Kathmandu (AsiaNews) – Fuggire dalla guerra, dalla disperazione e dalla 
fame, con la prospettiva di trovare rifugio a Napoli, in Italia, e ricostruirsi 
una nuova vita. Per questo un profugo della Somalia ha pagato una forte somma di 
denaro ai trafficanti internazionali; per poi scoprire, una volta sceso 
dall’aereo, che la destinazione finale non era Napoli ma Kathmandu, la capitale 
del Nepal.
 
È la disavventura capitata a Shukrui Dec, 25anni, che assieme ad altri 72 
rifugiati somali aveva lasciato il Paese di origine in cerca di pace, due pasti 
al giorno per la famiglia e una educazione migliore per i figli. Egli ha 
sborsato una gorssa somma in denaro a un agente internazionale, il quale gli 
aveva assicurato un alloggio e un impiego a Napoli. 
 
Dopo essere atterrato all’aeroporto internazionale di Tribhuwan, nella 
capitale nepalese, si è accorto dell’inganno. Shukrui Dec ha vagato per la città 
diversi giorni, prima di arrendersi e chiedere ospitalità all’Alto commissario 
Onu per i rifugiati, a Kathmandu, per sé, la moglie e il figlio di otto anni. 
“Non ho avuto altra scelta – confida l’uomo – che rivolgermi all’agenzia Onu”, 
che ancora oggi gli garantisce un alloggio e una somma in denaro. Da tre anni 
vive come “rifugiato urbano”, in attesa di poter tornare a casa.
 
Il governo nepalese ha posto un balzello a carico dei rifugiati: per fare 
rientro a casa, essi devono versare una somma di 40mila euro quale “tassa per la 
permanenza”. I profughi hanno chiesto più volte di essere esentati dal pagamento 
e lasciare il Paese; Nabin Kumar Ghimire, portavoce del Ministero degli interni 
replica che la “la questione è fuori discussione” e conferma che la tassa va 
pagata.
 
Le Nazioni Unite garantiscono una somma giornaliera ai profughi somali che 
varia dai 19 ai 42 euro; soldi che non bastano per raggiungere i 40mila euro che 
gli “immigrati clandestini” devono versare come riscatto. Per la disperazione, i 
profughi somali minacciano lo sciopero della fame e, tramite AsiaNews, 
lanciano un appello alla comunità internazionale perché li aiuti. “Possiamo 
lasciare il Nepal – dichiara la 17enne Fatima Muhammad – solo se il governo ci 
esenta dal pagamento della tassa”. La ragazza afferma che i profughi “desiderano 
tornare a casa, perché preferiscono morire nel proprio Paese, piuttosto che 
condurre una vita da cani in Nepal”. “Siamo pronti a morire di fame – conclude 
Fatima, mentre culla i sui sette figli malnutriti – se il governo non accoglie 
le nostre richieste”.