susa
- From: "Federazione Anarchica Torinese" <fat at inrete.it>
- Date: Thu, 8 Sep 2011 17:31:20 +0200 (CEST)
- Importance: Normal
Torino. Buttiamo a mare i padroni! Punto info sulla manovra a Porta Susa Sabato 10 settembre dalle 10 punto info sulla manovra a Porta Susa Di seguito il volantino distribuito in piazza in occasione dello sciopero del 6 settembre Tempi grami. Tempi di guerra. Tanti non ce la fanno ad arrivare alla fine del mese, a pagare il fitto e il mutuo, a mandare i figli a scuola. Dicono che non ci sono soldi. Mentono. I soldi per le guerre, per le armi, per le grandi opere inutili li trovano sempre. Aumenta la spesa bellica e si moltiplicano i tagli per ospedali, trasporti locali, scuole. La nuova linea tra Torino e Lyon che cercano da tre mesi di imporre con la forza, occupando militarmente il territorio, è un affare da 22 miliardi di euro. Un centimetro di Tav costa 1.200 euro, come lo stipendio di un operaio. Il governo ha le idee chiare. Se la crisi peggiora il conto lo devono pagare i lavoratori, i pensionati, i ragazzi schiacciati da una vita precaria. Aumento dell’età pensionabile, ticket sanitari, blocco dei contratti, tredicesima a rischio, eliminazione di ogni garanzia per chi lavora fanno parte di un pacchetto avvelenato servito alla povera gente. Le favole sul paese che oggi “arretra” e domani “avanza” mirano a ingannarci, a convincerci che siamo tutti sulla stessa barca, che si vince o si perde assieme. Peccato che quella barca sia una galera: qualcuno incatenato ai remi, qualcun altro a battere il tempo, altri ancora a dirigere la baracca. Sopra a tutti chi resta a terra e si limita ad incassare. Quando le cose vanno male i ritmi al remo aumentano e il pane viene razionato: chi non ce la fa, chi protesta, chi cerca di spezzare le catene viene gettato a mare. La barca deve andare avanti, costi quel che costi, l’importante è che a pagare siano sempre i galeotti condannati a vogare per i padroni. Così capita che ad un inverno terribile segua un’estate d’inferno. Lo sciopero CGIL del 6 settembre – convocato troppo presto e senza preparazione – pare più un contentino per i tanti, troppi che ancora guardano con speranza a questo sindacato che un segnale di lotta alla manovra governativa. Gli accordi per la crescita sottoscritti dalla CISL, dalla UIL e dalla stessa CGIL il 28 giugno scorso hanno piazzato una pietra tombale sulle poche libertà rimaste ai lavoratori. Dando mano libera ai padroni, hanno aperto la via al definitivo affossamento dello Statuto dei lavoratori, che resta in vigore, solo per ricordarci che l’unica legge che vale è quella del più forte. Siamo sicuri che tanti lavoratori il 6 hanno scelto di scioperare perché vogliono un cambiamento che non arriva, perché sono stanchi di chinare la testa, perché hanno dato tutto e gli chiedono ancora altro. Ma questo sciopero arriva troppo presto e insieme troppo tardi. Dopo Pomigliano e dopo Mirafiori, dopo la resa incondizionata del 28 giugno. Uno sciopero di bandiera. Proclamato perché si deve ma senza reale intenzione di dare una spallata alla manovra imposta da governo e padroni. La CGIL fa i suo lavoro: incanalare e rendere inoffensivo il conflitto, mantenendosi in equilibrio instabile tra concertazione e complicità. La concertazione è il sistema di relazioni fra sindacati istituzionali, governo e padronato che nei passati decenni ha portato ad una netta riduzione dei salari e delle libertà, alla crescita del lavoro precario, al taglio delle pensioni. La concertazione ha assicurato alla burocrazia sindacale risorse e potere in cambio dell'accettazione dei sacrifici per i lavoratori e le lavoratrici. La CGIL vuole mantenere i propri privilegi. Privilegi acquisiti garantendo la pace sociale. Lo ha dimostrato negli ultimi mesi, dopo il piccolo strappo su Mirafiori. Ma anche la concertazione è ormai alla frutta: oggi governo e padroni chiedono di più: vogliono il passaggio dalla concertazione alla complicità, ossia la piena accettazione delle esigenze padronali. Questa pretesa è la logica conseguenza dell’aver accettato l'idea che esistano interessi comuni fra lavoratori ed imprenditori, fra sfruttati e sfruttatori. Possiamo fare a meno di loro. Lasciamo in eredità ai nostri figli un mondo senza padroni, sfruttamento, guerre. C’è un solo modo di rispondere alla manovra del governo, lottare perché la paura cambi di campo, perché siano i padroni a temere per i loro profitti. La proprietà privata delle fabbriche non è un diritto ma un furto. Le fabbriche sono di chi ci lavora: prendiamocele! I lavoratori possono fare da soli e meglio, perché mirano alla qualità della vita di tutti non al mercato. Cambiare la rotta, buttare e mare i padroni e spezzare le catene è possibile. Con l’azione diretta, senza deleghe ai burocrati sindacali complici delle scelte che stanno strangolandoci tutti. Costruendo spazi politici non statali, abbandonando l’illusione elettorale, perché destra e sinistra in questi anni si sono divise su tutto ma non su quello che conta. Hanno attuato lo stesso programma: farci pagare la crisi dei padroni finanziando le imprese e tagliando i servizi. Facciamola finita con chi ci dice di abbassare sempre la testa. Un mondo di liberi ed eguali è possibile. Tocca a noi costruirlo. Per info e contatti: Federazione Anarchica Torinese Corso Palermo 46 Riunioni, aperte a tutti gli interessati, ogni giovedì dopo le 21 fai_to at inrete.it - 338 6594361
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