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Val Susa. Nei boschi dei ribelli
- Subject: Val Susa. Nei boschi dei ribelli
- From: "Federazione Anarchica Torinese - FAI" <fat at inrete.it>
- Date: Tue, 14 Jun 2011 01:09:25 +0200 (CEST)
- Importance: Normal
Val Susa. Nei boschi dei ribelli La lunga resistenza dei No Tav continua. Dopo tre settimane di presidio al piazzale della Maddalena è diventato un luogo confortevole. Tra la tenda di “Alpi Libere” dove ad ogni ora si trova un piatto di pasta, una fetta di toma o un caffé caldo e i tavoli dove si mangia e discute, si raccoglie un’umanità solidale. Tante volte gli sguardi stropicciati di sonno si incrociano nelle lunghe notti di veglia, tra il piazzale, la barricata della centrale e quella dell’autostrada. In queste settimane la Libera Repubblica della Maddalena è cresciuta: ogni giorno incontri, film, dibattiti, lezioni di docenti che abbandonano l’aula per i boschi dei ribelli. Continuo il discutere e confrontarsi su tutto: dal tubo da saldare per rinforzare le difese alla pasta per i vegani, dalle strategie di difesa della piccola zona libera dei No Tav, alla discussione sui prossimi mesi di lotta. Un lungo chiacchiericcio che è segno di passione politica e sociale, di abitudine alla partecipazione diretta, alla lotta di lungo periodo. Proiettili sin troppo intelligenti Media e politici hanno continuato, giorno dopo giorno, a costruire il teorema dei No Tav estremisti e violenti, un teorema che desse il via libera all’azione violenta delle forze del disordine statale. In prima fila nel chiedere l’invio dell’esercito si è schierata la maggioranza dei democratici piemontesi. I soliti proiettili in busta destinati agli onorevoli democratici Esposito e Merlo ha scatenato la canea contro i No Tav, accusati di essere violenti. Niente di nuovo a nordovest. Ogni volta che la lotta al Tav è arrivata ad un punto critico puntuali sono arrivate le buste infarcite di proiettili. Così puntuali che tra Torino e il Rocciamelone tanti No Tav pensano che una simile puntualità sia più che sospetta. In vent’anni di lotta al supertreno la violenza, quella vera, quella di chi spacca le teste e incendia i presidi l’hanno assaggiata solo i No Tav. Nel 2005 a Venaus, nel 2010 a Coldimosso quando per un pelo non c’è scappato il morto, e una donna ha dovuto fare mesi di ospedale per il pestaggio che le ha spaccato la faccia. Maroni sotto la Mole Centro di Torino militarizzato per la visita di Maroni, arrivato in città mercoledì 8 giugno per il vertice sul Tav in prefettura. Elicotteri, polizia, carabinieri paralizzano le vie centrali della città. C’é persino una squadra di artificieri. Nel frattempo un terzo proiettile è arrivato alla sede del PD, con tempismo perfetto in contemporanea all’arrivo del Ministro dell’Interno. La Stampa delira di “escalation di violenza” a proposito di una scritta comparsa nel paese del segretario democratico Morgando, Borgiallo. Secondo il quotidiano qualcuno avrebbe scritto “Morgando fascista, no ai militari in Val di Susa”. Si sta preparando il clima per un intervento violento delle forze del (dis)ordine. Maroni annuncia lo sgombero della Libera Repubblica della Maddalena, ma non accontenta il PD, che vuole che l’opera sia dichiarata di interesse strategico. In questo modo, come già in Campania, si darebbe il via libera all’impiego dell’esercito. Un fatto è certo. Passati i referendum ogni giorno è buono per l’attacco alla Maddalena. Venerdì 10 il procuratore capo in persona firma l’avviso di garanzia per 10 No Tav accusati di aver occupato l’area dell’autoporto di Susa per impedire uno dei 94 sondaggi in preliminari all’opera. Era il 12 gennaio del 2010: quella notte attesero l’arrivo delle trivelle circa cinquecento persone. Nell’avviso Caselli ammette che i dieci indagati erano assieme ad altri 400 ancora non identificati. Tra i dieci, il sindaco e il vicesindaco di San Didero, un esponente del movimento non violento, anarchici di varie tendenze, e qualche postautonomo. Un altro tassello nella strategia di criminalizzazione del movimento. Magari nella speranza di spezzare il fronte No Tav, dividendo tra buoni e cattivi, mettendo in difficoltà i sindaci PD, già sotto pressione nel loro partito. Una strategia che sinora non ha raccolto nessun frutto. Gli ultimi preparativi Domenica 12 giugno. Tra un ennesimo acquazzone e un piatto di polenta si svolge l’assemblea dei comitati. Poche parole. Si moltiplicano i turni di sorveglianza, ci si scambia consigli su come difendersi da lacrimogeni e manganellate. Qualcuno ricorda Genova, le botte, la violenza dello stato. C’è molta calma. La calma serena di chi preferirebbe andare al mare, dedicare un’ora ai nipoti, farsi una bevuta con gli amici ma sceglie di farsi un turno di notte alla barricata. In tanti arrivano dopo il lavoro, di corsa, già stanchi. Non importa. Tutti sanno che ne vale la pena. Tutti sanno che questi giorni resteranno sempre nei loro cuori. Il ricordo sarà un retaggio prezioso di dignità per quelli che verranno. Maria Matteo (quest’articolo uscirà sul prossimo numero del settimanale Umanità Nova)
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