Beppino Englaro si rifiuta di far vedere la figlia...
- Subject: Beppino Englaro si rifiuta di far vedere la figlia...
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- Date: Fri, 28 Nov 2008 19:04:49 +0100
da http://www.salvatorecrisafulli.it/ Beppino Englaro si rifiuta di far vedere la figlia: In tanti vorremmo vedere Eluana Englaro, per farci un'idea, ma il padre si rifiuta perche? rispetto della Privacy? Non crediamo proprio. Noi invece con questo video siamo in grado di mostrarvi due "Eluane" che da oltre 15 anni si trovano sulle spalle una "sentenza di irreversibilità", ma vengono accudite in casa, con tanto affetto ed immenso amore, scoprirete alla fine che non esiste l'irreversibilità dello stato vegetativo. Ecco il video
Mercoledi 19 Novembre 2008
DIVENTERANNO TUTTI ENGLARO? Dopo la sentenza della Corte di Appello di Milano e la
pilatesca decisione della Suprema Corte di Cassazione, gran parte dei 3.800 casi
di coma vegetativo (?) in Italia seguiranno Englaro? La famiglia Crisafulli, già con molta esperienza conosce oltre
950 casi di persone in stato vegetativo (molti vivono in casa) ed avendo fatto
un sondaggio sulla pelle dei disabili e le famiglie attesta senza ombra di
dubbio che il 99,9% è contrario all’eutanasia e al testamento biologico, lo 01%
chiede di morire solo per disperazione ed abbandono totale. Difatti, chi non legato da situazioni affettive con il malato,
chi, giunto alla veneranda età di 90 anni e dovendo accudire una povera figlia
in coma da 27 anni, sapendo di dover tornare al Padre Eterno, non s’inventerà la
storia che sua figlia, prima dell’evento che l’ha ridotta in coma, ha confidato
ad un’amica, che per l’occasione farà il piacere di affermare, la sua volontà
che, in caso di coma, non dovessero praticare accanimenti terapeutici e si
lasciasse morire in pace? Ovviamente per accanimento sarà inteso, come nel caso
di Eluana Englaro, anche la somministrazione dell’acqua e del cibo, cosa che
qualsiasi madre fa al proprio figlio, in stato di incoscienza
infantile. La decisione adottata dalla Corte di Appello, senza
accorgersene, diventa un dramma nel dramma e crea una aspettativa a catena che
difficilmente si può fermare perché un giudicato fa testo e, anche se un
ulteriore collegio di giudici dovesse decidere in modo diverso, si avrebbero due
giudicati contrastanti ma entrambi validi. A questo punto, se
l’umana compassione, come si legge dalle statistiche pubblicate dalla RAI,
ignorando la materia e le conseguenze che la sentenza emanata per
Sui 3.800 casi individuati molti, troppi, vivono in simili
condizioni di difficoltà e di necessità. Si, perché lo Stato sin’ora, sia quando
ha governato la destra sia quando ha governato la sinistra, mai si è preoccupato
di venire incontro alla famiglie che subivano una simile
disgrazia. Non un reparto ospedaliero, non una struttura pubblica, non
un’assistenza domiciliare, non un aiuto economico si è trovato in tutti questi
lunghi anni. Si è dovuto fronteggiare la situazione da soli, con i propri mezzi.
Molti hanno dovuto lasciare il lavoro, imparare a fare i fisioterapisti, gli
infermieri, adattare le abitazioni alla bisogna, renderle piccoli ospedali,
molte volte impegnarle con mutui per avere le risorse economiche per accudire al
famigliare bisognoso e proseguire nel commino assistenziale in attesa del
miracolo o dell’evento nuovo della scienza. Molte famiglie si sono divise perché l’evento occorso e le
depressioni hanno portato alle reciproche accuse, soprattutto tra i genitori,
accuse inconsistenti ma indicative delle tensioni create dalla situazione
difficile nella quale vivono. In questi anni uomini di coscienza, medici per la vita e non
per la morte, a proprie spese hanno sopperito alle carenze dello Stato mettendo
in atto strutture di terapia semintensiva e riabilitativa ed a nulla è valso
l’appello degli italiani colpiti dall’evento, costretti a recarsi ad Innbruck
per trovare una struttura adeguata alla bisogna. Gli enti pubblici hanno
preferito rimborsare parzialmente spese enormi alle famiglie per i ricoveri
oltralpe, hanno preferito tenere lungodegenze durate, come nel caso Englaro,
quindici anni a circa 500 euro al giorno piuttosto che venire incontro alle
famiglie che si sacrificano all’assistenza domiciliare pesantissima per questi
soggetti. Non sono molto convinto per il caso particolare ma chi dice che
Beppino Englaro non abbia preso la decisione di chiedere alla Magistratura di
non alimentare più la figlia, costretto a tenerla in ospedale perché le sue
condizioni famigliari non solo economiche ma personali non gli consentivano di
trasformare la sua casa in un reparto ospedaliero? Quante delle 3.800 famiglie si sentono stanche ed in
condizioni di non più sopportare gli impegni economici, fisici, umani che i vari
casi richiedono ed “obtorto collo” decidono di farla finita? Eppure lo Stato sa
l’impegno che occorre in simili casi, sa che aiutando le famiglie dei soggetti
bisognosi risparmierebbe tanto denaro che se gli stessi fossero tutti ricoverati
in nosocomi, sa che alcuni medicinali, inseriti in prontuario farmaceutico fuori
dalla classe C, mentre per le persone sane sono medicinali opzionali, per questi
soggetti sono veri e propri salvavita, sa che non si può lesinare il pannolone a
chi, da incontinente, ne ha bisogno, sa si ha bisogno di medici specializzati per individuare particolari malattie che il soggetto
in coma non può spontaneamente denunziare, sa che la fisioterapia è una pratica
necessaria quotidianamente. Se non lo sa, come può non saperlo il Ministro della
Salute, lo sanno certamente i funzionari che nel Ministero hanno vissuto una
vita. Perché, allora, non interviene adeguatamente? Costringe i famigliari degli interessati a far ricorso
all’applicazione della sentenza Englaro? Perché lo Stato spende tanti soldi per tenere attive le
rianimazioni in tutta Italia, salvando momentaneamente la vita di tante persone,
per, poi, consentire la morte per fame e disidratazione dopo sedici anni? 3.800
persone, adeguatamente assistite a domicilio, costerebbero allo Stato non più di
250.000.000,00 euro l’anno a fronte di 750.000.000,00 euro se le stesse fossero
ricoverate in ospedale. Sono situazioni incomprensibili dovute o alla
convinzione dell’impossibilità del recupero o alla ignoranza della
questione. 18 Novembre 2008 |
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