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Torino. Azione antimilitarista al monumento agli alpini
- Subject: Torino. Azione antimilitarista al monumento agli alpini
- From: "Federazione Anarchica Torinese - FAI" <fat at inrete.it>
- Date: Wed, 3 Nov 2010 03:48:40 +0100 (CET)
- Importance: Normal
Torino. Azione antimilitarista al monumento agli alpini All’angolo tra corso Ferrucci e corso Vittorio Emanuele c’è un giardinetto intitolato agli artiglieri di montagna. Nel centro c’è un orrendo monumento alla guerra: in alto l’aquila simbolo degli artiglieri, in basso una targa arrogante e triste “i nostri morti vivono e comandano”. Nella nottata tra il 2 e il 3 novembre al collo dell’aquila è stato legato un lungo drappo insanguinato. Davanti alla targa ne è stata posta un’altra “diserta!”. Sul retro dove un’altra targa ricorda le sanguinose imprese coloniali dell’Italia e le due guerre mondiali è stata vergata la scritta “4 novembre festa assassini!”. Alla vigilia del quattro novembre alcuni anonimi antimilitaristi hanno voluto ricordare che l’Italia è in guerra e che c’è chi, in nostro nome, uccide, bombarda stupra, tortura. Oggi in Afganistan, ieri in Iraq, in Somalia, Libano, Grecia, Albania, Libia, Eritrea… Ma, oggi come allora c’è chi diserta le guerre, chi si oppone al militarismo, nelle nostre strade come in Afganistan. Via gli alpini da Torino, via i militari dall’Afganistan! No a tutti gli eserciti! Qui le foto scattate da un insonne reporter di passaggio: http://piemonte.indymedia.org/article/10513 L’Italia è in guerra. Lo chiamano “peace keeping” ma è guerra. Là, in Afganistan, ogni giorno bombardano, uccidono, imprigionano, torturano. A morire sono uomini, donne e bambini. Ma che importa? Gli affari dei petrolieri e dei fabbricanti di armi vanno a gonfie vele. Raccontano la guerra nella neolingua del peacekeeping, dell’intervento umanitario, ma la quotidianità è un’altra: i dossier americani diffusi in questi giorni da wikileaks dimostrano quello che già sapevano: i militari italiani in Afganistan combattono tutti i giorni, senza troppi riguardi per i la popolazione inerme. Il ministro della guerra il (post) fascista La Russa vuole impiegare anche i bombardieri, come il democratico D’Alema in Serbia. Pochi sanno che da alcuni anni l’esercito italiano in Afganistan usa gli elicotteri d’attacco Agusta. Giocattoli mortali, capaci in pochi minuti di annegare nel fuoco un intero villaggio. Ma qui, in Italia, si parla dell’Afganistan solo quando un ben pagato professionista ci lascia la pelle: un po’ di retorica su interventi umanitari e democrazia, Napolitano che saluta la salma, una bella pensione a coniugi e figli. A Torino da ben due anni l’esercito pattuglia le strade. La chiamano sicurezza ma ha il sapore agre di un’occupazione militare. Il confine tra guerra “interna” e guerra “esterna” è ormai caduto. Nel mirino sono i poveri, gli immigrati, i rom, i senza casa, chi si ribella alla devastazione del territorio ed al saccheggio delle risorse. In ogni angolo della penisola si militarizza il territorio e si trattano i cittadini in rivolta come delinquenti. È la guerra. La guerra interna. Serve anche questa a mantenere la pace, la pace sociale. I protagonisti sono i medesimi della Somalia, dell’Iraq e dell’Afganistan. Sono i reduci dalla battaglia dei ponti di Nassirya, dove un’ambulanza con una partoriente venne crivellata di colpi, sono i reduci dell’Afganistan, dove sono normali le irruzioni nelle case e le uccisioni dei civili, sempre tutti terroristi, bambini compresi. Sono quelli della Somalia con le torture fotografate per diletto e vanteria. Sono assassini di professione. La propaganda della paura, che ci vorrebbe nemici dei più poveri, degli ultimi arrivati costruisce il consenso intorno alla barbarie bellica. Stiamo sempre peggio, tra lavori precari e in nero, senza tutele e senza sicurezza, ma ci convinciamo che i nemici siano quelli che stanno peggio di noi, non i padroni che ogni giorno lucrano sulla nostra vita. Bisogna rompere la propaganda di guerra, costruendo ponti solidali tra gli oppressi e gli sfruttati. Un lavoro quotidiano, difficile, concreto. I militari nelle città costano a noi tutti 62 milioni di euro l’anno. La spesa militare aumenta ogni anno. I tagli nei servizi hanno finanziato l’acquisto di nuove armi. Con i soldi di uno solo dei cento cacciabombardieri F35 acquistati dal governo si pagherebbero tante cose utili alla vita di noi tutti, non armi per ammazzare qualcuno dall’altra parte del mondo. Anche il bilancio della difesa è in costante aumento. Negli ultimi quattro anni soldati in strada, missioni all’estero, finanziamento per nuovi sistemi d’arma hanno assorbito una montagna di soldi. Li abbiamo pagati tutti noi di tasca nostra. L’Italia ha il record del costo più alto per i cittadini, ben 689 dollari a testa. La spesa militare complessiva si aggira intorno ai 24 miliardi di euro. Cifre da capogiro. Provate a immaginare… cosa si potrebbe fare con quei 689 dollari. Immaginate la scuola dei vostri figli, l’assistenza per gli anziani, i treni dei pendolari… Opporsi alla guerra senza opporsi al militarismo, senza opporsi all’esistenza stessa degli eserciti, vere organizzazioni criminali legali, è mera testimonianza. Fermare la guerra, incepparne i meccanismi è un’urgenza che non possiamo eludere. A partire da noi, dal territorio in cui viviamo, dove ci sono caserme, aeroporti, scuole militari, fabbriche d’armi. A partire dalle nostre piazze dove campeggiano come “eroi” le statue dei macellai di tutte le guerre: simboli da cancellare perché il militarismo è un’aberrazione indecente. Sabato 6 novembre dalle 10 punto info antimilitarista al Balon – via Andreis angolo via Borgodora Per info e contatti: Federazione Anarchica Torinese – FAI Corso Palermo 46 La sede è aperta ogni giovedì dalle 21 Info: fai_to at inrete.it
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