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Torino. Sgomberi , botte, denunce… e resistenza
- Subject: Torino. Sgomberi , botte, denunce… e resistenza
- From: "Federazione Anarchica Torinese - FAI" <fat at inrete.it>
- Date: Sun, 13 Dec 2009 02:44:00 +0100 (CET)
- Importance: Normal
Torino. Sgomberi, botte, denunce… e resistenza Torino, giovedì 10 dicembre, Barriera di Milano. Due posti recentemente occupati in città, Cà Neira e l’Ostile, sono sgomberati in contemporanea. Ma non tutte le ciambelle riescono con il buco. All’Ostile sei occupanti hanno resistito sul tetto per un’intera giornata prima di venire tirati giù, mentre in strada le camionette impazzavano contro quelli che si erano radunati in solidarietà. A Cà Neira, in via Zandonai, l’ex scuola che abbiamo occupato la scorsa settimana, hanno fatto più in fretta ma il giorno stesso sono stati obbligati a impiegare la celere in assetto antisommossa per sgomberarci dall’ex cinema Zeta, occupato a poche ore dal primo sgombero. Foto di Cà Neira 1 e 2 e dello sgombero a quest’indirizzo: http://piemonte.indymedia.org/article/6742 Vale la pena di fare una breve cronaca di una lunga giornata di repressione e resistenza. Sono le sei del mattino, l’ora degli sgomberi. Quando la Digos e agenti in assetto antisommossa buttano giù la porta di Cà Neira, il posto occupato domenica 6 dicembre dalla FAI torinese, due degli occupanti erano appena usciti per andare al lavoro. I compagni ancora all’interno vengono denunciati per invasione di edificio. Il tam tam della solidarietà scatta subito. Arrivano in tanti a dare una mano per portare via tavoli, stufe, libri, cucine e brande. Quasi contemporaneamente la polizia si presenta in forze anche all’Ostile. Sei persone salgono sul tetto e lo stabile viene invaso dalle forze del disordine statale. Anche qui c’è chi da una mano a portare via mobili e sacchi a pelo. I sei resteranno sul tetto fino alla sera. Verso l’ora di cena il presidio di solidarietà viene disperso con la forza. La polizia impiega idranti, spara lacrimogeni e carica più volte, l’ultima anche con tre gipponi, con caroselli in stile anni ’70. Fermate 10 persone, quattro durante le cariche ed i sei sul tetto, tutti rilasciati in nottata. A quelli presi in strada tocca il peggio: calci, pugni, manganellate. Due dei fermati passano dall’ospedale prima di essere portati in questura. Una compagna dell’Asilo ha una frattura scomposta al pollice della mano destra, un altro compagno ha il volto devastato da un calcio in faccia che gli ha frantumato gli occhiali sul volto. I sei del tetto sono denunciati per invasione di edificio, quelli presi in strada per resistenza. Intanto, nel pomeriggio, la FAI torinese ha occupato, in risposta allo sgombero del mattino, un ex cinema nel centro della città, Cà Neira 2. La polizia è intervenuta con digos e celere in tenuta antisommossa: in quaranta contro quattro compagni, mentre si formava un presidio di una ventina di solidali. Danneggiando gravemente la saracinesca di ingresso, la polizia ha fatto irruzione. Tre compagni vengono tirati giù dal tetto, poi tocca ad una compagna, che si era incatenata ad una finestra. I quattro compagni vengono fermati e trattenuti poi in questura fino a poco prima della mezzanotte: sono stati tutti accusati di invasione di edificio e danneggiamento; due sono stati denunciati anche per alcune scritte contro la Croce Rossa che collabora alla gestione dei CIE. Non si può dire che a Cà Neira questo sgombero sia giunto inatteso. L’intervento della polizia è stato preceduto da una pesantissima campagna di criminalizzazione. Media e politici si sono scatenati sin dal primo giorno per cercare – senza troppo successo – di creare allarme sociale intorno alla nuova occupazione. In questi giorni molti abitanti del quartiere ci hanno mostrato solidarietà e simpatia, in qualche caso condivisione. Molti consideravano una vergogna che un edificio pubblico fosse abbandonato al degrado e all’incuria ed hanno apprezzato che qualcuno, rimboccandosi le maniche, lo stesse ristrutturando per renderlo agibile. Per Cà Neira 2, va detto che per la prima volta a Torino la questura manda la celere in assetto antisommossa a sgomberare un posto occupato da poco più di un'ora e mezza. È probabile che la scelta di occupare un altro edificio lo stesso giorno che siamo stati sgomberati li abbia innervositi un po'. Il giorno successivo la stampa ha riportato i fatti senza troppa enfasi, quell’enfasi che invece, nel recente passato, aveva colorato vicende certo “minori” Questo contrasta con i primi giorni di occupazione di Cà Neira, quando i quotidiani cittadini, e, in particolare, la brillante penna di Massimo Numa su “La Stampa”, si sono prodigati in capolavori della disinformazione e della calunnia. La Stampa e TorinoCronacaqui ci hanno descritti come violenti e rumorosi. Hanno raccontato che vogliamo “attaccare gli operai dei cantieri Tav” (La Stampa del 7 dicembre), hanno scritto “Che facciamo baldoria e Barriera non chiude occhio” (Cronacaqui del 9 dicembre). Addirittura si sono inventati un concerto che non c’è mai stato. Questo doppio registro segnala che quello che più temono lor signori è il radicamento delle esperienze, lo svilupparsi di relazioni solidali, l’estendersi delle reti di resistenza al razzismo, alla crisi, alla militarizzazione della città, al Tav. Non a caso, sabato 12 dicembre, Massimo Numa – sì sempre lui – si prodiga nel descrivere la ben radicata presenza di anarchici ed antagonisti nella lotta No Tav, come operazione di “infiltrazione”. Niente di inedito, intendiamoci bene, ma certo un preoccupante dejà vu del clima che, nel 2005, precedette l’occupazione militare in Val Susa e le giornate di resistenza tra fine novembre e metà dicembre. Ma facciamo un passo indietro. Da mesi la dialettica tra governo ed opposizione in città si articola intorno al tema degli sgomberi. Le diverse articolazioni ed angolature non sono determinate tanto dallo schieramento politico quanto dal ruolo istituzionale ricoperto. Destra e sinistra stanno da mesi giocando a scaricabarile, accusandosi reciprocamente di scarsa determinazione. Il gioco delle poltrone in vista delle prossime regionali fa da sfondo. Sul campo resta la questione che le occupazioni pongono: quella del modello di società. Il minacciato sgombero delle occupazioni storiche di Torino fatto dal sindaco Chiamparino in accordo con la destra cittadina più razzista, è stata anche la risposta alla martellante campagna antirazzista che impegna da oltre un anno e mezzo tutto il movimento anarchico torinese nelle sue varie componenti. Se a questo si aggiunge che siamo alla vigilia dei carotaggi per i cantieri del TAV che riguarderanno Torino come la Val Susa, gli ingredienti per un bel giro di vite repressivo sono pronti. Tutti sono d’accordo sulla necessità di cancellare posti e case occupate, perché, non a torto, sono luoghi dove si praticano la sovversione sociale e la solidarietà con gli ultimi. Nella desolazione sociale e politica in cui viviamo, le case occupate sono un luogo di incontro non mercificato dove praticare e organizzare opposizione sociale. È indubbio che tutto questo infastidisca, perché la maschera di belletto, che si vuole continuare a dare alla città, non può nascondere la realtà dei fatti: il comune di Torino è sull’orlo della bancarotta a causa dei debiti delle olimpiadi – 5.000 euro a cittadino, di qualunque età… Chiamparino ha urgente bisogno di 75 milioni di euro per chiudere il bilancio di questo anno e per averli ha offerto una decina di edifici di sua proprietà ad Intesa-Sanpaolo, che provvederà poi a ristrutturarli. Gli edifici del comune vuoti sono oltre un centinaio. Intanto la crisi economica scava un solco sempre più profondo tra la città dei ricchi, circa il 20% della popolazione, e tutti gli altri, spingendo ampi settori di piccola borghesia e di operai della grande industria verso il basso della scala sociale. Il lavoro è sempre più “precario” ed il modello è sempre quello iperconsumistico della città vetrina, dove i più passeggiano come zombi, comparse dell’evento stesso del consumo e degli “spettacoli” mesi in cantiere in continuazione. I prossimi baracconi in allestimento saranno, nel maggio 2010, l’ostensione della sindone con visita del papa e, nel 2011, i “festeggiamenti” per i 150 anni dell’unità di’Italia. Intanto Intesa-Sanpaolo ha gettato le fondamenta del suo grattacielo vicino al cantiere della nuova stazione di Porta Susa e la Regione Piemonte ha annunciato la costruzione del “suo” grattacielo in zona Lingotto. È partito il Freccia Rossa per Milano e Roma, mentre i treni per i pendolari vengono soppressi e quelli che circolano sono stipati e sporchi come “carri bestiame”. La scommessa dell’opposizione sociale reale, che oggi si concentra solo (e non è un fatto di cui rallegrarsi…) nel movimento anarchico, è quella di non farsi stritolare dalla repressione (che non è mai venuta meno) e dal bisogno di un capro espiatorio, magari tutto mediatico, che l’incarognimento della situazione sociale fa invocare al “popolo”; continuando a battersi contro questa società “vecchia” e falsamente “giovane”, consumistica, spettacolare, e proponendo un modello di relazioni e di vita diverse che costruiscano nella quotidianità un mondo solidale, di liberi ed uguali. Le case occupate vanno difese e le nuove occupazioni moltiplicate, perché sono finestre che vengono spalancate per portare aria fresca e far respirare questa città soffocata non solo dallo smog vero (Torino è la città più inquinata d’Europa), ma anche intossicata dalla finzione collettiva della città vetrina. Le occupazioni fanno bene al corpo della città: con esse vengono proposti spazi liberati da ogni sfruttamento, gerarchia, consumismo. A Torino tra militari nelle strade, check point razzisti e morti sul lavoro, la scommessa è sempre la stessa. Costruire, con pazienza, una trama di relazioni solidali, che attraversino le nostre periferie, azzannate dalla crisi e stritolate dalla guerra tra poveri, perché l’opposizione sociale si radichi e si radicalizzi, non in occasionali fiammate, ma nella quotidianità di un conflitto che ri-ponga al centro la questione sociale. Le case occupate sono esempi concreti che dicono quanto nudo sia il re, quanto grigio, vecchio, incarognito: per questo danno tanto fastidio ed è per questo che vogliamo batterci per liberare ancora altri posti ed offrirli come occasione a tutti coloro che ci vivono intorno: a coloro che hanno un lavoro precario o non ce l’hanno; a chi non riesce a mandare i figli all’asilo; a chi non riesce ad arrivare a fine mese; a tutti coloro che pensano che questa città non sia quel teatrino “sempre in movimento”, luccicante e artificiale, ma il posto dove vivere la propria vita diffondendo il virus invincibile della libertà. Dopo due sgomberi in un solo giorno, la breve storia di Cà Neira continua… Per info e contatti: Federazione Anarchica Torino Corso Palermo 46 – ogni giovedì dalle 21 338 6594361 fai_to at inrete.it Prossimi appuntamenti: Martedì 15 dicembre Assemblea La criminalità del potere: stragi di Stato tra ieri e oggi Dalla bomba di piazza Fontana ai morti annegati nel Mediterraneo Un’occasione di confronto sul filo di una memoria che si intreccia con questo nostro oggi a Torino, tra sgomberi e repressione. In corso Palermo 46 Dalle 21. Introduce la serata Simone Bisacca Venerdì 18 dicembre cena antinatalizia Come ogni anno torna puntuale la cena anticlericale. Dalle 20/20,30. Menù eretico e esposizione spettacolare del Pres-Empio autogestito: ciascuno porti la sua statuetta, decorazione, disegno per arricchirlo. La cena è benefit antirepressione. Sabato 19 dicembre Corteo contro sgomberi e repressione Appuntamento alle 14 in piazza XVIII dicembre – di fronte alla stazione FS di Porta Susa
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