Marcia No Tav Chiomonte/Giaglione: resoconto, foto, riflessioni



Marcia No Tav Chiomonte/Giaglione: resoconto, foto, riflessioni

Chiomonte, sabato 11 settembre. Una bella giornata di primo autunno, di
quelle con ancora dentro tutto il sapore dell’estate. Bandiere,
striscioni, banchetti, volantini e tanta voglia di mettersi in marcia.
Ancora una volta.

Foto a quest’indirizzo:
http://piemonte.indymedia.org/article/9934

Il momento è di quelli che contano, lo sappiamo. Il 10 agosto LTF ha messo
fuori i suoi 17 gigabytes di progetto preliminare per la tratta italiana
della Torino Lyon, quest’inverno vogliono impiantare il cantiere per il
tunnel geognostico di Chiomonte.
La lobby si tav ci prova di nuovo.
Il progetto è ancora allo studio degli esperti No Tav, tuttavia il quadro
emerso dalle prime letture la dice chiara sull’impatto terribile di
quest’opera sul territorio. I paesi di Chiusa, Vaie, S. Ambrogio, oltre
all’abbattimento di numerose case e alla perdita di buona parte dei
terreni agricoli, sarebbero costretti a sopportare per un minimo di dieci
anni un cantiere, dove si lavorerebbe giorno e notte, mentre centinaia di
camion farebbero su e giù con lo smarino del tunnel dell’Orsiera.
Se a questo si aggiunge la bazzecola che un chilometro di questa follia
costerebbe 120 milioni di euro a chilometro non c’è dubbio che il nuovo
progetto sia anche peggiore di quello bocciato con l’azione diretta
popolare nel 2005.
La tre giorni di “prove tecniche di resistenza” di Chiomonte si è
articolata in assemblee, spettacoli, incontri di produttori biologici,
chiacchiere sparse. La marcia ne è stato il cuore pulsante. Segno
dell’andare a passo d’uomo, dell’attraversare strade e valli con rispetto,
con intatta determinazione alla lotta, alla resistenza.
Diverse migliaia di No Tav armati di bandiere e striscioni hanno percorso
una decina di chilometri di strada, attraversando la zona dove dovrebbe
essere piazzato il cantiere del tunnel. Sono stati piantati numerosi
cartelli di divieto di ingresso a ruspe, camion, trivelle, mentre qualcuno
distribuiva vuvuzuelas anti “puffi blu”.
In uno dei terreni comprati durante la campagna “acquista un posto un
prima fila” è stato messo un baracchino di lamiera, reduce dal presidio di
Susa autoporto. Il baracchino, per ora solo un capanno per gli attrezzi, è
il primo tassello del futuro presidio No Tav. Sulla lamiera campeggia
ancora la scritta rossa “ciao Raul”, in ricordo di un compagno di strada
generoso che tanto ha dato al movimento.
Lungo tutto il percorso, che si snoda magnifico lungo le gorge del Clarea,
si sono attraversati i vigneti da cui proviene l’uva da cui viene fatto il
celebre “vino nel ghiaccio” di Chiomonte. Una delle tante produzioni
locali che spariranno se i signori del Tav riusciranno ad imporre il loro
arbitrio su questo territorio.
La novità politica della marcia è stata la ricomparsa di sindaci e
amministratori con tanto di fascia tricolore. Il progetto presentato da
LTF è stato il detonatore di questa giravolta istituzionale, che ha
portato in piazza oltre al consueto manipolo di amministratori No Tav
delle liste civiche, quasi ovunque in minoranza, anche esponenti del PD.
Evidentemente l’impatto fortissimo dei nuovi progetti, oltre alla batosta
elettorale delle ultime regionali, ha sospinto sul fronte dell’opposizione
all’opera anche quei politici che avevano di fatto sposato la tesi del
“come tav”, abbracciando la proposta del F.A.R.E., sponsorizzata dell’ex
presidente della Comunità Montana Bassa Val Susa, Antonio Ferrentino.
Difficile non essere perplessi per il repentino mutamento di fronte di
sindaci, la cui opinione sul Tav, varia con il variare delle stagioni e
delle alleanze politiche.
Sappiamo però che il nostro movimento, pur nella estrema varietà di
posizioni sui percorsi istituzionali, ha tuttavia una sana diffidenza nei
confronti della delega in bianco ad amministratori, che, anche nei momenti
migliori, sono stati trascinati dalla forza di un movimento, forte della
sua autonomia e capacità critica.
In questo momento cruciale, per certi versi simile a quello che precedette
la lunga resistenza dell’inverno 2005, oltre alla partita importantissima
del Tav, è in gioco la capacità di autonomia del movimento, che ha la sua
forza nelle assemblee popolari, nei comitati di paese, nella rete solidale
che si è costruita in vent’anni di lotta.

In questi anni di resistenza al Tav di acqua sotto i ponti della Dora ne è
passata tanta. Il movimento è cresciuto lungo il cammino, imparando poco a
poco la pratica della partecipazione e dell’azione diretta.
Sapevamo che non sarebbe stato facile e sapevano che i fautori del Tav,
unanimi da destra a sinistra, avrebbero preparato mille trappole per
ingabbiare, dividere, provocare.
Sinora non ci sono riusciti, perché abbiamo saputo guardare con i nostri
occhi e ragionare con le nostre teste, nella consapevolezza che un
movimento popolare ampio, dalle tante anime, è forte delle sue differenze,
perché sa che gli autoritari vincono quando riescono a trasformarci in
sudditi, tutti uguali come i panini/spazzatura delle grandi catene di
distribuzione.
Ci hanno accusati di essere selvatici, antimoderni, “barotti” attaccati al
giardino di casa, e noi abbiamo indossato la nostra diversità con
l’orgoglio di chi vorrebbe che questo mondo diventasse un giardino per
tutti.
Media e politici hanno sostenuto che la forza del movimento dipendeva dal
sostegno, in bassa Val Susa, degli amministratori: quando quella stagione
ebbe termine abbiamo dimostrato che un movimento solido, radicato tra la
gente, cammina con le proprie gambe e non ha bisogno di tutele e di
padrini.
Sinora ogni volta che hanno provato a buttarci giù hanno dovuto battere in
ritirata. Ci hanno provato con le botte e l’occupazione militare,
quest’inverno come nel 2005 e noi, lì, bugianen, non ci siamo mossi.
Ci hanno provato con le campagne stampa, via via più dure, volgari,
arroganti, alternando il silenzio alla menzogna. Ma noi eravamo corazzati,
perché siamo abituati a osservare il mondo con occhio critico, costruendo
le nostre reti di comunicazione, confrontandoci costantemente faccia a
faccia in centinaia di incontri, assemblee, feste di strada, tra un
presidio ed un banchetto al mercato. Con pazienza, umiltà, determinazione.
Una lunga resistenza.
Ma non è bastato a dare la spallata definitiva ai signori del Tav. Dopo
cinque anni dal quel dicembre del 2005, quando riuscimmo a bloccare
l’inizio dei lavori, ci ritroviamo ancora qui ad ingrassare gli scarponi
per un altro inverno di lotta.
Questa volta dobbiamo farli correre per sempre. Non ci devono più provare.
Certo non è facile. La torta è ricca, e questo raffinato sistema di
drenaggio del denaro pubblico funziona grazie alla complicità attiva della
gran parte degli schieramenti politici istituzionali. Gente che non guarda
in faccia nessuno e non si ferma di fronte a nulla.
Per questo motivo nemmeno noi ci dobbiamo fermare, non dobbiamo farci
illudere e sedurre dal sostegno istituzionale. Nel 2005, dopo le giornate
di Venaus, le Olimpiadi alle porte, il governo chiamò a Roma gli
amministratori, che tornarono indietro gridando vittoria per la nascita
dell’Osservatorio Virano. Già allora i No Tav capimmo che l’osservatorio
era una trappola, un sistema per passare con l’inganno, dove la forza non
era bastata. Però ci fermammo lo stesso, accettando la tregua, per non
rompere con gli amministratori, perché troppi non seppero capire che
quegli amministratori, accettando e sottoscrivendo quell’accordo, si
stavano preparando a saltare il fosso. Le sirene del potere, del
prestigio, del denaro stavano cantando la loro canzone.
Oggi quella tregua, una tregua armata, è finita. I signori del Tav sono di
nuovo pronti a riprendere le ostilità. Come noi siamo pronti a riprendere
la resistenza.
L’auspicio è che acqua corsa sotto i ponti della Dora in questi cinque
anni non sia passata invano e che nessuno si faccia illudere dal ritorno
in piazza delle fasce tricolori.
Oggi come allora: sulla vita, sul futuro, sulla salute, sulla giustizia
sociale non si tratta. Mandarli a casa per sempre è possibile. Senza
deleghe, con l’azione diretta popolare.
È tempo per un altro passo, quello decisivo, in una lotta che ha il sapore
aspro e seducente della libertà.

Prossimo appuntamento per i No Tav di Torino e cintura:
Presidio informativo con aperitivo condiviso
Mercoledì 22 settembre ore 17,30
in via Roma all’altezza della galleria S. Federico, dove, al civico 3, è
la sede di LTF

Per info e contatti:
notav_autogestione at yahoo.it
338 6594361