Ma quante castronerie!!
Paragonare la campagna internazionale per la difesa della donna con la
campagna di Ferrara è abbastanza ridicolo. Non mi voglio esprimere in
merito ma fa specie che sia lo stesso intellettuale che da una parte
porta avanti una campagna "per la vita" e dall'altra avvalla senza
pudore l'uccisione di donne e bambini in Iraq e Afganistan. Ritenendo
queste guerre giuste, Sono vite che non meritano di essere difese con
lo stesso vigore quelle?
Per la seconda parte: collaboro con una associazione a sud di Calcutta
da 4 anni, e Madre Teresa è considerata gloria nazionale ovunque e da
tutti. In qualsiasi luogo a Calcutta e nel west bengal accanto alla
icone dei maestri religiosi (induisti o simboli mussulmani o cristiani)
trovi a fianco di queste sempre una foto di ghandi e una di madre
teresa. Nella stessa associazione con la quale collaboro io (che qui
non cito ma è una delle più grandi del west-bengal, in cui a gennaio
Yunus, premio nobel per la pace, ha visitato i nostri progetti) ci sono
in maggioranza mussulmani e induisti, e nella sede ci sono le immagini
sia di ghandi che di madre teresa, persone onorate in india pressochè
alla stessa maniera.
Io appoggio quasi tutto quello che hai riportato, ma portarlo
all'estremo come sempre viene fatto nelle tue mail (mi permetto di
darti del tu visto che è da un po' di anni che ci confrontiamo su
questi argomenti) genera la stessa sensazione di quei pochi (per
fortuna) estremisti che si scagliano contro le case di madre teresa.
Ciao
Luca
Scienza per l'Uomo ha scritto:
L'India ha due piaghe: le "donne
sparite" e le violenze contro i cristiani
Le prime si contano a decine di milioni, uccise nel
grembo materno o da bambine. Quanto all'intolleranza anticristiana,
l'ultima esplosione si è avuta nell'Orissa. Ad opera di fanatici
dell'induismo e delle caste alte
di Sandro Magister
ROMA, 20 febbraio 2008 – Oltre che in Cina, la Chiesa cattolica è a
dura prova anche nell'altro gigante asiatico, l'India.
Sono soprattutto due le questioni che la Chiesa cattolica dell'India
deve affrontare.
La prima riguarda "la promozione della donna nella Chiesa e nella
società", titolo dell'assemblea plenaria dei vescovi indiani, riunita
dal 13 al 20 febbraio a Jamshedpur, 1.300 chilometri a sudest della
capitale Delhi.
A inaugurare l'importante assemblea – che si tiene ogni due anni – è
giunto da Roma il cardinale Stanislaw Rylko, presidente del pontificio
consiglio per i laici.
Nella sua prolusione, egli ha messo l'accento sulla piaga del feticidio
e dell'infanticidio femminili.
L'uccisione delle bambine sia nel grembo materno sia dopo la nascita –
spesso con erbe velenose o annegandole, simulando un incidente – è una
pratica che in India è fortemente diffusa. In molte famiglie la nascita
di una bambina è considerata un peso insopportabile, anche per la
costosissima dote che dovrà accompagnare il suo futuro matrimonio. La
possibilità di conoscere in anticipo il sesso del nascituro ha
moltiplicato a dismisura l'aborto selettivo delle bambine.
Per arginare la strage il governo indiano ha proibito l'individuazione
prenatale del sesso, ma questo divieto è largamente aggirato. L'effetto
è un impressionante squilibrio demografico tra i maschi e le femmine,
che in alcuni luoghi raggiunte punte vertiginose. Nello stato del
Madhya Pradesh, nei distretti di Bhind e Morena, vi sono oggi solo 400
donne ogni 1000 uomini.
La Chiesa cattolica si batte per contrastare il fenomeno e risvegliare
le coscienze, con l'accordo di altre confessioni religiose. L'ultima
iniziativa in questo senso è un appello lanciato a fine gennaio da
duecento leader religiosi indiani, di fede cristiana, induista,
islamica e sikh, contro questo "crimine contro Dio e contro l'umanità".
Una campagna internazionale non meno vigorosa contro la piaga delle
"donne sparite" dell'India e di altri paesi è quella avviata in Italia
lo scorso dicembre dall'intellettuale laico Giuliano Ferrara, direttore
del quotidiano d'opinione "il Foglio".
* * *
La seconda realtà che mette a dura prova la Chiesa in India è la
violenza anticristiana di settori fanatici dell'induismo.
È una violenza che ha avuto un crescendo negli ultimi anni, soprattutto
in alcuni stati. Il Gujarat e l'Orissa sono tra questi. Nell'Orissa,
che si affaccia sul Golfo del Bengala, a sud di Calcutta, nel 1999
furono uccisi, nella loro auto data alle fiamme, il missionario
protestante australiano Graham Staines e i suoi due figli.
Coloro che sono ostili ai cristiani li accusano di far proselitismo e
con ciò di violare la Hindutwa, l'identificazione tra l'India e
l'induismo propugnata dalle correnti intolleranti del nazionalismo
indù. In realtà, su 1 miliardo e 200 milioni di indiani, i cristiani di
tutte le confessioni sono poco più del 2 per cento. E non sono in
espansione ma in lieve diminuzione: dal 2,6 per cento del 1971 al 2,3
per cento del 2001.
Nello stesso tempo, però, i cristiani gestiscono in India una scuola
elementare ogni cinque, una casa per vedove e orfani ogni quattro, un
ricovero per lebbrosi e malati di AIDS ogni tre. Madre Teresa di
Calcutta è una gloria nazionale. Tranne che per gli induisti fanatici.
Infatti, l'ultima esplosione di violenza anticristiana che si è avuta
nell'Orissa non ha risparmiato nemmeno le suore e i fratelli di Madre
Teresa. Lo scorso Natale tre loro case, nel distretto di Khandhamai,
sono state assaltate da una turba inferocita armata di spade, asce,
spranghe di ferro e bastoni. Le suore e i fratelli hanno dovuto fuggire
nei boschi. Gli aggressori si sono sfogati devastando le case e le
cappelle.
Questa ondata di aggressioni contro i cristiani è cominciata la vigilia
di Natale ed è proseguita nei giorni successivi in varie località,
assaltando chiese, bruciando case, devastando negozi.
Il cardinale Telesphore Toppo, arcivescovo di Ranchi, dopo una visita
alle zone colpite ha così descritto cosa ha visto all'agenzia "Asia
News":
"Una distesa di cenere, questo è ciò che rimane nelle zone colpite
dalle violenze anticristiane di Natale in Orissa. È qualcosa di
diabolico: chiese dissacrate, case bruciate. I villaggi su cui si è
abbattuta la violenza degli estremisti indù sono ora un grande forno
crematorio a celo aperto".
Raphael Cheenath, l'arcivescovo di Cuttack e Bhubaneswar, la diocesi
più colpita, in un consuntivo degli assalti diffuso a fine gennaio ha
quantificato le vittime e le distruzioni in 6 morti, 5 mila senza
tetto, 70 chiese, 600 case, 6 conventi, 3 seminari. Altrettanto ha
riferito la conferenza episcopale indiana in un memorandum consegnato
alla commissione nazionale per i diritti umani.
Nel suo rapporto, l'arcivescovo Cheenath punta il dito contro coloro
che ritiene i promotori delle aggressioni contro i cristiani: gli
ideologi dell'induismo intollerante, annidati nella Vishva Hindu
Parishad. e i membri delle caste altolocate, che vedono male l'ascesa
sociale dei Dalit, i più poveri, fuori casta ed "impuri", molti dei
quali convertiti al cristianesimo.
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Il testo integrale, in inglese, del rapporto dell'arcivescovo di
Cuttack e Bhubaneswar, Raphael Cheenath: