Il prestigio dell’Italia cresce
19 giugno 2010
L’azione del nostro governo non si limita ad agire nei confronti della
crisi che ci attanaglia e ci avrebbe sommerso, se al timone dell’Italia ci
fosse stata l’attuale opposizione.
Chi è cattolico come me non può che ringraziare il Padreterno, che ha avuto
un po’ di compassione e ci ha evitato il naufragio. Nella primavera del 2008
si accendeva nel mondo una crisi che si sarebbe poco dopo rilevata spaventosa
e gli elettori, come se fossero stati guidati da una mano benevola, hanno
fatto sloggiare da Palazzo Chigi il corridore Romano Prodi.
Ci si domanda perché il Padreterno non quieti anche la tempesta, che
perdura, ma forse ci vuol far capire che è chiedere troppo. A superare la
tempesta ci dobbiamo pensare noi. Lui ci ha evitato il naufragio.
Che sia difficile governare la nave nella tempesta, lo vediamo tutti i
giorni. I rematori si sono divisi in due. Quelli che remano nella direzione
giusta, là dove il cielo appare più sereno, e quelli che remano
all’incontrario, cercando di farci ritornare sotto la nuvolaglia nera.
Non rinunciano al naufragio.
Tuttavia, le cose, contrariamente all’apparenza, non vanno bene alle
cassandre. È vero, portano a segno qualche colpo, ma per il resto beccano
certe sberle!
Come in Europa. E non solo.
Ormai in Europa si guarda all’Italia con rispetto. Siamo ascoltati. Le
nostre proposte sono considerate sempre degne di attenzione, e spesso
adottate. Così lo fu quando si discusse del come affrontare la crisi, allorché
perfino la Germania era in preda allo smarrimento, e lo è stato l’altro
giorno quando ha accolto le sue proposte sul debito pubblico.
Per non parlare poi del ruolo internazionale svolto per la risoluzione di
conflitti delicati. L’amicizia con il mondo arabo – che fu il sogno di
Andreotti – Berlusconi lo ha realizzato. Così anche l’amicizia con Putin gioca
positivamente sullo scacchiere dei rapporti tra Stati.
Oggi si può dire che
l’Italia, a partire dagli Stati Uniti e fino agli arabi e a Israele è
riconosciuta come Nazione a cui ci si può affidare.
Ci sono ancora, è vero, giornali stranieri che sfruttano, da neri corvacci,
perfino la morte di José Saramago per indirizzare strali a Berlusconi (si veda
l’articolo di ieri su Le Monde di Philipe Riddet: “José Saramago en
croisade contre la “chose” Berlusconi”). Senza che si faccia notare che quello
che il povero Saramago sapeva dell’Italia era frutto delle letture che ne
faceva sui giornali stranieri (qui
la sua ammissione: “Le qualificazioni che ho dato di Berlusconi non
nascono dalla mia testa ma si basano su informazioni giornalistiche
che ogni giorno appaiono sulla stampa europea. Io semplicemente osservo e
concludo.”) Figurarsi che idea possa essersi fatta del nostro Paese! Se
fosse venuto ad abitare qui qualche anno, invece che immergersi nel bel clima
delle Canarie, avrebbe potuto constatare che di libertà da noi ce n’è almeno
quanto in Portogallo, se non di più. E avrebbe evitato di profferire contro
Berlusconi epiteti infamanti. Che non ha mai rivolto alla dittatura di Fidel
Castro, suo amico: “Nel 2004, dopo la primavera “negra” di Cuba, ruppe
anche con Fidel Castro ma in seguito ci ripensò.” (qui).
Gli scrittori, più grandi sono e più spesso si perdono in un bicchier
d’acqua. Davanti alla realtà diventano degli scioccherelli, facilmente
influenzabili. Così è successo a Saramago, che prima di lanciare certe accuse
non si è premurato di verificare di persona, così succede a Umberto Eco, per
fare un esempio italiano. Eco ed altri scrittori nostrani (ci aggiungo Andrea
Camilleri) sono ambasciatori di un’Italia che non c’è, e che è solo il frutto
delle loro fantasie zoppicanti. Non amano l’Italia e non amano il popolo
italiano. Questa è la verità. Naturalmente sono proletari danarosi, i nostri
sinistrorsi. Niente a che fare con il proletariato vero, che guardano anzi con
disgusto.
Mi meraviglio come i lavoratori delle catene di montaggio, degli altiforni,
dei cantieri edili, delle cave e delle miniere, e così via, possano essere
orgogliosi di avere dalla loro parte costoro, che sono proletari solo a
parole, nelle opere che scrivono, ma nel momento che incassano i lauti diritti
d’autore si guardano bene dal mescolarsi al popolino ignorante e
miserabile.
È sempre stato così per certi intellettualoidi, a cui mancano
il coraggio e la coerenza di un Tolstoj.
Tornando a bomba. Dei buoni risultati conseguiti anche all’estero dal
nostro Paese, fateci caso, non si parla molto in casa nostra. E men che meno
ne parla l’opposizione.
Alla quale interessa un fico secco che l’Italia
aumenti il suo prestigio nel mondo. A lei importa arrivare al naufragio del
Paese. Non dà una mano per corroborare gli sforzi del governo, ma dà una mano
per affondare la nave. Di questo si nutre la sua corrosiva e devastante
politica antitaliana.
Annotazione. “Io voglio rafforzare la mia costituzione –
ha replicato Bersani – che è la più bella del mondo, e voglio contrastare il
modello plebiscitario. Su questo, ripeto, sono aperte le iscrizioni”. L’invito
era rivolto anche a Fini, che ha ironizzato (qui).
Ma quello che mi preme sottolineare è questa mentalità comunista che è dura
a morire come la gramigna. Quando un politico avversario ha il consenso della
maggioranza degli elettori (è il caso di Berlusconi), secondo la mentalità
comunista, che ha imparato a memoria la favola della volpe e dell’uva, egli
instaura nel Paese una dittatura, che Bersani chiama garbatamente “modello
plebiscitario”.
Quante formule, quanti slogan fasulli ha intessuto la doppiezza comunista
nel nostro Paese. Bisognerà che qualcuno un giorno ne vada in cerca per farne
un florilegio. Che sarà di molte pagine, naturalmente.
Bartolomeo Di Monaco
(Pubblicato da Legno Storto)