Torino. Bruciato il tricolore in piazza Castello



Torino. Bruciato il tricolore in piazza Castello

Torino 4 novembre. Antimilitaristi danno alle fiamme la bandiera italiana.

Qui le foto: http://piemonte.indymedia.org/article/6230

Un plotone di soldati caricati a molla, dopo aver attraversato via Po,
compare a sorpresa in piazza Castello, dove, blindatissima, si è appena
conclusa la cerimonia dell’ammaina bandiera.
I soldati attraversano la piazza sino al monumento ai Cavalieri d’Italia
dove viene esposto un tricolore. Ma dura poco.
Gli antimilitaristi non potevano certo farsi sfuggire un’occasione simile.
La bandiera italiana, simbolo di un paese in guerra, simbolo di
quell’infamia che si chiama amor patrio, viene data alle fiamme tra gli
applausi di una piccola folla accorsa intorno al monumento.
I soldati a molla vengono ricaricati e riprendono la loro marcia di automi.
Ancora una volta, nonostante le centinaia di uomini dislocati a proteggere
la cerimonia degli assassini in divisa, qualche anarchico, senzapatria e
disertore di tutte le guerre, ha voluto ricordare con una fiammata i
massacri che ieri come oggi vengono fatti sventolando la bandiera bianca
rossa e verde.

Fuoco al tricolore!
No a tutte le guerre!
No a tutti gli eserciti!

Di seguito il testo del volantino distribuito oggi nel centro di Torino.

4 novembre
Festa degli assassini
“Quando lo Stato si prepara ad assassinare, si fa chiamare patria” (F.
Durrenmatt)
L’Italia è in guerra. Truppe tricolori combattono in Afganistan. Lo
chiamano “peace keeping”. Ma, là, in Afganistan, ogni giorno bombardano,
uccidono, imprigionano, torturano. Otto anni di guerra e la chiamano pace.
Un massacro senza fine. Ma che importa? Gli affari dei petrolieri e dei
fabbricanti di armi vanno a gonfie vele.
Si muore ogni giorno anche in Italia. Si muore affogati nel Mediterraneo
perché una legge razzista vieta la libera circolazione. Si muore di lavoro
perché le tutele sono un lusso che i padroni non vogliono pagare. Si muore
di malasanità perché i soldi ci sono per la guerra ma non per i malati. E
chi non muore, vive male, perché gli affari sono affari e nulla fermerà il
progresso. Succede in ogni angolo di quest’Italia ferita dal TAV, dalle
autostrade, dalla cementificazione.
Il 4 novembre, anniversario degli immani massacri della grande guerra, la
retorica, quella più becera, si spreca, per far dimenticare la crisi, per
allargare il consenso alle missioni all’estero, ai militari in strada,
alla spesa di guerra.
Sono tornati in auge i mai sopiti mostri dell’intolleranza, del razzismo,
del nazionalismo.

In occasione del 4 novembre, festa della “vittoria” in quell’immane
carneficina nazionalista che fu la prima guerra mondiale, nelle piazze di
tutt’Italia assassini di professione, ma legali, celebrano i massacri di
ieri e di oggi.

Cosa sia stata quella guerra ce lo dicono i numeri.
Morti: 50.000 civili e 680.000 mila soldati. Prigionieri e dispersi:
600.000. Feriti e mutilati. 950.000. Disertori e i renitenti: 370.000
denunce, 350.000 i processi con 220.000 condanne detentive. Condannati a
morte: 729. Fucilazioni sommarie e decimazioni: 2.000 cui si sommano i
5.000 i fucilati durante la disfatta di Caporetto.
Nella nostra città nel 1917 lo sciopero generale contro la guerra divenne
una rivolta popolare che tenne in scacco la polizia e i regi carabinieri.
Questa storia, quella dei disertori, dei ribelli, degli operai di Torino
insorti è quella che vogliamo ricordare, quella che in questo 2009 di
guerra tesse un filo rosso tra le lotte di ieri e quelle di oggi.

In Afganistan ci sono 3.200 soldati italiani: questo orrore costa a tutti
noi milioni di euro, sottratti a scuola, trasporti, sanità, tutela del
territorio. La spesa di guerra comprende il mantenimento di basi, caserme,
aeroporti ed un buon numero di ben addestrati assassini di professione. I
governi di destra e quelli di sinistra hanno fatto a gara nel finanziare
le imprese belliche.

L’esercito è anche nelle nostre strade. Nel mirino sono i poveri, gli
immigrati, i rom, i senza casa, chi si ribella alla devastazione del
territorio ed al saccheggio delle risorse.
Lo Stato militarizza il territorio e tratta da delinquenti quelli che si
ribellano. È la guerra. La guerra interna. Anche questa serve alla pace,
la pace sociale.

Guerra interna e guerra esterna sono due facce della stessa medaglia:
quella del potere che perpetua se stesso ad ogni costo, quella del
capitalismo che macina vite, risorse e futuro della più parte di noi.
Opporsi alla guerra senza opporsi al militarismo, senza opporsi
all’esistenza stessa degli eserciti, vere organizzazioni criminali legali,
è mera testimonianza.
Fermare la guerra, incepparne i meccanismi è un’urgenza che non possiamo
eludere. A partire da noi, dal territorio in cui viviamo, dove ci sono
caserme, aeroporti, scuole militari, fabbriche d’armi.

Contro tutte le guerre, contro tutti gli eserciti!

Federazione Anarchica Torinese – FAI
Corso Palermo 46
La sede è aperta ogni giovedì dalle 21
Info: fai_to at inrete.it
338 6594361