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Torino. La beffa e la vendetta
- Subject: Torino. La beffa e la vendetta
- From: "Federazione Anarchica Torinese - FAI" <fat at inrete.it>
- Date: Sun, 16 May 2010 14:45:21 +0200 (CEST)
- Importance: Normal
Torino. La beffa e la vendetta Giovedì 13 maggio. Una quarantina di persone entra indisturbata al Salone del libro, attraversa tutti gli spazi espositivi e si materializza di fronte allo stand dove il prefetto Paolo Padoin sta presentando la sua ultima fatica letteraria “Il prefetto, questo sconosciuto”. Con Padoin ci sono pezzi da novanta come il procuratore generale Maddalena ed il procuratore capo Caselli. Uno striscione con la scritta “Tutti liberi” e lo slogan “libertà” echeggia per la sala. Accorrono mille fotografi e quelli della sicurezza Fiat, affannati e in palese difficoltà. Nemmeno un poliziotto. Padoin, Maddalena e Caselli restano immobili, esterrefatti ed un po’ preoccupati, vedendosi di fronte il proprio babau preferito, anarchici e squatter. A loro dire (ed agire) tutta gente da mettere in galera. Come i sette compagni privati della libertà il giorno precedente, durante l’ennesima operazione repressiva in città. Quattro posti occupati perquisiti, 16 compagni nel mirino per la resistenza alle cariche durante gli sgomberi del 10 dicembre scorso. Dopo un corteo all’interno degli spazi del Salone, al grido di “libertà”, i compagni si sono allontanati con calma. I pochi poliziotti sopraggiunti hanno osservato senza intervenire. Una beffa. Dura da mandare giù per tipi come Padoin, Caselli e Maddalena. Ai giornali viene suggerito di tacere. Nemmeno una foto della sortita al Salone del Libro esce sui quotidiani, che relegano la notizia tra i trafiletti. Solo dopo due giorni qualcosa, a margine di altre cronache criminalizzanti, compare sui quotidiani. E che diamine? Mica si può dire che quelli che ogni giorno descrivi come pericolosi criminali sono entrati di sorpresa al salone del libro, sono arrivati a tre metri da tre maggiorenti della sicurezza cittadina, senza nemmeno un poliziotto a difenderli? A difenderli dalle armi che temono di più: la parola e lo sberleffo. Venerdì 14 maggio. A Torino dal 10 aprile c’è una zona rossa. Niente di ufficiale, per carità, ma piazza Castello, i giardini reali e tutta la zona limitrofa al duomo sono off limits per chi non viene con pie intenzioni. L’ostensione della sindone, spettacolo e business, si prende ogni spazio. Un gruppo di anarchici, intorno alle quattro del pomeriggio, issa uno striscione sulle porte palatine, un giardino pubblico con qualche vestigia romana. Lo striscione ha una scritta blasfema “liberi tutti”. Il gruppo è ormai alla fermata del tram, quando viene assalito da poliziotti in borghese dei commissariati di Porta Palazzo e Aurora, quest’ultimo comandato dal vicequestore Sertorio. Sertorio, lo ricordiamo, si era beccato un colpo di bandiera il testa il Primo Maggio, quando aveva inutilmente cercato di bloccare l’ingresso in piazza Castello dello spezzone anticlericale, aperto dalla papessa in visita a Torino. In un batter d’occhio due ragazzi sono brutalmente gettati a terra e ammanettati. C’è un breve parapiglia e poi la polizia si allontana con il suo bottino. In serata si saprà che i due compagni sono stati arrestati con l’accusa di resistenza e lesioni. A Torino, di questi tempi, si finisce in galera per uno striscione. Evidentemente, dopo il clamoroso smacco del giorno precedente, la questura torinese deve mostrare i muscoli, contro quelli che, il giorno successivo, in una delle sue rare dichiarazioni, il questore Faraoni definirà come un “vero e proprio network itinerante del disordine e della violenza organizzata”. Massimo Numa, vero talento fantascientifico confinato tra le aride colonne della cronaca, narrerà l’episodio su “La Stampa” come guerriglia urbana e assalto ai pellegrini, guadagnandosi così il premio Hugo alla carriera per la straordinaria capacità di evocare e descrivere universi paralleli. Sabato 15 maggio, Porta Palazzo. Un folto gruppo di solidali da vita ad un presidio, indetto inizialmente contro CIE e carceri e poi allargatosi alla denuncia degli arresti del 12 maggio. Un ampio schieramento di polizia accoglie i manifestanti, che allestiscono una mostra sui CIE, volantinano e fanno interventi. Intorno all’una dal presidio un’ottantina di compagni partono per un mini corteo che da Porta palazzo gira un’oretta per il quartiere. Nel pomeriggio presidio davanti al carcere delle Vallette tra slogan, musica e interventi di denuncia della violenza poliziesca. Tira aria pesante. E non da oggi. Al di là dei singoli episodi repressivi, in gioco è quel che resta della libertà di dire e di fare in questa città tutta luci d’artista, sindoni, grandi eventi e grandi opere, ma non ci sono risorse per case, scuole, asili, ospedali, ambulatori, assistenza ad anziani e disabili. trasporti pubblici. Una città dove si vive e si lavora come nell’800: precari e senza tutele. Politici, media e magistratura vogliono tapparci la bocca, criminalizzando ed inquisendo pratiche di solidarietà e resistenza che temono contagiose. Non si contano più le denunce, le inchieste, i rinvii a giudizio. Nel mirino chi resiste al razzismo, chi occupa case abbandonate, chi si oppone alla guerra e al militarismo. Chi, come gli anarchici, si oppone alla normalizzazione violenta dello spazio sociale, ai militari in strada, alla guerra tra poveri, alle retate di immigrati “senza carte”, alle prigioni per clandestini, alle deportazioni forzate, inquieta politici e padroni. Chi, come gli anarchici, occupa e fa vivere posti abbandonati, ricorda che le leggi sanciscono il diritto di ha molto contro chi ha poco o nulla. Ricordano che la proprietà è un furto. Nell’ultimo anno è aumentato del 22% il numero degli sfratti per morosità: sono circa 10.000 i torinesi gettati in strada, perché non ce la fanno più a pagare il fitto, le bollette, la retta dell’asilo per i figli. Occupare una casa vuota, resistere agli sfratti, è un’opportunità che nessuno deve suggerire a chi non ha – o non ha mai avuto - un tetto. Chi, come gli anarchici, continua a praticare l’autogestione, il mutuo appoggio, la solidarietà concreta tra oppressi e sfruttati fa paura. Fa paura perché suggerisce che questo non è il migliore dei mondi possibili, che si può praticare – sin da ora – l’utopia concreta di relazioni solidali, libere, non mercificate. Prossimi appuntamenti: Lunedì 17 maggio 15,30/19 - Palazzo Nuovo - via S.Ottavio “Un popolo di pazzi?” punto info solidale con la lotta dei lavoratori greci Per i lunedì della resistenza antirazzista. Lunedì 24 maggio ore 21 in corso Palermo 46 Resistenza rom a Milano: la lotta contro gli sgomberi. Interviene Antonio D’Errico del Comitato Antirazzista Milanese Per info e contatti: Federazione Anarchica Torino Corso Palermo 46 – ogni giovedì dalle 21 338 6594361 fai_to at inrete.it
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