Torino. Sgomberi , botte, denunce… e resistenza



Torino. Sgomberi, botte, denunce… e resistenza

Torino, giovedì 10 dicembre, Barriera di Milano.
Due posti recentemente occupati in città, Cà Neira e l’Ostile, sono
sgomberati in contemporanea. Ma non tutte le ciambelle riescono con il
buco. All’Ostile sei occupanti hanno resistito sul tetto per un’intera
giornata prima di venire tirati giù, mentre in strada le camionette
impazzavano contro quelli che si erano radunati in solidarietà. A Cà
Neira, in via Zandonai, l’ex scuola che abbiamo occupato la scorsa
settimana, hanno fatto più in fretta ma il giorno stesso sono stati
obbligati a impiegare la celere in assetto antisommossa per sgomberarci
dall’ex cinema Zeta, occupato a poche ore dal primo sgombero.

Foto di Cà Neira 1 e 2 e dello sgombero a quest’indirizzo:
http://piemonte.indymedia.org/article/6742

Vale la pena di fare una breve cronaca di una lunga giornata di
repressione e resistenza.
Sono le sei del mattino, l’ora degli sgomberi. Quando la Digos e agenti in
assetto antisommossa buttano giù la porta di Cà Neira, il posto occupato
domenica 6 dicembre dalla FAI torinese, due degli occupanti erano appena
usciti per andare al lavoro. I compagni ancora all’interno vengono
denunciati per invasione di edificio. Il tam tam della solidarietà scatta
subito. Arrivano in tanti a dare una mano per portare via tavoli, stufe,
libri, cucine e brande.

Quasi contemporaneamente la polizia si presenta in forze anche all’Ostile.
Sei persone salgono sul tetto e lo stabile viene invaso dalle forze del
disordine statale. Anche qui c’è chi da una mano a portare via mobili e
sacchi a pelo. I sei resteranno sul tetto fino alla sera. Verso l’ora di
cena il presidio di solidarietà viene disperso con la forza. La polizia
impiega idranti, spara lacrimogeni e carica più volte, l’ultima anche con
tre gipponi, con caroselli in stile anni ’70. Fermate 10 persone, quattro
durante le cariche ed i sei sul tetto, tutti rilasciati in nottata. A
quelli presi in strada tocca il peggio: calci, pugni, manganellate. Due
dei fermati passano dall’ospedale prima di essere portati in questura. Una
compagna dell’Asilo ha una frattura scomposta al pollice della mano
destra, un altro compagno ha il volto devastato da un calcio in faccia che
gli ha frantumato gli occhiali sul volto.
I sei del tetto sono denunciati per invasione di edificio, quelli presi in
strada per resistenza.

Intanto, nel pomeriggio, la FAI torinese ha occupato, in risposta allo
sgombero del mattino, un ex cinema nel centro della città, Cà Neira 2. La
polizia è intervenuta con digos e celere in tenuta antisommossa: in
quaranta contro quattro compagni, mentre si formava un presidio di una
ventina di solidali. Danneggiando gravemente la saracinesca di ingresso,
la polizia ha fatto irruzione. Tre compagni vengono tirati giù dal tetto,
poi tocca ad una compagna, che si era incatenata ad una finestra. I
quattro compagni vengono fermati e trattenuti poi in questura fino a poco
prima della mezzanotte: sono stati tutti accusati di invasione di edificio
e danneggiamento; due sono stati denunciati anche per alcune scritte
contro la Croce Rossa che collabora alla gestione dei CIE.

Non si può dire che a Cà Neira questo sgombero sia giunto inatteso.
L’intervento della polizia è stato preceduto da una pesantissima campagna
di criminalizzazione. Media e politici si sono scatenati sin dal primo
giorno per cercare – senza troppo successo – di creare allarme sociale
intorno alla nuova occupazione. In questi giorni molti abitanti del
quartiere ci hanno mostrato solidarietà e simpatia, in qualche caso
condivisione. Molti consideravano una vergogna che un edificio pubblico
fosse abbandonato al degrado e all’incuria ed hanno apprezzato che
qualcuno, rimboccandosi le maniche, lo stesse ristrutturando per renderlo
agibile.
Per Cà Neira 2, va detto che per la prima volta a Torino la questura manda
la celere in assetto antisommossa a sgomberare un posto occupato da poco
più di un'ora e mezza. È probabile che la scelta di occupare un altro
edificio lo stesso giorno che siamo stati sgomberati li abbia innervositi
un po'.

Il giorno successivo la stampa ha riportato i fatti senza troppa enfasi,
quell’enfasi che invece, nel recente passato, aveva colorato vicende certo
“minori”
Questo contrasta con i primi giorni di occupazione di Cà Neira, quando i
quotidiani cittadini, e, in particolare, la brillante penna di Massimo
Numa su “La Stampa”, si sono prodigati in capolavori della disinformazione
e della calunnia. La Stampa e TorinoCronacaqui ci hanno descritti come
violenti e rumorosi. Hanno raccontato che vogliamo “attaccare gli operai
dei cantieri Tav” (La Stampa del 7 dicembre), hanno scritto “Che facciamo
baldoria e Barriera non chiude occhio” (Cronacaqui del 9 dicembre).
Addirittura si sono inventati un concerto che non c’è mai stato.
Questo doppio registro segnala che quello che più temono lor signori è il
radicamento delle esperienze, lo svilupparsi di relazioni solidali,
l’estendersi delle reti di resistenza al razzismo, alla crisi, alla
militarizzazione della città, al Tav.
Non a caso, sabato 12 dicembre, Massimo Numa – sì sempre lui – si prodiga
nel descrivere la ben radicata presenza di anarchici ed antagonisti nella
lotta No Tav, come operazione di “infiltrazione”. Niente di inedito,
intendiamoci bene, ma certo un preoccupante dejà vu del clima che, nel
2005, precedette l’occupazione militare in Val Susa e le giornate di
resistenza tra fine novembre e metà dicembre.

Ma facciamo un passo indietro.
Da mesi la dialettica tra governo ed opposizione in città si articola
intorno al tema degli sgomberi.
Le diverse articolazioni ed angolature non sono determinate tanto dallo
schieramento politico quanto dal ruolo istituzionale ricoperto. Destra e
sinistra stanno da mesi giocando a scaricabarile, accusandosi
reciprocamente di scarsa determinazione. Il gioco delle poltrone in vista
delle prossime regionali fa da sfondo.
Sul campo resta la questione che le occupazioni pongono: quella del
modello di società. Il minacciato sgombero delle occupazioni storiche di
Torino fatto dal sindaco Chiamparino in accordo con la destra cittadina
più razzista, è stata anche la risposta alla martellante campagna
antirazzista che impegna da oltre un anno e mezzo tutto il movimento
anarchico torinese nelle sue varie componenti. Se a questo si aggiunge che
siamo alla vigilia dei carotaggi per i cantieri del TAV che riguarderanno
Torino come la Val Susa, gli ingredienti per un bel giro di vite
repressivo sono pronti.
Tutti sono d’accordo sulla necessità di cancellare posti e case occupate,
perché, non a torto, sono luoghi dove si praticano la sovversione sociale
e la solidarietà con gli ultimi.
Nella desolazione sociale e politica in cui viviamo, le case occupate sono
un luogo di incontro non mercificato dove praticare e organizzare
opposizione sociale. È indubbio che tutto questo infastidisca, perché la
maschera di belletto, che si vuole continuare a dare alla città, non può
nascondere la realtà dei fatti: il comune di Torino è sull’orlo della
bancarotta a causa dei debiti delle olimpiadi – 5.000 euro a cittadino, di
qualunque età… Chiamparino ha urgente bisogno di 75 milioni di euro per
chiudere il bilancio di questo anno e per averli ha offerto una decina di
edifici di sua proprietà ad Intesa-Sanpaolo, che provvederà poi a
ristrutturarli. Gli edifici del comune vuoti sono oltre un centinaio.
Intanto la crisi economica scava un solco sempre più profondo tra la città
dei ricchi, circa il 20% della popolazione, e tutti gli altri, spingendo
ampi settori di piccola borghesia e di operai della grande industria verso
il basso della scala sociale. Il lavoro è sempre più “precario” ed il
modello è sempre quello iperconsumistico della città vetrina, dove i più
passeggiano come zombi, comparse dell’evento stesso del consumo e degli
“spettacoli” mesi in cantiere in continuazione. I prossimi baracconi in
allestimento saranno, nel maggio 2010, l’ostensione della sindone con
visita del papa e, nel 2011, i “festeggiamenti” per i 150 anni dell’unità
di’Italia.
Intanto Intesa-Sanpaolo ha gettato le fondamenta del suo grattacielo
vicino al cantiere della nuova stazione di Porta Susa e la Regione
Piemonte ha annunciato la costruzione del “suo” grattacielo in zona
Lingotto. È partito il Freccia Rossa per Milano e Roma, mentre i treni per
i pendolari vengono soppressi e quelli che circolano sono stipati e
sporchi come “carri bestiame”.

La scommessa dell’opposizione sociale reale, che oggi si concentra solo (e
non è un fatto di cui rallegrarsi…) nel movimento anarchico, è quella di
non farsi stritolare dalla repressione (che non è mai venuta meno) e dal
bisogno di un capro espiatorio, magari tutto mediatico, che
l’incarognimento della situazione sociale fa invocare al “popolo”;
continuando a battersi contro questa società “vecchia” e falsamente
“giovane”, consumistica, spettacolare, e proponendo un modello di
relazioni e di vita diverse che costruiscano nella quotidianità un mondo
solidale, di liberi ed uguali.

Le case occupate vanno difese e le nuove occupazioni moltiplicate, perché
sono finestre che vengono spalancate per portare aria fresca e far
respirare questa città soffocata non solo dallo smog vero (Torino è la
città più inquinata d’Europa), ma anche intossicata dalla finzione
collettiva della città vetrina. Le occupazioni fanno bene al corpo della
città: con esse vengono proposti spazi liberati da ogni sfruttamento,
gerarchia, consumismo.
A Torino tra militari nelle strade, check point razzisti e morti sul
lavoro, la scommessa è sempre la stessa. Costruire, con pazienza, una
trama di relazioni solidali, che attraversino le nostre periferie,
azzannate dalla crisi e stritolate dalla guerra tra poveri, perché
l’opposizione sociale si radichi e si radicalizzi, non in occasionali
fiammate, ma nella quotidianità di un conflitto che ri-ponga al centro la
questione sociale.
Le case occupate sono esempi concreti che dicono quanto nudo sia il re,
quanto grigio, vecchio, incarognito: per questo danno tanto fastidio ed è
per questo che vogliamo batterci per liberare ancora altri posti ed
offrirli come occasione a tutti coloro che ci vivono intorno: a coloro che
hanno un lavoro precario o non ce l’hanno; a chi non riesce a mandare i
figli all’asilo; a chi non riesce ad arrivare a fine mese; a tutti coloro
che pensano che questa città non sia quel teatrino “sempre in movimento”,
luccicante e artificiale, ma il posto dove vivere la propria vita
diffondendo il virus invincibile della libertà.

Dopo due sgomberi in un solo giorno, la breve storia di Cà Neira continua…

Per info e contatti:
Federazione Anarchica Torino
Corso Palermo 46 – ogni giovedì dalle 21
338 6594361 fai_to at inrete.it

Prossimi appuntamenti:

Martedì 15 dicembre
Assemblea
La criminalità del potere: stragi di Stato tra ieri e oggi
Dalla bomba di piazza Fontana ai morti annegati nel Mediterraneo
Un’occasione di confronto sul filo di una memoria che si intreccia con
questo nostro oggi a Torino, tra sgomberi e repressione.
In corso Palermo 46
Dalle 21. Introduce la serata Simone Bisacca

Venerdì 18 dicembre
cena antinatalizia
Come ogni anno torna puntuale la cena anticlericale. Dalle 20/20,30.
Menù eretico e esposizione spettacolare del Pres-Empio autogestito:
ciascuno porti la sua statuetta, decorazione, disegno per arricchirlo.
La cena è benefit antirepressione.

Sabato 19 dicembre
Corteo contro sgomberi e repressione
Appuntamento alle 14 in piazza XVIII dicembre – di fronte alla stazione FS
di Porta Susa