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Tra tendopoli e CIE. Rivolte, fughe e deportazioni
- Subject: Tra tendopoli e CIE. Rivolte, fughe e deportazioni
- From: "Federazione Anarchica Torinese - FAI" <fat at inrete.it>
- Date: Sun, 12 Jun 2011 12:08:11 +0200 (CEST)
- Importance: Normal
Tra tendopoli e CIE. Rivolte, fughe e deportazioni Rivolta e incendio al CIE di Santa Maria Capua Vetere Nella notte tra martedì 7 e mercoledì 8 è scoppiata una rivolta nel nuovo CIE/tendopoli nell’ex caserma Andolfato. La scintilla le botte e gli sfottò verso un giovane immigrato che chiedeva di poter tornare a casa per il funerali del fratello. La risposta della polizia è stata durissima: cariche, botte e lancio di lacrimogeni. I lacrimogeni avrebbero innescato un incendio, che ha distrutto buona parte delle tende del CIE. Completamente diversa la versione della polizia che accusa gli immigrati di aver incendiato le tende per coprire un tentativo di fuga. Secondo il Corriere del Mezzogiorno la procura ha messo sotto sequestro il CIE e i 98 immigrati tunisini – venti dei quali malconci dopo gli scontri e l’incendio – sono stati trasferiti. Repubblica riferisce che gli immigrati sarebbero stati prelevati nella notte e trasferiti in altre strutture dell’Italia meridionale. Secondo gli avvocati che hanno seguito per l’intera nottata la vicenda una trentina di loro dovrebbe ottenere il permesso, altrettanti hanno qualche possibilità, mentre per gli altri sarebbe certa l’espulsione. Un fatto è certo. C’è un CIE di meno. Torino. Inganni e deportazioni Giovedì 9 giugno. La questura da appuntamento a tutti in corso Verona per la consegna del permesso di soggiorno. Ma è solo un trucco. Cinquanta egiziani vengono sequestrati, portati nella sede centrale di via Grattoni dove viene comunicata loro l’espulsione. Fuori dalla questura si raduna un piccolo presidio di parenti e antirazzisti, che sperano si possa ancora impedire la deportazione. La risposta della polizia è rapida e brutale: carica con tanto di lacrimogeni. Gli egiziani, caricati a forza sui pullman vengono portati all’aeroporto di Caselle dove in serata è già pronto un volo speciale della Mistral Air, la compagnia che ha l’appalto dal Ministero per questo genere di operazioni. Gli egiziani erano alcuni dei tanti ragazzi sbarcati in Italia dopo le rivolte in nord Africa: era stato promesso loro un permesso per motivi umanitari, ma la disponibilità del governo egiziano a riprenderseli in blocco, ha dato il via libera al rimpatrio coatto. Il governo, in difficoltà con il proprio stesso elettorato, dopo il risultati delle consultazioni amministrative, reagisce con la consueta combinazione di stupidità e ferocia. Purtroppo la solidarietà concreta contro le espulsioni è ancora pratica di una piccola minoranza. A noi tutti l’impegno a farla crescere. Palazzo San Gervasio. Muri, ciabatte, rivolte e censura Palazzo S. Gervasio. Qui, in provincia di Potenza sorge una delle tante tendopoli/CIE messe su in fretta e furia da Maroni, quando è stato chiaro che l’Unione Europea non aveva alcuna intenzione di farsi carico delle migliaia di profughi e migranti stipati a Lampedusa. Nato il primo aprile come centro di accoglienza è stato trasformato in CIE “temporaneo” con un decreto del consiglio dei ministri del 21 aprile. Stessa sorte della tendopoli di Kinisia in provincia di Trapani e dell’ex caserma Andolfato, chiusa dopo l’incendio dell’8 giugno. Qui cose banali come visite di avvocati, giornalisti o amici sono un miraggio. Raffaella Cosentino nel suo reportage su questo blocco di cemento a filo spinato al confine tra Basilicata a Puglia scrive “Isolati nelle campagne lucane al confine con la Puglia, i giovani della rivoluzione dei gelsomini vedono svanire in un incubo il sogno dell'Europa. "Ammar 404" era il nome dato alla censura del dittatore Ben Alì dagli internauti tunisini. 1305 è il numero della circolare interna del Viminale che instaura la censura sui centri per migranti in Italia a partire dal primo aprile, vietandone di fatto l'accesso ai giornalisti ‘fino a nuova disposizione’. In questo momento è più facile entrare in un carcere di massima sicurezza che in una tendopoli.” Secondo la Questura tutto va bene e i ragazzi tunisini chiusi dietro al filo spinato vivono nel migliore dei mondi possibili. Dopo due mesi la giornalista di Repubblica è riuscita ad ottenere dalla Prefettura di Potenza il permesso di parlare ai reclusi dietro le spesse maglie metalliche della prima recinzione. Il articolo, arricchito da un video fatto filtrare dai reclusi racconta un storia diversa. Qui nessuno ha più le scarpe: gliele hanno sequestrate per impedire loro di imitare la trentina di ragazzi che si sono arrampicati, hanno saltato la recinzione, guadagnandosi la strada per proseguire il viaggio. Quelli di Connecting People, che hanno preso in gestione la struttura senza alcuna gara di appalto, non forniscono neppure i moduli per la richiesta di asilo. Per loro l’unico problema dei reclusi è la mancanza di peperoncino nel cibo. Il video passato alla giornalista di Repubblica mostra una rivolta e un tentativo di fuga di massa: ci sono immigrati feriti e agenti in tenuta antisommossa. Checché ne dicano secondini prezzolati di Connecting People, l’unica fame vera è quella di libertà. Per info e approfondimenti: http://senzafrontiere.noblogs.org/
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